BENEDETTO XVI

di Luciano Pranzetti



Abbiamo lasciato Benedetto XVI in un’atmosfera trionfale per la promulgazione del Motu Proprio “Summorum Pontificum” acclamato quale documento ritenuto un caposaldo con cui la comunità cattolica potrà ancora sentirsi nella Tradizione.
Ma l’averlo posto – come ogni suo atto  - nella sua visione culturale, riassunta nella formula arzigogolata “Ermeneutica della continuità”, esposta il 22 dicembre 2005 nel discorso alla Curia Romana in cui dichiara il Concilio Vaticano II quale punto nodale della Nuova Chiesa, fatalmente ne segna la sua decadenza che avverrà, ad opera di Papa Bergoglio, in due tempi, e cioè: 1) - luglio 2021 con la pubblicazione del Motu Proprio “Traditionis Custodes” con il quale cancella il diritto, concesso ai fedeli, di chiedere la celebrazione della Messa Vetus Ordo restituendone al Vescovo l’autorità a decidere; 2) – il 20 febbraio 2023 con un “rescritto” con cui avoca alla Santa Sede il diritto a gestire ogni azione relativa all’argomento. In pratica, l’estinzione del documento di Benedetto.




30 novembre 2006 - Benedetto XVI prega col Gran Muftì nella moschea blu di Istanbul


Ciò che caratterizza la pastorale di Ratzinger è una certa ansia di rapportarsi al mondo, un’ansia dipendente dal sentire ecumenistico che lo porta, durante il viaggio in Turchia, a visitare (30 novembre 2006) la Moschea Blu di Istanbul dove prega, in silenzio, accanto al Gran Muftì, rivolto verso il “mihrab”, cioè verso la Mecca (1) È l’anno 2007, quello in cui intensifica il suo calendario di viaggi apostolici e di incontri – in Vaticano e fuori - con esponenti politici e religiosi di cui indichiamo alcuni tra cui: il Presidente vietnamita, il comunista Nguven Tan Dung (25 gennaio); il Presidente della Federazione russa Vladimir Putin (13 marzo) al centro dei colloqui, i rapporti Chiesa  Cattolica/Chiesa Russo ortodossa; il Segretario Generale dell’ONU Ban KI-Moon (20 marzo); il Presidente della Chiesa Evangelica tedesca, vescovo Wolfgang Huber (4 maggio); il Presidente del Brasile Luiz Inàcio Lula da Silva (10 maggio); il Presidente USA George W. Bush (9 giugno); il Presidente israeliano Shimon Peres (6 settembre 2007); visita pastorale a Napoli per il XXI Incontro Internazionale per la Pace a cui partecipano il Patriarca Ecumenico Bartolomeo I, l’arcivescovo anglicano di Canterbury Rowan Williams, il rabbino Capo Yona Metzger, il rettore dell’Università islamica del Cairo, Ahmad Al – Tayyeb (21 ottobre): il sovrano saudita, Re Abdullah (6 novembre); il Metropolita della Chiesa Ortodossa Russa Kirill, che verrà, più tardi, nominato Patriarca (7 dicembre).

La frequenza di questi incontri “al vertice” è talmente densa che non potremo farne debito cenno, se non per alcuni, per via dello spazio che ci siamo fissati per questo viaggio intorno alla figura di Benedetto XVI, una ricognizione prevista in cinque interventi.
Possiamo dire che anche gli anni successivi – 2008-2009-2010-2011-2012 – sono segnati da una infaticabile attività – diciamo pastorale - con cui riesce a compiere ben 74, tra viaggi apostolici ed incontri, che sembrano preludere al raduno interreligioso di Assisi che si terrà nell’ottobre del 2011, replica del primo effettuato nel 1986. Possiamo, pertanto, riferire degli eventi più importanti - incontri ufficiali con autorità politiche e religiose, promulgazione di decreti e encicliche dei quali: viaggio apostolico a Sidney per la XXIII Giornata Mondiale della Gioventù in occasione della quale (12-20 luglio 2008) incontra uomini e donne che sono stati vittime di abusi da parte di sacerdoti; revoca della scomunica, comminata a quattro vescovi della S.S.F.P.X, da GPII per mancanza di mandato della Santa Sede (11 gennaio 2009); condanna dell’antisemitismo ribadendo il rifiuto di qual che sia forma di negazione dell’Olocausto (12 febbraio 2009); visita, primo Pontefice, la Cupola della Roccia sul monte del Tempio, a Gerusalemme (12 maggio 2009); terza enciclica, con indirizzo sociale “Caritas in veritate” in cui propone la creazione di un governo mondiale per un nuovo ordine economico più umano (2) (29 giugno 2009); visita alla Sinagoga di Roma (17 gennaio 2010); annuncio dell’incontro interreligioso di Assisi e della imminente beatificazione di GPII (6  gennaio 2011); incontro con una delegazione della massoneria ebraica del B’nai B’erith International (12 maggio 2011); Assisi, incontro interreligioso (27—28 ottobre 2011); conferenza all’Università Gregoriana su “Teilhard de Chardin” dichiarato Patrono della Nuova Evangelizzazione (3)  (11-14 dicembre 2012); firma il decreto in cui vengono proclamate le “virtù eroiche” di Paolo VI il quale può fregiarsi del titolo di “Venerabile” in attesa di un miracolo che lo riconosca “beato”.

