Su alcuni aspetti della liturgia

Risposte a un chierico
 

Rilievi critici





Gentilissima redazione del sito unavox.it, sono un chierico ………
[…]
Visito regolarmente il vostro sito, oggi ho deciso di farvi pervenire alcune mie osservazioni.
[…]
Ciò che, però, mi ha lasciato di stucco e mi ha fatto sorgere non poche domande è la maniera in cui vengono trattati gli argomenti ( e mi riferisco soprattutto agli interventi che appaiono nel sito): li ho trovati per la maggior parte polemici, senza rispetto e, ciò che è più grave, mancanti di ogni spirito di carità...vedi la risposta all'intervento di Falsini sulla Messa del 24 maggio 2003…
Perchè questo atteggiamento? Talvolta mi fanno ricordare (i vostri articoli) persone assai arrabbiate...
Altra considerazione:
ho letto che a vostro giudizio la Costituzione Apostolica di san Pio V "Quo primun tempore" proprio perché emanata da un Sommo Pontefice è, a ragione, ad perpetuam rei memoriam. Io potrei darvi ragione se san Pio V fosse stato l'ultimo Pontefice...sappiamo (bene) che così non è stato, sappiamo che ogni Sommo Pontefice ha la potestà suprema...quindi era nel pieno diritto di Sua Santità Paolo VI (che speriamo venga presto elevato all'onore degli altari) di scrivere una nuova Costituzione Apostolica che di fatto sostituisse quella.
La Santa Chiesa ha la sua finalità nell'eternità, ma è nel tempo; cammina con gli uomini e le donne d'oggi...va da sé che anche le FORME debbano essere adattate via via alle esigenze correnti.
Questo a mio giudizio vale in maniera oltremodo superiore per la forma liturgica con cui si esplica il comando del Signore Gesù, quello di ripetere il suo gesto dell'Ultima Cena di  pezzare il pane e condividere il calice.

Sono rimasto ancora più sbigottito quando vi domandate (scrivendolo anche a caratteri cubitali) se un sacramento, celebrato peraltro da persone validamente ordinate, sia valido...e quel che fa più riflettere è che domande del genere le rivolgete non solo in caso di presbiteri ma anche di vescovi o cardinali, per non parlare poi della scelta del vostro apparato fotografico!!!  Si sa che un'azione qualsiasi estrapolata dal suo contesto può voler dire addirittura il contrario di ciò che è nella realtà....
Siamo nell'XI secolo o, per caso, vi siete dimenticati di quella controversia (tra l'altro ribadita dal Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992)? Eppure sono passati quasi 1000 anni........senza dire poi delle controversie sul tema in epoca protocristiana.....

Traendo le mie conclusioni, vi dico che a me sembra che talvolta siate più affezionati all'esteriorità della Liturgia che alla sua sostanza, al suo cuore (tra l'altro non credo di dire cosa nuova quando affermo che la Liturgia del Concilio è stata in larga parte ispirata dai documenti dei primi secoli dell'era cristiana...).

Non sono arrabbiato con i vostri articoli, sono solo molto addolorato nel constatare che chi si richiama ad una tradizione si dimentichi facilmente del comando di Gesù stesso: Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. (Mt 7,1-2).

Grazie per il tempo che mi avete dedicato e grazie anche perché attraverso di voi ho imparato ad amare di più la Liturgia come ce la insegna il Concilio Vaticano II (per nulla inferiore, come ho visto scritto in qualche articolo, al Concilio di Trento; ma sono sicuro che lo sapete già),
In Gesù Maestro
 
 

Risposta
(novembre 2005)

- A proposito di Falsini
- A proposito della validità della Quo primum
- Sull’ammodernamento della liturgia
- La Messa è un Sacrificio
- Amore per l’esteriorità
- Liturgie a confronto
- L’architettura antica
- Ritorno alle origini
- Offertorio tradizionale e Offertorio moderno
- Comprensibilità del Rito
- La nuova liturgia svuota le chiese
- Non giudicare
 

Gentile signore,
la ringraziamo per gli apprezzamenti relativi al nostro sito internet; ci sono di conforto perché ci aiutano a perseverare affinché questo modesto strumento, nel suo piccolo, possa aiutare tanti fedeli cattolici a riflettere su molte questioni riguardanti la crisi odierna in cui versa la nostra Madre Chiesa.
Tale crisi, che in tanti provano ad ignorare nonostante l’evidenza dei fatti e taluni documenti ufficiali, è l’elemento su cui si fonda il punto di vista particolare da cui noi ci poniamo. 
Forse a volte ci lasciamo prendere la mano, e non dovremmo, ma è per amore della Fede e della Chiesa.

