Su alcuni aspetti della liturgia
Risposte a un chierico
Rilievi critici
Gentilissima redazione del sito unavox.it, sono un
chierico ………
[…]
Visito regolarmente il vostro sito, oggi ho deciso
di farvi pervenire alcune mie osservazioni.
[…]
Ciò che, però, mi ha lasciato di stucco
e mi ha fatto sorgere non poche domande è la maniera in cui vengono
trattati gli argomenti ( e mi riferisco soprattutto agli interventi che
appaiono nel sito): li ho trovati per la maggior parte polemici, senza
rispetto e, ciò che è più grave, mancanti di ogni
spirito di carità...vedi la risposta all'intervento di Falsini sulla
Messa del 24 maggio 2003…
Perchè questo atteggiamento? Talvolta mi fanno
ricordare (i vostri articoli) persone assai arrabbiate...
Altra considerazione:
ho letto che a vostro giudizio la Costituzione Apostolica
di san Pio V "Quo primun tempore" proprio perché emanata da un Sommo
Pontefice è, a ragione, ad perpetuam rei memoriam. Io potrei darvi
ragione se san Pio V fosse stato l'ultimo Pontefice...sappiamo (bene) che
così non è stato, sappiamo che ogni Sommo Pontefice ha la
potestà suprema...quindi era nel pieno diritto di Sua Santità
Paolo VI (che speriamo venga presto elevato all'onore degli altari) di
scrivere una nuova Costituzione Apostolica che di fatto sostituisse quella.
La Santa Chiesa ha la sua finalità nell'eternità,
ma è nel tempo; cammina con gli uomini e le donne d'oggi...va da
sé che anche le FORME debbano essere adattate via via alle esigenze
correnti.
Questo a mio giudizio vale in maniera oltremodo superiore
per la forma liturgica con cui si esplica il comando del Signore Gesù,
quello di ripetere il suo gesto dell'Ultima Cena di pezzare il pane
e condividere il calice.
Sono rimasto ancora più sbigottito quando vi
domandate (scrivendolo anche a caratteri cubitali) se un sacramento, celebrato
peraltro da persone validamente ordinate, sia valido...e quel che fa più
riflettere è che domande del genere le rivolgete non solo in caso
di presbiteri ma anche di vescovi o cardinali, per non parlare poi della
scelta del vostro apparato fotografico!!! Si sa che un'azione qualsiasi
estrapolata dal suo contesto può voler dire addirittura il contrario
di ciò che è nella realtà....
Siamo nell'XI secolo o, per caso, vi siete dimenticati
di quella controversia (tra l'altro ribadita dal Catechismo della Chiesa
Cattolica del 1992)? Eppure sono passati quasi 1000 anni........senza dire
poi delle controversie sul tema in epoca protocristiana.....
Traendo le mie conclusioni, vi dico che a me sembra
che talvolta siate più affezionati all'esteriorità della
Liturgia che alla sua sostanza, al suo cuore (tra l'altro non credo di
dire cosa nuova quando affermo che la Liturgia del Concilio è stata
in larga parte ispirata dai documenti dei primi secoli dell'era cristiana...).
Non sono arrabbiato con i vostri articoli, sono solo
molto addolorato nel constatare che chi si richiama ad una tradizione si
dimentichi facilmente del comando di Gesù stesso: Non giudicate,
per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate
sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati.
(Mt 7,1-2).
Grazie per il tempo che mi avete dedicato e grazie
anche perché attraverso di voi ho imparato ad amare di più
la Liturgia come ce la insegna il Concilio Vaticano II (per nulla inferiore,
come ho visto scritto in qualche articolo, al Concilio di Trento; ma sono
sicuro che lo sapete già),
In Gesù Maestro
Risposta
(novembre 2005)
- A proposito di Falsini
- A proposito della validità
della Quo primum
- Sull’ammodernamento della
liturgia
- La Messa è un Sacrificio
- Amore per l’esteriorità
- Liturgie a confronto
- L’architettura antica
- Ritorno alle origini
- Offertorio tradizionale e Offertorio
moderno
- Comprensibilità del
Rito
- La nuova liturgia svuota le chiese
- Non giudicare
Gentile signore,
la ringraziamo per gli apprezzamenti relativi al nostro
sito internet; ci sono di conforto perché ci aiutano a perseverare
affinché questo modesto strumento, nel suo piccolo, possa aiutare
tanti fedeli cattolici a riflettere su molte questioni riguardanti la crisi
odierna in cui versa la nostra Madre Chiesa.
Tale crisi, che in tanti provano ad ignorare nonostante
l’evidenza dei fatti e taluni documenti ufficiali, è l’elemento
su cui si fonda il punto di vista particolare da cui noi ci poniamo.
Forse a volte ci lasciamo prendere la mano, e non dovremmo,
ma è per amore della Fede e della Chiesa.
A proposito di Falsini
Lei dice di notare nei nostri scritti: polemica, mancanza
di rispetto e di spirito di carità e cita l’esempio del nostro commento
alla nota di Falsini
a proposito della S. Messa del 2003.
Nei confronti di Falsini, è vero, abbiamo sempre
usato un tono sarcastico e irriverente, ma crediamo di non avere esagerato.
In realtà Falsini è uno di quei personaggi noti e accreditati
come competenti, e come tali presenti con i loro scritti su tanti giornali
cattolici indirizzati a laici e chierici.
Se non fosse così noto e se non venisse considerato
così referente, non ce ne occuperemmo nemmeno.
Ce ne occupiamo invece perché egli approfitta
della sua immeritata autorevolezza per ingannare i suoi lettori, per manifestare
le sue tendenze partigiane e, in ultima analisi, per alimentare quella
crisi della Fede che va tutta a danno della salvezza delle anime dei fedeli.
Se poi Falsini fosse un laico, potremmo considerarlo
con minore severità, ma trattandosi di un chierico non possiamo
impedirci di esprimere tutta la nostra indignazione.
