Professione di Fede

di Padre Jean, OFMCap, dei Cappuccini di Morgon (Francia)

Sermone del 21 ottobre 2012, per l’inaugurazione dell’“anno della Fede” indetto da Benedetto XVI.

21 ottobre 2012



Pubblicato sul sito francese Un eveque s'est levé!

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PREAMBOLO

1) Vista la situazione attuale del 50° anniversario dell’apertura del concilio Vaticano II, in occasione del quale Papa Benedetto XVI ha inaugurato un “anno della Fede”, “dedicato alla professione di Fede e alla sua giusta interpretazione”, col quale incoraggia i fedeli allo studio indulgenziato degli atti del Concilio e degli articoli del nuovo catechismo che li volgarizza; Concilio di cui il cardinale Ratzinger diceva trent’anni fa: “Una voragine divide la storia della Chiesa in due mondi inconciliabili: il mondo pre-conciliare e il mondo post-conciliare” (“Un chant nouveau pour le Seigneur”, Desclée-Mame, 1995, p. 174 - Joseph Ratzinger, Cantate al Signore un canto nuovo. Saggi di cristologia e liturgia, Jaca Book, Milano 2005).

2) Vista la recente dichiarazione radiodiffusa del Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Mons. Müller, che non ha mai abiurato veramente i suoi errori – per non dire eresie – sulla Transustanziazione, la Verginità di Maria e l’appartenenza dei Protestanti alla Chiesa, e che ha appena accusato i sacerdoti e i fedeli della Tradizione di essere fuori dalla Fede cattolica, affermando: “Noi non possiamo abbandonare la fede cattolica in questi negoziati [con la FSSPX]” – Intervista a NDR del 6 ottobre 2012.

3) Viste le esortazioni categoriche degli Apostoli in materia di intransigenza dottrinale, non solo sull’obbligo di conservare integralmente il deposito della Fede trasmessa (1 Tim. 6, 20; 2 Gv. 9); ma anche sul diffidare dei falsi dottori (Atti 20, 29; 2 Pt. 2, 1) e sull’anatemizzare coloro che insegnano una dottrina diversa (Gal. 1, 9; 2 Gv. 10), fino a resistere di fronte alle più alte autorità che non seguissero più correttamente la Fede (Gal. 2, 11).

4) Viste le profezie degne di fede che ci annunciano un’apostasia generale dalla Fede negli ultimi tempi della Chiesa: profezie bibliche in particolare, profezie di Nostro Signore Gesù Cristo (Lc. 18, 8) e degli Apostoli (1 Tim. 4, 1; 2 Tim. 3, 1-8); profezie della Madonna nelle apparizioni riconosciute autentiche dalla Chiesa (Quito, La Salette, Fatima); profezie confermate dai Papi del XX secolo che fino al Vaticano II deplorano l’apostasia ufficiale delle nazioni cattoliche, e dopo la incoraggiano.

5) Vista la legge costante e intangibile della Chiesa, che prescrive che i fedeli di Cristo sono tenuti a professare apertamente la Fede in tutte le circostanze in cui il loro silenzio, la loro tergiversazione o il loro comportamento, implicherebbero la negazione implicita della fede, il disprezzo della religione, l’ingiuria a Dio o lo scandalo per il prossimo [Fideles  Christi fidem  aperte profiteri  tenentur quoties eorum  silentium,  tergiversatio aut  ratio  agendi secumferrent  implicitam fidei negationem, contemptum religionis, iniuriam Dei vel scandalum proximi.] (Codice di Diritto Canonico del 1917, Canone 1325, § 1).

6) Viste le opportune esortazioni dei nostri vecchi nella battaglia attuale per la difesa della Fede contro i modernisti, come Mons. Lefebvre: «Noi dobbiamo combattere contro le idee che attualmente sono in voga a Roma e che sono sulla bocca del Papa e su quella di Ratzinger…» (Conferenza a Ecône, 6 settembre 1990 – Fideliter n° 87, p. 3); come Mons. de Castro Mayer «essere fedeli alla missione che Dio ci ha affidato, di resistere al modernismo regnante» (Consacrazioni del 30 giugno 1988 – Fideliter n° 64, p. 9); come Padre Calmel: «Confessare la Fede contro le autorità moderniste, significa rifiutare ogni equivoco, sia nei riti sia nella dottrina» (Brève apologie pour l'Église de toujours, Itinéraires, n° 316, p. 76 - Breve apologia della Chiesa di sempre, Ichthys, 2007).

