COMMENTO ALL’ INTERVISTA:

Paolo Gulisano - Alessandro Gnocchi

di Luciano Pranzetti



Un’intervista, che si proclami tale nei termini usuali, specialmente se il tema si presenta spigoloso e di pressante attualità - come si dimostra nella pietosa vicenda dell’apostasia compiuta da Alessandro Gnocchi passato armi e salmerie alla confessione eterodossa russa - un’intervista, dicevamo, di simile taglio, possiede tutte le possibilità per agevolare sul campo domande puntute, toste e – fatto salvo il rispetto per l’intervistato – di scabra tensione.
Cosa che non si configura in quella, apparsa domenica 26 febbraio 2023 su questo sito www.unavox.it, dove tra l’intervistatore – il dr. Paolo Gulisano – e l’intervistato – il dr. Alessandro Gnocchi – tutto scorre all’insegna dell’empatia sì che il dialogo fluisce liquido, e piano, con attestati di comprensione e di commossa ammirazione da parte dell’intervistatore e di umile compiacimento, da parte dell’intervistato. Ci saremmo aspettati graffianti, circostanziate domande che avessero potuto mettere a nudo la vera motivazione di sì biasimevole giravolta. Ma – come si dice - al cuore non si comanda.





Alessandro Gnocchi e Paolo Gulisano nel corso dell'intervista


Sgombriamo, intanto, il campo dalla possibile accusa di nullo amor fraterno nei confronti di A. Gnocchi, accusa che potrebbe esserci rivolta per aver definito “pietosa vicenda” e “biasimevole giravolta” il suo meditato abbandono della fede cattolica perché, proprio dal sincero sentimento di amor fraterno deriva quella pedagogia che va sotto il nome di “correzione fraterna”, dottrina operativa non di nostra creazione ma di autentico, diretto conio di N.S G C. (Mt. 18, 15,17).

Ciò detto, passiamo all’analisi del testo in questione, procedendo con la necessaria premessa che definisce APOSTASIA (gr. Apò = avv. indicante allontanamento e Stasis = lo stare) l’atto di abiura con cui si rinnega un credo a favore di un altro.
E che l’atto compiuto da A. Gnocchi – devastante per l’effetto di emulazione probabile, tra le file cattoliche, causa il prestigio acquisito precedentemente quale apologeta di spicco – si configuri come apostasia non lo diciamo noi ma N. S. G. C. il quale – come dimostrammo in  precedenti interventi (Una questione seria 1 e 2), apparsi su questo sito www.unavox.it e sul quindicinale foglio antimodernista www.sisinono.org - in più passi del Vangelo afferma essere SUA la CHIESA (Mt. 16, 13/20) quella intesa come unico ovile di cui Egli si proclama unico Pastore (Gv. 10, 16), quella a cui conferisce autorità di sciogliere e legare (Mt. 16, 18/19), quella visibile nella successione apostolica del Papato, quella del triplice potere: sacerdotale, magisteriale, pastorale (Mt. 16, 18 - Lc.22, 31/32 – Gv. 21, 15/19) e, per contrario, definendosi la “Vite”, considera i tralci, da Lui staccatisi, come roba secca che viene raccolta e gettata nel fuoco perché bruci (Gv. 15, 5/6).


1 - Orbene, la prima domanda/carezza, che Paolo Gulisano pone ad Alessandro Gnocchi, verte su una presunta anomalia che riguarda il libro di Gnocchi: “RITORNO ALLE SORGENTI-IL MIO PELLEGRINAGGIO AD ORIENTE NEL CUORE DELL’ORTODOSSIA - ed. Monasterium 2023”, cioè l’inspiegabile pubblicazione, su una collana di libri monastici, di un testo confezionato da un autore che monaco non è.
La risposta chiarisce il perché: in primo luogo l’autore collabora con l’Editrice e in secondo luogo i testi di tale collana hanno contribuito, in questi anni, alla sua formazione spirituale. Detto ciò, passa all’elogio del monaco ortodosso il quale è “sicuramente più imitatore di Cristo rispetto a noi”.