Anche a rischio di allungare questa nostra risposta,
pensiamo che sia opportuno ricordare alcune delle distorsioni propalate
da Falsini in quella occasione, che dimostrano come il personaggio, lui
sì, sia livoroso e intrinsecamente malevolo.
In quella nota Falsini, dopo aver accusato il cardinale
Castrillon di “manipolazione” dei testi conciliari (in realtà tutta
la nota è centrata sull’affermazione che il cardinale dica il falso),
cita la “comunità di San Pio X” (che invece è una Fraternità
Sacerdotale) come fondata dal “vescovo scismatico mons. Lefebvre”. Lui
invece sa benissimo che mons. Lefebvre fondò la Fraternità
San Pio X, nel 1970 allo scopo di formare dei sacerdoti secondo la liturgia
preconciliare, con tanto di autorizzazione canonica e di beneplacito della
S. Sede.
Ma i lettori dei giornali su cui scrive è bene
che le cose le sappiano come fa comodo a Falsini!
Lo stesso dicasi per l’incredibile affastellamento di
motivazioni giustificative della nuova liturgia: mai una volta che Falsini
riveli che la nuova Messa contravviene la Sacrosanctum Concilium
del Vaticano II, mai una volta che abbia spiegato perché i liturgisti
come lui si siano inventati una Messa nuova che contraddice la volontà
di quello stesso Concilio che continuano a citare a sproposito ad ogni
pie’ sospinto.
Ancora poi il tono, da maestro insindacabile, col quale
lascia credere che il Concilio abbia voluta la “trasformazione” della Messa
di San Pio V, quando è risaputo perfino dagli studenti di liturgia
e di canonistica che nessuno mai nella Chiesa potrebbe “trasformare” un
rito millenario senza incorrere nell’errore di “trasformare” con esso la
stessa dottrina (cosa infatti puntualmente avvenuta).
Le sembra onesto, corretto, cattolico, decente, comportarsi
in questo modo approfittando della notorietà acquisita? E non ha
il dubbio che, tutto sommato, i nostri strali non siano poi così
violenti come potrebbe sembrare a prima vista?
Se Lei va a rileggersi i brani scritti dallo stesso Falsini
e che noi abbiamo riportato appositamente, non mancherà di accorgersi
che le sue affermazioni sono in aperto contrasto con quanto insegnato ancora
oggi dalla Chiesa. Per esempio: l’adorazione eucaristica è una pratica
pia e raccomandabile o una stortura liturgica?
- A proposito della validità
della Quo primum
Per quanto riguarda la “Quo
primum” è vero che noi sosteniamo l'attualità
della sua validità, soprattutto per quanto attiene all’indulto perpetuo
che in essa si concede a tutti i celebranti anche in deroga alla volontà
dei loro stessi Vescovi, ma questo noi lo sosteniamo sulla base di una
considerazione molto semplice, che può essere anche non condivisa
da tutti, ma che è condivisa da un gran numero di liturgisti e di
canonisti: la “Quo primum” (e il Messale con essa promulgato) non è
mai stata abrogata. Quindi è ancora in vigore.
In ogni caso, non possiamo che concordare con Lei quando
afferma che le “forme” con cui la Chiesa esprime la dottrina e la liturgia
possano essere adattate alle esigenze temporali: è ciò che
la Chiesa ha sempre fatto. Basti pensare, per esempio, alla differenza
che corre tra la celebrazione della S. Messa nella vecchia basilica di
San Pietro e la celebrazione nella nuova: allora esisteva financo l’iconostasi,
dopo si ebbe solo la balaustra e l’altare coperto dal baldacchino. Ma
la S. Messa rimase la stessa, soprattutto per il canone, le cui preghiere
risalgono al IV secolo, al tempo di papa Gelasio.
- Sull’ammodernamento della
liturgia
Veda, su questo argomento vi è una certa confusione.
Si pensa, modernamente, che le esigenze dei fedeli (se
non addirittura degli uomini in generale) “debbano” condurre all’aggiustamento
della liturgia, pena una qualche pretesa irriducibile dicotomia.
Il fatto è che la liturgia, pur esprimendosi
con mezzi formali adatti a gruppi umani diversi (non esiste infatti solo
il rito romano), risponde essenzialmente non alle esigenze degli uomini,
ma alle esigenze di Dio.
La liturgia, al pari della dottrina, non è il
risultato degli sforzi degli uomini che, in qualche modo, cercano di mettersi
in contatto con Dio. Al contrario è una precisa strutturazione
di parole, segni, gesti, posture, materie ed ambienti che, nel loro insieme,
sono state suggerite da Dio stesso perché corrispondano al meglio
alla possibilità che tramite esse la grazia discenda efficacemente
nel cuore dei fedeli.
Tutto l’Antico Testamento ci insegna che le cose stanno
così. E nel Nuovo Testamento, anche a voler sorvolare sulla riflessione,
poco curata e troppo volutamente trascurata, circa la preparazione della
sala (compreso tutto il resto) per la Cena del Giovedì Santo, basterebbe
riflettere
semplicemente sul Padre Nostro, che ci è stato espressamente insegnato
da Gesù stesso, e non a caso.
Certo, sono in tanti oggi quelli che rifiutano questa
constatazione, con la scusa che mancherebbero i “documenti”. Ma quale
presunzione porta oggi a pensare che gli Apostoli si siano potuti “inventare”
una liturgia per questo o per quel gruppo umano e non abbiano invece seguito
le disposizioni lasciaste loro dallo stesso Signore Gesù?
Siamo davvero ridotti al punto da non renderci conto
che la Tradizione apostolica non ha alcun bisogno di produrre “documenti”
e testimonianze “dell’epoca”, per il semplice fatto che essa si compone
degli insegnamenti lasciati dal Signore agli Apostoli e da essi trasmessi
ai loro successori in maniera prevalentemente orale?
(Solo molto più tardi verranno i documenti scritti,
per timore dell’oblio, e anche in questo caso mai del tutto esaustivi).