L’immagine apparente, che di lui molti fedeli ingenuamente si erano fatta, esultanti la sera dell’elezione (19 aprile 2005) all’annuncio dello “Habemus Papam”, seguìto dal nome del cardinale Joseph Ratzinger, quella del “pastore tedesco”- variante del “Domini canis”- il tremendo guardiano dell’ovile di Cristo e custode integerrimo del “Depositum Fidei” sarebbe di subito evaporata ché, già all’indomani dell’ascesa al soglio petrino, il 24 aprile del 2005, in piazza San Pietro, nella Santa Messa celebrata per solennizzare l’elezione col nome di Benedetto XVI, diede segno di progressismo pauperistico minimalista, facendosi incoronare con una semplice mitria e indossando il pallio di rito ortodosso – messaggio di apertura con la confessione eretico-scismatica con un séguito (18 febbraio 2006) quando farà cancellare, dall’Annuario Pontificio il titolo “Patriarca d’Occidente” gesto replicato, in perfetta sintonia, da Papa Bergoglio, allorquando fa declassare, sull’Annuario Pontificio 2020, il titolo di “Vicario di Cristo” .

Sollecito, poi, il 9 giugno 2005, a programmare, con i rappresentanti del Comitato Ebraico Internazionale, il futuro festival interreligioso di Assisi della cui valenza si era pronunciato nel 2003 con l’opera “Fede, Verità, Tolleranza” (4)  ,  dove tra “dico – non dico” aveva trattato il tema “Preghiera multireligiosa e interreligiosa” e scritto: “La preghiera interreligiosa significa un pregare insieme di persone o gruppi di diversa appartenenza religiosa. . . . Si può pregare insieme solo se sussiste unanimità su chi o che cosa sia Dio, e perciò se c’è unanimità di principio su che cosa sia il pregare: un processo dialogico in cui io parlo a un Dio che è in grado di udire e di esaudire” (5).

Prima di analizzare il periodo trascritto, dobbiamo chiarire un concetto che sta quale capitello del successivo discorso, e cioè, la differenza che, secondo il Cardinale Ratzinger, intercorre fra gli attributi “multireligioso/interreligioso”. Egli così si esprime: “Mentre nella preghiera multireligiosa si prega nello stesso contesto ma separatamente, la preghiera interreligiosa significa un pregare insieme di persone o gruppi di diversa appartenenza religiosa” (6).
A noi sembra un gioco di parole perché, se pregare insieme sta nel versante interreligioso, non vediamo che cosa cambi, nella sostanza, cioè nel contesto dell’evento – Assisi 1986 – il pregare separatamente che, in questo caso, dìcesi multireligioso. Non saranno, infatti, le pareti, i muri e la distanza dei locali, dove appunto si prega, a differenziare il multireligioso dall’interreligioso stante la stessa finalità per la quale ci si è riuniti in convegno. Non si comprende che cosa abbia voluto dire con tale confusa proposizione. Era sufficiente che dicesse: “Si può pregare insieme o separatamente” senza gran sciupìo di retorica, di chiose e di giravolte semantiche. Differenza per mera localizzazione ma eguale esito sostanziale.

E questa sarebbe la sottile logica del Cardinale J. Ratzinger – futuro Benedetto XVI – tanto esaltata, turibolata da una certa corte di intellettuali organici allo spirito del tempo!




Benedetto XVI ad Assisi - 2011


Ciò precisato, passiamo all’esame teologico del periodo con cui l’autore ci dice in che modo, gruppi di diversa appartenenza religiosa possano pregare insieme (interreligiosità). La spiegazione, riferita ad Assisi 1986, si dipana per tre pagine dove si avverte il disagio di chi vorrebbe dir bene di un alcunché ma gli è vietato da un elemento ostativo di gran peso che è segnalato già nella successione del periodo. Ed è la mancanza di unanimità, conseguente alla diversa concezione di Dio.
Religioni diverse dalla cattolica non potranno mai unirsi ad essa in una preghiera comune. Dopo quattro pagine di sì/ma-no/però, Ratzinger, posto il Padre nostro quale criterio-spia del Cristianesimo, così conclude: “Io considero le richieste del Padre nostro il criterio di ciò che ci è consentito implorare da Dio, per pregare in modo degno di Lui . . . Richieste che fossero in direzione opposta alle richieste del Padre nostro, per un cristiano non possono essere oggetto di preghiera interreligiosa, di nessun tipo di preghiera” (7).

