Amministrazione Apostolica Personale 
San Giovanni Maria Vianney



Decreto di erezione dell'Amministrazione Apostolica

Sito dell'Amministrazione Apostolica

Sito del seminario

Documenti ufficiali

Altri documenti dell'Amministrazione Apostolica

Reazioni intorno alla costituzione dell'Amministrazione Apostolica





In questa pagina

Nostra presentazione del 2002
Notizia sull'accordo (10 gennaio 2002)
Aggiornamento (19 gennaio 2002)
Aggiornamento (luglio 2002)
Notizia sulla costituzione dell'Unione Sacerdotale San Giovanni Battista Maria Vianney

La scomparsa di S. Ecc.za Rev.ma Mons. Licinio Rangel, Amministratore Apostolico




    

Questa nostra presentazione verrà aggiornata via via che avremo nuove notizie e nuovi documenti, mediante delle aggiunte successive, in modo da mantenere il testo precedente



 

La notte di Natale  del 2001 il Santo Padre ha firmato un documento col quale viene riconosciuta l’Unione Sacerdotale San Giovanni Battista Maria Vianney (il Santo Curato d'Ars), di Campos, Brasile. Questa struttura ecclesiastica è stata fondata da Mons. De Castro Mayer, già vescovo di Campos, e dopo la sua morte è stata retta da un nuovo vescovo, Mons. Licìnio Rangel.

L’Unione Sacerdotale San Giovanni Battista Maria Vianney ha sempre mantenuto fedelmente lo scopo per cui è nata: 

assicurare la continuità del sacerdozio e della liturgia della Chiesa Cattolica di sempre, 
tenendo fermi i principii della dottrina cattolica e 
il Magistero della Chiesa alla luce della Tradizione.

L’Unione Sacerdotale San Giovanni Battista Maria Vianney ha sempre mantenuto strettissimi rapporti con la Fraternità Sacerdotale San Pio X, tanto che negli ultimi colloquii che quest’ultima ha avuto col Vaticano è stato sempre presente un delegato di Mons. Rangel.

Allo stato attuale l’Unione Sacerdotale San Giovanni Battista Maria Vianney, che opera quasi esclusivamente nella diocesi di Campos, conta:

1 vescovo, 27 preti, 20 seminaristi, 100 suore, 50.000 fedeli, 
10.000 bambini in catechesi, 250 centri di catechesi, 
1000 membri di associazioni parrochiali maschili, 
2500 membri di associazioni parrocchiali femminili, 
1500 membri di associazioni parrochiali giovanili, 
1 seminario, 150 chiese e cappelle, 70 luoghi di Messa, 
10 scuole con 3500 allievi, 
2 orfanotrofii con 600 ragazzi, 
2 case per anziani con 150 ospiti.


Dal poco che si sa fino ad ora, la posizione canonica dell'Unione Sacerdotale è stata definita con la sua erezione ad Amministrazione Apostolica, cosí che dovrebbe essere garantita la sua autonomia in relazione alla sua posizione in difesa della Tradizione della S. Chiesa.
Si sa anche, in via ufficiosa, che il vescovo Mons. Rangel e i sacerdoti dell'Unione Sacerdotale avrebbero rivendicato la totale autonomia di comportamento anche rispetto allo strettissimo legame che hanno sempre mantenuto con la Fraternità San Pio X.

Resta da capire quale sarà la posizione ufficiale dell’Unione Sacerdotale San Giovanni Battista Maria Vianney nei confronti dell’Ordinario diocesano del luogo e nei confronti della Conferenza Episcopale Brasiliana, quale sarà la posizione ufficiale del seminario di Campos dal punto di vista della conduzione e della scelta degli insegnati, e in qual modo sarà definita la questione della posizione e della successione del suo vescovo Mons. Rangel, il quale attualmente versa in precarie condizioni di salute (che il Signore lo aiuti).
Allo stato attuale è possibile constatare che i vescovi della regione episcopale interessata, con la loro presenza alla cerimonia di ufficializzazione della nuova eretta Amministrazione Apostolica, riconosceranno la legittima posizione dei sacerdoti tradizionalisti di Campos e del loro vescovo; e tale riconoscimento sarà ancor piú valido per i loro fedeli.
Cosa altrettanto importante è che la nuova Amministrazione Apostolica, col suo ingresso nella piena comunione ecclesiale della Chiesa, porta con sé un nuovo seminario tradizionalista, che è possibile che possa diventare un nuovo polo di attrazione per gli aspiranti sacerdoti.
Altro elemento da considerare con attenzione è il fatto che il vescovo di questa nuova Amministrazione Apostolica è stato ordinato da tre vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X, e pur ricordando che l'ordinazione episcopale di Mons. Rangel è a tutti gli effetti valida, ancor che illegittima, al pari delle ordinazioni episcopali effettuate da Mons. Lefèbvre, resta il fatto che dal punto di vista psicologico, per i fedeli, e dal punto di vista della ortodossia, per i chierici, il riconoscimento della funzione vescovile di Mons. Rangel è un duro colpo per tutti coloro che hanno diffuso calunnie nei confronti dei sacerdoti fedeli alla Tradizione.
 

