Lettera agli amici e benefattori, n° 73
di S. Ecc. Mons. Bernard Fellay
Superiore Generale della Fraternità San Pio
X
23 ottobre 2008
(Sottolineature e impaginazione sono nostre)
Cari Amici e Benefattori,
Questa lettera avrebbe voluto innanzi tutto portarvi alcune
novità riguardanti la vita interna della Fraternità. Tuttavia,
la più generale attualità della Chiesa e in particolare gli
sviluppi a favore della Tradizione, ci obbligano a soffermarci di più
su argomenti esterni, vista la loro importanza.
Ancora una volta, ci sembra necessario affrontare questo
tema, per presentare il più chiaramente possibile ciò
che ha potuto generare un certo trambusto all'inizio dell'estate.
Come è stato riferito dalla stampa, in maniera
assai sorprendente peraltro, abbiamo effettivamente ricevuto un ultimatum
dal Cardinale Castrillón Hoyos. Ma la cosa è molto complessa
e richiede un chiarimento perché possa essere ben compresa.
Uno sguardo sul recente passato ci aiuterà a vederci
un po' più chiaro.
1. Le nostre richieste preliminari
Fin dai primi approcci e dalle prime proposte di soluzione
da parte di Roma, e cioè all'inizio del 2001, avevamo detto chiaramente
che il modo in cui le autorità ecclesiastiche trattavano i problemi
posti da coloro che avevano voluto tentare l'esperienza della Tradizione
insieme a Roma, non ci ispirava fiducia e quindi, logicamente, dal momento
in cui le nostre relazioni sarebbero state regolate, dovevamo aspettarci
di essere trattati come loro.
Da allora, e per proteggerci, noi chiedemmo delle
azioni concrete che indicassero senza equivoci le intenzioni romane nei
nostri confronti: la Messa per tutti i sacerdoti e il ritiro del decreto
di scomunica.
Queste due misure non erano richieste per ottenere direttamente
un nostro vantaggio, ma piuttosto per ridare un respiro tradizionale al
Corpo Mistico e così aiutare indirettamente un sano riavvicinamento
tra la Fraternità e Roma.
Le prime risposte non furono certo lusinghiere e confermarono
piuttosto i nostri timori: non era possibile accordare la libertà
della Messa perché, nonostante si constatasse che essa non era mai
stata abrogata, dei vescovi e dei fedeli pensavano che si sarebbe trattato
di una sconfessione di Paolo VI e della riforma liturgica… Quanto alla
scomunica, essa sarebbe stata rimessa al momento dell'accordo.
Malgrado questo rifiuto, non abbiamo reciso il filo di
così difficili relazioni, ben coscienti che la posta in giuoco ci
supera di gran lunga.
Non ne va delle nostre persone, ma dell'atteggiamento
che per secoli è stato quello di tutti i membri della Chiesa e che
rimane ancora il nostro, opposto al nuovo spirito, detto "spirito del Vaticano
II", che constatiamo con evidenza essere l'origine e la principale causa
delle attuali sciagure della Santa Chiesa.
Da allora, l'orientamento fondamentale della nostra azione
e delle nostre relazioni con le autorità romane è sempre
stato, prudentemente, quello di fare di tutto per il ritorno della Chiesa
a ciò di cui non può privarsi senza correre verso il suicidio.
La nostra situazione è molto delicata: da un
lato riconosciamo come legittime queste autorità, sia romane sia
episcopali, dall'altro contestiamo certe loro decisioni perché sono
all'opposto, per gradi diversi, da ciò che il Magistero ha sempre
insegnato e comandato.
In questo non v'è alcuna pretesa di ergerci a
giudici o di scegliere ciò che ci piace. Semplicemente constatiamo
con dolore un'opposizione che urta la nostra coscienza e la nostra fede
cattolica.
Una tale situazione è di una gravità
estrema e in nessun caso può essere trattata alla leggera.
È anche per questo che procediamo molto lentamente
e con prudenza.
