Intervista concessa da 
S. Em. Rev.ma il Card. Darío Castrillon Hoyos
Prefetto della Congregazione per il Clero e
Presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei”
alla rivista inglese The Latin Mass
6 maggio 2004



 
 
Considerate le perplessità che sono state espresse e le aspettative che sono sorte dopo la diffusione di questa intervista, riteniamo opportuno far conoscere il testo della informativa che il Presidente della Federazione Internazionale “Una Voce” (FIUV) ha inviata ai componenti del Consiglio Direttivo della stessa FIUV, in seguito all'incontro avuto col Card.Castrillon il 13 marzo 2004.

L'informativa avrebbe dovuto rimanere riservata, ma già il 26 marzo era stata diffusa via internet, come si potrà vedere.

Oggi, alla luce dell'intervista concessa dal Card. Castrillon alla rivista The Latin Mass, riteniamo opportuno che si conosca anche questa informativa, poiché in entrambi i documenti si trattano le medesime questioni.

Si veda anche l'intervista rilasciata dal Card. Castrillon a Il Giornale, il 31 maggio 2004


 

Eminenza, un anno dopo la celebrazione, in Santa Maria Maggiore, della Messa secondo il rito di San Pio V, quali sono state le reazioni che ha registrato da parte del mondo “tradizionalista”?
Direi che sono state molto positive. A tutt’oggi ho ricevuto centinaia di lettere, provenienti da tutte le parti del mondo, che manifestano la gratitudine e la speranza suscitate da questa celebrazione, che peraltro è stata seguita da numerosi fedeli in Santa Maria Maggiore.
Io credo che si sia trattato di un evento davvero provvidenziale: nell’anno del Rosario, nel quadro del venticinquesimo anniversario del Sovrano Pontificato di Giovanni Paolo II, i fedeli legati alle precedenti forme liturgiche e disciplinari della Tradizione latina hanno anch’essi potuto esprimere la loro vicinanza spirituale al Santo Padre, con l’atto più importante che ci sia, il Sacrificio Eucaristico, preceduto dalla recita del Rosario; e tutto questo nella festa di Santa Maria Ausiliatrice, nella Basilica Madre di tutte le chiese dedicate alla Vergine Maria e dove riposa il corpo di San Pio V.
Tra le tante espressioni di riconoscenza, numerosi fedeli hanno insistito sull’emozione generata da questo nuovo gesto di sollecitudine pastorale verso coloro che, senza negare la validità dell’attuale riforma liturgica, si riconoscono tuttavia nella celebrazione del Santo Sacrificio secondo il Messale Romano nell’edizione tipica del 1962.
Inoltre, questa celebrazione ha rassicurato numerosi fedeli sul fatto che il venerabile Rito di San Pio V beneficia appieno, nella Chiesa cattolica di Rito Latino, del “diritto di cittadinanza”, come ebbi a dire nell’omelia. Questo Rito non è estinto, non v’è dubbio in materia. L’avvenimento di Santa Maria Maggiore ha contribuito a dissipare questo dubbio, laddove avesse potuto ingenerarsi a causa di una sorta di disinformazione.
Tengo a precisare, tuttavia, che l’unico motivo di questa celebrazione è la richiesta che mi è stata legittimamente avanzata, come Presidente della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, da diversi gruppi di fedeli, che volevano esprimere in questo modo la loro vicinanza col Santo Padre; non dimentichiamo che il Papa ha anche autorizzato la celebrazione privata della Messa di San Pio V nella cappella ungarica della Basilica Vaticana, a quei preti che la richiedono e che sono muniti di un regolare permesso.

Lei, Eminenza, con quale Rito celebra abitualmente la Messa?
Col Rito col quale è celebrata in tutta la Chiesa cattolica latina, e cioè col Novus Ordo. Celebrando la Messa col Rito approvato da Paolo VI, devo dire trovo una ricchezza d’amore e di devozione che personalmente mi soddisfano anche. In piú, apprezzo il fatto che i piú semplici possano trarre profitto nella loro lingua della profondità sacra del Rito.
Ma questo non mi impedisce di conservare un grande amore anche per la Messa secondo il Rito di San Pio V: la Messa della mia ordinazione sacerdotale e dei miei primi anni di sacerdozio.

