Intervista del Catholic Family News
al
Prof. Roberto de Mattei

sulle prossime canonizzazioni
di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II

del 15 aprile 2014



Intervista pubblicata sul sito di Catholic Family News


«Nel caso di un Papa, per essere considerato santo egli deve avere esercitato
la virtù eroica nel corso dello svolgimento della sua missione di Pontefice,
come fu il caso, per esempio, di San Pio V o di San Pio X.
Ebbene, per Giovanni XXIII, dopo attenta considerazione,
sono certo che il suo pontificato sia stato un oggettivo danno per la Chiesa,
così che è impossibile parlare di santità per lui




Catholic Family News: Professor de Mattei, le imminenti canonizzazioni di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II suscitano, per vari motivi, dubbi e confusione. Come cattolico e come storico, quale giudizio esprime?

Prof. Roberto de Mattei: Posso esprimere un’opinione personale, senza pretendere di risolvere questo complesso problema. Prima di tutto, sono perplesso, in linea generale, per la facilità con cui negli ultimi anni iniziano e si concludono i processi di canonizzazione. Il Concilio Vaticano I ha definito il primato di giurisdizione del Papa e l’infallibilità del suo Magistero a determinate condizioni, ma certo non l’impeccabilità personale dei Sommi Pontefici. Nella storia della Chiesa ci sono stati Papi buoni e cattivi e quelli che sono stati solennemente elevati agli altari sono stati pochi. Oggi si ha l’impressione che al principio dell’infallibilità del Papa si abbia il desiderio di sostituire quello della loro impeccabilità. Tutti i Papi, o piuttosto tutti i Papi più recenti, a partire dal Concilio Vaticano II sono presentati come santi. Non è un caso che le canonizzazioni di Giovanni XXIII e di Giovanni Paolo II abbiano lasciato indietro la canonizzazione di Pio IX e la beatificazione di Pio XII, mentre il processo di Paolo VI va avanti. Sembra quasi che un’aura di santità debba avvolgere il tempo conciliare e quello post-conciliare, per “infallibilizzare” un’epoca storica che ha visto nella Chiesa prevalere il primato della prassi pastorale sulla dottrina.


CFN: Lei ritiene invece che gli ultimi Papi non siano stati santi?

Prof. de Mattei: Mi permetta di spiegarmi usando l’esempio di un Papa che, come storico, io conosco meglio: Giovanni XXIII. Avendo studiato il Concilio Vaticano II ho studiato a fondo la sua biografia e ho consultato gli atti del suo processo di beatificazione. Quando la Chiesa canonizza uno dei fedeli, non vuole assicurarci che il defunto è nella gloria del Cielo, ma ce lo propone come modello di virtù eroica. A seconda dei casi, si tratterà di religioso perfetto, di un pastore, di un padre di famiglia e così via. Nel caso di un Papa, per essere considerato santo egli deve avere esercitato la virtù eroica nel corso dello svolgimento della sua missione di Pontefice, come fu il caso, per esempio, di San Pio V o di San Pio X. Ebbene, per Giovanni XXIII, dopo attenta considerazione, sono certo che il suo pontificato sia stato un oggettivo danno per la Chiesa, così che è impossibile parlare di santità per lui. Il Padre domenicano Innocenzo Colosio, uno che di santità se ne intendeva e che è considerato uno dei migliori storici della spiritualità nei tempi moderni, lo ha affermato prima di me, in un famoso articolo sulla Rivista di Ascetica e Mistica.

CFN: Se, come Lei pensa, Giovanni XXIII non fu un pontefice santo e se, come sembra, le canonizzazioni sono un atto papale infallibile, ci troviamo al cospetto di una grande contraddizione. Non c’è il rischio di cadere nel sedevacantismo?

Prof. de Mattei: I sedevacantisti attribuiscono un eccessivo significato all’infallibilità papale. Il loro ragionamento è semplicista: se il Papa è infallibile e fa qualcosa di cattivo, significa che la sede è vacante. La realtà è molto più complessa e il presupposto che ogni azione, o quasi ogni azione, del Papa sia infallibile è un errore. In realtà, se le prossime canonizzazioni pongono dei problemi, il sedevacantismo pone problemi di coscienza infinitamente maggiori.


CFN: Eppure la maggioranza dei teologi, specialmente i più sicuri, quelli della cosiddetta “Scuola Romana”, sostengono l’infallibilità delle canonizzazioni.