Commento:

Che il monaco sia migliore imitatore di Gesù non lo scopriamo oggi dal momento che è N. S. G. C. a confermarcelo quando a casa di Marta, davanti alle rimostranze di lei, che sopportava tutto il lavoro domestico mentre la sorella Maria seduta ai Suoi piedi era intenta ad ascoltare la Sua Parola, rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la migliore che non le sarà tolta” (Lc. 10, 41/42).
Il monaco s’è scelto la parte migliore, sì, ma quale monaco?
Certamente non quello eterodosso che, pur proponendosi imitatore di Cristo, appartiene, lui tralcio secco, all’infruttifera comunità eretico-scismatica e, pertanto non imita nessuno men che meno N. S. G. C. il quale ammonisce: “Non chiunque Mi dice: Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre Mio che è nei cieli” (Mt. 7, 21).
Non risulta che le confessioni eretico-scismatiche – e quella russa eterodossa lo è – siano use ad obbedire ai comandamenti di N. S. G. C. che, come sopra ricordato, vuole il suo gregge nell’unico ovile alla cui guardia vigila il successore di Pietro garantito dalla Sua protezione divina. E ci vien difficile pensare a una qual che sia formazione spirituale – quella cui A. G. allude nel riferire gli anni, trascorsi a compulsare i libri del Monasterium contemporaneamente alla sua produzione di scritti cattolici. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: una confusione dello spirito tale da fargli cambiare idea e fede. Un capolavoro di Satana il quale è riuscito a far apparire la superbia – il “non serviam!” - sottesa ad ogni atto apostatico, quale preziosa umiltà e lasciapassare per il cambio di “nazionalità”.
Chiude la prima risposta augurandosi che simili libri possano essere utili per future altre testimonianze cioè per possibili future . . . apostasie.

2 - La seconda, rivolta con il medesimo afflato empatico, è un panegirico del libro citato, definito da P. G. “un vero sentiero che si dirige verso Cristo” non senza aver mentovato il “grande scrittore ortodosso” Vladimir Solovev quale guida nel nuovo cammino.
A.G. nel confermare l’impressione recepita dall’amico, ringrazia la Provvidenza infinitamente buona e misericordiosa, per averlo raccolto e messo in terra fertile, lui piccolo stelo d’erba che stava correndo il rischio di morire e diventar secco.
Ora sta rivivendo perché è “tornato a casa”, cioè la confessione eterodossa, che gli ha insegnato a non giudicare la fede altrui e a comprendere che si possono percorrere vie diverse per trovare punti di contatto laddove “si cerca la verità”.
Conclude confessando di non provare un senso di profondità come quando guarda l’icona della Trinità di Rublev, esperienza, vien da ritenere, unica nei confronti di un dipinto. Né tralascia di affermare non essere motivo di scandalo parlare con appartenenti ad altre diverse confessioni.

Commento:

P. G., cattolico, considera il libro di A. G. il vero sentiero che porta a Cristo. Evidente la forzatura, dettata dall’affetto amicale, che traspare da simile affermazione.
Un testo che si pone come guida verso l’apostasia non è per nulla una strada per il cielo, ma per l’inferno. Una lusinga tesa dal “principe di questo mondo” il quale sa trasformarsi, quando gli occorre, in un “buon suggeritore” cristiano come comprovato dalle tentazioni a cui fu sottoposto N. S. G. C.  nel deserto, che altro non erano che buone, anzi, ottime proposte, guarnite, oltretutto – parola di Satana - dal sicuro assenso divino.
Risponde, A. G., tirando nel centro del discorso, la Provvidenza a cui va la sua gratitudine per averlo fatto tornare a casa – il ritorno ad Itaca (nostra nota) – cioè averlo liberato dall’esilio in terra cattolica in cui era stato relegato per anni, dove, pur ricevendo onori e riconoscimenti per l’opera apologetica formidabile, si sentiva estraneo, a disagio.
A tale considerazione ci piace riportare il commento di Calogero Cammarata il quale si chiede come si possa parlare di un ritorno senza mai aver vissuto né in tale casa né di aver mai sperimentato l’abbraccio della “nuova madre”.
Ora, nella casa eterodossa, si sente sereno, meno solo e senza soffrire. Eppure, ben conosceva la maniera con cui, nella casa cattolica, Gesù tratta i suoi amici se vale l’episodio di Santa Teresa d’Avila la quale – si racconta - dovendo un giorno raggiungere una persona bisognosa dei conforti religiosi, nel guadare un torrente in piena, rischiò di venir trascinata dalla rapinosa corrente. Uscita, dopo lungo resistere, si rivolse a Gesù lamentandosi per un simile trattamento riservato gli amici. Al che, il Signore rispose a un dipresso: “Ai miei amici manifesto il mio amore con la sofferenza con cui partecipano alla redenzione del mondo”. Per questo ha preferito accogliere l’invito di Gesù il quale, davanti alla defezione di molti discepoli, rivolto ai Dodici, disse: “Forse anche voi volete andarvene?” (Gv. 6, 67).
Ora, nella casa eterodossa – russa – A. G. non corre più il rischio di soffrire, immerso in un’aura di pace e di benessere e, in questa arcadica condizione, sente che la Trinità di Rublev, davanti alla quale si sente rapito da quella emozione che vien detta “sindrome di Stendhal”, gli sta parlando con parole comprensibili mercé le quali gli è chiara una cosa, cioè la possibilità di percorrere vie diverse per trovare punti di contatto. Pensiero nebuloso, questo, che non spiega in che modo e per quali vie si può giungere alla verità. Visto che P. G. definisce il libro di A. G. assolutamente cristocentrico con l’aggiunta, posta dall’autore, di “trinitariocentrico. . . tipico dell’ortodossia” sarebbe stato coerente affermare Cristo – Via, Verità e Vita – quale unica via per attingere alla fonte della Verità senza andare per le tante strade alla cerca di punti di contatto (?), come pecore che più vagano lontano “più tornano all’ovil di latte vòte” (Par. XI, 129).
Inutili, poi, gli ipotetici rinforzi dottrinali ventilati da Vladimir Solovev il quale sarà stato, anche, un grande scrittore ortodosso ma soltanto scrittore ché, quale maestro di spiritualità, il buon cattolico non ne avverte bisogno alcuno, disponendo, allo scopo, di ottimi nel nostro monachesimo.

3 – Tralasciamo il commento alla terza domanda la cui genericità fa da sponda a A.G. per definirsi “un po’ diverso rispetto a quello di qualche anno fa”. Un pooo’!!!! Garbata e mendace preterizione che nasconde una triste realtà, come se, tra Chiesa Santa, Cattolica, Apostolica, Romana e confessione eretico-scismatica eterodossa non ci fosse che una minima distanza in termini teologici, etici, pastorali e giuridici invece che un abisso.

4 – P.G. introduce il discorso sulla parola “tradizione” che nei precedenti libri di A. G. veniva ripetuta più e più volte mentre, invece, nell’ultimo libro, la parola che risuona più forte è “santità”.
A.G., su questo argomento, per la eccessiva voglia di apparire diverso assai da ciò che era stato, si incarta, si imbozzola contestando il concetto e il ruolo della Tradizione, totem – sembra dire – di nulla efficacia se non quella di produrre durezza e stupidità di spirito. “A questo siamo chiamati, a essere santi non a essere uomini di tradizione, di progresso, di conservazione. . .” così si esprime. E qui è necessario fare sosta ché il tema richiede debita spiegazione.

Commento:

E allora, la prima inderogabile fase della contestazione consiste nel definire, chiaramente e senza riserve, la TRADIZIONE CATTOLICA, cosa che facciamo ricorrendo al Catechismo della Chiesa Cattolica che così si esprime:

   “Cristo Signore, nel quale trova compimento tutta la rivelazione del sommo Dio, ordinò agli Apostoli, comunicando loro i doni divini, di predicare a tutti il Vangelo che, promesso prima per mezzo dei profeti, Egli aveva adempiuto e promulgato con la sua parola, come fonte di ogni verità salutare e di ogni regola morale” (art. 75).
   “La trasmissione del Vangelo, secondo il comando del Signore, è stata fatta in due modi: oralmente e per iscritto” (art. 76).
   “Questa trasmissione viva, compiuta nello Spirito Santo è chiamata TRADIZIONE. . . “(art. 78).
   “È chiaro dunque che la sacra Tradizione, la Sacra Scrittura e il Magistero della Chiesa. . .  contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime” (art. 95).