Può dirci, Eminenza, come il Santo Padre considera il movimento dei fedeli legati alla Tradizione?
Voglio ricordare che lo stesso Paolo VI aveva  già permesso che, in certe situazioni, alcuni preti potessero continuare a celebrare come prima della riforma liturgica; in seguito, nel 1984, la Congregazione per il Culto Divino, con la lettera “Quattuor abhinc annos”, ha autorizzato a certe condizioni la celebrazione di questo Rito, e infine lo stesso Sovrano Pontefice regnante, nel 1988, col Motu Proprio “Ecclesia Dei, ha raccomandato che: “ dovrà essere ovunque rispettato l’animo di tutti coloro che si sentono legati alla tradizione liturgica latina, mediante un’ampia e generosa applicazione delle direttive, già da tempo emanate dalla Sede Apostolica, per l’uso del Messale Romano secondo l’edizione tipica del 1962” (Motu Proprio "Ecclesia Dei", 2.7.1988, n. 6). Non si può neanche dimenticare che il Rito di San Pio V è il Rito ordinario accordato il 18 gennaio 2002, per decisione di Sua Santità, all’Amministrazione Apostolica personale San Giovanni Maria Vianney di Campos (Brasile). Tutto questo mostra chiaramente che questo Rito, per concessione del Santo Padre, ha pieno diritto di cittadinanza nella Chiesa, senza che con questo si voglia diminuire la validità del Rito approvato da Paolo VI e attualmente in vigore nella Chiesa latina.
Io penso che i ripetuti segni di vicinanza che il Santo Padre ha dato ai fedeli legati alla Tradizione, testimoniano largamente l’affetto di Sua Santità per questa parte del Popolo di Dio che non si può assolutamente trascurare né tanto meno ignorare; questi fedeli, in piena comunione con la Sede  Apostolica, si sforzano, anche attraverso numerose difficoltà, di mantenere vivi il fervore e la devozione della fede cattolica attraverso l’espressione di un particolare attaccamento alle forme liturgiche e devozionali dell’antica Tradizione, nelle quali essi si riconoscono.
In effetti, mi sembra che l’adesione di questi fedeli all’antico Rito voglia esprimere legittimamente una percezione religiosa, liturgica e spirituale particolarmente legati alla Tradizione antica: quando questo è vissuto in comunione con la Chiesa, è un arricchimento.
Io non amo, infatti, le concezioni  che vogliono ridurre il fenomeno “tradizionalista” alla sola celebrazione del Rito antico, come se si trattasse di un attaccamento nostalgico e ostinato  al passato. Questo non corrisponde alla realtà che si vive all’interno di questo vasto gruppo di fedeli. In effetti, qui siamo spesso in presenza di una visione cristiana della vita della fede e della devozione - condivisa da molte famiglie cattoliche spesso arricchite da numerosi figli - che possiede le proprie particolarità; questa visione comporta, per esempio, un forte senso di appartenenza al Corpo Mistico di Cristo, un desiderio di mantenere solidamente i legami col passato - che si considera non in opposizione al presente, ma nella continuità della Chiesa - per conservare i piú forti punti di ancoraggio del cristianesimo, un desiderio profondo di spiritualità e di sacralità, ecc. All’interno della visione cristiana tipica di questi fedeli, l’amore per il Signore e per la Chiesa trova cosí la sua espressione piú alta nell’adesione alle antiche forme liturgiche e devozionali che hanno accompagnato la Chiesa nel corso della sua storia.
È interessante poi sottolineare come in seno a questa realtà si trovino numerosi giovani, nati dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II. Direi che essi esprimono come una “simpatia istintiva” per una forma di celebrazione, e anche di catechesi, che secondo la loro “percezione” lascia un ampio spazio al clima di sacralità e di spiritualità che giustamente conquista anche i giovani di oggi: non si può certo definirli come dei “nostalgici” o come un vestigio del passato. Vorrei ricordare, inoltre, che questo venerabile Rito ha formato nel corso dei secoli numerosi santi, ed ha modellato il volto della Chiesa, che ancora oggi riconosce i suoi meriti, come è provato dall’indulto Ecclesia Dei di Giovanni Paolo II.
Nella Chiesa vi è una tale varietà di doni messi a  disposizione di coscienze e di sensibilità diverse, con le loro specificità, che trovano giustamente il loro posto in questa abbondante ricchezza della cattolicità. Non si può impedire che nel seno di questa varietà di doni e di sensibilità siano presenti anche i fedeli detti “tradizionalisti”; non bisogna trattarli come “fedeli di secondo ordine”, ma bisogna proteggere il loro diritto a poter esprimere la fede e la pietà secondo una sensibilità particolare, che la Santa Sede riconosce come del tutto legittima. Non si tratta dunque di opporre due diverse sensibilità come se fossero antagoniste: quella detta “tradizionale” e quella detta “moderna”; si tratta invece della libertà di professare la stessa fede cattolica con delle sottolineature e delle espressioni legittimamente diverse, nel pieno rispetto fraterno e reciproco.