Quanto a noi, se pur siamo evidentemente molto interessati
ad ottenere una situazione concreta vivibile nella Chiesa, la percezione
della complessiva posta in giuoco che abbiamo descritta ci impedisce di
mettere sullo stesso piano le due questioni.
È così chiaro per noi che la questione
della fede e dello spirito di fede viene prima di tutto che non potremmo
prendere in considerazione una soluzione pratica senza che prima venga
risolta tale questione.
La nostra Madre Chiesa ci ha sempre insegnato che per
non perdere la fede bisogna essere pronti a perdere tutto, anche la vita.
La cosa strana è che ormai i colpi vengono dall'interno
della Chiesa: è questo il dramma che viviamo oggi.
2. La risposta ad uno dei punti, nel 2007: il Motu
Proprio
Nel 2007, il nuovo Sommo Pontefice Benedetto XVI ha finalmente
concesso il primo punto dei due che chiedevamo: la Messa per tutti i preti
del mondo. Noi siamo profondamente riconoscenti per questo gesto personale
del Papa: esso è per noi motivo di grande gioia, perché vi
scorgiamo con grande speranza un rinnovamento per tutto il Corpo Mistico.
Tuttavia, per la natura di ciò che sostiene e
ridona la Messa tradizionale - il Motu Proprio è diventato
l'oggetto della battaglia di cui abbiamo parlato prima: infatti il culto
tradizionale viene opposto al culto che si è voluto nuovo, “novus
ordo Missae”.
È diventato occasione di lotta tra i progressisti,
da un lato, che protestano a parole la loro piena comunione ecclesiale
mentre si oppongono più o meno apertamente agli ordini e alle disposizioni
del Sommo Pontefice, e i conservatori, dall'altro, che si trovano
a dover opporre resistenza ai loro vescovi… A chi dunque bisogna obbedire?
I progressisti sanno bene che la posta in giuoco è
ben più che liturgica.
Malgrado gli sforzi del Motu Proprio per minimizzare
l'opposizione sostenendo la continuità, ciò che è
in questione è la sorte di un Concilio che si è voluto pastorale
e che è stato applicato in maniera tale che già lo stesso
Paolo VI poté parlare di “auto-demolizione della Chiesa”.
3. La speranza che il secondo punto si realizzi molto
rapidamente
Questo primo passo di Roma nella nostra direzione lasciava
presagire che il secondo atto sarebbe sopraggiunto da lì a poco.
Certi segnali sembravano indicarlo.
Ma, mentre da lungo tempo noi abbiamo proposto la nostra
direzione di marcia, sembra proprio che Roma abbia voluto scegliere un'altra
strada.
Malgrado la nostra ripetuta richiesta di ritiro del
decreto di scomunica e benché sembri che non sussista più
alcun grave impedimento per la realizzazione di quest'atto, ecco che assistiamo
ad un colpo di scena: il Cardinale Castrillón vuole imporci
delle condizioni prima di andare oltre, nonostante avessimo detto chiaramente
che noi ci attendiamo un atto unilaterale [si
veda il nostro articolo, che contiene copia del documento della Pontifica
Commissione Ecclesia Dei - giugno 2008].
Egli ritiene che la nostra attitudine sia di ingratitudine
nei confronti del Sommo Pontefice, e soprattutto arrogante, orgogliosa,
poiché continuiamo a denunciare apertamente i mali che affliggono
la Chiesa. Soprattutto non gli è piaciuta l'ultima Lettera
agli Amici e Benefattori .
Questo ci è valso tale ultimatum, di cui non
riusciamo a cogliere i termini precisi.
O accettiamo la soluzione canonica o ci si dichiara
scismatici!
Le nostre prese di posizione sono interpretate come dei
ritardi, delle dilazioni volute, si mettono in dubbio le nostre intenzioni
e la nostra buona volontà di discutere veramente con Roma.
Non si comprende perché non vogliamo una soluzione
canonica immediata.