7) Viste le divergenze gravi e irreparabili in materia di Fede, constatate nel corso degli ultimi colloqui dottrinali a Roma tra i teologi conciliari e quelli della Tradizione cattolica, divergenze già esposte sostanzialmente da Mons. Lefebvre nel suo Manifesto episcopale del 21 novembre 1983, e largamente esposte nei nostri corsi dei seminarii, nei congressi teologici, negli articoli dottrinali, nei circoli di studio e nelle predicazioni ai fedeli.


I – PROFESSIONE DI FEDE CATTOLICA

Nella situazione attuale, e in considerazione di quanto appena esposto, in quanto sacerdote cattolico, malgrado la mia indegnità, mi sia permesso in questo momento, davanti ai fedeli, che hanno tutto il diritto di conoscere esattamente qual è la fede interiore di chi predica loro, di riaffermare pubblicamente quanto segue:

1) Io rinnovo, fino alla mia morte, la pubblica professione di Fede fatta dai miei padrini nel giorno del mio Battesimo, e da me stesso, dodici anni dopo, alla mia solenne Comunione.

2) Io rinnovo, fino alla mia morte, la professione di Fede tridentina e il giuramento antimodernista che ho pronunciato pubblicamente con la mano sul Vangelo e davanti al Santissimo Sacramento, prima di ricevere l’ordinazione sacerdotale.

3) Io professo, fino alla mia morte, il Simbolo degli Apostoli che si recita ogni Domenica a Messa, nonché il Simbolo di Sant’Atanasio che la Chiesa faceva recitare ai suoi consacrati ogni Domenica nel breviario, di prima del Concilio.

4) Io professo, fino alla mia morte, tutti e ciascuno i dogmi definiti della Fede cattolica e romana, come tutte e ciascuna le verità della dottrina cattolica, indicate come tali dall’insieme dei teologi (cfr. Denz. 2880) prima del Concilio, verità la cui negazione implicherebbe un peccato di temerarietà contro la Fede.

5) Io professo, e per sempre, tutte le verità che sono state attaccate nella storia della Chiesa e rigetto tutti gli errori opposti, che sono stati debitamente censurati dal Magistero dei Papi, dei Concilii e delle Congregazioni romane.

6) Io professo, per tutta la mia vita, la dottrina certa e tradizionale esposta nel Catechismo del Concilio di Trento e di San Pio X, così come in tutti gli altri Catechismi precedenti il Vaticano II, che la riproducono fedelmente e integralmente.

7) Infine, io professo e voglio professare fino al mio ultimo respiro, la Fede dei Padri e dei Dottori della Chiesa, trasmessa fedelmente dal Magistero dei Papi e dai Concilii, come una formulazione certa e fissata una volta per tutte della Verità assoluta, la quale, nella sua sostanza, non può evolvere col tempo.


III – PROFESSIONE DI FEDE CONTRO GLI ERRORI ATTUALI

Il dovere principale di ogni sacerdote è non solo di professare e insegnare la vera Fede cattolica, ma anche di difenderla contro gli attacchi dei nemici, chiunque essi siano, di conseguenza:

1) Io professo la definizione tradizionale cattolica della Fede, che cioè essa è una virtù soprannaturale, un dono gratuito di Dio, per il quale tutta la mia anima, tutta la mia intelligenza e tutta la mia volontà si sottomettono a tutta la verità rivelata da Dio e trasmessa dalla Sua Unica Chiesa, che non può sbagliarsi, né ingannarmi.
Così, io riprovo e rigetto la dottrina neo-modernista, la quale presenta la Fede come un sentimento «nato dalla profondità del mio io» (Giovanni Paolo II, “N'ayez pas peur!”, ed. Laffont, p. 39 - “Non abbiate paura”, ed. San Paolo), o come “esperienza” che non può essere che “comunitaria” (Prof. Ratzinger, “La Foi chrétienne…”, p. 110, e “Les principes de la théologie catholique”, p. 35)

