Lettera di Padre Jean, OFMCap.
dei Cappuccini di Morgon, Francia

11 febbraio 2009



Pubblicato sul sito francese Un eveque s'est leveé

Nonostante questa lettera sia vecchia di cinque anni, il suo contenuto contribuisce a comprendere i fattori che hanno concorso a determinare la perdurante
crisi nella Fraternità San Pio X

impaginazione e neretti sono nostri



Aurenque, le 11 Février 2009
Notre Dame de Lourdes

Couvent St Antoine Aurenque
Castelnau d’Arbieu
32500 FLEURENCE



Monsignore,
Mio reverendo Padre,
Mia reverenda Madre,

in coscienza, davanti a Dio e davanti agli uomini, e per il bene comune della Tradizione cattolica – e dunque della Chiesa -, mi sembra sia mio dovere aggiungere alla mia lettera di scuse, ciò che segue:
Dopo il mio intervento veemente del 5 febbraio, alle pressioni che mi sono state fatte, sia a Saint-Nicolas o a Caussade, io ho risposto che mi scusavo per la forma (la collera), ma non per il contento (la denuncia).

Mi rammarico vivamente, dunque, per il mio comportamento, non solo nella misura in cui esso ha potuto scandalizzare gli altri (quantunque io abbia poi ricevuto delle felicitazioni per telefono e per lettera), ma anche per il fatto che esso potrebbe squalificare o far dimenticare l’oggetto della mia denuncia. Per di più, una semplice lettera di scuse avrebbe potuto farvi credere che io mi rammaricassi anche per ciò che ho detto, dunque mi vedo costretto a ritornare sulla questione di fondo e anche esplicitarla.

Il mio primo incontro con Sua Eccellenza Mons. Lefebvre risale al giugno del 1973, a Ecône, quando egli invitò i miei genitori (che avevano lasciata un’eredità al seminario) a venire a parlare e a pranzare con lui. Tre anni dopo, ero alla Messa di Lille. I miei genitori hanno sacrificato tutta la loro fortuna famigliare per comprare dei fabbricati per la Tradizione. Ed oggi usano tutte le loro restanti forze per condurre una foresteria per il nostro convento, in una casa che hanno acquistato vendendo l’ultima di cui erano proprietarii.
Io penso che il mio vecchio padre morirà d’infarto il giorno in cui apprenderà che tutti questi fabbricati passeranno sotto il controllo della Chiesa conciliare.

Fino a Domenica scorsa, dal pulpito, io ho sempre difeso la Fraternità San Pio X davanti ai fedeli, e replicato i suoi comunicati.
Devo confessare una sola infrazione, se è tale: nell’annunciare il primo “bouquet spirituale” di Rosarii nel 2006: dopo aver letto le tre intenzioni nell’ordine dato dalla Fraternità, che poneva al primo posto la liberalizzazione della Messa di San Pio V, io ho aggiunto che a mio avviso personale era il ritorno alla Regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo che andava messo al primo posto (Mons. Lefebvre diceva che questo punto è più importante della Messa. Cfr. L’Église infiltrée…, p.70).

Se io non ho fatto cantare il Te Deum dopo il Motu Proprio è perché il mio Superiore mi ha lasciato libero su questo punto ed io non ho voluto acclamare un testo che identifica in uno stesso rito la Messa di sempre e la Messa «bastarda», come l’ha spesso chiamata Mons. Lefebvre. Tuttavia, ho letto il comunicato di Mons. Fellay ai fedeli, che Suresnes non mi aveva inviato e che un fedele mi aveva procurato su Internet.
Lo stesso per il secondo “bouquet”, che io ho annunciato e del quale ho fatto copiare il comunicato finale di Mons. Fellay (24 gennaio) perché i fedeli potessero leggerlo e portarselo a casa.

Chiedo scusa per la lunghezza, ma è perché non si dica che io sono contro la Fraternità San Pio X o un sedevacantista, ecc. Io considero la FSSPX come un’opera della Chiesa e per me una seconda madre: è ad essa che sono debitore della conservazione integrale della fede, della mia vita religiosa e del mio sacerdozio. Io l’amo con tutto il cuore, ed è per questo che io ruggisco quando la credo minacciata.