Con l’occasione, è il caso di ricordare che un accordo basato sulla piena autonomia sembrava poter essere possibile anche per la Fraternità San Pio X, già fin dal luglio del 2001, salvo la questione della pregiudiziale posta dalla Fraternità: la liberalizzazione dell’officio della S. Messa tridentina
Ora, mentre, a prima vista, tale pregiudiziale sembrerebbe essere una forzatura, di fatto essa rappresenta la sola garanzia che attualmente si possa chiedere a Roma circa la perfetta buona volontà del rispetto e del mantenimento della liturgia tradizionale. Non si tratta di sfiducia nei confronti del Papa e della Curia Romana, bensí della evidente esigenza di porre tutti i vescovi cattolici di fronte alla forte e chiara decisione romana di voler tradurre nei fatti tutte le affermazioni che ormai da piú parti si levano in difesa della liturgia di sempre, compresa l’ultima dichiarazione del Papa sulla particolare importanza che hanno, per i sacerdoti, le preghiere contenute nel Messale di San Pio V. (si veda la Lettera del Santo Padre alla Plenaria della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, del 21/9/2001).

(10 gennaio 2002)




Aggiornamento del 19 gennaio 2002

Ieri si è svolta la cerimonia con la quale l’Unione Sacerdotale San Giovanni Battista Maria Vianney è diventata l’Amministrazione Apostolica San Giovanni Battista Maria Vianney, retta da un proprio vescovo, con giurisdizione personale e alle dirette dipendenze della Sede Apostolica. La Santa Sede ha reso nota la lettera di benvenuto che S. S. Giovanni Paolo II inviò a Mons. Rangel il 25 dicembre dell’anno scorso. In attesa di leggere il decreto di erezione, riteniamo utile proporre alla riflessione alcune osservazioni.

Nella lettera che il Papa ha inviato a Mons. Rangel a Natale (che pubblichiamo tra i documenti), vi sono alcuni elementi che lasciano perplessi. 

Il primo è quello relativo alla "giurisdizione territoriale" della nuova Amministrazione  Apostolica. Essa è limitata alla diocesi di Campos. Ciò significa che il suo apostolato deve limitarsi al territorio di quella diocesi. Vero è che i sacerdoti della vecchia Unione Sacerdotale hanno sempre operato quasi esclusivamente in quella diocesi, ma è anche vero che questa nuova Amministrazione Apostolica, cosí  concepita, è la riprova che Roma si tiene ferma ai riconoscimenti dello stato di fatto, piuttosto che ai riconoscimenti delle esigenze dei fedeli tradizionalisti, non ammettendo che possa esserci alcun vasto respiro per ogni realtà tradizionale esistente in seno alla Chiesa. È la stessa posizione che si tiene nei confronti della Fraternità Sacerdotale San Pietro. Questa esiste, oseremmo dire “quasi per forza”, poiché concepita a suo tempo come contraltare della Fraternità San Pio X, ma la si ostacola con ogni mezzo, sia da parte dei vescovi, sia da parte della Commissione Ecclesia Dei. E questi ostacoli non sono relativi alla stessa esistenza della Fraternità, ma riguardano il suo apostolato tradizionale, formalmente riconosciuto e praticamente osteggiato. Se la Santa Sede credesse veramente nella bontà intrinseca degli organismi tradizionali esistenti in seno alla Chiesa, dovrebbe lasciare ad essi la possibilità di svilupparsi in base alle esigenze dei fedeli, poiché, proprio come dice il Papa nella sua lettera, la legge suprema della Santa Chiesa è la salus animarum (cf. can. 1752 CIC). Nel caso di Campos accadrà invece, come accade in tutto il mondo cattolico, che se un fedele di Rio de Janeiro sente il bisogno di accostarsi alla liturgia tradizionale non potrà farlo, come fa il suo confratello che abita a Campos, a pochi chilometri da lui, poiché non ha a disposizione alcun organismo ecclesiastico che possa assisterlo, né potrà servirsi di quello di Campos. È vero che la legge suprema è la salus animarum, ma essa sembra essere tanto suprema da apparire relegata, almeno per certi fedeli, nel piú alto dei cieli, mentre invece su questa terra, nelle diocesi della Chiesa, si persegue solo il bene della chiesa, e della chiesa locale, affidato ai vescovi che spessissimo di liturgia tradizionale non ne vogliono proprio sapere.

In un passo di questa lettera, il Papa rassicura Mons. Rangel che «Verrà confermata all'Amministrazione apostolica la facoltà di celebrare l'Eucaristia e la Liturgia delle Ore secondo il Rito Romano…». Ora, nell’attesa di avere sotto gli occhi il decreto col quale viene eretta questa nuova Amministrazione Apostolica, non possiamo nascondere la nostra sorpresa pSecondo questa espressione del Papa la nuova Amministrazione Apostolica potrebbe usare solo il Messale e il Breviario in vigore nel 1962, e non gli altri libri liturgici. Se ne deve dedurre che l’amministrazione degli altri Sacramenti dovrebbe essere fatta usando i nuovi libri liturgici. Non solo, ma visto che la vecchia Unione Sacerdotale comprendeva anche un seminario, con quale liturgia verranno ordinati i nuovi sacerdoti dalla nuova Amministrazione Apostolica? Prima ancora di affermare che si tratta di un pasticciaccio brutto, aspettiamo di vedere il decreto.

