Ricorso del Capitolo Generale della Fraternità San Pietro
presentato rispettosamente a S. Em. il Card. Castrillòn Hoyos, Presidente della Commissione Ecclesia Dei.
(luglio 2000)

Avente per oggetto le decisioni prese dal Card. nei confronti della Fraternità
con la lettera 748/2000 del 29 giugno 2000

Vostra Eminenza ha deciso d’intervenire a causa della crisi interna della nostra società e al fine di evitare il suo disfacimento. È la nostra stessa preoccupazione. A noi sembra che questa crisi possa essere risolta solo con il ritorno alla fedele osservanza dell’«elemento specifico» della nostra società, lo stesso per il quale è stata fondata. Come giustamente rileva Vs. Em., il contributo caratteristico della nostra società è la celebrazione dell’antica e venerabile forma della liturgia romana. 
Questa celebrazione, dunque, dev’essere favorita nella sua osservanza conseguente ed efficace (senza opposizione nei confronti di chi célebra diversamente).
La Commissione «Ecclesia Dei» infatti aveva ricevuto nel rescritto ex audientia “Qui peculiari”, del 18 ottobre 1988, n° 3, la facoltà di erigere la nostra società secondo le note particolari del Motu Proprio “Ecclesia Dei”, n° 6a, e non solamente secondo il n°1 di detto rescritto, col quale si concede a dei preti l’uso del Messale romano del 1962.

I dissensi in seno alla società sono derivati non da questioni personali, ma dalla differenza di opinione a proposito di questa caratteristica propria. È per risolvere questi dissensi che è stato proposto l’accordo di Rocca di Papa, che ha raccolto l’adesione della stragrande maggioranza dei membri della società. 
Questo accordo si comprende solo se si tiene presente che tutti i membri sono entrati liberamente nella società, che è stata fondata in ragione e col fine del rito antico (cf. il decreto del 18 ottobre), ed hanno accettato, quanto meno implicitamente, di limitare il loro diritto a celebrare secondo il messale d’uso comune nella Chiesa latina. 
In effetti, la società non ha beneficiato di un indulto dopo la sua creazione, ma è stata costituita in forza di questo stesso indulto, al fine di applicarlo comunitariamente.
È per questo che il card. Mayer, allora Presidente della Commissione, in una lettera pubblicata in UVK 21, n° 3 del 1990, scriveva che celebrazione dei nostri preti secondo il rito antico poteva causare delle difficoltà, ma non piú grandi di quelle incontrate dai Domenicani. L’unità della Chiesa, aggiungeva, è quella nella Fede e nella sottomissione gerarchica, non quella nei riti. 
Ma poiché l’uso esclusivo del rito antico ha comportato la diffidenza nei confronti dei nostri membri a riguardo della comunione ecclesiale e dell’accettazione da parte loro della legittimità dei libri riformati, si è deciso, con il libero uso del segno di comunione della partecipazione alla messa crismale, di provare come tali sospetti non fossero giustificati.

La pace ricercata per la nostra società sarebbe sopraggiunta con l’applicazione dell’accordo di Rocca di Papa, accordo che il card. Ratzinger, in una lettera al nostro superiore, ha giudicato essere una buona soluzione. Questo accordo ha raccolto i consensi della stragrande maggioranza (80%) della nostra società. 
I membri che avessero aspirato ad una diversità piú marcata avrebbero trovato facilmente una adeguata collocazione in altri istituti.
Al contrario, introdurre, su un punto cosí essenziale alla nostra comune spiritualità, una tale diversità tra i membri, comporterà fatalmente il temuto disfacimento, indipendentemente dalla scelta del Superiore Generale.

Noi supplichiamo Vs. Em. di lasciarci realizzare questa unità nella fedeltà all’elemento specifico della nostra società, ormai vissuta per dodici anni.

I - A proposito della prima decisione, le nostre costituzioni non trascurano la questione del numero dei mandati: al n° 19 si prevede invece che il loro numero non sia limitato, e questo è stato deciso volontariamente dai fondatori, nell’agosto del 1988, e accettato dalla Commissione nell’ottobre del 1988. Un cambiamento in tal senso potrà essere accettato con rispetto dal Capitolo, ma non può essere retroattivo.