Tutto questo significa che nessun Papa ha il potere
di mutare la Tradizione: può adattarne le forme, ma la sostanza
non può essere mutata, poiché verrebbero tagliate le radici
di questa stessa Tradizione fino a trasformarla da un insegnamento divino
in una elaborazione meramente umana.
È ciò che è accaduto con la nuova
liturgia.
E queste cose non le diciamo solo noi: basta leggere
ciò che hanno dichiarato e hanno scritto più volte, liturgisti,
vescovi e cardinali, non ultimo il card. Ratzinger, oggi il Papa regnante.
- La Messa è un Sacrificio
Un esempio di come possano mutare sostanzialmente gli
insegnamenti e la Fede, in conseguenza dell’ingenua accettazione del concetto
di cambiamento in funzione delle “esigenze correnti”, lo offre Lei stesso,
quando, riferendosi alla S. Messa, parla della “forma liturgica con
cui si esplica il comando del Signore Gesù, quello di ripetere il
suo gesto dell'Ultima Cena di spezzare il pane e condividere il calice.”
Noi non sappiamo se si tratta di una sua espressione
poco felice o di un suo preciso convincimento oppure di qualcosa che Lei
ripete perché in buona fede ritiene che sia una cosa corretta, ma
a leggerla si deve necessariamente pensare che Lei sia convinto che la
S. Messa non sia altro che una ripetizione del “gesto” del Signore: spezzare
il pane e condividere il calice.
Vede, caro signore, se noi adesso dicessimo che la sua
formulazione è sostanzialmente eretica e nient’affatto cattolica,
Lei sicuramente si sentirebbe offeso e penserebbe che noi siamo polemici,
irrispettosi e nientaffatto caritatevoli.
Evitiamo di farlo, quindi, ma la esortiamo a rileggersi,
quanto meno, la Ecclesia
de Eucharistia, dove si ribadisce che la S. Messa è
essenzialmente il rinnovamento del Sacrificio cruento della Croce, operato
sull’altare in maniera incruenta dallo stesso Signore nostro Gesù
Cristo per mezzo del suo ministro
ordinato dalla Chiesa.
Se dopo quarant’anni dalla fine del Concilio, e dopo
quarant’anni di nuova liturgia e di nuova pastorale, lo stesso Papa ha
sentito il bisogno di ribadire con una enciclica una delle verità
fondamentali del culto cristiano, negli stessi termini con cui la Chiesa
la ha sempre espressa, e ultimamente al Concilio di Trento. E se addirittura
ha sentito il bisogno di ordinare alla Congregazione per il Culto Divino
la redazione di un documento disciplinare che trattasse della materia:
la Redemptionis Sacramentum. Se così stanno le cose, siamo davvero
noi in errore se denunciamo che le cose della Chiesa non vanno affatto
bene?
E se poi consideriamo che proprio tutti i personaggi
come Falsini (lo citiamo solo per comodità) si sono ribellati, hanno
protestato, hanno preteso più di sette revisioni del documento originario,
minimizzando e reinterpretando i richiami del Papa, come impedirsi di
pensare che lo stato di tanti uomini di Chiesa sia davvero grave e spesso
sia un pericolo per la salute delle anime dei fedeli?
E, si badi, non si trattava e non si tratta di una diatriba
sul sesso degli Angeli, ma nientemeno che di una controversia complessa
e articolatissima su uno dei pilastri della nostra Fede: l’Eucaristia “fonte
e culmine della vita della Chiesa”, come dice anche il Concilio Vaticano
II.
Tutto questo, è o non è frutto del Concilio
o del postconcilio o della modernizzazione della liturgia, che hanno inevitabilmente
condotto alla travisazione della dottrina?
- Amore per l’esteriorità
Per ciò che attiene al suo richiamo all’amore per
l’esteriorità, potremmo anche sbagliarci, ma abbiamo l’impressione
che Lei abbia guardato le foto da noi pubblicate e letto i commenti che
talvolta le accompagnano, in modo molto distratto, perché in verità
è molto strano che non le sia venuto subito in mente che la validità
dei Sacramenti, in base al diritto canonico, richiede la compresenza della
materia, della forma e dell’intenzione.
Se viene a mancare uno di questi tre requisiti il Sacramento
è invalido.
La validità del Sacramento non dipende, come
sembra pensare Lei, dall’ordinazione del ministro, foss’anche un Vescovo,
ma dal fatto che si tratta sempre del rinnovamento di una azione rituale
che risale direttamente a Dio, a Nostro Signore, e come tale dev’essere
eseguita in totale fedeltà, perché diversamente si tratterebbe
di altro, e non di questo o di quel Sacramento da Lui istituito.
Nel caso in specie, se nel corso della Messa non
viene usato il pane o il vino come li usò Nostro Signore (la materia),
l’Eucaristia
è invalida.
Lo stesso dicasi se nel corso della consacrazione
del Pane o del Vino non si usano le stesse Parole (la forma) usate da Nostro
Signore, aggiungendo o sottraendo qualcosa a piacimento del celebrante
e magari del consiglio parrocchiale.
Lo stesso dicasi se il celebrante non ha intenzione
di fare ciò che fa la Chiesa, e cioè non ha intenzione di
rinnovare in maniera incruenta il Sacrificio cruento della Croce; oppure
è convinto di potere svolgere l’azione rituale da sé medesimo
e non come strumento del Signore che è l’unico che realmente agisce
nella totalità dell’azione liturgica: come Ostia, come Sacrificato
e come Sacrificatore.
Senza parlare della Presenza Reale di Cristo sull’altare,
in corpo, anima e divinità, sotto l’apparenza delle specie eucaristiche.
Un celebrante che non credesse più nella Presenza
Reale, amministrerebbe validamente l’Eucaristia?