Una cosa ci ha colpito, anche, in questa lettera del Papa. Egli si riferisce alla Unione Sacerdotale San Giovanni Maria Vianney, chiamandola semplicemente Unione?

Queste due ultime osservazioni potrebbero anche risultare inutili, poiché potrebbe trattarsi di errori commessi da chi materialmente ha preparato la lettera. Ma potrebbe anche trattarsi di una precisa volontà. Nel caso dell’appellativo “Sacerdotale”, dovuta alla malcelata antipatia di certi prelati che con molta spocchia credono di possedere l’ordine del sacerdozio in esclusiva per loro e per i loro amici progressisti. Nel caso del mancato richiamo all’intera liturgia preconciliare, dovuta ad una cattiveria di stile “curiale”, come a volte accade. (Da notare che la lettera del Papa, scritta in latino, è autografa). 
In entrambi i casi, però, che si tratti della sostanza o della forma, il Papa non fa certo una bella figura. E dire che sono in molti ad affermare che, nelle cose che gli stanno a cuore, continua ad essere preciso e deciso.

In data 19 gennaio, l’Avvenire, quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), ha dato notizia dell’avvenimento con un articolo di poche righe, accompagnato dalla seguente breve nota intitolata “Storia”:

«L’arcivescovo francese Marcel Lefebvre contestò sin dall'inizio il Concilio Vaticano II. E nella speranza di riavvicinare il vescovo dissidente, Giovanni Paolo II autorizzò nel 1984 un uso più largo del preconciliare rito tridentino. Ma Lefebvre non mancò di far notare che il suo disprezzo per il Vaticano II non era solo liturgico, ma anche teologico, ritenendolo come un atto di infedeltà del quale il rinnovamento liturgico era la manifestazione più evidente. Nel 1988 Lefebvre annunciò di voler ordinare quattro vescovi, in aperto dissenso con le indicazioni del Papa. Nonostante vari tentativi di dialogo, il 30 giugno di quell'anno il presule francese procedette con le ordinazioni, incorrendo nella scomunica automatica. Il 2 luglio il Papa pubblicò la lettera «Ecclesiam Dei», con la quale veniva costituita una commissione speciale per la riconciliazione.»
Qualcuno, come noi, potrebbe chiedersi: tutto qui? Eppure siamo abituati a ben altre “storie” quando si tratta dei protestanti! Trattandosi però di un vescovo, di sacerdoti e di fedeli cattolici, com’è il caso di Campos, il meglio che si possa fare è divulgare notizie frammentarie, imprecise, superficiali, certamente tutte dettate dalla carità cristiana di cui la CEI può menare gran vanto!

Insieme, l’Avvenire, ha pubblicato una intervista a “Padre George Cottier, il teologo della Casa pontificia”. 
E anche in questa intervista si affermano delle cose campate in aria: «Inoltre il Papa aveva chiesto che almeno nelle grandi città ci fosse un luogo dove venisse celebrata la Messa in latino, talvolta anche con il rito di Pio V». 
La cosa ci giunge nuova: evidentemente Padre Cottier, da buon teologo, tutto preso dallo studio di San Tommaso, in questi ultimi venticinque anni non è mai uscito dalla sua cella di domenicano; diversamente si sarebbe accorto che quella famosa richiesta di una Messa tradizionale in ogni città, avanzata nel lontano 1986 da una commissione di cardinali di curia e non dal Papa (si veda la nota da noi pubblicata), non solo non è mai stata realizzata, ma non è neanche uscita dai cassetti del Vaticano. Se non è del tutto distratto, Padre Cottier è un po’ bugiardello.
E alla domanda del giornalista: «Uno dei cardini del Vaticano II, però, è la Sacrosanctum Concilium, la costituzione sulla liturgia». Egli risponde: «È uno dei testi più belli del Concilio. Ma non bisogna identificarla con tutti i modi in cui è stata messa in pratica la riforma liturgica…». 
Belle parole! Proprio belle! Ma qual è il loro significato? Delle due l’una: o la Sacrosanctum Concilium è uno dei testi piú belli, ragion per cui, forse per non sciuparla, è stata messa sotto naftalina, lasciando alla “riforma liturgica” il compito serio di inventarsi la nuova liturgia; oppure la “riforma liturgica”, non potendosi identificare con la Sacrosanctum Concilium, come dice il teologo, ha tradito il Vaticano II! 
Saremo curiosi di sapere con quale Messale Padre Cottier dice la Messa: perché se la dice col Messale di Paolo VI è davvero nei guai, visto che esso non può identificarsi con la Sacrosanctum Concilium. Lasciamo il problema alla sua coscienza.
Ed ecco che ascoltiamo dalla viva voce del “teologo della Casa pontificia”, qual è la piú grande aspirazione del Vaticano: «Molti lefebvriani ritengono che la "nostra" Messa di Paolo VI non sia valida. Ora almeno questo gruppo non potrà più pensare una cosa simile. A poco a poco bisognerà auspicare dei passi in più: ad esempio che partecipino anche a concelebrazioni nel rito riformato. Ma non dobbiamo avere fretta. La cosa importante è che nel loro cuore non ci sia più il rigetto. La comunione ritrovata nella Chiesa ha un suo dinamismo interno che maturerà». 
In altre parole, una volta che i tradizionalisti sono rientrati nella “piena comunione”, perché il Papa, il Concilio Vaticano II, e chi piú ne ha piú ne metta, non vogliono altro che il rispetto delle differenze: “unità nella diversità”, come si dice gioiosamente adesso, una volta rientrati… il «dinamismo interno della ritrovata comunione…» porterà i suoi frutti, e tutti i tradizionalisti useranno i libri liturgici moderni, diventeranno ecumenici e libertari, concelebreranno con tutti, anche con gli eretici e i non cristiani, insomma, in una parola la finiranno di essere tradizionalisti, mandando a quel paese la tanto strombazzata diversità.