Da quanto sopra, appare evidente essere la Tradizione prioritario elemento di salvezza, l’equivalente del concetto di santità in quanto solamente nell’adempimento della parola di Cristo nell’adesione alla volontà sua per come appare nella Scrittura e nell’obbedienza al Magistero ecclesiale, si possono raggiungere livelli di perfezione per cui falsa e “pro domo sua” si rivela l’affermazione di A. G. secondo la quale la santità prescinde dalla Tradizione.

Di simile vicenda non ci meraviglia e non ci sorprende tanto la cultura di A.G. che, per la sua condizione di apostata è, paradossalmente, coerente alla sua scelta. No, noi ci meravigliamo – tanto per dire – dell’indifferenza del cattolico P.G. il quale “non mosse collo né piegò sua costa” (Inf. X, 75) davanti a simile sesquipedale cappellata dell’amico.

5 – P.G. nella quinta domanda/panegirico, nel commentare il confuso pensiero di A.G., rievoca la figura di Chesterton la cui conversione, unita a quella della moglie, fa tanto pendant al coinvolgimento della consorte di A.G.
Nella trama del discorso c’è posto per mettere di mezzo Josemarìa Escrivà, il fondatore dell’Opus Dei il cui pensiero – la santificazione del lavoro quotidiano – è, secondo il suo biografo russo, Eugeny Pazukhin, un ideale assai vicino a quello dell’ortodossia della cristificazione, tendente “a costruire un vincolo di unione tra cattolici e ortodossi per costruire la Russia di domani”.
Si tratta, conclude, P. G. di avviare un ecumenismo di santificazione, quell’ecumenismo “che ci fa camminare insieme”.

La risposta di A. G. aggancia l’argomento “ecumenismo” per il quale “siamo tutti chiamati e non solo ortodossi, cattolici, protestanti a santificarsi. . .”  E per questo ideale, ha abbracciato la confessione eterodossa russa, non spinto da delusione di ciò che è la Chiesa oggi ma dal forte richiamo della sua vera casa da cui era assente per circa 60 anni.

Commento:

P. G., per dar forza al consenso espresso nei confronti dell’amico, squaderna Chesterton, Escrivà de Balaguer, Pazukhin, Solovev quando, da buon cattolico, quale egli si protesta, avrebbe dei nomi di maggior peso e qualità come san Tommaso d’Aquino, san Bonaventura, sant’Anselmo, sant’Agostino.
Ma, giustamente – seppur involontariamente - non li cita ché, infilare nella trama eterodossa, i campioni della dottrina cattolica, sarebbe stato un colpo micidiale per il nostro A. G.

Intanto è da sottolineare l’adesione palese al modernismo ecumenistico, laddove egli afferma il concetto della santificazione alla quale tutti son chiamati e non solo ortodossi, cattolici, protestanti. Pensiero parallelo a quello di Madre Teresa la quale sosteneva non essere necessaria la conversione a Cristo, sufficiente essendo morire in pace col proprio dio, buddhista, cattolico, protestante, indù. (Madre Teresa: La gioia di amare – Ed. Oscar Mondadori 2010, pag. 8 dicembre).