Che nella preghiera interreligiosa non vi sia unanimità è la scoperta dell’acqua calda ma Ratzinger tenta, con un arzigogolo, di superare o, quanto meno, di aggirare lo scoglio manovrando il Padre nostro come un elastico talché chiunque, che si senta di chiedere il pane quotidiano a una divinità altra, per il fatto di avere fatto richiesta di un certo bene – contemplato nel Padre nostro – può sentirsi legittimato a pregare insieme al cattolico. Ma non è così che funziona dal momento che 1) - non sono le richieste che ci fanno degni di pregare il Padre, ma la nostra fede con cui siamo figli di Dio (Gv.1, 12) e la nostra bassa e misera condizione; 2) – la divinità altra è e resta uno dei tanti idoli di cui, come afferma la Scrittura “Hanno bocca ma non parleranno, hanno occhi ma non vedranno, hanno orecchie ma non udranno” (Ps. 113/a 5-6 // Ps. 134, 16-17). Pregare insieme con animisti, induisti, buddhisti, sciamani, o pregare ciascuno separatamente, è fare violenza al Signore nostro Dio.

Ciò che stupisce – sul primo momento, però – è quella conclusione con cui egli ravvisa l’impossibilità per un cattolico, di partecipare alla preghiera interreligiosa, anzi a nessun tipo di preghiera – compresa quella multireligiosa - solo nel caso che le richieste, avanzate da un non cattolico, siano in direzione opposta.
Ma, perché, quelle fatte da un pagano al suo idolo, o quelle presentate da un protestante, un ortodosso, un TdG, “tralci recisi e secchi”, son forse nella direzione giusta? 

Ora si spiega, dopo si volatile ragionamento, perché Benedetto XVI abbia attivato quel complesso baraccone che fu Assisi 2011 e che lui stesso ne aveva criticato l’edizione precedente – 1986 - voluta da GPII. Si spiega semplicemente con una sua intricata razionalità che lo porta a concetti intrinsecamente conflittuali, tipico di chi si gratifica tessendo formule e periodi di costruzione involuta e criptica che possiamo assimilare alla nasse, trappole in cui si entra e non se ne può uscire, e con una sua invincibile debolezza di carattere, impedimento a prese di posizione nette e decise, quella arrendevolezza che gli aveva fatto attribuire l’aura di uomo mite ma che, nel momento di resistere al carico di responsabilità, si paleserà timido e pavido sicché scenderà dalla barca di Pietro, certificando questo atto con una “ingravescente aetate”. Lui, che aveva chiesto che si pregasse affinché non fuggisse davanti ai lupi, lui, che aveva convinto GPII – malato terminale di Parkinson – a resistere sulla cattedra petrina perché – come si dice – “non si scende dalla Croce”.



Benedetto XVI e i lupi




Fine quarta parte

NOTE

1 – «Commento esterrefatto dei principali media turchi: “Sky turca afferma: il Papa prega verso la Mecca”. Il quotidiano Milliyet, uno dei più diffusi in Turchia aggiunge “come un musulmano”. Commento in perfetto aplomb dell’ineffabile p. Lombardi S.J. direttore della Sala Stampa vaticana: “Quella del Papa, in silenzio accanto al Muftì di Istanbul, è stata una preghiera personale e intima che non presentava caratteristiche di ciò che ci divide ma di ciò che ci unisce” (Avvenire, 01 dicembre 2006)» Da: Sac. Andrea Mancinella – 1962 Rivoluzione nella Chiesa – Ed. Civiltà Brescia, 2010, pag. 295.
2 - In ossequio al nuovo corso conciliare Benedetto sente l’urgenza di una Torre di Babele, simbolo del regno di Satana quello che fu offerto a N.S.G.C. nel deserto in cambio di un atto di adorazione.
3 – Gli esiti di questo innaturale patronato sono sotto gli occhi di tutti: apostasie, fughe, abbandoni dalla vita consacrata. Un’altra perla del finissimo teologo che, tra l’altro, fu il promotore del Cortile dei Gentili alla cui reggenza venne nominato un altro campione dell’ecumenistico “volemose bene”, il Cardinal G.F. Ravasi autore, tra tante iniziative, di una lettera ai “Cari Fratelli massoni” scritta nel 2016 in data 14 febbraio, festa di San Valentino protettore degli innamorati.
4 - Fede, Verità, TolleranzaIl Cristianesimo e le religioni del mondo – Ed. Cantagalli 2005.
5 - Fede, Verità, Tolleranza - op. cit. pag. 113.
6 – ibidem – pag. 112.
7 - ibidem – 113.




marzo 2023

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