Siamo allibiti! Il comunicato ufficiale è solo di ieri, e già il “teologo del Vaticano” annuncia che tutto quello che assicura il Papa e che probabilmente è scritto sul decreto da lui firmato, ha solo un valore relativo e temporaneo, in attesa che non valga niente.
Incominciamo davvero bene!
Vuoi vedere che ha ragione la Fraternità San Pio X a non fidarsi del Vaticano?
 


aggiornamento del luglio 2002
 

Dopo alcune incertezze sui contenuti e sui tempi della pubblicazione del Decreto di erezione della Amministrazione Apostolica Personale San Giovanni Maria Vianney, il sito internet della stessa Amministrazione Apostolica ha reso pubblico il documento.

La cerimonia ufficiale per la nascita di questa Amministrazione Apostolica si è svolta a Campos, Brasile, il 18 gennaio, ma, a quella data, non si conosceva ancora il testo del Decreto di erezione. La cosa apparve strana a molti, poiché si capiva che Mons. Rangel avesse accettato di sottoscrivere pubblicamente la Dichiarazione solenne di sottomissione al Soglio Pontificio senza avere in mano il testo del Decreto di erezione e basandosi solo sulla fiducia.

Non è che la cosa dovesse essere considerata riprovevole di per sé, anzi, la fiducia dimostrata da Mons. Rangel lasciava capire che i colloquii avuti col Cardinale Castrillon fossero davvero ben promettenti per la causa della Tradizione.
Tuttavia, il fatto strano rimaneva, e ancora ai primi di febbraio nessuno era in grado di dire, o non voleva dire, dove fosse e quale fosse il contenuto del Decreto.

Peraltro, la lettera del Papa  a Mons. Rangel aveva sollevato qualche perplessità (vedi) e ci si aspettava dunque che il Decreto venisse reso pubblico il piú presto possibile.
Inevitabilmente, questo ritardo ha permesso che sorgessero congetture ed illazioni, accompagnate da indiscrezioni piú o meno fondate e difficili da verificare. Si disse, per esempio, che il testo del Decreto non corrispondesse a quanto stabilito verbalmente, soprattutto per quanto riguardava l’uso esclusivo di tutta la liturgia tradizionale, ragion per cui si era dovuto procedere alla sua correzione.

Comunque sia, il Decreto è stato finalmente reso pubblico e diciamo subito che il suo contenuto può considerarsi molto interessante: si tratta infatti di un documento davvero innovativo.

Ma prima di considerare gli elementi positivi, pensiamo sia opportuno soffermarsi su due punti che appaiono, in prospettiva, come passibili di fraintendimenti.

I - Per speciale mandato del Sovrano Pontefice, con decreto della Congregazione per i vescovi,  è costituita l’Amministrazione Apostolica personale «San Giovanni Maria Vianney» che comprende solamente la diocesi di Campos in Brasile e che è giuridicamente equiparata alle diocesi direttamente soggette alla Santa Sede.
Questo articolo del Decreto, quantunque logico per la particolare natura dell’attuale Amministrazione Apostolica San Giovanni Maria Vianney, di fatto stabilisce una limitazione per i fedeli brasiliani che per anni hanno avuto nella vecchia Unione Sacerdotale San Giovanni Maria Vianney un punto di riferimento di tipo tradizionale. In effetti, il Vescovo e i sacerdoti della vecchia Unione Sacerdotale, su pressante sollecitazione dei fedeli, esercitavano il loro apostolato anche fuori dalla Diocesi di Campos; si potrebbe dire: inevitabilmente. Questo non sarà piú possibile alla nuova Amministrazione Apostolica, tant’è vero che molti fedeli si stanno rivolgendo adesso alla Fraternità Sacerdotale San Pio X: anche questo inevitabilmente.
Questa limitazione territoriale alla sola Diocesi di Campos, sembra debba addebitarsi principalmente alla forte opposizione della Conferenza Episcopale Brasiliana.
Al di là degli aspetti formali e giuridici, che pure hanno la loro importanza e spesso i loro limiti, non si può evitare di far notare che ancora una volta i preconcetti e l’ostilità nei confronti della Tradizione della Santa Chiesa, tipici di molti Ordinarii diocesani, hanno finito col prevalere sull’interesse dei fedeli. Nonostante la prima cura della Chiesa resti ancora la salus animarum, ancora oggi si deve constatare come, per molti Vescovi, la cura per la salvezza delle anime dei fedeli continui ad essere subordinata agli interessi di bottega, alle ideologie personali e ai fumi modernisti che annebbiano la loro mente, fumi che già lo stesso Paolo VI aveva chiamato “fumi di Satana”.
IV - L’Amministrazione Apostolica personale «San Giovanni Maria Vianney» è affidata alla cura pastorale di un Amministratore Apostolico, quale suo Ordinario proprio, che è nominato dal Sovrano Pontefice in base alle norme della legge comune. 
È comprensibile che quest'altro articolo del Decreto non potesse essere formulato che cosí, e sembra implicito che la successione dell’attuale Amministratore Apostolico debba avvenire nello spirito della specifica natura della stessa Amministrazione Apostolica: e cioè scegliendo il successore tra i presbiteri dell’Amministratore Apostolico stesso. Eppure, alla luce dell’esperienza attuale, è impossibile non notare che il richiamo “alle norme della legge comune”, e cioè alle norme del Codice di Diritto Canonico vigente, potrebbe rendere vana questa deduzione dettata dal buon senso.