A proposito di Falsini

Lei dice di notare nei nostri scritti: polemica, mancanza di rispetto e di spirito di carità e cita l’esempio del nostro commento alla nota di Falsini a proposito della S. Messa del 2003.
Nei confronti di Falsini, è vero, abbiamo sempre usato un tono sarcastico e irriverente, ma crediamo di non avere esagerato.  In realtà Falsini è uno di quei personaggi noti e accreditati come competenti, e come tali presenti con i loro scritti su tanti giornali cattolici indirizzati a laici e chierici. 
Se non fosse così noto e se non venisse considerato così referente, non ce ne occuperemmo nemmeno
Ce ne occupiamo invece perché egli approfitta della sua immeritata autorevolezza per ingannare i suoi lettori, per manifestare le sue tendenze partigiane e, in ultima analisi, per alimentare quella crisi della Fede che va tutta a danno della salvezza delle anime dei fedeli.
Se poi Falsini fosse un laico, potremmo considerarlo con minore severità, ma trattandosi di un chierico non possiamo impedirci di esprimere tutta la nostra indignazione.
Anche a rischio di allungare questa nostra risposta, pensiamo che sia opportuno ricordare alcune delle distorsioni propalate da Falsini in quella occasione, che dimostrano come il personaggio, lui sì, sia livoroso e intrinsecamente malevolo.
In quella nota Falsini, dopo aver accusato il cardinale Castrillon di “manipolazione” dei testi conciliari (in realtà tutta la nota è centrata sull’affermazione che il cardinale dica il falso), cita la “comunità di San Pio X” (che invece è una Fraternità Sacerdotale) come fondata dal “vescovo scismatico mons. Lefebvre”. Lui invece sa benissimo che mons. Lefebvre fondò la Fraternità San Pio X, nel 1970 allo scopo di formare dei sacerdoti secondo la liturgia preconciliare, con tanto di autorizzazione canonica e di beneplacito della S. Sede.
Ma i lettori dei giornali su cui scrive è bene che le cose le sappiano come fa comodo a Falsini!
Lo stesso dicasi per l’incredibile affastellamento di motivazioni giustificative della nuova liturgia: mai una volta che Falsini riveli che la nuova Messa contravviene la Sacrosanctum Concilium del Vaticano II, mai una volta che abbia spiegato perché i liturgisti come lui si siano inventati una Messa nuova che contraddice la volontà di quello stesso Concilio che continuano a citare a sproposito ad ogni pie’ sospinto.
Ancora poi il tono, da maestro insindacabile, col quale lascia credere che il Concilio abbia voluta la “trasformazione” della Messa di San Pio V, quando è risaputo perfino dagli studenti di liturgia e di canonistica che nessuno mai nella Chiesa potrebbe “trasformare” un rito millenario senza incorrere nell’errore di “trasformare” con esso la stessa dottrina (cosa infatti puntualmente avvenuta).

Le sembra onesto, corretto, cattolico, decente, comportarsi in questo modo approfittando della notorietà acquisita? E non ha il dubbio che, tutto sommato, i nostri strali non siano poi così violenti come potrebbe sembrare a prima vista?
Se Lei va a rileggersi i brani scritti dallo stesso Falsini e che noi abbiamo riportato appositamente, non mancherà di accorgersi che le sue affermazioni sono in aperto contrasto con quanto insegnato ancora oggi dalla Chiesa. Per esempio: l’adorazione eucaristica è una pratica pia e raccomandabile o una stortura liturgica?

- A proposito della validità della Quo primum

Per quanto riguarda la “Quo primum” è vero che noi sosteniamo l'attualità della sua validità, soprattutto per quanto attiene all’indulto perpetuo che in essa si concede a tutti i celebranti anche in deroga alla volontà dei loro stessi Vescovi, ma questo noi lo sosteniamo sulla base di una considerazione molto semplice, che può essere anche non condivisa da tutti, ma che è condivisa da un gran numero di liturgisti e di canonisti: la “Quo primum” (e il Messale con essa promulgato) non è mai stata abrogata. Quindi è ancora in vigore. 
In ogni caso, non possiamo che concordare con Lei quando afferma che le “forme” con cui la Chiesa esprime la dottrina e la liturgia possano essere adattate alle esigenze temporali: è ciò che la Chiesa ha sempre fatto. Basti pensare, per esempio, alla differenza che corre tra la celebrazione della S. Messa nella vecchia basilica di San Pietro e la celebrazione nella nuova: allora esisteva financo l’iconostasi, dopo si ebbe solo la balaustra e l’altare coperto dal baldacchino. Ma la S. Messa rimase la stessa, soprattutto per il canone, le cui preghiere risalgono al IV secolo, al tempo di papa Gelasio.

- Sull’ammodernamento della liturgia

Veda, su questo argomento vi è una certa confusione.
Si pensa, modernamente, che le esigenze dei fedeli (se non addirittura degli uomini in generale) “debbano” condurre all’aggiustamento della liturgia, pena una qualche pretesa irriducibile dicotomia.
Il fatto è che la liturgia, pur esprimendosi con mezzi formali adatti a gruppi umani diversi (non esiste infatti solo il rito romano), risponde essenzialmente non alle esigenze degli uomini, ma alle esigenze di Dio.
La liturgia, al pari della dottrina, non è il risultato degli sforzi degli uomini che, in qualche modo, cercano di mettersi in contatto con Dio. Al contrario è una precisa strutturazione di parole, segni, gesti, posture, materie ed ambienti che, nel loro insieme, sono state suggerite da Dio stesso perché corrispondano al meglio alla possibilità che tramite esse la grazia discenda efficacemente nel cuore dei fedeli.
Tutto l’Antico Testamento ci insegna che le cose stanno così. E nel Nuovo Testamento, anche a voler sorvolare sulla riflessione, poco curata e troppo volutamente trascurata, circa la preparazione della sala (compreso tutto il resto) per la Cena del Giovedì Santo, basterebbe riflettere semplicemente sul Padre Nostro, che ci è stato espressamente insegnato da Gesù stesso, e non a caso.
Certo, sono in tanti oggi quelli che rifiutano questa constatazione, con la scusa che mancherebbero i “documenti”. Ma quale presunzione porta oggi a pensare che gli Apostoli si siano potuti “inventare” una liturgia per questo o per quel gruppo umano e non abbiano invece seguito le disposizioni lasciaste loro dallo stesso Signore Gesù?
Siamo davvero ridotti al punto da non renderci conto che la Tradizione apostolica non ha alcun bisogno di produrre “documenti” e testimonianze “dell’epoca”, per il semplice fatto che essa si compone degli insegnamenti lasciati dal Signore agli Apostoli e da essi trasmessi ai loro successori in maniera prevalentemente orale? 
(Solo molto più tardi verranno i documenti scritti, per timore dell’oblio, e anche in questo caso mai del tutto esaustivi).
Tutto questo significa che nessun Papa ha il potere di mutare la Tradizione: può adattarne le forme, ma la sostanza non può essere mutata, poiché verrebbero tagliate le radici di questa stessa Tradizione fino a trasformarla da un insegnamento divino in una elaborazione meramente umana.
È ciò che è accaduto con la nuova liturgia.
E queste cose non le diciamo solo noi: basta leggere ciò che hanno dichiarato e hanno scritto più volte, liturgisti, vescovi e cardinali, non ultimo il card. Ratzinger, oggi il Papa regnante.