Forse sì, se è solo un uomo di poca
fede, poiché il rito correttamente eseguito ha una sua intrinseca
validità, ma forse no, se è uno di quei preti moderni
che è convinto di saperne molto più del Papa, per esempio,
poiché in questo caso la sua intenzione sarebbe tutt’altra da quella
della Chiesa.
Esageriamo?
Forse, ma in piena coscienza può Lei affermare
che i celebranti la nuova messa cadano tutti in ginocchio e in raccoglimento
(sia pure per un momento) non appena pronunciate le parole della consacrazione?
O può sostenere che oggi nelle nostre chiese si
insegna che all’elevazione dell’Ostia, quando il celebrante dice: Ecco
l’Agnello di Dio, i fedeli debbano inginocchiarsi per manifestare
la loro adorazione nei confronti di Dio che si è reso lì
presente in mezzo a loro con la transustanziazione?
Non si scandalizzi, poi, se segniamo a dito anche Vescovi
e Cardinali, quando capita.
Noi non siamo affetti dal morbo del clericalismo,
sappiamo bene che vi sono uomini pii e uomini peccatori come tra i laici
così tra i chierici, quindi stiamo sempre ben attenti a non confondere
l’uomo con la funzione che impersona.
Un Vescovo è innanzi tutto un successore
degli Apostoli, un unto del Signore, e come tale non mancheremo mai di
piegare il ginocchio e di baciare l’anello episcopale, segno del potere
divino. Ma questo non deve e non può impedirci di denunciare
la sua eventuale condotta scorretta o il suo eventuale insegnamento contrario
agli insegnamenti del Signore.
Proprio da lui abbiamo il dovere il pretendere che
ci insegni la sana dottrina e ci fornisca tutti i mezzi necessari per la
salvezza delle nostre anime.
L’automatica e acritica sottomissione al Vescovo, per
il semplice fatto che è un Vescovo e prescindendo da ogni altro
dovere di credente, si configura davvero come una profonda violenza all’insegnamento
della Chiesa e una deformazione fin troppo umana: soprattutto oggi.
- Liturgie a confronto
Quanto poi al confronto
tra immagini della antica liturgia e immagini della nuova, è
ovvio che di quest’ultima scegliamo le immagini più contraddittorie,
altrimenti non avrebbe senso fare il confronto.
Noi non neghiamo, non lo abbiamo mai fatto, che vi
sono delle celebrazioni liturgiche condotte secondo il Novus Ordo che sono
dignitose e rispettose delle prescrizioni della Chiesa. Ma questo
non significa che le immagini che noi proponiamo si riferiscano a qualche
caso isolato, a qualche incidente di percorso, a qualche deviazione di
questo o di quel celebrante. Tutt’altro.
La irregolarità, con l’annesso rischio di invalidità,
è cosa talmente diffusa che ne hanno ancora ieri parlato gli stessi
Vescovi all’ultimo Sinodo (come se poi la cosa non dipendesse proprio da
loro).
Forse è a causa di quelle immagini che
a Lei sembra che talvolta siamo più “affezionati all'esteriorità
della Liturgia che alla sua sostanza”.
Forse Lei ha ricavata questa impressione anche
dopo aver letto le nostre critiche sulla nuova architettura sacra. Forse.
O forse il suo potrebbe essere un giudizio prevenuto
o quanto meno superficiale.
Non v’è dubbio che ognuno di noi possiede una
sua personale sensibilità estetica, sulla base della quale stima
più o meno bella questa o quella cosa. Ma qui non si tratta di questo.
Glielo assicuriamo. Qui non si tratta del fatto che
noi restiamo ammirati di fronte ad un altare barocco e un po’ delusi di
fronte al nuovo Santuario della Madonna del Divino Amore: e non è
così.
Qui non si tratta del fascino esercitato dalla
cattedrale di Chartres a fronte dello squallore della cattedrale di Evry:
e non è così.
Qui si tratta di ben altro. E di qualcosa di molto
più profondo e più grave.
- L’architettura antica
L’architettura antica (non tutta ovviamente, perché
le fesserie si sono sempre fatte: non per niente siamo uomini e peccatori)
e la liturgia che si svolgeva nelle chiese di un tempo concorrevano a focalizzare
l’attenzione e la riflessione del fedele sul sacro, sul diverso dall’ordinario,
sul fatto che in quel pezzo di mondo e su quelle azioni che l’uomo prete
svolgeva all’altare aleggiasse il divino. L’espressione “ Casa di Dio
” un tempo aveva un significato molto sentito e molto vissuto dai fedeli.
Ancora oggi, negli scritti seri di liturgia, si legge
che la liturgia terrestre si unisce alla liturgia celeste per rendere il
culto dovuto al nostro Dio, secondo il suo gradimento e il suo insegnamento.
Ancora oggi in diversi Prefazi questo lo si ricorda, prima di inneggiare
al tre volte Santo insieme a tutti gli Angeli del Cielo.
Quanto di tutto questo si evince dallo svolgimento della
liturgia moderna e dalla espressione della moderna architettura sacra?
Quanti fedeli, entrando in una nuova chiesa e assistendo
ad una nuova Messa, si sentono in un luogo che è fuori dal mondo,
diverso dall’ordinario, dove aleggia qualcosa di soprannaturale, dove nell’aria
si diffondono suoni inusuali che richiamano alla mente e soprattutto al
cuore come delle melodie ultraterrene, dove vi sono momenti in cui il silenzio
domina e sovrasta ogni cosa e ogni essere, e il cuore del fedele anela
ad aprirsi per far posto alla aleggiante grazia di Dio ?
E questa mancanza del senso del sacro, questa banalizzazione
delle forme e degli ambienti, questa eccessiva ordinarietà per qualcosa
che è per sua natura fuori dall’ordinario, cosa ha a che vedere
col culto dovuto a Dio?
Semmai si tratterà di qualcosa che è
talmente vicina alla sensibilità umana ordinaria da produrre stanchezza
e rifiuto, da svuotare le chiese, come accade ormai da anni.