Prof. de Mattei: L’infallibilità delle canonizzazioni non è un dogma di fede: è l’opinione della maggioranza dei teologi, soprattutto dopo Benedetto XIV, che l’ha espressa peraltro come dottore privato e non come Sommo Pontefice. Per quanto riguarda la “Scuola Romana”, il più eminente esponente di questa scuola teologica, oggi vivente, è Mons. Brunero Gherardini. E Mons. Gherardini, sulla rivista Divinitas, da lui diretta, ha espresso tutti i suoi dubbi sull’infallibilità delle canonizzazioni. Io conosco a Roma distinti teologi e canonisti, discepoli di un altro illustre rappresentante della Scuola Romana, Mons. Antonio Piolanti, i quali nutrono gli stessi dubbi di Mons. Gherardini. Essi ritengono che le canonizzazioni non soddisfano le condizioni previste dal Vaticano I per garantire l’infallibilità di un atto papale. Il giudizio di canonizzazione non è infallibile di per sé, perché in esso mancano le condizioni dell’infallibilità, a cominciare dal fatto che la canonizzazione non ha come suo scopo diretto o esplicito una verità di fede o di morale contenuta nella Rivelazione, ma solo un fatto indirettamente collegato con il dogma, senza essere, propriamente parlando, un “fatto dogmatico”. Il campo della fede e della morale è vasto, perché comprende tutta la dottrina cristiana, speculativa e pratica, il credere e l’operare umano, ma è necessaria una distinzione. Una definizione dogmatica non può mai implicare la definizione di una nuova dottrina nel campo della fede e della morale. Il Papa può solo rendere esplicito ciò che è implicito nella fede e nella morale, e che è stato trasmesso dalla Tradizione della Chiesa. Ciò che i Papi definiscono deve essere contenuto nella Scrittura e nella Tradizione ed è questo che assicura l’infallibilità dell’atto. Questo non è certo il caso delle canonizzazioni. Non è un caso che la dottrina delle canonizzazioni non è contenuta nei Codici di Diritto Canonico del 1917 e del 1983, né nei Catechismi della Chiesa Cattolica, vecchi e nuovi. Su questo argomento, rimando, oltre che al già citato studio di Mons. Gherardini, a un eccellente articolo di José Antonio Ureta pubblicato sul numero di marzo 2014 della rivista [brasiliana] Catolicismo.


CFN: Ritiene che le canonizzazioni abbiano perduto il loro carattere infallibile, in seguito al cambiamento della procedura voluto da Giovanni Paolo II nel 1983?

Prof. de Mattei: Questa tesi è sostenuta sul Courrier de Rome, da un eccellente teologo, Don Jean-Michel Gleize [della Fraternità San Pio X - vedi]. Inoltre uno degli argomenti su cui Padre Low basa la sua tesi sull’infallibilità, alla voce Canonizzazioni dell’Enciclopedia Cattolica, è lo svolgimento, prima della canonizzazione, di un grande numero di indagini e di accertamenti, seguiti da due miracoli. Non c’è dubbio che dopo la riforma della procedura, voluta da Giovanni Paolo II nel 1983, questo processo di accertamento della verità è divenuto molto più debole e c’è stato un mutamento dello stesso concetto di santità. Tuttavia, l’argomento non mi sembra decisivo, perché il processo di canonizzazione è profondamente cambiato nel corso nella storia. La proclamazione della santità di Ulrico di Augsburg, da parte del Papa Giovanni XV, nel 993, considerata come la prima canonizzazione fatta da un papa, avvenne senza alcuna indagine da parte della Santa Sede. Il processo di attenta indagine risale soprattutto a Benedetto XIV: a lui si deve, ad esempio, la distinzione tra canonizzazione formale, secondo tutte le regole canoniche, e canonizzazione equivalente, quando un Servo di Dio viene dichiarato santo in forza della venerazione popolare. La Chiesa non esige un atto formale e solenne di beatificazione per qualificare un santo. Santa Ildegarda da Bingen ricevette il titolo di santa dopo la sua morte [1179], e fu nel 1233 che Papa Gregorio IX iniziò l’indagine per la canonizzazione. Tuttavia non c’è mai stata una canonizzazione formale. Neanche Santa Caterina di Svezia, figlia di Santa Brigida fu mai canonizzata. Il suo processo si svolse tra il 1446 e il 1489, ma non fu mai concluso. Essa è stata venerata come santa senza essere canonizzata.


CFN: Che cosa pensa della tesi di san Tommaso, ripresa anche alla voce “Canonizzazioni” del Dictionnaire de Théologie catholique, secondo la quale se il Papa non fosse infallibile in una solenne dichiarazione come la canonizzazione, ingannerebbe se stesso e la Chiesa.