Il CDC (Can. 381 § 2) equipara l’Amministratore Apostolico al Vescovo, e stabilisce (Cann. 364 e 377) che per la sua successione si sottoponga alla Sede Apostolica una terna di nomi alla cui definizione può concorrere un gran numero di soggetti, sia indirettamente sia direttamente, terna che passa poi al vaglio del Legato Pontificio che dovrà tenere conto della Conferenza Episcopale. Vero è che il Sommo Pontefice nomina liberamente i Vescovi (Can. 377), ma nessuno può negare che è ancor piú vero che non si muove foglia che la Conferenza Episcopale non voglia.
Considerato allora che questo articolo non stabilisce legittimamente alcuna particolare prassi (Can. 377 §3) per la definizione della terna: è legittimo nutrire la ragionevole suspicione che al momento della successione dell’Amministratore Apostolico possa accadere di tutto, perfino che venga nominato un Amministratore Apostolico decisamente contrario all’uso della liturgia tradizionale.
Si potrebbe obiettare che in ultima analisi resta l’autorità del Sommo Pontefice: ma chi sarà domani il Sommo Pontefice? Quale saranno i suoi profondi convincimenti? Quale sarà la sua reale volontà di decisione?

Per quanto riguarda la successione dell’attuale Amministratore Apostolico, Mons. Licinio Rangel, la Santa Sede ha già provveduto alla nomina di Vescovo coadiutore con diritto di successione del Rev. Padre Fernando Arêas Rifan, già Vicario di Mons. Rangel: e per adesso tutto va bene; ma in futuro?

Mons. Fernando Arêas Rifan verrà consacrato Vescovo di Santa Romana Chiesa il 18 agosto 2002, alle ore 9, nella Fundação Rural de Campos - Av. Presidente Vargas, 180 - Pecuária - Campos dos Goytacazes / RJ., da S. Em.za Rev.ma il Card. Darío Castrillón Hoyos, Prefetto della Congregazione per il Clero, coadiuvato da S. Ecc. Rev.ma Mons. Roberto Gomes Guimarães, Vescovo diocesano di Campos e da S. Ecc. Rev.ma Mons. Licínio Rangel, Amministratore Apostolico dell’Amministrazione Apostolica Personale San Giovanni Maria Vianney.
 

Passiamo ora agli aspetti decisamente positivi.

Intanto la chiamata al seggio vescovile del Padre Rifan è un elemento di grande importanza circa la decisa volontà del Santo Padre di assicurare continuità e stabilità alla nuova Amministrazione Apostolica Personale, che potremmo benissimo chiamare “Tradizionale”. Non possiamo, quindi, che compiacerci per tanta attenzione e per tanta preveggenza. Questa decisione pone un punto fermo circa le intenzioni della Santa Sede riguardo alla liturgia, alla disciplina ecclesiastica e alla pastorale tradizionali.
Questo elemento è strettamente connesso a quello piú generale del profondo e storico significato della costituzione dell’Amministrazione Apostolica.

Non v’è alcun dubbio che a partire dal gennaio di quest’anno, con questa decisione, la Santa Sede ha fatto scadere il valore limitativo della lettera Quattuor abhinc annos e dello stesso Motu Proprio Ecclesia Dei
Indipendentemente dal valore formale e giuridico di questa decisione, la Santa Sede dichiara a tutti i fedeli, a tutti i religiosi, a tutti i sacerdoti, a tutti i Vescovi, a tutti i Cardinali che la liturgia tradizionale della Santa Chiesa è sempre in vigore. Anzi, non avendo il Santo Padre provveduto a ripristinarla, supposto che fosse mai stata abrogata, è come se la Santa Sede dichiarasse apertamente quello che hanno sempre sostenuto i cattolici fedeli alla Tradizione insieme a tanti liturgisti, sacerdoti, Vescovi e Cardinali: essa non è mai stata abrogata.
Ma c’è di piú.
Quando, nel 1999, ebbe inizio la sconcertante vicenda della Fraternità San Pietro (vedi), l’oggetto del contendere consisteva nel dibattuto uso esclusivo della liturgia tradizionale. L’allora Superiore generale della Fraternità, insieme alla maggioranza dei sacerdoti, affermava il diritto della Fraternità all’uso esclusivo della liturgia tradizionale e, sulla base di questo diritto negava ai sacerdoti della Fraternità la possibilità di celebrare col Novus Ordo e di “concelebrare” con i Vescovi diocesani. Ovviamente, fu chiaro a tutti che la discordia in seno alla Fraternità San Pietro era stata fomentata dai Vescovi e da una parte della Curia romana: 16 preti della Fraternità fecero ricorso a Roma.
Il Superiore venne destituito, e venne imposto alla Fraternità l’obbligo della “concelebrazione” insieme alla facoltà-obbligo che ogni sacerdote potesse-dovesse celebrare col Novus Ordo ogni qual volta le circostanze lo avrebbero richiesto.
Uno dei motivi principali addotti per umiliare in tal modo il Superiore, il Rev. P. Joseph Bisig, e la stessa Fraternità San Pietro, fu il richiamo al “diritto liturgico generale”, in base al quale “l’unica forma in vigore di celebrazione del Santo Sacrificio secondo il Rito romano … è il Messale Romano approvato e promulgato per autorità del papa Paolo VI, con la Costituzione Apostolica Missale  Romanum del 3 aprile 1969” (si veda la lettera della Congregazione per il Culto Divino).