- La Messa è un Sacrificio

Un esempio di come possano mutare sostanzialmente gli insegnamenti e la Fede, in conseguenza dell’ingenua accettazione del concetto di cambiamento in funzione delle “esigenze correnti”, lo offre Lei stesso, quando, riferendosi alla S. Messa, parla della “forma liturgica con cui si esplica il comando del Signore Gesù, quello di ripetere il suo gesto dell'Ultima Cena di spezzare il pane e condividere il calice.”
Noi non sappiamo se si tratta di una sua espressione poco felice o di un suo preciso convincimento oppure di qualcosa che Lei ripete perché in buona fede ritiene che sia una cosa corretta, ma a leggerla si deve necessariamente pensare che Lei sia convinto che la S. Messa non sia altro che una ripetizione del “gesto” del Signore: spezzare il pane e condividere il calice.
Vede, caro signore, se noi adesso dicessimo che la sua formulazione è sostanzialmente eretica e nient’affatto cattolica, Lei sicuramente si sentirebbe offeso e penserebbe che noi siamo polemici, irrispettosi e nientaffatto caritatevoli. 
Evitiamo di farlo, quindi, ma la esortiamo a rileggersi, quanto meno, la Ecclesia de Eucharistia, dove si ribadisce che la S. Messa è essenzialmente il rinnovamento del Sacrificio cruento della Croce, operato sull’altare in maniera incruenta dallo stesso Signore nostro Gesù Cristo per mezzo del suo ministro
ordinato dalla Chiesa.
Se dopo quarant’anni dalla fine del Concilio, e dopo quarant’anni di nuova liturgia e di nuova pastorale, lo stesso Papa ha sentito il bisogno di ribadire con una enciclica una delle verità fondamentali del culto cristiano, negli stessi termini con cui la Chiesa la ha sempre espressa, e ultimamente al Concilio di Trento. E se addirittura ha sentito il bisogno di ordinare alla Congregazione per il Culto Divino la redazione di un documento disciplinare che trattasse della materia: la Redemptionis Sacramentum. Se così stanno le cose, siamo davvero noi in errore se denunciamo che le cose della Chiesa non vanno affatto bene?
E se poi consideriamo che proprio tutti i personaggi come Falsini (lo citiamo solo per comodità) si sono ribellati, hanno protestato, hanno preteso più di sette revisioni del documento originario, minimizzando e reinterpretando i richiami del Papa, come impedirsi di pensare che lo stato di tanti uomini di Chiesa sia davvero grave e spesso sia un pericolo per la salute delle anime dei fedeli?
E, si badi, non si trattava e non si tratta di una diatriba sul sesso degli Angeli, ma nientemeno che di una controversia complessa e articolatissima su uno dei pilastri della nostra Fede: l’Eucaristia “fonte e culmine della vita della Chiesa”, come dice anche il Concilio Vaticano II.

Tutto questo, è o non è frutto del Concilio o del postconcilio o della modernizzazione della liturgia, che hanno inevitabilmente condotto alla travisazione della dottrina?

- Amore per l’esteriorità

Per ciò che attiene al suo richiamo all’amore per l’esteriorità, potremmo anche sbagliarci, ma abbiamo l’impressione che Lei abbia guardato le foto da noi pubblicate e letto i commenti che talvolta le accompagnano, in modo molto distratto, perché in verità è molto strano che non le sia venuto subito in mente che la validità dei Sacramenti, in base al diritto canonico, richiede la compresenza della materia, della forma e dell’intenzione.
Se viene a mancare uno di questi tre requisiti il Sacramento è invalido.
La validità del Sacramento non dipende, come sembra pensare Lei, dall’ordinazione del ministro, foss’anche un Vescovo, ma dal fatto che si tratta sempre del rinnovamento di una azione rituale che risale direttamente a Dio, a Nostro Signore, e come tale dev’essere eseguita in totale fedeltà, perché diversamente si tratterebbe di altro, e non di questo o di quel Sacramento da Lui istituito.
Nel caso in specie, se nel corso della Messa non viene usato il pane o il vino come li usò Nostro Signore (la materia), l’Eucaristia è invalida
Lo stesso dicasi se nel corso della consacrazione del Pane o del Vino non si usano le stesse Parole (la forma) usate da Nostro Signore, aggiungendo o sottraendo qualcosa a piacimento del celebrante e magari del consiglio parrocchiale.
Lo stesso dicasi se il celebrante non ha intenzione di fare ciò che fa la Chiesa, e cioè non ha intenzione di rinnovare in maniera incruenta il Sacrificio cruento della Croce; oppure è convinto di potere svolgere l’azione rituale da sé medesimo e non come strumento del Signore che è l’unico che realmente agisce nella totalità dell’azione liturgica: come Ostia, come Sacrificato e come Sacrificatore.
Senza parlare della Presenza Reale di Cristo sull’altare, in corpo, anima e divinità, sotto l’apparenza delle specie eucaristiche.
Un celebrante che non credesse più nella Presenza Reale, amministrerebbe validamente l’Eucaristia?
Forse sì, se è solo un uomo di poca fede, poiché il rito correttamente eseguito ha una sua intrinseca validità, ma forse no, se è uno di quei preti moderni che è convinto di saperne molto più del Papa, per esempio, poiché in questo caso la sua intenzione sarebbe tutt’altra da quella della Chiesa.
Esageriamo?
Forse, ma in piena coscienza può Lei affermare che i celebranti la nuova messa cadano tutti in ginocchio e in raccoglimento (sia pure per un momento) non appena pronunciate le parole della consacrazione?
O può sostenere che oggi nelle nostre chiese si insegna che all’elevazione dell’Ostia, quando il celebrante dice: Ecco l’Agnello di Dio, i fedeli debbano inginocchiarsi per manifestare la loro adorazione nei confronti di Dio che si è reso lì presente in mezzo a loro con la transustanziazione?