Queste non sono preoccupazioni estetiche o superficiali,
ma esigenze interiori e bisogni spirituali.
- Ritorno alle origini
Lei, fidandosi in buona fede dei cattivi insegnamenti
dei cattivi maestri, pensa che la nuova liturgia sia stata confezionata
richiamandosi ai primi secoli della Chiesa.
Questa favola interessata in realtà non ha alcun
fondamento, e possiamo assicurarLe che oggi non esiste più alcun
liturgista serio che oserebbe sottoscriverla.
(Peraltro, come sanno tutti i veri studiosi di storia
della Chiesa, le pratiche cultuali dei primi secoli continuano a rimanere
prevalentemente avvolti nel mistero).
D’altronde, crediamo che sia molto semplice accorgersi,
con un po’ di pacata riflessione, che anche a rigor di logica si tratta
di una battuta propagandistica.
Diversamente bisognerebbe pensare che per quasi 1500
anni la Chiesa non ha fatto altro che imbrogliare le carte, ammannendoci
per insegnamenti degli Apostoli cose inventate da questo o del Papa, da
questo o del quel vescovo.
Non solo, ma per secoli e secoli, dottori della Chiesa,
Santi e Sante, avrebbero avallato un travisamento della liturgia originaria
come se fosse la cosa più naturale del mondo.
E dopo tanto incredibile procedere: ecco che i liturgisti
moderni si sarebbero accorti della truffa e avrebbero rimesso le cose a
posto.
Roba da asilo infantile.
Chi afferma asinerie del genere fida molto sul fatto
che la gente non riesce agevolmente ad informarsi per verificare la reale
portata di tali affermazioni.
Però, anche senza essere dei grandi specialisti,
come la mettiamo con la liturgia che le Chiese orientali, dette ortodosse,
hanno conservato fino ai nostri giorni con una rispondenza, rispetto alle
origini, maggiore di quanto fosse accaduto da noi in Occidente?
E come la mettiamo col fatto che per gli Ortodossi, proprio
sulla base della loro esperienza, la nostra moderna liturgia è quanto
di più distante ci possa essere da quella trasmessaci dagli Apostoli
e dai Padri?
Prima dicevamo che il Canone del Messale detto di San
Pio V risale ai primi secoli, al tempo di papa Gelasio, e sfidiamo chiunque,
appena informato della materia, a dimostrare che non sia vero [tra l’altro,
per fare un solo esempio, basta leggere gli studi dello scomparso liturgista
mons. Gamber (veda
gli artt. 30 e 31 da noi pubblicati), apprezzati e citati più
volte dal card. Ratzinger, oggi Benedetto XVI].
La cosa buffa, in questa storia intricata e paradossale
della liturgia moderna, è che prima ci si sbraccia per sostenere
che la liturgia andava “aggiornata” per adattarla alle “esigenze correnti”,
e poi ci si affanna a giustificarsi che in effetti si è trattato
del recupero della liturgia originaria.
Anche senza essere dei pozzi di scienza, è evidente
che c’è qualcosa che non va.
E quello che non va è che in realtà
la liturgia moderna è stata inventata di sana pianta per operare
una svolta epocale nella Chiesa cattolica: rendere il culto cattolico il
più possibile simile alle pratiche protestanti, al fine di favorire
la realizzazione del famoso ecumenismo intercristiano.
Per di più, a ben riflettere, il modo in cui si
è proceduto rivela un pregiudizio molto grave e in aperto contrasto
con la tanto sbandierata volontà ecumenica.
Dovendo perseguire l’avvicinamento con i “fratelli separati”,
perché
non si è provveduto ad avvicinare la liturgia cattolica anche
alla liturgia ortodossa?
Perché si è operata la scelta di guardare
solo ai protestanti che, non solo non hanno più una liturgia,
ma da cinque secoli hanno abbandonato la S. Messa, il culto della Madonna
e quello dei Santi?
La risposta è complessa, certamente, ma non
ci allontaniamo tanto dalla realtà se affermiamo che il motivo sta
tutto nel fatto che alla base di tanta esigenza di novità vi era
e vi è ancora un pauroso allontanamento dalla Fede, un diffuso malsano
bisogno di razionalizzazione e di scientifismo che ha finito col convincere
molti preti e molti vescovi che in fondo i Vangeli non sono certo dei racconti
veri, ma solo delle descrizioni agiografiche fondate sulla credenza del
gruppo che li ha scritti, piuttosto che sulla realtà. Con buona
pace dell’espressione “Parola di Dio”, di cui si continua ad usare ed abusare,
e di venti secoli di Magistero.
- Offertorio tradizionale
e Offertorio moderno
Lei dice che non guardiamo al “cuore” della liturgia,
e questo ci fa pensare che Lei non abbia nemmeno tentato di comparare il
testo del Novus Ordo con quello dell’Ordo Tradizionale, che
noi pubblichiamo nel nostro sito. Se lo avesse fatto avrebbe magari
potuto accusarci di tutto, secondo la moda degli ultimi quarant’anni, ma
non certo di superficialità o di estetismo.
Pensiamo quindi che sia il caso di fare un piccolo esempio.
Prendiamo l’Offertorio.
Il nuovo Offertorio si dispiega così:
(possibilità del canto e
delle offerte dei fedeli, non obbligatorie; offerta del pane)
Il celebrante: Benedetto sei tu, Signore, Dio
dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto
della terra e del lavoro
dell’uomo: lo presentiamo a te, perché diventi
per noi cibo di vita eterna.
I fedeli: (se non si esegue
un canto) Benedetto nei secoli il Signore.
(vino e acqua vengono versati nel
calice)
Il celebrante: L’acqua unita al vino sia segno
della nostra unione con la vita divina di colui che ha voluto assumere
la nostra natura umana.
(offerta del vino)
Il celebrante: Benedetto sei tu, Signore, Dio
dell’universo: dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo pane, frutto
della vite e del lavoro
dell’uomo: lo presentiamo a te, perché diventi
per noi bevanda di salvezza.