Ora, l’art III del Decreto di erezione della nuova Amministrazione Apostolica di Campos, cosí recita:

III - All’Amministrazione Apostolica è accordata la facoltà di celebrare la santa Eucarestia, gli altri Sacramenti, la Liturgia delle Ore e le altre azioni liturgiche, secondo il Rito romano e la disciplina liturgica prescritte da San Pio V, con gli adattamenti introdotti dai suoi successori fino al beato Giovanni XXIII.
La “facoltà”, che comporta la “potestà”, accordata con questo Decreto non è limitata all’uso dei libri liturgici “secondo il Rito… di San Pio V”, ma include l’adozione della “disciplina liturgica prescritta da San Pio V”: il che significa che l’Amministrazione Apostolica di Campos ha la “facoltà”, il “potere”, di seguire fedelmente la Costituzione Apostolica Quo primum tempore del 19.7.1570.
Questa “facoltà” non è accordata ad un prete, né ad un religioso, né tampoco ad un gruppo di fedeli, ma è accordata ad un Vescovo della Chiesa, a cui non si dà piú “la possibilità di usufruire di un indulto” (vedi la lettera Quattuor abhinc annos), ma si accorda il potere di usare i libri e la disciplina liturgica pre-conciliare per tutta la sua Chiesa particolare.

Non può esservi alcun dubbio che, con questo Decreto, la Santa Sede ha sancito il superamento dell’“indulto” e ha liberato la Chiesa particolare di Campos dalla sottomissione al “diritto liturgico generale”. In questa Chiesa particolare, non solo non è necessario usare l’“indulto” o il Motu Proprio Ecclesia Dei adflicta, ma nessuno può pretendere che i sacerdoti in essa incardinati possano-debbano usare il Novus Ordo, né tampoco la concelebrazione. E dal momento che il Vescovo e i sacerdoti di questa Chiesa particolare sono sottoposti alla disciplina liturgica di San Pio V, essi non possono usare il Novus Ordo, né la concelebrazione, anche quando si trovano fuori dal territorio della loro Diocesi (Amministrazione Apostolica).

Si tratta di una svolta decisiva nella vita della Chiesa. Anche se bisogna riconoscere che permangono ancora dei punti controversi, soprattutto per la grande disparità di trattamento che la Santa Sede ha adottato, nel giro di due soli anni, nei confronti degli Istituti dell’Ecclesia Dei.

Per quanto riguarda i gruppi di cattolici fedeli alla Tradizione sparsi nel mondo e sottoposti alla giurisdizione dei propri Vescovi, essi hanno da adesso un considerevole punto d’appoggio per far valere i propri diritti. 

Nessun Vescovo può piú permettersi di affermare che la sola forma liturgica vigente nella Chiesa Cattolica è il Novus Ordo. 
Nessun Vescovo può piú permettersi di trincerarsi dietro la scusa che egli ha solo la “possibilità di usufruire di un indulto” a seconda della propria discrezionalità. 
Nessun Vescovo può piú permettersi di trascurare le “raccomandazioni” del Santo Padre e dell’Ecclesia Dei.
Certo, questo Decreto non vincola nessun Vescovo in nessun modo, dal punto di vista della “norma”, ma lo vincola dal punto di vista “morale”; e nessuno può mettere in dubbio che l’esercizio della giurisdizione vescovile non corrisponde alla gestione di una società commerciale, ma è fondata sulla carità e sulla premura pastorale per il bene della Chiesa e la salus animarum, e quindi è fondata su presupposti eminentemente religiosi e morali, ai quali il Vescovo è obbligato ad attenersi piú di quanto sia tenuto ad attenersi alla norma giuridica (cfr. Can. 378). Se non altro perché le norme giuridiche hanno un valore passeggero, mentre la cura delle anime ha un valore perenne.