Non si scandalizzi, poi, se segniamo a dito anche Vescovi e Cardinali, quando capita. 
Noi non siamo affetti dal morbo del clericalismo, sappiamo bene che vi sono uomini pii e uomini peccatori come tra i laici così tra i chierici, quindi stiamo sempre ben attenti a non confondere l’uomo con la funzione che impersona.
Un Vescovo  è innanzi tutto un successore degli Apostoli, un unto del Signore, e come tale non mancheremo mai di piegare il ginocchio e di baciare l’anello episcopale, segno del potere divino. Ma questo non deve e non può impedirci di denunciare la sua eventuale condotta scorretta o il suo eventuale insegnamento contrario agli insegnamenti del Signore. 
Proprio da lui abbiamo il dovere il pretendere che ci insegni la sana dottrina e ci fornisca tutti i mezzi necessari per la salvezza delle nostre anime.
L’automatica e acritica sottomissione al Vescovo, per il semplice fatto che è un Vescovo e prescindendo da ogni altro dovere di credente, si configura davvero come una profonda violenza all’insegnamento della Chiesa e una deformazione fin troppo umana: soprattutto oggi.

- Liturgie a confronto

Quanto poi al confronto tra immagini della antica liturgia e immagini della nuova, è ovvio che di quest’ultima scegliamo le immagini più contraddittorie, altrimenti non avrebbe senso fare il confronto.
Noi non neghiamo, non lo abbiamo mai fatto, che vi sono delle celebrazioni liturgiche condotte secondo il Novus Ordo che sono dignitose e rispettose delle prescrizioni della Chiesa. Ma questo non significa che le immagini che noi proponiamo si riferiscano a qualche caso isolato, a qualche incidente di percorso, a qualche deviazione di questo o di quel celebrante. Tutt’altro. 
La irregolarità, con l’annesso rischio di invalidità, è cosa talmente diffusa che ne hanno ancora ieri parlato gli stessi Vescovi all’ultimo Sinodo (come se poi la cosa non dipendesse proprio da loro).
Forse è a causa di quelle immagini che a Lei sembra che talvolta siamo più “affezionati all'esteriorità della Liturgia che alla sua sostanza”.
Forse Lei ha ricavata questa impressione anche dopo aver letto le nostre critiche sulla nuova architettura sacra. Forse. 
O forse il suo potrebbe essere un giudizio prevenuto o quanto meno superficiale.
Non v’è dubbio che ognuno di noi possiede una sua personale sensibilità estetica, sulla base della quale stima più o meno bella questa o quella cosa. Ma qui non si tratta di questo. 
Glielo assicuriamo. Qui non si tratta del fatto che noi restiamo ammirati di fronte ad un altare barocco e un po’ delusi di fronte al nuovo Santuario della Madonna del Divino Amore: e non è così. 
Qui non si tratta del fascino esercitato dalla cattedrale di Chartres a fronte dello squallore della cattedrale di Evry: e non è così. 
Qui si tratta di ben altro. E di qualcosa di molto più profondo e più grave.

- L’architettura antica

L’architettura antica (non tutta ovviamente, perché le fesserie si sono sempre fatte: non per niente siamo uomini e peccatori) e la liturgia che si svolgeva nelle chiese di un tempo concorrevano a focalizzare l’attenzione e la riflessione del fedele sul sacro, sul diverso dall’ordinario, sul fatto che in quel pezzo di mondo e su quelle azioni che l’uomo prete svolgeva all’altare aleggiasse il divino. L’espressione “ Casa di Dio ” un tempo aveva un significato molto sentito e molto vissuto dai fedeli.
Ancora oggi, negli scritti seri di liturgia, si legge che la liturgia terrestre si unisce alla liturgia celeste per rendere il culto dovuto al nostro Dio, secondo il suo gradimento e il suo insegnamento. Ancora oggi in diversi Prefazi questo lo si ricorda, prima di inneggiare al tre volte Santo insieme a tutti gli Angeli del Cielo.
Quanto di tutto questo si evince dallo svolgimento della liturgia moderna e dalla espressione della moderna architettura sacra?
Quanti fedeli, entrando in una nuova chiesa e assistendo ad una nuova Messa, si sentono in un luogo che è fuori dal mondo, diverso dall’ordinario, dove aleggia qualcosa di soprannaturale, dove nell’aria si diffondono suoni inusuali che richiamano alla mente e soprattutto al cuore come delle melodie ultraterrene, dove vi sono momenti in cui il silenzio domina e sovrasta ogni cosa e ogni essere, e il cuore del fedele anela ad aprirsi per far posto alla aleggiante grazia di Dio ?
E questa mancanza del senso del sacro, questa banalizzazione delle forme e degli ambienti, questa eccessiva ordinarietà per qualcosa che è per sua natura fuori dall’ordinario, cosa ha a che vedere col culto dovuto a Dio?
Semmai si tratterà di qualcosa che è talmente vicina alla sensibilità umana ordinaria da produrre stanchezza e rifiuto, da svuotare le chiese, come accade ormai da anni.
Queste non sono preoccupazioni estetiche o superficiali, ma esigenze interiori e bisogni spirituali.