Eminenza, l’erezione dell’Amministrazione Apostolica San Giovanni Maria Vianney di Campos, in Brasile, sembra essere un tentativo riuscito di congiungere queste diverse sensibilità all’interno della Chiesa?
Certamente! E innanzi tutto dobbiamo riconoscere l’opera della Provvidenza: chi avrebbe mai immaginato, solo due anni prima del Grande Giubileo, che una situazione irregolare come quella di Campos diventasse un segno di speranza per tutto il mondo tradizionalista, e una prova concreta, tra tante altre, che nell’unica Chiesa di Cristo possono coesistere sensibilità differenti?
In effetti, la situazione era piuttosto complicata: dopo la rinuncia di S. E. Mons. De Castro Mayer al governo della Diocesi di Campos, si era formata progressivamente l’associazione San Giovanni Maria Vianney  - con dei preti, delle forme di vita religiosa e delle comunità di fedeli ? e di fatto essa era una struttura parallela alla Diocesi. Si trattava evidentemente di una situazione grave, anche a causa dell’ordinazione episcopale ricevuta da Mons. Rangel, che era a capo della struttura; ordinato dai vescovi scomunicati della Fraternità San Pio X, egli incorse a sua volta nella scomunica automatica (latae sententiae). Grazie a Dio il gruppo di Campos è uscito da una situazione che poteva condurre ad uno stato di scisma formale.
Dove vi era un vescovo con dei preti, dei religiosi e dei fedeli autonomi, con un atto di umiltà e di pentimento, lo stesso Mons. Rangel e i suoi preti, rispondendo all’invito del Santo Padre, hanno considerato in coscienza che era loro dovere rientrare nella piena comunione con la Chiesa, constatando che le condizioni che essi stimavano costituissero “uno stato di necessità”, non esistevano piú. Cosí è nata una situazione completamente differente. Occorre davvero ricordare le splendide parole del Signore: “Ecco che io faccio nuove tutte le cose”.
Ma io tengo a sottolineare che questo è stato possibile grazie ad “un atto di umiltà e di pentimento” da parte dell’Unione Sacerdotale San Giovanni Maria Vianney, che ha riconosciuto che non si poteva condurre una battaglia al servizio della Tradizione senza il legame, affettivo ed effettivo, col Vicario di Cristo e la Sede Apostolica.
In effetti, la storia, forse maestra piú di ogni altra, insegna che mai alcuno ha portato dei frutti nella Chiesa senza la benedizione del Santo Padre.
Occorre marciare con Pietro per non perdere il  retto cammino. S. E. Mons. Licinio Rangel, con tutta la Comunità di Campos, ha ottenuto dopo la riconciliazione un accordo storico con la Sede Apostolica, e adesso è in piena luce, mentre prima direi che era come nell’ombra di una situazione irregolare che faceva soffrire loro come noi.
Adesso non vi sono piú “loro” da un lato e “noi” dall’altra: vi è piena unità. Poiché il clima di collaborazione instauratosi tra l’Amministrazione Apostolica San Giovanni Maria Vianney e la Diocesi locale, e non solo a Campos, ma anche in altre Diocesi del Brasile, è veramente positivo. Vi sono dei Vescovi che chiedono all’Amministrazione Apostolica di inviare loro dei preti per assistere nelle loro Diocesi i fedeli legati all’antica Tradizione. In una Diocesi è stato chiesto a questi preti di assicurare un tempo di permanenza per le confessioni nella Cattedrale locale.
L’attuale Amministratore Apostolico, S. E. Mons. Fernando Rifan, è un infaticabile iniziatore di “ponti”. La sua personale testimonianza dimostra che questa collaborazione con gli episcopati locali è veramente possibile, senza sacrificare niente di quella identità che il Santo Padre ha riconosciuta legittima per i cattolici legati alle precedenti forme liturgiche e disciplinari della Tradizione latina. E il fatto  che il Santo Padre abbia accordato a questa Amministrazione Apostolica il Rito di San Pio V come Rito ordinario, mostra una volta di piú che Sua Santità e la Sede Apostolica hanno generosamente risposto alle legittime richieste di questi preti e di questi fedeli di Campos.