Se poi tanti Vescovi continueranno a trattare i cattolici fedeli alla Tradizione come dei disturbatori e dei malfattori, applicando nei loro confronti le norme della Chiesa nella maniera piú restrittiva possibile o non applicandole affatto, i fedeli avranno il diritto di accusarli di assoluta mancanza di carità cristiana e di totale insensibilità nei confronti delle loro ànime, potendoli cosí ritenere non legittimati ad esercitare la propria potestà di governo e di insegnamento.
E questo a norma del CDC che al Can. 378 cosí recita:

§1. Ad idoneitatem condidatorum episcopatus requiritur ut quis sit:
1° firma fede, bonis moribus, pietate, animarum zelo, sapientia, prudentia et virtutibus humanis excellens, ceterisque dotibus praeditus quae ipsum aptum efficiant ad officium de quo agitur explendum;
(§ 1. Per l’idoneità di un candidato all’episcopato si richiede che:
1° sia eminente per fede salda, buoni costumi, pietà, zelo per le anime, saggezza, prudenza e virtú umane, e inoltre dotato di tutte le altre qualità che lo rendono adatto a esercitare l’ufficio in questione;)


luglio 2002





 
 
 

Diamo qui di seguito alcune informazioni circa

la costituzione dell’Unione Sacerdotale San Giovanni Maria Vianney






Quando, il 30 giugno 1988, Mons. Marcel Lefèbvre ordinò gli attuali quattro Vescovi della Fraternità Sacerdotale S. Pio X, fu assistito, come d’uso nella Chiesa Cattolica, da un altro Vescovo cattolico: Mons. De Castro Mayer, Vescovo Emerito di Campos, Brasile.
Mons. De Castro Mayer aveva partecipato anch’egli al Concilio Vaticano II e, insieme ai Padri Conciliari riuniti nel  “Coetus Internationalis Patrum”, si era opposto all’introduzione delle molte novità in seno alla dottrina della Chiesa, anch’egli consapevole che si sarebbe aperto un varco dal quale sarebbero poi fluiti all’interno della S. Chiesa i piú irreparabili degli errori.

In occasione dell’ordinazione dei nuovi quattro Vescovi, Mons. De Castro Mayer, nell’omelia allora pronunciata, tenne a dichiarare:
« … San Tommaso d’Aquino insegna che non c’è obbligo di fare una professione pubblica di fede in ogni circostanza. Ma, quando la Fede è in pericolo, è urgente professarla, fosse anche a rischio della propria vita. È la situazione nella quale noi ci troviamo. Noi viviamo una crisi della Chiesa senza precedenti. Crisi che la tocca nella sua essenza, nella sua sostanza stessa che è il Santo Sacrificio della Messa e il sacerdozio cattolico, due misteri essenzialmente uniti poiché senza sacerdozio non c’è Sacrificio della Messa, e di conseguenza nessuna forma di culto. È ugualmente su questa base che si costruisce il Regno Sociale di Nostro Signore Gesú Cristo. Per questo motivo, perché si tratta della conservazione del sacerdozio e della Santa Messa, e malgrado le domande e le pressioni di molti, io sono qui per compiere il mio dovere: fare una professione pubblica di Fede. È doloroso constatare il deplorevole accecamento di tanti confratelli nell’episcopato e nel sacerdozio i quali non vedono, o non vogliono vedere, né la crisi attuale né la necessità, al fine di essere fedeli alla missione che Dio ci ha ffidato, di resistere al modernismo dilagante. … ».

Già nel 1986, in seguito alle aperture di Giovanni Paolo II nei confronti degli Ebrei, e dopo l’avvenuta assemblea ecumenica di Assisi, Mons. de Castro Mayer aveva firmato, insieme a Mons. Lefèbvre, la seguente dichiarazione:
«Roma ci ha fatto chiedere se era nostra intenzione proclamare la rottura con il Vaticano in occasione del congresso di Assisi. La questione ci sembrerebbe piuttosto essere la seguente: credete e avete l’intenzione di proclamare che il congresso di Assisi segna la rottura delle autorità romane con la Chiesa Cattolica? Proprio questo preoccupa coloro che restano ancora cattolici.
È fin troppo evidente, in effetti, che dal Concilio Vaticano II il papa e gli episcopati sempre piú nettamente si allontanano dai loro predecessori. Tutto quanto è stato fatto nella Chiesa per difendere la Fede nei secoli passati, tutto ciò che è stato compiuto grazie ai missionarii per diffonderla, martirio incluso, è ormai considerato una colpa di cui la Chiesa dovrebbe accusarsi e farsi perdonare.
L’atteggiamento di undici papi che dal 1789 fino al 1958 hanno, nei documenti ufficiali, condannato la rivoluzione liberale, è considerato come “una mancanza di intelligenza del soffio cristiano che ha ispirato la rivoluzione”.
Da qui la svolta completa di Roma con il Concilio Vaticano II, che ci induce a ripetere le parole di Nostro Signore a coloro che venivano ad arrestarlo: «heac est hora vestra et potestas tenebrarum». (Lc, 22, 53).
Adottando la religione liberale del Protestantesimo e della Rivoluzione, i principii naturalistici di J. J. Rousseau, le libertà atee della dichiarazione dei diritti dell’uomo, il principio della dignità umana non ha piú rapporto con la verità e la dignità morale; le autorità romane voltano cosí le spalle ai loro predecessori, rompono con la Chiesa Cattolica, e si mettono al servizio dei distruttori della Cristianità e del Regno Universale di Nostro Signore Gesú Cristo.
Gli odierni atti di Giovanni Paolo II e degli episcopati nazionali, illustrano di anno in anno questo cambiamento radicale del concetto di Fede, della Chiesa, del sacerdozio, del mondo e della salvezza attraverso la grazia. Il colmo di questa rottura con il magistero precedente della Chiesa è stato raggiunto, dopo la visita alla sinagoga, ad Assisi. Il peccato pubblico contro l’Unicità di Dio, contro il Verbo Incarnato e la Sua Chiesa, fa fremere d’orrore: Giovanni Paolo II ha incoraggiato le false religioni a pregare i loro falsi dei: scandalo senza misura e senza precedenti.
Potremmo riprendere qui la nostra dichiarazione del 21 novembre 1974 che rimane piú attuale che mai. Noi che restiamo indefettibilmente uniti alla Chiesa Cattolica Romana di sempre, siamo costretti a constatare che questa religione modernista e liberale della Roma moderna e conciliare si allontana sempre di piú da noi che professiamo la Fede cattolica di undici papi che hanno condannato questa falsa religione.
La rottura dunque non viene da noi ma da Paolo VI e da Giovanni Paolo II, che cosí rompono con i loro predecessori.
Il rinnegare tutto il passato della Chiesa, come è stato fatto da questi due papi e dai vescovi che li imitano, è un’empietà inconcepibile ed un’umiliazione insostenibile per coloro che restano cattolici nella fedeltà a 20 secoli di professione della stessa Fede.
Noi riteniamo dunque come nullo tutto ciò che è stato ispirato da questo spirito di rinnegamento: tutte le riforme postconciliari e tutti gli atti di Roma che sono compiuti in questo spirito di empietà.
Continuiamo con la grazia di Dio e con l’ausilio della Vergine fedele, di tutti i martiri, di tutti i papi fino al Concilio, di tutti i santi e sante fondatori e fondatrici di ordini contemplativi e missionarii che oggi ci soccorrono, nel rinnovamento della Chiesa per mezzo della fedeltà integrale alla Tradizione.