2) Io professo la dottrina tradizionale e cattolica della Regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, con la sua conseguenza necessaria dell’unione armoniosa della Chiesa e dello Stato, affinché la legge divina ed ecclesiastica presieda a tutte le istituzioni umane, per la gloria di Dio e la salvezza delle anime; dottrina fondata sulla Scrittura (Is. 55, 4; 1 Tim. 6, 15; Ap. 1, 5) e la Tradizione, in particolare l’enciclica Quas primas di Pio XI.
Così, io riprovo e rigetto la dottrina liberale del Vaticano II, che nella Gaudium et Spes, 4, proclama l’autonomia dello Stato rispetto alla Chiesa, secondo il falso principio della libertà religiosa, dottrina che il Papa attuale ha qualificato a suo tempo come una «sorta di contro-Sillabo», e più recentemente, in una allocuzione pubblica a degli ambasciatori, come «un grande progresso dell’umanità» (13.12.2008).

3) Io professo la dottrina tradizionale e cattolica del vero ecumenismo, vale a dire del ritorno delle anime smarrite all’unico vero ovile di Cristo, dottrina fondata sulla Scrittura (Gv. 10, 16; Atti 2, 38) e sulla Tradizione costante, in particolare l’enciclica Mortalios animos di Pio XI.
Così, io riprovo e rigetto la dottrina contraria degli uomini della Chiesa conciliare, che insegnano che l’ecumenismo di ritorno è “obsoleto” (Accordo di Balamand, 24.6.1993), che esso ha cercato solo di “convertire” gli altri (Card. Kasper, 22.1.2001), che è una “pressione” che sarebbe solo una “forma indebita di proselitismo” (Giovanni Paolo II, 31.5.1991) e che “farebbe rinnegare agli altri la propria eredità di fede” (Benedetto XVI, 18.8.2005).

4) Io professo la definizione tradizionale della Chiesa cattolica e romana come Corpo Mistico di Nostro Signore Gesù Cristo e sola Arca di Salvezza, alla quale non si può appartenere senza il Battesimo e la Fede; dottrina rivelata da Dio (Col. 1, 18; Gv. 3, 5; Mc. 16, 16) e trasmessa dalla Tradizione, in particolare nell’enciclica Mystici corporis di Pio XII.
Così, io riprovo e rigetto la dottrina divergente del Vaticano II, che insegna che «la Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica» (Lumen gentium, 8), e la sua esplicitazione presente nel nuovo catechismo (836), e cioè che «tutti gli uomini appartengono a questa cattolica unità del popolo di Dio, alla quale in vario modo appartengono o sono ordinati».
E ancor più riprovo e rigetto la nuova dottrina conciliare (U. R., 3), ripresa nel nuovo catechismo (819), secondo la quale «lo Spirito di Cristo si serve delle Chiese e comunità ecclesiali come mezzi di salvezza». Perché le false religioni non sono ispirate dallo Spirito Buono, ma dal Maligno (Sal. 95, 5; 1 Cor. 10, 20; Ap. 2, 9).

5) Io professo la dottrina tradizionale e cattolica della sostituzione della Vecchia con la Nuova Alleanza, essendo la Vecchia revocata per il fatto stesso della Nuova, come affermano esplicitamente la Parola di Dio (2 Cor. 3, 14; Ebrei, 8, 13) e la Tradizione, come per esempio la bolla Hebraeorum gens di San Pio V (1569). Questa credenza tradizionale dev’essere intesa nel senso che la religione giudaica è stata revocata da Dio, ma senza escludere che gli Israeliti possano convertirsi a Lui, individualmente nel tempo e in massa alla fine dei tempi (Rom. 11, 25).
Così, io riprovo e rigetto la dottrina contraria del Vaticano II (Nostra aetate), riformulata in seguito da Giovanni Paolo II (17.9.1980) e dal nuovo catechismo (121) col seguente assioma ingiurioso per Nostro Signore Gesù Cristo, divino fondatore della Chiesa della Nuova ed Eterna Alleanza: «La vecchia Alleanza non è mai stata revocata».