Eminenza, mi permetta una domanda forse indiscreta. Dopo l’erezione dell’Amministrazione Apostolica di Campos, in numerosi ambienti tradizionalisti è nata la speranza che quanto era  stato accordato ai fedeli brasiliani potesse essere accordato, in un modo o in un altro, anche ai fedeli tradizionalisti del mondo intero. Che può dirmi a questo proposito?
Qui occorre innanzi tutto distinguere la situazione di Campos, che è limitata ad uno specifico territorio, dalla situazione degli altri fedeli che godono dell’indulto Ecclesia Dei e che sono sparsi nel mondo intero. La soluzione trovata per Campos è una conseguenza della loro specifica situazione locale.
Io posso dire che il Santo Padre, già con l’indulto Ecclesia Dei e la creazione della Pontifica Commissione dello stesso nome, ha voluto difendere le legittime aspirazioni dei fedeli legati alla Liturgia antica; è lungo questa linea che la Commissione continua a lavorare. Piú di quindici anni dopo questo Motu Proprio, considerando le numerose difficoltà che sono sorte tra questi fedeli e diversi Vescovi che rimangono perplessi o che sono piuttosto esitanti ad accordare i permessi necessari, prende sempre piú corpo un’idea in base alla quale è divenuto necessario rendere effettiva la concessione dell’indulto in scala piú ampia e in modo corrispondente alla realtà; il che significa che si considerano maturi i tempi per una nuova forma di garanzia giuridica, chiara, di questo diritto già riconosciuto dal Santo Padre con l’indulto del 1988. I Cardinali e i Vescovi Membri della Pontificia Commissione Ecclesia Dei hanno studiato con molta attenzione questa situazione, cercando i migliori suggerimenti da offrire a chi di dovere.
Tutto questo, evidentemente, sarà valutato alla luce di quella prudenza e di quella saggezza che deve sempre caratterizzare l’azione della piú alta Autorità della Chiesa.
Da parte mia posso dire che non perdo mai la speranza; non mi considero mai vinto, perché so che la pazienza, come dice Santa Teresa d’Avila, ottiene tutto!

Senza voler abusare del suo tempo, né delle sua pazienza, mi perdoni un’ultima domanda: vi sono  delle speranze di riconciliazione con la Fraternità San Pio X?
Io ho fortemente a cuore anche questa speranza; che condivido col Vicario di Cristo, che mantiene le braccia aperte in attesa della Fraternità San Pio X. Ma non nego una certa perplessità davanti alle esitazioni che esprimono i Superiori della Fraternità San Pio X in ordine a questo ritorno alla piena comunione, esitazioni espresse ancora recentemente nel corso della famosa conferenza stampa a Roma di S. E. Mons. Bernard Fellay.
Malgrado tutti questi segni di esitazione, credo tuttavia alle parole che lo stesso Mons. Fellay ha ripetute in questa conferenza stampa del 2 febbraio, e cioè che egli non vuole rompere il dialogo con Roma.
Io mi auguro quindi che questo dialogo conduca alla tappa tanto desiderata della piena regolarizzazione della Fraternità San Pio X, e che si possa costruire insieme, nella Chiesa, l’unità di intenti voluta da Cristo, nel pieno rispetto delle legittime diversità, che bisogna considerare non come opposizioni, ma come complementarietà.
In coscienza, devo dire che il Santo Padre e i suoi collaboratori piú stretti hanno fatto e fanno, in effetti, tutto quello che è loro possibile per far comprendere alle Autorità della Fraternità San Pio X la profonda convinzione che oggi è giunto il tempo favorevole per il loro auspicato ritorno, un autentico Kairos di Dio.
Se la Chiesa non fosse stata fondata sulla Roccia del Primato di Pietro, le diversità non potrebbero avere la garanzia della loro unità e del  loro centro di gravità nel Vicario di Cristo, e diventerebbero inevitabilmente delle opposizioni che separano; ma grazie alla Volontà di Cristo la Chiesa, anche in mezzo alla tempesta, è sempre sostenuta dallo Spirito Santo, e il suo governo è stato affidato a Pietro perché le potenze dell’inferno non prevalgano su di essa.



Si veda l'informativa del Presidente della FIUV nella quale il Cardinale parla degli stessi argomenti.(13.3.2004)
Si veda l'intervista rilasciata dal card. Castrillon a Il Giornale, (31.5.2004).



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