+ Marcel Lefèbvre
+ Antonio De Castro Mayer
Buenos Aires, 2 dicembre 1986
 

Ciò nonostante, Mons. De Castro Mayer non faceva parte della Fraternità Sacerdotale San Pio X, fondata da Mons. Lefèbvre, nel 1970, col preciso e dichiarato scopo di conservare il sacerdozio cattolico tradizionale e con l’approvazione della Santa Sede. 

Nato il 20 giungo del 1904, a Campinas, nello stato di San Paolo, Brasile, viene ordinato sacerdote il 30 ottobre 1927. Per 13 anni insegna filosofia e teologia dogmatica nel seminario di San Paolo e dal 1940 è assistente generale dell’Azione Cattolica. Nel 1942 è Vicario Generale della diocesi di San Paolo. Il 23 maggio del 1948 riceve l’ordinazione episcopale e nel 1949 diviene vescovo di Campos.
Nel 1981, a causa delle sue posizioni contrarie al nuovo corso postconciliare, viene costretto a ritirarsi. Il suo successore instaura una politica di discriminazione e allontana tutti i preti che non vogliono piegarsi al nuovo corso. Questi si rivolgono a Mons. De Castro Mayer che, dal suo ritiro dovuto a gravi motivi di salute, dirige la fondazione dell’Unione Sacerdotale San Giovanni Maria Vianney e la riapertura del seminario di Campos.
Mons. De Castro Mayer muore il 25 aprile del 1991, poco dopo la morte di Mons. Lefèbvre (25 marzo 1991). 
Il suo lavoro ha determinato la nascita di una nuova realtà ecclesiale, a Campos, quasi una sorta di diocesi nella diocesi, che ha vissuto uno sviluppo ininterrotto fino ad oggi.
Questa realtà ecclesiale ha sempre mantenuto fraterni e forti rapporti con la Fraternità Sacerdotale San Pio X, sull’esempio del suo Padre spirituale, che fino alla fine si sentí all’unisono con Mons. Lefèbvre, col quale, come egli stesso diceva, «… abbiamo bevuto alla stessa sorgente che è quella della Santa Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana.»

Al fine di assicurare la continuità dell’opera di Mons. De Castro Mayer, il 28 luglio del 1991 il Rev. Padre don Licinio Rangel riceve l’ordinazione episcopale da tre vescovi della Fraternità Sacerdotale San Pio X, Mons. Bernard Tissier de Mallerais, Mons. Richard Williamson e Mons. Alfonso de Galarreta
La cerimonia si svolge a San Fidelis, città di 40 mila abitanti dello stato di Rio. Ad essa partecipano migliaia di fedeli che, sopraffatti dall’entusiasmo, alla fine acclamano il nuovo vescovo della Tradizione:

Cattolici uniti in difesa della Fede!
Viva Dom Antonio, viva Dom Lefèbvre, viva Dom Licinio, viva i vescovi della Fraternità! 
Viva la Santa Chiesa Cattolica!

per piú di mezz’ora si sentono risuonare nella chiesa gli evviva di entusiasmo e l’inno alla Santa Chiesa:

«Noi ti amiamo, siam tuoi figli. 
«Nel tuo seno vogliam vivere … 
«tra le tue braccia materne vogliam morire.»
  (gennaio 2002)

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