Prof. de Mattei: Bisogna innanzi tutto dissipare un errore semantico: un atto non infallibile non è un atto errato che necessariamente inganna, ma solo un atto soggetto alla possibilità di errore. Di fatto quest’errore può essere molto raro, o mai avvenuto. San Tommaso, come sempre equilibrato nel suo giudizio, in fondo non è infallibile. Egli è giustamente preoccupato di difendere l’infallibilità della Chiesa e lo fa con un argomento teologicamente ragionevole, a contrario. Il suo argomento può essere accettato in senso lato, ma ammettendo la possibilità di eccezioni. Io concordo con lui che la Chiesa nel suo insieme non può errare. Questo non significa che ogni atto della Chiesa, come l’atto della canonizzazione, sia in se stesso necessariamente infallibile. L’assenso che si presta agli atti di canonizzazione è di fede ecclesiastica, non divina. Questo significa che il fedele crede perché accetta il principio che la Chiesa normalmente non sbaglia. L’eccezione non cancella la regola. Un autorevole teologo tedesco Bernhard Bartmann, nel suo Manuale di Teologia dogmatica (1962), paragona la venerazione (culto) resa a un falso santo, all’omaggio reso al falso ambasciatore di un re. L’errore non fa venire meno il principio secondo cui il re ha veri ambasciatori e la Chiesa canonizza veri santi.


CFN:  Allora, in che senso si può parlare di infallibilità della Chiesa nelle canonizzazioni ?

Prof. de Mattei: Sono convinto che sarebbe un grave errore ridurre l’infallibilità della Chiesa al Magistero Straordinario del Romano Pontefice. La Chiesa non è infallibile solo quando insegna in maniera straordinaria, ma anche nel suo Magistero Ordinario. Ma come esistono le condizioni per l’infallibilità per il Magistero Straordinario, così esistono le condizioni per l’infallibilità del Magistero Ordinario. E la prima di queste è la sua universalità, che è provata quando una verità di fede o di morale viene insegnata in maniera coerente nel tempo. Il Magistero può insegnare infallibilmente una dottrina con un atto definitorio del Papa, o con un atto non definitivo del Magistero Ordinario, posto che tale dottrina sia costantemente mantenuta e trasmessa dalla Tradizione e dal Magistero Ordinario e Universale. L’istruzione Ad Tuendam Fidem della Congregazione per la Dottrina della Fede, del 18 maggio 1998 (n° 2) lo conferma. Per analogia si potrebbe sostenere che la Chiesa non può sbagliare quando conferma nel tempo verità relative alla fede, fatti dogmatici, usi liturgici. Anche le canonizzazioni possono rientrare in questo gruppo di verità connesse. Si può stare certi che Santa Ildegarda da Bingen è nella gloria dei santi e può essere proposta come modello, non perché sia stata solennemente canonizzata da un Papa, visto che nel suo caso non c’è mai stata una formale canonizzazione, ma perché la Chiesa ha riconosciuto il suo culto, senza interruzione, fin dalla sua morte. A fortiori, per i santi che non  sono mai stati formalmente canonizzati, come san Francesco o san Domenico, la certezza infallibile della loro gloria, in senso diacronico (sviluppato nel tempo), deriva dal culto universale che la Chiesa ha loro tributato e non dalla sentenza di canonizzazione in sé stessa. La Chiesa non inganna nel suo Magistero universale, ma si può ammettere un errore delle autorità ecclesiastiche circoscritto nel tempo e nello spazio.


CFN: Potrebbe riassumere la sua opinione?

Prof. de Mattei: La canonizzazione di Giovanni XXIII è un atto solenne del Sommo Pontefice, che deriva dalla suprema autorità della Chiesa e che dovrebbe essere considerato con rispetto, ma non è una sentenza di per sé infallibile. L’esercizio della ragione, sostenuto da un accurato esame dei fatti, mostra abbastanza chiaramente che il pontificato di Giovanni XXIII non è stato benefico per la Chiesa. Se dovessi ammettere che Papa Roncalli abbia esercitato la virtù in modo eroico mentre svolgeva il suo ruolo di Pontefice, minerei alla base i presupposti razionali della mia fede. Nel dubbio, io aderisco al dogma di fede stabilito dal Concilio Vaticano I, secondo il quale non può esserci contraddizione fra la fede e la ragione. La fede trascende la ragione e la eleva, ma non la contraddice, perché Dio, Verità in Sé, non è contraddittorio. Io sento in coscienza di poter mantenere tutte le mie riserve su questo atto di canonizzazione.





aprile 2014

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