BENEDETTO XVI

di Luciano Pranzetti




27 agosto 2022 - Papa Francesco e i nuovi cardinali in visita da Benedetto XVI


De mortuis nihil nisi bonum” afferma Chilone – dei morti niente è da dire se non bene. E, secondo tale pietoso aforisma, del “Papa emerito”, Benedetto XVI - già cardinal Joseph Ratzinger, deceduto il 31 dicembre 2022 - è stato detto tutto il bene possibile e immaginabile. L’informazione mondiale: tv, giornali, rete informatica hanno sparso sulle auguste spoglie commossi e brillanti commenti con cui hanno descritto l’uomo, il Pontefice e il suo ministero esaltandone la grandezza e l’umiltà, la scienza teologica e la modestia, l’affabilità e la riservatezza, l’inflessibilità e la dolcezza. Una partitura in cui non è apparsa la benché minima stonatura, un quadro vivido di luce in cui non appaiono penombre, ombre e recessi oscuri.

A tale configurazione noi vorremmo porre a fronte una onesta, oggettiva descrizione per portare l’ago della bilancia nell’equilibrio o, quanto meno a rendere omaggio alla realtà fattuale, quella che resta, inalterata, testimone della storia di ciascun uomo. Poiché lo “emerito” è stato membro autorevole del Concilio Vaticano II (CVII) – evento nefasto del cammino ecclesiale - ne consegue, per semplice sillogismo, che il suo pontificato, così come i tre precedenti, svoltosi nell’aura dello spirito conciliare, è stato segnato da penombre, ombre e oscurità.
Di questo aspetto noi intendiamo scrivere, delle conseguenze prodotte dal CVII che incisero sul suo mandato, sostenuti dal parere – 1971 - dello stesso futuro “emerito”, già vescovo, secondo cui: “In base a queste istanze (progressiste) anche a dei Vescovi poteva sembrare ‘imperativo d’attualità’ e ‘inesorabile linea di tendenza’ deridere i dogmi e addirittura lasciare intendere che l’esistenza di Dio non potesse darsi in alcun modo per certa. . . Per questo sono sicuro che si preparano, per la Chiesa, tempi molto difficili. La sua crisi vera e propria è solo appena cominciata”. (J. Ratzinger: Glaube und Zukunft, AA. VV. 1971, pag. 123).
Di quanto di siffatta previsione, e di quello che riguardò il coinvolgimento di Benedetto XVI in termini di fattualità, s’è avverato, non è stato fatto cenno alcuno nel turbinìo trionfalistico che è stato gestito dai masssmedia.
Ci assumiamo noi l’impegno di parlarne “sine ira et studio” e, cioè, con pacata ma oggettiva ricognizione e soprattutto con sommo rispetto che ferve anche là dove la polemica paia offuscarlo.

E’ noto come Benedetto XVI non sia stato l’unico Papa dimessosi dall’alta funzione ma è altrettanto noto come sia stato il primo a mantenersi il titolo di Papa ancorché “emerito”, strana novità che ha ispirato il Prof. Enrico Maria Radaelli a condurre un profondo lavoro di scavo in termini di Diritto Canonico, di Filosofia, di Teologia, i cui risultati costituiscono l’edizione di un prezioso libro dal titolo: Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro (1) del quale stiamo ultimando una recensione di ampio respiro.

Il 19 aprile 2005, poco dopo la sua nomina a 265° Papa della Chiesa Cattolica, chiese ai fedeli, convenuti in Piazza San Pietro, che pregassero per lui affinché “non fuggisse davanti ai lupi”. Una metafora che scatenò la commozione universale ma fu sufficiente il guaìto, l’uggiolìo di qualche botolo perché scendesse dalla cattedra petrina e salutasse la compagnìa adducendo la “ingravescente aetate” quale serio motivo. E pensare che fu proprio lui, cardinal Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (ex Sant’Uffizio) a convincere Papa Paolo Giovanni II – prigioniero del Parkinson – a restare “usque in finem” al timone della barca di Pietro ché, come qualcuno affermò, “Non si scende dalla croce”.
Abbiamo poi visto quanto, in seguito, gli gravasse l’età, prolifico, come si mostrò, nel concedere interviste, pubblicare libri, apparire in varie circostanze invitato ora qui ora là.

L’annuncio delle sue dimissioni dato l’11 febbraio 2013 – giorno anniversario della prima apparizione mariana a Lourdes (11—2 - 1858) - fu, quasi per segnalarne le funeste conseguenze, accompagnato da un fulmine che si scaricò sulla cupola della Basilica.
Il giorno 5 gennaio 2023, Roma si sveglia sotto un fitto e pesante banco di nebbia che, dalle ore 9,00 sino a mezzogiorno copre la città e, con essa, anche la Piazza San Pietro gremita di gente, dove si celebrano le esequie del “Papa emerito” Ratzinger.
Segni o segnali di un alcunché di allusivo? L’intelletto laico vede in questi fenomeni la casualità dell’evento naturale, lo spirito del credente vi scorge un messaggio, un monito, un riferimento di raccordo al momento.