I fedeli: (se non si esegue
un canto) Benedetto nei secoli il Signore.
(il celebrante si inchina, e dice:)
Umili e pentiti accoglici, o Signore: ti sia gradito
il nostro sacrificio che oggi si compie dinanzi a te.
(il celebrante si lava le mani,
dicendo:)
Lavami, Signore, da ogni colpa, purificami da ogni peccato.
(il celebrante esorta i fedeli
a pregare:)
Pregate, fratelli, perché il mio e vostro sacrificio
sia gradito a Dio, Padre onnipotente.
(i fedeli rispondono:)
Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a
lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa
Chiesa. |
L’Offertorio della S. Messa Tradizionale si dispiega
così:
(Il sacerdote, baciato l'Altare
in mezzo e congiunte le mani sul petto,
si volge verso i fedeli, e allargando
e congiungendo le mani dice:)
S - Il Signore sia con voi.
M - E con il tuo spirito.
(Poi a mani giunte si volge all'Altare,
allarga e congiunge le mani, china il capo alla Croce e dice:)
S - Preghiamo.
(Quindi, a mani giunte, dice l'Antifona
dell'Offertorio:)
S - (Come esempio riportiamo l’Antifona
dell’Offertorio della I Domenica di Avvento:
A Te ho innalzato l’anima mia: o Dio mio, in Te confido,
non abbia a vergognarmi, né abbiano a deridermi i miei nemici: poiché
tutti quelli che in te confidano non saranno confusi.)
(Detta l'Antifona, il sacerdote
prende la patena con l'ostia e tenendole alzate fino al petto con entrambe
le mani, elevati gli occhi a Dio e subito riabbassandoli, dice:)
S - Accetta, Padre santo, onnipotente eterno Iddio,
questa ostia immacolata, che io, indegno servo tuo, offro a Te Dio mio
vivo e vero, per gli innumerevoli peccati, offese e negligenze mie, e per
tutti i
circostanti, come pure per tutti i fedeli cristiani vivi
e defunti, affinché a me ed a loro torni di salvezza per la vita
eterna. Amen.
(Fatto un segno di croce con la
patena, il sacerdote depone l'ostia sul corporale. Il diacono - o il ministro
- mesce il vino nel calice; ilsuddiacono - o il ministro - mesce l'acqua;
quindi il sacerdote, li benedice con un segno di croce, e dice:)
S - O Dio, che in modo meraviglioso creasti la
nobile natura dell'uomo, e piú meravigliosamente ancora l'hai riformata,
concedici di diventare,
mediante il mistero di quest'acqua e di questo vino,
consorti della divinità di Colui che si degnò farsi partecipe
della nostra umanità, Gesú Cristo tuo Figlio, Nostro Signore,
che è Dio e vive e regna con Te nell'unità dello Spirito
Santo per tutti i secoli dei secoli. Cosí sia.
(Il sacerdote, stando in mezzo
all'Altare, prende il calice, con la destra sul nodo sotto la coppa e con
la sinistra alla base, lo tiene elevato, alza gli occhi a Dio, e lo offre
dicendo:)
S - Ti offriamo, o Signore, questo calice di salvezza,
e scongiuriamo la tua clemenza, affinché esso salga come odore soave
al cospetto della tua divina maestà, per la salvezza nostra e del
mondo intero. Cosí sia.
(Quindi, fatto un segno di croce
col calice, lo poggia sul corporale e lo copre con la palla; poi, congiunte
le mani sopra l'Altare, un po' inchinato, dice sottovoce:)
S - (Dan. 3, 39-40) Con spirito di umiltà
e con animo contrito, possiamo noi, o Signore, esserti accetti, e il nostro
sacrificio si compia oggi alla tua presenza in modo da piacere a Te, o
Signore Dio.
(Il sacerdote si erge, eleva gli
occhi al cielo, allarga le mani, le alza, le congiunge sul petto, e un
po' curvato dice: )
S - Vieni, Dio eterno, onnipotente, santificatore,
(benedice con la mano destra l'ostia
e il calice insieme, mentre tiene la sinistra poggiata sull'Altare)
e + benedici questo sacrificio preparato nel tuo
santo nome.
(Intanto il sacerdote si lava le
mani, dicendo:)
S - (Salmo 25, 6-12) Laverò fra gli innocenti
le mie mani: ed andrò attorno al tuo altare, o Signore: Per
udire voci di lode, e per narrare tutte quante le tue
meraviglie. O Signore, ho amato lo splendore della
tua casa, e il luogo ove abita la tua gloria. Non perdere insieme
con gli empii, o Dio, l'anima mia, né la mia vita con gli uomini
sanguinarii: Nelle cui mani stanno le iniquità: e la cui destra
è piena di regali. Io invece ho camminato nella mia innocenza: riscàttami
e abbi pietà di me. Il mio piede è rimasto sul retto sentiero:
ti benedirò nelle adunanze, o
Signore. Gloria al Padre, e al Figlio e allo Spirito
Santo. Come era in principio, e ora e sempre, e nei secoli dei secoli.
Cosí sia.
(Quindi, un po' inchinato in mezzo
all'Altare, con le mani giunte poggiate su di esso, il sacerdote dice:)
S - Accetta, o Santissima Trinità, questa
offerta che ti facciamo in memoria della passione, risurrezione e ascensione
di nostro Signore Gesù Cristo, e in onore della beata sempre Vergine
Maria, di san Giovanni
Battista, dei santi Apostoli Pietro e Paolo, di questi
[martiri le cui reliquie sono nell'Altare], e di tutti i Santi, affinché
ad essi sia d'onore e a noi di salvezza, e si degnino d'intercedere per
noi in Cielo, mentre noi facciamo memoria di loro in terra. Per il medesimo
Cristo nostro Signore. Cosí sia.