Uno dei primi sacerdoti della FSSPX, un giorno alle ordinazioni a Ecône, mi raccontava che suo padre gli aveva insegnato i metodi sovversivi, che tuttavia gli aveva proibito di usare, perché fosse in grado di smascherare gli attacchi e le persone sovversive.
Durante il mio dottorato a Ecône, io seppi individuare certi seminaristi sovversivi e li segnalai al canonico Berthod e anche a Mons. Lefebvre. Monsignore non volle allontanarli, perché peraltro erano dei buoni allievi. Il canonico Berthod giudicò la cosa talmente grave da minacciare le sue dimissioni se gli elementi sovversivi non fossero stati cacciati.
Ecco come Ecône ha perduto uno dei più eminenti professori, e come sono nate le gravi crisi di dissidenza negli anni seguenti.

Senza pretendere di essere uno specialista della materia e meno ancora di essere impegnato nella lotta contro la sovversione – poiché io mi sono consacrato totalmente a Dio – penso tuttavia di sapere di che parlo quando uso il termine sovversivo, e di conoscere il minimo nella valutazione delle informazioni prima di giungere alle conclusioni.
Quando ho preso il microfono, ho detto, quasi con le stesse parole di adesso, che, insieme a diversi altri sacerdoti, eravamo molto inquieti per l’evoluzione dei rapporti della FSSPX col Vaticano, che sembrava volerci condurre lentamente, ma sicuramente, verso una riunione con la Roma conciliare e modernista.

Parlando a nome di altri sacerdoti, tra cui due che mi hanno incoraggiato a prendere la parola – cosa che mi ripugnava molto – in quell’occasione io non ho neanche espresso il mio personale convincimento, consolidato ormai da cinque anni, che questa evoluzione è solo un processo abilmente programmato da certi preti sovversivi che sono riusciti ad occupare dei posti strategici nella FSSPX (superiorati, seminarii, comunicazione e finanze) in vista di giungere ad una riunione con Roma.

Jean Vaquié, prima della sua morte nel 1992, aveva già compilato una lista di questi seminaristi (d’allora) e preti sovversivi; e se ci sono di quelli che oggi sono si sono riconciliati con Roma, come Don Leschenne, altri continuano ad occupare dei posti di responsabilità, particolarmente in Francia. E uno di essi porta il saio.
Nell’organigramma di questa organizzazione sovversiva, tra i posti di responsabilità, bisogna annoverare un vecchio discepolo del professor Borella (Nancy) che, col pseudonimo di Don Michel Beaumont, insegna su Fideliter (n° 163, pp. 20-25) che secondo la dottrina classica dei Papi, il Regno sociale di Nostro Signore Gesù Cristo non è più possibile nel mondo di oggi.

Al mio ritorno a Parigi, la Provvidenza ha avuto cura di confermarmi – se ce n’era bisogno – il progresso di questa riunione con Roma, tramite un foglio portato da un fedele che usa internet, foglio da firmare per manifestare il nostro sostegno a Benedetto XVI.
Negli annunci della Domenica, ho sentito il dovere di mettere in guardia i fedeli contro questa campagna, spiegando loro che noi dobbiamo sostenere il Papa Benedetto XVI con le nostre preghiere perché egli porta delle enormi responsabilità, ma che non si tratta di un sostegno incondizionato allorché dichiara, come recentemente (dicembre 2008), che la Chiesa gioisce dell’autonomia tra la Chiesa e lo Stato, come di un gran progresso dell’umanità. E ho invitato i fedeli a leggere l’articolo di Mons. Tissier de Mallerais sui gravi errori insegnati – e riediti tali e quali – dal professor Ratzinger (Sel de la Terre, n° 67, pp. 22-64 - Il mistero della Redenzione secondo Benedetto XVI).