6) Io professo la dottrina tradizionale e cattolica secondo la quale l’Inferno esiste, e che tutti quelli che muoiono in stato di peccato mortale e impenitenti, vi sono dannati in eterno; dottrina rivelata da Dio (1 Cor. 6, 10; Ap. 21, 27) e trasmessa costantemente dalla Tradizione, in particolare dal II Concilio di Lione (1274).
E io credo anche, seguendo Nostro Signore che ce l’ha rivelato, che molti prendono la via larga che porta alla perdizione (Mt. 7, 13; Lc. 13, 24); rivelazione confermata dalla Madonna a Fatima: che molte anime, soprattutto nella nostra epoca, si dannano, e che noi dobbiamo pregare e fare penitenza per contribuire alla loro salvezza.
Così, io riprovo e rigetto la teoria contraria, secondo la quale l’Inferno esiste, ma è vuoto (Urs Von Balthasar, citato da Giovanni Paolo II in Entrez dans l'espérance, p. 200 – Varcare la soglia della speranza, ed. Mondadori), o che il giudizio e la dannazione evocati nel Vangelo riguarderebbero solo Satana e gli angeli decaduti (Giovanni Paolo II, enciclica Dominum vivificantem, 18.5.1986, nn° 27 e 28), o che nell’Inferno vi siano solo «certi personaggi della nostra storia» (Benedetto XVI, Enciclica Spes salvi, 30..11.207, n° 45).

7) Infine,  dal momento che sarebbe troppo fastidioso enumerare tutti i gravi errori post-conciliari perpetrati, incoraggiati o avallati dagli uomini di Chiesa al potere, seguendo Mons. Lefebvre, io riprovo e rigetto tutte e ciascuna le teorie e le pratiche che demoliscono a poco a poco la Fede nelle anime, non solo nel dominio dottrinale, ma anche in quello morale (inversione dei fini del matrimonio per legittimare le diecine di migliaia di annuali annullamenti matrimoniali), liturgico (la nuova Messa concordata con sei pastori protestanti), canonico (Mons. Lefebvre diceva che essi distruggono la Chiesa con le leggi fondamentali ispirate dal modernismo del nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983 - Fideliter n° 55, p. 9), ecumenico (Assisi, Giovanni Paolo II che bacia il Corano il 14-5.1999, Benedetto XV che si fa benedire da un rabbino l’11.5.1977), biblico (esegesi super-critica, nuova Bibbia con la traduzione ecumenica), sacramentale (niente più genuflessioni davanti al Santissimo Sacramento, cosa che diminuisce il rispetto e la fede nella Presenza Reale), ecc.
Teorie e pratiche che io riprovo e quindi rigetto in toto perché contrarie allo spirito della Chiesa cattolica, ingiuriose per Dio e scandalose per le anime.


IN CONCLUSIONE

Sento l’obbligo di precisare che se io riprovo tutte queste novità malsane e più o meno eretiche, non intendo mettere in questione la funzione, l’autorità e il rispetto dovuti a questi Pastori incriminati, non avendo io alcuna competenza per giudicare le loro persone, e anzi io prego per loro, Papi e vescovi, persone responsabili davanti a Dio delle nostre anime, sulle quali esse hanno la giurisdizione ordinaria.
Ma, con San Paolo, San Tommaso d’Aquino e San Roberto Bellarmino, io stimo in coscienza che se queste autorità arrecano un grave danno alla Chiesa nella Fede, non solo è permesso, ma è un dovere resistere loro, dicendo pubblicamente che non camminano più rettamente secondo il Vangelo, ed è un dovere disobbedire loro in tutto ciò che di contrario a Dio esse cercano di imporci.

Considerando che questa Fede di cui vado fiero è un puro dono di Dio, ricevuto senza merito da parte mia;
considerando la storia della Chiesa e le deprecabili cadute di numerosi chierici più sapienti, più ferventi, e più prudenti di me;
considerando infine le mie debolezze passate, l’attuale apostasia e le persecuzioni future,
io non posso che chiedervi ed implorare, miei cari fedeli, di pregare per me, affinché non solo io perseveri in questa Fede cattolica e romana che ho appena professato ancora una volta, ma perseveri anche e ancor più nella carità, poiché «se possedessi la pienezza della Fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.» (1 Cor. 13, 2);
pregate anche perché così io possa compiere al meglio possibile il mio dovere sacerdotale verso Dio e le anime, e cooperare per quanto poco al Regno di Dio qui in terra, attendendo il trionfo finale dei santissimi Cuori di Gesù e Maria.

Così sia.




marzo  2014

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