(Il sacerdote bacia l'Altare, si
volge verso i fedeli, allarga e congiunge le mani, e a voce alta dice:)
S - Pregate, fratelli,
(e prosegue a voce bassa, volgendosi
di nuovo all'Altare)
affinché il mio e vostro sacrificio sia gradito
a Dio Padre onnipotente.
(Il ministro e i fedeli rispondono:)
M - Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio,
a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua
Santa Chiesa.
(Il sacerdote récita la
stessa preghiera, dicendo: …dalle mie mani questo sacrificio…, e conclude
a voce bassa:)
S - Cosí sia. |
Sulla differenza qualitativa, più che evidente,
che contraddistingue i due offertori si potrebbe scrivere un trattato di
liturgia, ma, senza arrivare a tanto, anche il più sprovveduto
dei fedeli, il più digiuno in fatto di riti e di culti, il più
discosto dall’abitudine alla preghiera,si accorge subito che l’Offertorio
della S. Messa Tradizionale è ricco di significati, di simboli e
di valenze teologico-dottrinali.
Mentre invece l’Offertorio moderno è di
una banalità sconcertante, dove nemmeno la scusa della supposta
semplicità riesce a giustificare il fatto che non si menziona nemmeno
il nome del Signore: non una volta si ricorda che è in forza del
Signore nostro Gesù Cristo che possiamo osare di rivolgerci a Dio
Uno e Trino.
Per accennare solo a qualche particolare, lasciando a
Lei ulteriori approfondimenti, facciamo notare che la formula: Benedetto
sei tu, o Signore… è sì dei primi secoli del cristianesimo,
ma più esattamente
degli ultimi secoli dell’ebraismo, poiché
è tratta essenzialmente dalle formule di benedizione del padre di
famiglia ebreo, quindi neanche dal contesto liturgico ebraico vero e proprio.
Tale formula, non ha assolutamente niente a che vedere
con le formule del Messale Tradizionale, alla faccia della continuità
e dell’aggiornamento. Qui si è volutamente stravolto tutto, centrando
soprattutto l’attenzione sulla totale abolizione della ripetizione dell’indegnità
del celebrante e dei fedeli al cospetto della Maestà e della Onnipotenza
divina: come se questo, con i tempi moderni, non fosse più vero.
Si è anche abolita la ripetizione delle invocazioni,
rivolte al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, come se la nuova sensibilità
degli uomini e delle donne moderne non sentisse più il bisogno della
Santissima Trinità.
Sono state aboliti i richiami ai Santi, come se la
liturgia che si celebra oggi nelle nostre chiese dovesse e potesse benissimo
prescindere da loro.
- Comprensibilità
del Rito
Si potrebbe obiettare che la S. Messa Tradizionale, essendo
recitata in latino, non fosse né seguita né capita: il che
è falso, perché esistevano i messalini bilingue per chi avesse
voglia di capire.
D’altronde, anche oggi, dopo decenni di ampliata consapevolezza,
di acclarata comprensione e di rinnovata partecipazione, quanti sono
i fedeli che seguono il messalino? Quanti sono i fedeli che rispondono
nel corso della celebrazione?
Ma è innegabile che, comprensione o meno, quell’Offertorio
parla a Dio, mentre quello nuovo parla semplicemente agli uomini.
E la cosa disastrosa è che questa pretesa necessità
di far capire tutto ha finito per far suo il criterio del livellamento
verso il basso, tanto da giungere ad un testo tanto banale quanto insignificante.
Fra l’altro, trattandosi di una azione sacra, il cui
principale interlocutore è Dio, ancora oggi continuiamo a chiederci
cosa ci sia da capire. Cosa ci sia da capire nella celebrazione dei Santi
Misteri. Cosa ci sia veramente da capire dei Misteri. Come si possa
seriamente affermare che i fedeli possano capire l’incomprensibile per
definizione.
Ma anche a voler ammettere che i fedeli sentissero la
necessità della comprensione delle parole della S. Messa: perché
non ci si è limitati a tradurre in lingua volgare la S. Messa esistente
da più di quindici
secoli?
Intendiamoci, si sarebbe comunque trattato di un errore
madornale, come hanno tra l’altro segnalato i vescovi nell’ultimo sinodo,
perché è stato semplicemente stolto abolire la lingua liturgica
unica che faceva
sentire i fedeli di tutto il mondo uniti in “una sola
voce”: veramente “cattolici”.
Ma, passi pure l’errore, perché non ci si è
limitati a tradurre le preghiere esistenti?
E lo ripetiamo: si è voluta sovvertire la liturgia
plurisecolare della Chiesa per addivenire a nuove formulazioni dottrinali,
si è voluta cambiare la liturgia perché fosse più
facile far passare i cambiamenti nella dottrina, non solo per quanto riguarda
i fedeli, ma soprattutto per quanto riguarda i preti, i quali a loro volta
avrebbero diffuso l’errore tra i fedeli.
A Lei, caro signore, che ha intrapreso il noviziato, non
sarà difficile comprendere come il testo della S. Messa Tradizionale
costituisca, di per sé, una sorta di compendio teologico, e basterebbe
questo semplice fatto a far riflettere sulla sua importanza in relazione,
innanzi tutto, allo stesso celebrante.
Un celebrante che ogni giorno reciti quelle preghiere
fino ad impararle a memoria, inevitabilmente sarà portato ad esprimersi
in conformità ad esse anche nelle omelie e nella catechesi.
Un celebrante che ogni giorno compia tutti i gesti
rituali sull’altare, al cospetto della Croce e del Tabernacolo, inevitabilmente
sarà portato a considerare prevalente per la sua vita di chierico
la continua adorazione del Signore, riuscendo con maggiore immediatezza
e con aumentato fervore a trasmettere questa stessa istanza ai suoi parrocchiani.
Intendiamoci, tutto questo ragionare non vuole affatto
significare che prima della riforma liturgica e del Concilio le cose andassero
tutte in maniera idilliaca: preti santi e ligi, fedeli devoti e fervorosi,
perfetta aderenza alla dottrina e scrupolosa osservanza liturgica.