Tutto cominciò con Giovanni XXIII il quale sostenne la necessità di cambiare molto nella Chiesa: “Potrà esserci una nuova Pentecoste che verrà denominata ‘Aggiornamento’, per farne una Chiesa Universale aperta a tutti i movimenti, a tutte le teologie” scrisse al vescovo di Bergamo. Spalancare porte, finestre, per farvi entrare l’aura del pensiero mondano.

Papa Paolo VI, più tardi, di fronte al fallimento del CVII e dell’ottimismo di Roncalli, lamentò che, per qualche fessura, fosse entrato, nel tempio di Dio, il fumo di Satana. Bastava riflettere su quanto operato dai Padri conciliari e dai loro rispettivi “spin doctors”, gli esperti, per accorgersi che il fumo non era entrato ma ne era uscito dall’interno del tempio, dove il focherello dell’aggiornamento, acceso dallo stesso Papa Roncalli, divamperà in un incendio di cui uno dei momenti di maggior virulenza si identificherà nelle dimissioni di BXVI a cui seguirà l’elezione al soglio pontificio, del cardinale argentino Mario Jorge Bergoglio che assumerà il nome di Francesco.
Due Papi, situazione mai vista nella bimillenaria storia della Chiesa, scandalosa come ne riferisce la beata Katharina Emmerich, allorché durante un’estasi – 13 maggio 1820 - ebbe la visione di due Papi contemporanei reggitori di una Chiesa che si dilatava a dismisura per la presenza di eretici, protestanti, indaffarati a deturparne il volto. Profetizzò, fra l’altro, la cancellazione del Vangelo di San Giovanni 1, 1/14 che, nel Vetus Ordo, veniva letto dopo che il celebrante aveva impartito la benedizione finale.

Torniamo al tema cercando di notificare quanto di antitetico, rispetto alla vulgata, è stato taciuto nei giorni scorsi, e parliamo della sua fama di teologo.

Si racconta che, presentatosi all’esame di abilitazione per la cattedra di Teologia, il famoso e rigido teologo Heinrich Schmaus ne respinse lo studio in quanto “non rispondente a criteri di rigore scientifico”. Riproposto fu rinviato “perché fosse corretto” essendo sospettato di modernismo, infine – ridotto di molte pagine – nel 1957 fu accettato.
A margine di questi insuccessi, Ratzinger notò: “La distanza da Schmaus fu all’origine di un avvicinamento a Karl Rahner”. Ma tale avvicinamento non fu davvero benefico. (2)

Nominato – 1981 - Prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede (SCDF) – l’ex Sant’uffizio – e, quindi, della Pontificia Commissione Teologica Internazionale, dopo due anni, nel 1983, d’intesa con Papa Giovanni Paolo II, smonta l’intera struttura teologica con cui il Magistero della Chiesa aveva, fino a quell’epoca, condannato la Massoneria ritenuta, a ragione, nemica di Dio diffidando, con ciò, i fedeli dal frequentarla.
Il CDC del 1917 che, nel canone 2335, irrogava la scomunica “latae sententiae” - di ampia sentenza – venne “riformato” con la cancellazione del predetto canone sostituito con il nuovo, il 1374 con cui si comminava “giusta pena” (?) alle associazioni che promuovono generica ostilità verso la Chiesa.
Alle obiezioni di studiosi, teologi e canonisti che ritennero, tale cassazione, un implicito positivo riconoscimento rivolto alla stessa Massoneria o, quanto meno, la volontà di deporre le armi culturali e disciplinari a pro’ di un costruttivo dialogo, il cardinal Prefetto, il 26 novembre del 1983, emana una “Dichiarazione sulla Massoneria” in cui, spiegata la cancellazione del canone 2335 esser “dovuta a un criterio redazionale” (?), afferma l’inconciliabilità dell’associazione massonica con la dottrina della Chiesa e ribadisce il divieto, per i cristiani, di iscriversi, pena lo stato di peccato grave e non più la pubblica scomunica tale da impedire l’accesso all’Eucaristia che però in tal fatta, l’appressarsi o meno dipende dalla sola coscienza individuale, sicché, non sono pochi i massoni che accedono sacrilegamente ai Sacramenti, protetti dall’anonimato per mancanza di pubblica sanzione. E' come se – diciamo commentando siffatta formula – il legislatore avesse depennato, dal Codice Penale, il reato di omicidio inserendolo in un’Ordinanza Ministeriale, condannabile con “giusta pena”.


Fine prima parte

NOTE

1 – Per opportuna informazione diamo – per chi voglia documentarsi sull’argomento - le coordinate del libro: Enrico Maria Radaelli – Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l’altro. Ed Aurea Domus 2021.
Per l’avvenuta morte d BXVI, l’autore ha premesso, tra il frontespizio e il sommario, una nota dal titolo PRIMA DI LEGGERE con la quale fa presente al lettore che nulla di quanto scritto nel prosieguo è mutato.
Per chi fosse interessato alla questione facciamo noto l’indirizzo email dell’autore: aureadomus.emr@gmail.com
2 – La vicenda dell’esame di abilitazione è presa da: Ennio Innocenti – SI SI NO NO (una chiamata alle armi contro il sovversivismo ecclesiale) Roma 2012. Articolo di Romanus: ‘Benedetto XVI: Primo bilancio’pag.48.




gennaio 2023

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