Per Roma, il problema della Fraternità sarebbe
con essa risolto, e le discussioni dottrinali sarebbero evitate o dilazionate.
Per noi, ogni giorno apporta delle prove supplementari
della necessità di chiarire al meglio le questioni sottese prima
di poterci spingere più lontano verso una situazione canonica, che
d'altronde non ci dispiace.
Ma si tratta dell'ordine naturale delle cose, e capovolgerlo
ci porrebbe immancabilmente in una situazione invivibile: ne abbiamo la
prova tutti i giorni.
Ne va né più né meno della nostra
esistenza futura.
Noi non possiamo e non vogliamo lasciare ambiguità
sulla questione dell'accettazione del Concilio, delle riforme, delle nuove
attitudini tollerate o favorite.
Di fronte a queste nuove difficoltà, ci permettiamo
di fare appello di nuovo alla vostra generosità, e visto il successo
della nostra prima crociata di Rosari per ottenere il ritorno della Messa
tridentina, vogliamo presentare alla Madonna un nuovo bouquet di
un milione di Rosari per ottenere con la sua intercessione il ritiro del
decreto di scomunica.
A partire dal 1° novembre e fino alla festa della
Natività, ci preoccuperemo di pregare con rinnovato ardore perché
il Santo Padre, in queste ore difficili della storia, assolva con fedeltà
le sue auguste funzioni secondo il Cuore di Gesù, per il bene di
tutta la Chiesa.
Siamo intimamente convinti che una tale misura da parte
del Sommo Pontefice produrrebbe sul Corpo Mistico degli effetti tanto profondi
quanto quelli della libertà della liturgia tradizionale.
In effetti, la scomunica non ha separato noi dalla
Chiesa, ma ha separato un buon numero dei suoi membri dal passato della
Chiesa, dalla sua Tradizione, cosa di cui essa non può privarsi
senza grave danno.
È del tutto evidente che la Santa Chiesa non può
disprezzare il suo passato, essa che ha ricevuto tutto e tutto ancora riceve
dal suo divino Fondatore, Nostro Signore Gesù Cristo.
Con la scomunica, infatti, è lo stesso comportamento
che caratterizzava la battaglia di Mons. Lefebvre che è stato fustigato
e penalizzato: questo collegamento col passato della Chiesa, con la sua
Tradizione.
E da allora, a causa di questa riprovazione, sono numerosi
coloro che temono di andare alle fonti dell'acqua viva, le sole capaci
di riportare i bei giorni alla nostra Madre Chiesa.
Eppure, Mons. Lefebvre non fece altro che seguire l'esempio
di San Paolo, al punto di chiedere che sulla sua tomba fosse scolpito:
“ tradidi quod et accepi ”: ho trasmesso ciò che ho
ricevuto.
Lo stesso San Pio X non ha scritto che "i veri amici
della Chiesa non sono né rivoluzionari, né novatori, ma tradizionalisti"?
Ecco perché, cari fedeli, noi rilanciamo una
crociata del Rosario in occasione del nostro pellegrinaggio a Lourdes,
per i centocinquant'anni delle apparizioni della Santa Vergine.
Noi ringraziamo la Madre di Dio per la sua materna protezione
in tutti questi anni, in particolare per i vent'anni delle consacrazioni
episcopali, affidandole tutte le vostre intenzioni, personali, famigliari
e professionali.
Noi le affidiamo il nostro avvenire e imploriamo quella
fedeltà alla fede senza la quale nessuno può ottenere la
sua salvezza.
Ringraziandovi di tutto cuore per la vostra instancabile
generosità, che ci permette di continuare l'opera magnifica fondata
da Mons. Lefebvre, chiediamo alla nostra buona Madre del Cielo di degnarsi
di proteggervi e conservarvi tutti nel suo Cuore Immacolato.
+ Bernard Fellay
Menzingen, 23 ottobre 2008 , festa di Sant'Antonio Maria
Claret
ottobre 2008
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