Tutt’altro, siamo i primi a sostenere che le cose, allora,
andavano in maniera così scomposta che lo sbocco del Concilio e
del postconcilio fu in qualche modo inevitabile.
Ma, proprio per questo, se si voleva porre rimedio a
tanti errori, a tanti lassismi, a tanti abusi, a tanta leggerezza, a tanta
superficialità, a tanto formalismo, a tanto estetismo, ecc.; l’ultima
cosa che si doveva fare era quella di mediare tutto ai livelli più
bassi, era quella di minimizzare e di umanizzare oltremodo, era quella
di supporre, contro ogni logica, che la semplificazione e la omologazione
della dottrina e della liturgia al sentire corrente potesse corrispondere
al suo esatto contrario, e cioè potesse suscitare nel fedele un
maggiore anelito per il trascendente, una adeguata soddisfazione al suo
bisogno di mistero, una giusta compensazione per la povertà spirituale
della sua vita odierna.
- La nuova liturgia svuota le
chiese
Vi è un esempio illuminante in questo senso:
quelle
pratiche cultuali umanizzate, razionalizzate e semplificate che sono il
nerbo delle comunità protestanti, oltre ad aver prodotto il proliferare
incontrollato di miriadi di sette e di conventicole,
ultimamente
hanno sancito il quasi totale abbandono dei “fedeli”. I luoghi di culto
protestanti sono ormai pressoché vuoti, dovunque, salvo una certa
tenuta
dei gruppi più accuratamente luterani (e guarda
caso per la persistenza di un qualche forma liturgica più “rigida”),
e salvo una certa riscoperta di alcuni insegnamenti che ancora oggi i protestanti
brandiscono, come loro costume, come clave per castigare i reprobi e i
peccatori (sorta di fanatismo moralistico tipico delle sette).
In queste condizioni è inevitabile che poi i fedeli
si lascino abbacinare dalle lucciole del paranormale o dalle pruderie fantasmagoriche
delle sette o dalle fumisterie di certe mode nuovomondiste o dalle illusioni
consolatorie di maghi e streghe.
Ed è un caso che queste forme di pseudo spiritualità
nascano e prolifichino proprio in quei paesi che da anni vivono il protestantesimo
(America docet)?
Ed è un caso che in certi paesi un tempo cattolici,
come l’America del Sud, con la diffusione in ambito cattolico delle predicazioni
moderne e delle pratiche liturgiche imbastardite, si siano manifestate
in maniera
macroscopica l’abbandono delle chiese, la diffusione
delle sette protestanti e quindi, inevitabilmente, il proliferare dei più
diversi culti magici e pseudo ancestrali?
- Non giudicare
Non giudichiamo, caro signore, stia tranquillo, siamo
ben coscienti del fatto che i primi a dover essere giudicati siamo noi.
Ci limitiamo a constatare.
E trattandosi della Fede e non di una qualche divergenza
di tipo culinario, per esempio, non possiamo fare finta di niente.
Non possiamo nasconderci dietro il timore del giudizio
divino, prendendolo come alibi per evitare di denunciare tutto ciò
che fa a pugni con gli insegnamenti che la Chiesa ha sempre impartiti e
che abbiamo il dovere, non solo di seguire, ma anche di affermare e di
difendere.
L’amore per il prossimo non esclude la denuncia degli
errori e delle deviazioni, siano esse in buona o in male fede, anzi impone
il dovere della correzione.
“Se il tuo fratello commette una colpa,
và e ammoniscilo fra te e lui
solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato
il tuo fratello; se non ti
ascolterà, prendi con te una o due persone,
perché ogni cosa sia risolta
sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non
ascolterà neppure
costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà
neanche l'assemblea,
sia per te come un pagano e un pubblicano.”
(Mt 18, 15-17)
Solo una falsa carità può sopportare che
si viva contro ogni insegnamento e precetto divino.
- Il Concilio Vaticano II inferiore
al Concilio di Trento
Un’ultima cosa. Abbia la pazienza di leggersi il discorso
di apertura del Concilio pronunciato da Giovanni XXIII e provi a riflettere
sul fatto che il Papa ha sempre dichiarato di aver indetto un Concilio
“pastorale” senza alcuna pretesa dottrinale, per la quale invece rimanda
espressamente ai Concili precedenti e a quello di Trento, tutti Concili
dottrinali.
Ora, un Concilio pastorale, un documento pastorale, un
insegnamento pastorale, possono dirsi superiori o uguali ad un Concilio
dottrinale, a un documento dottrinale, a un insegnamento dottrinale? Può
la dottrina
essere subalterna alla pastorale?
Ci stupisce che Lei non sappia di questa differenza e
ci accusi quasi di doppiezza perché sosterremmo la inferiorità
del Vaticano II ben sapendo della sua parità con gli altri Concili.
Lo ribadiamo, sig. …, il Vaticano II ha un
valore inferiore rispetto agli altri Concili per espressa e dichiarata
volontà del Papa che lo convocò e dei Vescovi che vi presero
parte.
Che poi lo si voglia e lo si debba considerare con tutta
la serietà che un Concilio della Chiesa esige, è un altro
discorso, che però non può prescindere dalla oggettiva condizione
di questo Concilio: un Concilio pastorale è per sua natura meno
vincolante, contingente e riformabile.
Per di più: chi fa caso al fatto che la Chiesa
non ha mai convocato e svolto “Concilii pastorali”, ma solo “Concilii
dottrinali”, come è logico e inevitabile ?
Diversamente a che serve un Concilio ?
L'unico Concilio “pastorale” è il Vaticano
II. Viene da chiedersi: a che pro ?
Non ce ne voglia, e preghi per noi, per le nostre debolezze
e per i nostri peccati, chiedendo al Signore di aiutarci a fare sempre
meglio e sempre più il nostro dovere di credenti, non per noi, ma
solo e sempre a
maggior gloria di Dio.
In nomine Domini.
agosto 2007
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