Il coinvolgimento della consorte, tirata dentro alla nassa, pare, a Calogero Cammarata, più una prova di fedeltà di una moglie cattolica nella buona e nella cattiva sorte che di un convinto cambio di casa.
Così, come sembra impacciato il patetico richiamo a Mario Palmaro per la cui anima, confessa, egli prega insieme al parroco della chiesa eterodossa russa torinese, non sospettando che Mario Palmaro non ha necessità di preghiere per il fatto di essere in Paradiso e che, pertanto è lui che prega per l’ex amico perché ritorni all’ovile di Cristo.
Ma ciò che desta il nostro sdegno è il silenzio con cui entrambi evitano di affrontare la situazione in che tròvasi, in questo periodo, la gerarchia etero/ortodossa russa il cui patriarca Kirill, pavidamente o con convinzione, ha benedetto l’aggressione di Putin all’Ucraina.
E questa, sarebbe, caro A. G., la casa nella quale spirano aure etesie di serenità, di pace, di consolazione?
Hai definito il patriarca greco di Costantinopoli “una delle peggiori sciagure che siano capitate ultimamente nell’ortodossia” e non ti smuove l’indignazione per la continua strage che l’armata russa – per la quale scrivevi, su www.ricognizion.org , articoli trionfalistici e, nello stesso tempo, censuravi, cancellandole, le mie obiezioni – compie quotidianamente con l’approvazione della tua tanto amata ortodossia?
Le fiamme dell’inferno saranno la divina ricompensa per Putin, Kirill e per quanti ne approvano le abominevoli azioni.

6 – L’ultima domanda – meglio definirla considerazione – tratta della B. V. Maria e del suo “grande ruolo” nella chiesa eterodossa. Una tirata, non sappiamo se ritenerla sciocca o irritante, questa di P. G. il quale, giunto alla conclusione dell’apologia pro A.G., se ne esce con espressioni sciroppose che, dopo aver esaltato l’amore della Madonna, trova congruo e opportuno citare Tolkien non si sa per quale circostanza. L’epilogo, lungi dall’essere un rimprovero amichevole per l’apostasia di A. G. è un compiaciuto ringraziamento per “averci dato questo libro RITORNO ALLE SORGENTI”.
La risposta di A. G. è una brevissima espressione di gioia per essere tornato a casa (aridaje!).

Commento:
 
Tralasciamo la parte relativa al ritorno alla casa, per la quale gli segnaliamo d’aver sbagliato indirizzo, ché maggior interesse ricopre il rapporto Madonna/eterodossia. E parliamo di Fatima.

Il 13 luglio del 1917 la Vergine Maria, apparsa ai tre pastorelli, annunciò che avrebbe chiesto la consacrazione della Russia al suo Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi cinque sabati consecutivi. Più tardi, nel 1929, in una privata visione, consegnò a suor Lucia il messaggio che conteneva l’ordine del Signore Dio con cui si chiedeva al Papa di consacrare, in pubblica unione con l’episcopato mondiale, la Russia al suo Cuore Immacolato per essere in tal modo, salvata.
Si noti: il Signore chiedeva la consacrazione della sola Russia e non di altre nazioni.
La maggior parte dei commentatori han sempre individuato la Russia come soggetto politico, sbagliando, perché, al concetto di Russia, intesa quale entità laica, andava collegata strettamente la chiesa eterodossa. E gli accadimenti attuali, cari P. G.  e A. G. dicono quale fosse il vero obiettivo del messaggio divino.   

Nessun Papa ha corrisposto all’ordine di Dio, nemmeno i santi “conciliari” e men che meno Papa Bergoglio quando, il 25 marzo del 2022, “consacrò” la Russia, l’Ucraina e noi cattolici. L’esito di questa scenografia? Nessuno. Putin continua a bombardare, il patriarca Kirill continua a sostenerlo.

Ma che bella casa ti sei andato ad abitare, caro Alessandro Gnocchi! Ché se il Papato romano avesse obbedito alla B. V. Maria, la chiesa eretico/scismatica russa sarebbe tornata unita in seno alla Katholica e tu non ti saresti mosso.
D’altra parte che significa il messaggio di Fatima? null’altro che la verità, vale a dire che la confessione eterodossa russa, presso la quale ti sei trasferito, è un ramo secco, destinato a bruciare, i cui riti, le icone, le preghiere sono – sotto l‘aspetto teologico e canonico - inefficaci.
Ora se la Madre di Dio ci dice che l’eterodossia russa, considerata parte integrante del messaggio, è fuori dell’unità cattolica – quella presieduta dal divin Figlio – ci vuole tanto per decidere dove stare?
Dài, torna a casa nostra dove puoi bere dell’ottima, fresca e tonica acqua piuttosto che quella paludosa della sorgente eterodossa!

Pregheremo per te, Alessandro e anche per Paolo, ché non vacilli e non ti raggiunga.

SLGC




marzo 2023

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