Indagando a fondo su questa petizione, se ne trova la fonte sul sito del forum cattolico (http://www.leforumcatholique.org/message.php?num=463376), dove tutti possono leggere che essa viene ed è sostenuta dal G.R.E.C., “Groupe de Réflexion Entre Catholiques”,
[si vedano su questo sito: Per la necessaria riconciliazione - Accordo discreto ma non segreto - Percezione] costituito nel 1997 (quindi per dieci anni non siamo mai stati informati dell’esistenza di questo club) e composto da chierici e laici di tutte le tendenze della “tradizione”, soprattutto riconciliati con Roma, compresi degli appartenenti alla FSSPX; gruppo che lavora per “permettere un giorno una riconciliazione secondo le forme istituzionali e giuridiche”. Cosa che evidentemente può riguardare solo la FSSPX, la sola che vi è rappresentata e che non è (ancora) rientrata.

Questa iniziativa, vi si legge anche, è incoraggiata dal nunzio apostolico Mons. Bandelli, mentre Mons. Breton, vescovo d’Aire e di Dax, vi rappresenta la Conferenza Episcopale Francese. Da parte mia, ho appreso da un confratello della FSSPX che Mons. Breton gli aveva detto di aver conosciuto Don de Cacqueray in una riunione del G.R.E.C. Ovviamente non sono rimasto sorpreso quando mi hanno detto, proprio adesso, che il Superiore del Distretto di Francia ha appena esortato tutti i nostri fedeli, alla Mutualité, a firmare questa lettera di sostegno a Benedetto XVI.

C’è ancora bisogno di altre prove sulla determinazione delle autorità della FSSPX a riconciliarsi con la Roma conciliare? C’è bisogno di riascoltare la registrazione della trasmissione di Radio Courtoisie, del 17 luglio 2007, dove il Padre Lelong, membro attivo del G.R.E.C., non esita ad assicurare agli ascolatori che, secondo lui, l’attuale direzione della FSSPX sarebbe interamente a favore del ricongiungimento con Roma e che per loro si tratterebbe solo di arrivare a ridurre e di far tacere i recalcitranti della FSSPX?

Io sono perfettamente conscio della gravità di queste mie rivelazioni e delle loro conseguenze. Le ho soppesate e verificate per quanto possibile, con i mezzi che la Provvidenza si è ingegnata di fornirmi in questi ultimi tempi. In coscienza, non posso più rimanere in silenzio, né accontentarmi della sola preghiera, né attendere che la casa vada completamente in fiamme per gridare al fuoco!
Facendovi sapere queste cose, io sono assolutamente sicuro di fare il mio dovere e dunque la volontà di Dio. Sta a voi giudicare davanti alla vostra coscienza; e di pensare alle tante anime che vi sono state affidate da Nostro Signore Gesù Cristo e di cui dovrete rendere conto nel giorno del giudizio in rapporto alla fede: «Che chiedete alla Chiesa?» - «La Fede».

Per il mio prossimo avvenire, io mi rimetto totalmente alla divina Provvidenza. Mi aspetto di essere gettato in mezzo ad una strada, trattato da “sedevacantista” – l’emarginazione per diffamazione è una tecnica classica dei sovversivi -.

Nel caso mi capitasse qualche disgrazia – perché bisogna prevedere tutto – io ho affidato questa lettera e tutti i miei documenti scottanti a degli amici sicuri, in grado in trascriverli e di diffonderli se necessario.
Io so che i miei genitori mi sostengono e mi aiuteranno a ricominciare o meglio a continuare la mia vita religiosa altrove. Mi addolora enormemente diventare «vagus», ma se questa è la volontà del Buon Dio in questa incredibile crisi… Fiat!

Io non ho alcuna fiducia in Mons. Fellay, che copre tutta questa operazione con la sua autorità, e poca fiducia in Mons. Williamson, che è stato visto durante i suoi contatti segreti a Roma la settimana dopo Pasqua 2008. Per gli altri due nostri vescovi, io spero che il giorno ufficiale dell’accordo – che non dovrà essere così lontano come si pensa, perché Benedetto XVI si fa vecchio – o anche prima, uno dei due si alzerà e proseguirà la battaglia di Mons. Lefebvre.

In quel giorno, i nostri fratelli di Morgon e di Aurenque, che rifiuteranno questa capitolazione nella battaglia per la Fede, sappiano che io ritornerò a mettermi all’obbedienza del loro Superiore o del più anziano.

Nell’attesa, rimaniamo uniti tutti nella recita del Rosario, fidando nel trionfo finale del Cuore Immacolato di Maria.

Fr. Jean, O.F.M.




marzo  2014

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