- Ritorno alle origini

Lei, fidandosi in buona fede dei cattivi insegnamenti dei cattivi maestri, pensa che la nuova liturgia sia stata confezionata richiamandosi ai primi secoli della Chiesa.
Questa favola interessata in realtà non ha alcun fondamento, e possiamo assicurarLe che oggi non esiste più alcun liturgista serio che oserebbe sottoscriverla. 
(Peraltro, come sanno tutti i veri studiosi di storia della Chiesa, le pratiche cultuali dei primi secoli continuano a rimanere prevalentemente avvolti nel mistero).
D’altronde, crediamo che sia molto semplice accorgersi, con un po’ di pacata riflessione, che anche a rigor di logica si tratta di una battuta propagandistica. 
Diversamente bisognerebbe pensare che per quasi 1500 anni la Chiesa non ha fatto altro che imbrogliare le carte, ammannendoci per insegnamenti degli Apostoli cose inventate da questo o del Papa, da questo o del quel vescovo.
Non solo, ma per secoli e secoli, dottori della Chiesa, Santi e Sante, avrebbero avallato un travisamento della liturgia originaria come se fosse la cosa più naturale del mondo. 
E dopo tanto incredibile procedere: ecco che i liturgisti moderni si sarebbero accorti della truffa e avrebbero rimesso le cose a posto.
Roba da asilo infantile.
Chi afferma asinerie del genere fida molto sul fatto che la gente non riesce agevolmente ad informarsi per verificare la reale portata di tali affermazioni. 
Però, anche senza essere dei grandi specialisti, come la mettiamo con la liturgia che le Chiese orientali, dette ortodosse, hanno conservato fino ai nostri giorni con una rispondenza, rispetto alle origini, maggiore di quanto fosse accaduto da noi in Occidente?
E come la mettiamo col fatto che per gli Ortodossi, proprio sulla base della loro esperienza, la nostra moderna liturgia è quanto di più distante ci possa essere da quella trasmessaci dagli Apostoli e dai Padri?
Prima dicevamo che il Canone del Messale detto di San Pio V risale ai primi secoli, al tempo di papa Gelasio, e sfidiamo chiunque, appena informato della materia, a dimostrare che non sia vero [tra l’altro, per fare un solo esempio, basta leggere gli studi dello scomparso liturgista mons. Gamber (veda gli artt. 30 e 31 da noi pubblicati), apprezzati e citati più volte dal card. Ratzinger, oggi Benedetto XVI].

La cosa buffa, in questa storia intricata e paradossale della liturgia moderna, è che prima ci si sbraccia per sostenere che la liturgia andava “aggiornata” per adattarla alle “esigenze correnti”, e poi ci si affanna a giustificarsi che in effetti si è trattato del recupero della liturgia originaria.
Anche senza essere dei pozzi di scienza, è evidente che c’è qualcosa che non va.
E quello che non va è che in realtà la liturgia moderna è stata inventata di sana pianta per operare una svolta epocale nella Chiesa cattolica: rendere il culto cattolico il più possibile simile alle pratiche protestanti, al fine di favorire la realizzazione del famoso ecumenismo intercristiano. 
Per di più, a ben riflettere, il modo in cui si è proceduto rivela un pregiudizio molto grave e in aperto contrasto con la tanto sbandierata volontà ecumenica. 
Dovendo perseguire l’avvicinamento con i “fratelli separati”, perché non si è provveduto ad avvicinare la liturgia cattolica anche alla liturgia ortodossa? 
Perché si è operata la scelta di guardare solo ai protestanti che, non solo non hanno più una liturgia, ma da cinque secoli hanno abbandonato la S. Messa, il culto della Madonna e quello dei Santi?
La risposta è complessa, certamente, ma non ci allontaniamo tanto dalla realtà se affermiamo che il motivo sta tutto nel fatto che alla base di tanta esigenza di novità vi era e vi è ancora un pauroso allontanamento dalla Fede, un diffuso malsano bisogno di razionalizzazione e di scientifismo che ha finito col convincere molti preti e molti vescovi che in fondo i Vangeli non sono certo dei racconti veri, ma solo delle descrizioni agiografiche fondate sulla credenza del gruppo che li ha scritti, piuttosto che sulla realtà. Con buona pace dell’espressione “Parola di Dio”, di cui si continua ad usare ed abusare, e di venti secoli di Magistero.

- Offertorio tradizionale e Offertorio moderno

Lei dice che non guardiamo al “cuore” della liturgia, e questo ci fa pensare che Lei non abbia nemmeno tentato di comparare il testo del Novus Ordo con quello dell’Ordo Tradizionale, che noi pubblichiamo nel nostro sito. Se lo avesse fatto avrebbe magari potuto accusarci di tutto, secondo la moda degli ultimi quarant’anni, ma non certo di superficialità o di estetismo.
Pensiamo quindi che sia il caso di fare un piccolo esempio.
Prendiamo l’Offertorio.
 
Il nuovo Offertorio si dispiega così:
(possibilità del canto e delle offerte dei fedeli, non obbligatorie; offerta del pane)
Il celebrante: Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della terra e del lavoro
dell’uomo: lo presentiamo a te, perché diventi per noi cibo di vita eterna.
I fedeli: (se non si esegue un canto) Benedetto nei secoli il Signore.
(vino e acqua vengono versati nel calice)
Il celebrante: L’acqua unita al vino sia segno della nostra unione con la vita divina di colui che ha voluto assumere la nostra natura umana.
(offerta del vino)
Il celebrante: Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto della vite e del lavoro
dell’uomo: lo presentiamo a te, perché diventi per noi bevanda di salvezza.
I fedeli: (se non si esegue un canto) Benedetto nei secoli il Signore.
(il celebrante si inchina, e dice:)
Umili e pentiti accoglici, o Signore: ti sia gradito il nostro sacrificio che oggi si compie dinanzi a te.
(il celebrante si lava le mani, dicendo:)
Lavami, Signore, da ogni colpa, purificami da ogni peccato.
(il celebrante esorta i fedeli a pregare:)
Pregate, fratelli, perché il mio e vostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente.
(i fedeli rispondono:)
Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.
L’Offertorio della S. Messa Tradizionale si dispiega così:
(Il sacerdote, baciato l'Altare in mezzo e congiunte le mani sul petto,
si volge verso i fedeli, e allargando e congiungendo le mani dice:)
S - Il Signore sia con voi.
M - E con il tuo spirito.
(Poi a mani giunte si volge all'Altare, allarga e congiunge le mani, china il capo alla Croce e dice:)
S - Preghiamo.
(Quindi, a mani giunte, dice l'Antifona dell'Offertorio:)
S - (Come esempio riportiamo l’Antifona dell’Offertorio della I Domenica di Avvento:
A Te ho innalzato l’anima mia: o Dio mio, in Te confido, non abbia a vergognarmi, né abbiano a deridermi i miei nemici: poiché tutti quelli che in te confidano non saranno confusi.)
(Detta l'Antifona, il sacerdote prende la patena con l'ostia e tenendole alzate fino al petto con entrambe le mani, elevati gli occhi a Dio e subito riabbassandoli, dice:)
S - Accetta, Padre santo, onnipotente eterno Iddio, questa ostia immacolata, che io, indegno servo tuo, offro a Te Dio mio vivo e vero, per gli innumerevoli peccati, offese e negligenze mie, e per tutti i
circostanti, come pure per tutti i fedeli cristiani vivi e defunti, affinché a me ed a loro torni di salvezza per la vita eterna. Amen.
(Fatto un segno di croce con la patena, il sacerdote depone l'ostia sul corporale. Il diacono - o il ministro - mesce il vino nel calice; ilsuddiacono - o il ministro - mesce l'acqua; quindi il sacerdote, li benedice con un segno di croce, e dice:)
S - O Dio, che in modo meraviglioso creasti la nobile natura dell'uomo, e piú meravigliosamente ancora l'hai riformata, concedici di diventare,
mediante il mistero di quest'acqua e di questo vino, consorti della divinità di Colui che si degnò farsi partecipe della nostra umanità, Gesú Cristo tuo Figlio, Nostro Signore, che è Dio e vive e regna con Te nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Cosí sia.
(Il sacerdote, stando in mezzo all'Altare, prende il calice, con la destra sul nodo sotto la coppa e con la sinistra alla base, lo tiene elevato, alza gli occhi a Dio, e lo offre dicendo:)
S - Ti offriamo, o Signore, questo calice di salvezza, e scongiuriamo la tua clemenza, affinché esso salga come odore soave al cospetto della tua divina maestà, per la salvezza nostra e del mondo intero. Cosí sia.
(Quindi, fatto un segno di croce col calice, lo poggia sul corporale e lo copre con la palla; poi, congiunte le mani sopra l'Altare, un po' inchinato, dice sottovoce:)
S - (Dan. 3, 39-40) Con spirito di umiltà e con animo contrito, possiamo noi, o Signore, esserti accetti, e il nostro sacrificio si compia oggi alla tua presenza in modo da piacere a Te, o Signore Dio.
(Il sacerdote si erge, eleva gli occhi al cielo, allarga le mani, le alza, le congiunge sul petto, e un po' curvato dice: )
S - Vieni, Dio eterno, onnipotente, santificatore,
(benedice con la mano destra l'ostia e il calice insieme, mentre tiene la sinistra poggiata sull'Altare)
e + benedici  questo sacrificio preparato nel tuo santo nome.
(Intanto il sacerdote si lava le mani, dicendo:)
S - (Salmo 25, 6-12) Laverò fra gli innocenti le mie mani: ed andrò attorno al tuo altare, o Signore:  Per udire voci di lode, e per narrare tutte quante le tue
meraviglie.  O Signore, ho amato lo splendore della tua casa, e il luogo ove abita la tua gloria.  Non perdere insieme con gli empii, o Dio, l'anima mia, né la mia vita con gli uomini sanguinarii:  Nelle cui mani stanno le iniquità: e la cui destra è piena di regali. Io invece ho camminato nella mia innocenza: riscàttami e abbi pietà di me. Il mio piede è rimasto sul retto sentiero: ti benedirò nelle adunanze, o
Signore. Gloria al Padre, e al Figlio e allo Spirito Santo.  Come era in principio, e ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Cosí sia.
(Quindi, un po' inchinato in mezzo all'Altare, con le mani giunte poggiate su di esso, il sacerdote dice:)
S - Accetta, o Santissima Trinità, questa offerta che ti facciamo in memoria della passione, risurrezione e ascensione di nostro Signore Gesù Cristo, e in onore della beata sempre Vergine Maria, di san Giovanni
Battista, dei santi Apostoli Pietro e Paolo, di questi [martiri le cui reliquie sono nell'Altare], e di tutti i Santi, affinché ad essi sia d'onore e a noi di salvezza, e si degnino d'intercedere per noi in Cielo, mentre noi facciamo memoria di loro in terra. Per il medesimo Cristo nostro Signore. Cosí sia.
(Il sacerdote bacia l'Altare, si volge verso i fedeli, allarga e congiunge le mani, e a voce alta dice:)
S - Pregate, fratelli,
(e prosegue a voce bassa, volgendosi di nuovo all'Altare)
affinché il mio e vostro sacrificio sia gradito a Dio Padre onnipotente.
(Il ministro e i fedeli rispondono:)
M - Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio, a lode e gloria del suo nome, per il bene  nostro e di tutta la sua Santa Chiesa.
(Il sacerdote récita la stessa preghiera, dicendo: …dalle mie mani questo sacrificio…, e conclude a voce bassa:)
S - Cosí sia.

 

Sulla differenza qualitativa, più che evidente, che contraddistingue i due offertori si potrebbe scrivere un trattato di liturgia, ma, senza arrivare a tanto, anche il più sprovveduto dei fedeli, il più digiuno in fatto di riti e di culti, il più discosto dall’abitudine alla preghiera,si accorge subito che l’Offertorio della S. Messa Tradizionale è ricco di significati, di simboli e di valenze teologico-dottrinali. 
Mentre invece l’Offertorio moderno è di una banalità sconcertante, dove nemmeno la scusa della supposta semplicità riesce a giustificare il fatto che non si menziona nemmeno il nome del Signore: non una volta si ricorda che è in forza del Signore nostro Gesù Cristo che possiamo osare di rivolgerci a Dio Uno e Trino.
Per accennare solo a qualche particolare, lasciando a Lei ulteriori approfondimenti, facciamo notare che la formula: Benedetto sei tu, o Signore… è sì dei primi secoli del cristianesimo, ma più esattamente
degli ultimi secoli dell’ebraismo, poiché è tratta essenzialmente dalle formule di benedizione del padre di famiglia ebreo, quindi neanche dal contesto liturgico ebraico vero e proprio.
Tale formula, non ha assolutamente niente a che vedere con le formule del Messale Tradizionale, alla faccia della continuità e dell’aggiornamento. Qui si è volutamente stravolto tutto, centrando soprattutto l’attenzione sulla totale abolizione della ripetizione dell’indegnità del celebrante e dei fedeli al cospetto della Maestà e della Onnipotenza divina: come se questo, con i tempi moderni, non fosse più vero. 
Si è anche abolita la ripetizione delle invocazioni, rivolte al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, come se la nuova sensibilità degli uomini e delle donne moderne non sentisse più il bisogno della Santissima Trinità. 
Sono state aboliti i richiami ai Santi, come se la liturgia che si celebra oggi nelle nostre chiese dovesse e potesse benissimo prescindere da loro.

- Comprensibilità del Rito

Si potrebbe obiettare che la S. Messa Tradizionale, essendo recitata in latino, non fosse né seguita né capita: il che è falso, perché esistevano i messalini bilingue per chi avesse voglia di capire.
D’altronde, anche oggi, dopo decenni di ampliata consapevolezza, di acclarata comprensione e di rinnovata partecipazione, quanti sono i fedeli che seguono il messalino? Quanti sono i fedeli che rispondono nel corso della celebrazione?
Ma è innegabile che, comprensione o meno, quell’Offertorio parla a Dio, mentre quello nuovo parla semplicemente agli uomini.
E la cosa disastrosa è che questa pretesa necessità di far capire tutto ha finito per far suo il criterio del livellamento verso il basso, tanto da giungere ad un testo tanto banale quanto insignificante.
Fra l’altro, trattandosi di una azione sacra, il cui principale interlocutore è Dio, ancora oggi continuiamo a chiederci cosa ci sia da capire. Cosa ci sia da capire nella celebrazione dei Santi Misteri. Cosa ci sia veramente da capire dei Misteri. Come si possa seriamente affermare che i fedeli possano capire l’incomprensibile per definizione.

Ma anche a voler ammettere che i fedeli sentissero la necessità della comprensione delle parole della S. Messa: perché non ci si è limitati a tradurre in lingua volgare la S. Messa esistente da più di quindici
secoli?
Intendiamoci, si sarebbe comunque trattato di un errore madornale, come hanno tra l’altro segnalato i vescovi nell’ultimo sinodo, perché è stato semplicemente stolto abolire la lingua liturgica unica che faceva
sentire i fedeli di tutto il mondo uniti in “una sola voce”: veramente “cattolici”.
Ma, passi pure l’errore, perché non ci si è limitati a tradurre le preghiere esistenti?
E lo ripetiamo: si è voluta sovvertire la liturgia plurisecolare della Chiesa per addivenire a nuove formulazioni dottrinali, si è voluta cambiare la liturgia perché fosse più facile far passare i cambiamenti nella dottrina, non solo per quanto riguarda i fedeli, ma soprattutto per quanto riguarda i preti, i quali a loro volta avrebbero diffuso l’errore tra i fedeli.

A Lei, caro signore, che ha intrapreso il noviziato, non sarà difficile comprendere come il testo della S. Messa Tradizionale costituisca, di per sé, una sorta di compendio teologico, e basterebbe questo semplice fatto a far riflettere sulla sua importanza in relazione, innanzi tutto, allo stesso celebrante.
Un celebrante che ogni giorno reciti quelle preghiere fino ad impararle a memoria, inevitabilmente sarà portato ad esprimersi in conformità ad esse anche nelle omelie e nella catechesi.
Un celebrante che ogni giorno compia tutti i gesti rituali sull’altare, al cospetto della Croce e del Tabernacolo, inevitabilmente sarà portato a considerare prevalente per la sua vita di chierico la continua adorazione del Signore, riuscendo con maggiore immediatezza e con aumentato fervore a trasmettere questa stessa istanza ai suoi parrocchiani.

Intendiamoci, tutto questo ragionare non vuole affatto significare che prima della riforma liturgica e del Concilio le cose andassero tutte in maniera idilliaca: preti santi e ligi, fedeli devoti e fervorosi, perfetta aderenza alla dottrina e scrupolosa osservanza liturgica.
Tutt’altro, siamo i primi a sostenere che le cose, allora, andavano in maniera così scomposta che lo sbocco del Concilio e del postconcilio fu in qualche modo inevitabile.
Ma, proprio per questo, se si voleva porre rimedio a tanti errori, a tanti lassismi, a tanti abusi, a tanta leggerezza, a tanta superficialità, a tanto formalismo, a tanto estetismo, ecc.; l’ultima cosa che si doveva fare era quella di mediare tutto ai livelli più bassi, era quella di minimizzare e di umanizzare oltremodo, era quella di supporre, contro ogni logica, che la semplificazione e la omologazione della dottrina e della liturgia al sentire corrente potesse corrispondere al suo esatto contrario, e cioè potesse suscitare nel fedele un maggiore anelito per il trascendente, una adeguata soddisfazione al suo bisogno di mistero, una giusta compensazione per la povertà spirituale della sua vita odierna.

- La nuova liturgia svuota le chiese

Vi è un esempio illuminante in questo senso: quelle pratiche cultuali umanizzate, razionalizzate e semplificate che sono il nerbo delle comunità protestanti, oltre ad aver prodotto il proliferare
incontrollato di miriadi di sette e di conventicole, ultimamente hanno sancito il quasi totale abbandono dei “fedeli”. I luoghi di culto protestanti sono ormai pressoché vuoti, dovunque, salvo una certa tenuta
dei gruppi più accuratamente luterani (e guarda caso per la persistenza di un qualche forma liturgica più “rigida”), e salvo una certa riscoperta di alcuni insegnamenti che ancora oggi i protestanti brandiscono, come loro costume, come clave per castigare i reprobi e i peccatori (sorta di fanatismo moralistico tipico delle sette).

In queste condizioni è inevitabile che poi i fedeli si lascino abbacinare dalle lucciole del paranormale o dalle pruderie fantasmagoriche delle sette o dalle fumisterie di certe mode nuovomondiste o dalle illusioni consolatorie di maghi e streghe.
Ed è un caso che queste forme di pseudo spiritualità nascano e prolifichino proprio in quei paesi che da anni vivono il protestantesimo (America docet)?
Ed è un caso che in certi paesi un tempo cattolici, come l’America del Sud, con la diffusione in ambito cattolico delle predicazioni moderne e delle pratiche liturgiche imbastardite, si siano manifestate in maniera
macroscopica l’abbandono delle chiese, la diffusione delle sette protestanti e quindi, inevitabilmente, il proliferare dei più diversi culti magici e pseudo ancestrali?

- Non giudicare

Non giudichiamo, caro signore, stia tranquillo, siamo ben coscienti del fatto che i primi a dover essere giudicati siamo noi. 
Ci limitiamo a constatare. 
E trattandosi della Fede e non di una qualche divergenza di tipo culinario, per esempio, non possiamo fare finta di niente.
Non possiamo nasconderci dietro il timore del giudizio divino, prendendolo come alibi per evitare di denunciare tutto ciò che fa a pugni con gli insegnamenti che la Chiesa ha sempre impartiti e che abbiamo il dovere, non solo di seguire, ma anche di affermare e di difendere.
L’amore per il prossimo non esclude la denuncia degli errori e delle deviazioni, siano esse in buona o in male fede, anzi impone il dovere della correzione.

Se il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo fra te e lui
solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti
ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta
sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure
costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea,
sia per te come un pagano e un pubblicano.” (Mt 18, 15-17)
Solo una falsa carità può sopportare che si viva contro ogni insegnamento e precetto divino.

- Il Concilio Vaticano II inferiore al Concilio di Trento

Un’ultima cosa. Abbia la pazienza di leggersi il discorso di apertura del Concilio pronunciato da Giovanni XXIII e provi a riflettere sul fatto che il Papa ha sempre dichiarato di aver indetto un Concilio “pastorale” senza alcuna pretesa dottrinale, per la quale invece rimanda espressamente ai Concili precedenti e a quello di Trento, tutti Concili dottrinali.
Ora, un Concilio pastorale, un documento pastorale, un insegnamento pastorale, possono dirsi superiori o uguali ad un Concilio dottrinale, a un documento dottrinale, a un insegnamento dottrinale? Può la dottrina
essere subalterna alla pastorale?
Ci stupisce che Lei non sappia di questa differenza e ci accusi quasi di doppiezza perché sosterremmo la inferiorità del Vaticano II ben sapendo della sua parità con gli altri Concili. 
Lo ribadiamo, sig. …, il Vaticano II ha un valore inferiore rispetto agli altri Concili per espressa e dichiarata volontà del Papa che lo convocò e dei Vescovi che vi presero parte
Che poi lo si voglia e lo si debba considerare con tutta la serietà che un Concilio della Chiesa esige, è un altro discorso, che però non può prescindere dalla oggettiva condizione di questo Concilio: un Concilio pastorale è per sua natura meno vincolante, contingente e riformabile.
Per di più: chi fa caso al fatto che la Chiesa non ha mai convocato e svolto “Concilii pastorali”, ma solo “Concilii dottrinali”, come è logico e inevitabile ? 
Diversamente a che serve un Concilio ?
L'unico Concilio “pastorale” è il Vaticano II. Viene da chiedersi: a che pro ?
 

Non ce ne voglia, e preghi per noi, per le nostre debolezze e per i nostri peccati, chiedendo al Signore di aiutarci a fare sempre meglio e sempre più il nostro dovere di credenti, non per noi, ma solo e sempre a
maggior gloria di Dio.

In nomine Domini.



agosto 2007



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