II - Circa il secondo punto, la decisione del card. Innocenti (lettera del 5 settembre 1991) di nominare un superiore venne presa prima della convocazione del Capitolo e non comportò il ritiro del diritto di voto del Capitolo stesso. In effetti, in base alla precisa osservanza delle nostre costituzioni, nessuno possedeva le condizioni per essere eletto (5 anni di appartenenza alla Fraternità). Il voto che venne espresso allora fu solo a titolo consultivo (un sondaggio)! Il ritiro del diritto di voto al Capitolo, circa l’elezione del Superiore generale, significa far venir meno una delle sue principali attribuzioni, richiamando su di esso il biasimo pubblico, quando invece l’elezione dei componenti, e quindi del Capitolo stesso, è stata riconosciuta come legittima. Inoltre, il segretario della Commissione aveva assicurato pubblicamente che la votazione ci sarebbe stata normalmente e la cosa era stata divulgata con un comunicato stampa.
Noi supplichiamo Vs. Em. di voler recedere dalla Vs. decisione e di lasciarci scegliere il nostro Superiore secondo il diritto comune.

III - La scelta del nostro confratello, il Padre Devillers, quali che siano le sue qualità amministrative e personali e la sua buona volontà di conciliazione, fa ritenere al Capitolo che non possa portare la pace duratura nella nostra società: le condizioni straordinarie di una tale nomina causeranno delle ferite difficili a cicatrizzarsi, soprattutto nell’àmbito parecchio delicato dei cattolici sensibili alla tradizione
Il motivo della sua nomina diretta è di evitare il pericolo di maggiori divisioni: ebbene, queste si determinano già per il fatto stesso che il nostro confratello è considerato da molti come implicato nelle discordie, e in tali condizioni egli non potrà realizzare certo l’unità desiderata.
Inoltre ci sembra, rispettosamente, che nella sua gestione del distretto americano, il nostro confratello abbia disperso oltremodo i preti, a scapito della vita in comune e in contraddizione con le costituzioni, cosa che non corrisponde al rafforzamento dello spirito comunitario.
Noi supplichiamo Vs. Em. di voler riconsiderare, per il bene della società, questa nomina.

IV - Seminari. Le difficoltà riscontrate nel seminario di Wigratzbad derivano soprattutto dall’insieme di incertezza e di delusione incontrate dai seminaristi al cospetto di certe pratiche seguite dai preti nel loro ministero. Da qui le reazioni talvolta rigide di giovani che appartengono al loro tempo. Ma questo non può comportare la messa in discussione della serietà e della dedizione del Corpo docente, sottolineate nel rapporto seguito alla visita canonica di Wigratzbad. Un professore troppo polemico è stato allontanato, per un altro un’accurata inchiesta ha stabilito che le critiche avanzate erano infondate. Tra i 35 professori di Wigratzbad, la maggior parte insegna nelle facoltà ecclesiastiche o civili. Nel seminario americano non vi sono state inchieste. 
Su questa base, chiedere a priori il cambiamento dei due rettori è cosa ingiusta che non contribuirà certo al ritorno alla pace, anche tra i seminaristi. È al Superiore che dovrebbe spettare, dopo l’esame della situazione, la scelta dei dirigenti delle case di formazione.
Supplichiamo Vs. Em. di rivedere la Vs. decisione.

V - A riguardo della nostra specificità, infine, ci viene chiesto di non parlare del rito di Paolo VI come «avente un valore minore». Se per «valore», secondo l’esegesi data da mons. Perl, si intende la validità o la legittimità dei nuovi libri liturgici, è evidente che noi concordiamo perfettamente. 
Ma, in francese, il termine è impiegato per esprimere le qualità di una cosa. In questo senso, stimando che l’antica liturgia ha un valore maggiore, non si fa che usufruire del diritto riconosciuto ad ogni fedele dal canone 212 § 3; e questo diritto è esercitato da numerosi autori che trattano della questione, ivi compresi dei cardinali (come il card. Ratzinger - cf. L’Esprit de la liturgie -, o il card. Stickler, secondo cui il messale del 1969 non corrisponderebbe a quanto previsto dal Concilio Vaticano II, o da altri autori (cf gli Atti del Colloquio del CIEL del 1998, con prefazione di Vs. Em.). 
L’importante è non polemizzare, né confondere i fedeli, cosa che cercheremo di fare sempre meglio.
Supplichiamo Vs. Em., tenuto conto che il tenore di questa lettera rischia di dar luogo a delle difficoltà, di permettere alla Commissione di precisare il vero significato di questa espressione.

Noi indirizziamo questo ricorso gerarchico alla Vs. Paternità, chiedendo di voler considerare con attenzione quali conseguenze estremamente dolorose avranno le decisioni prese in un tale contesto di tensioni. Tali misure riguardano piú dei conflitti personali, mentre invece il conflitto è intorno alla vocazione stessa della società. 
Una misura, che a prima vista potrebbe sembrare uno scacco, ma che ci sembra possa apportare con maggior sicurezza la pace e in seguito una fruttuosa collaborazione tra i preti, sarebbe quella di permettere fin d’ora una scissione della società in due istituti, vicini nella loro missione, ma aventi ciascuno la propria caratteristica; esattamente come è accaduto molte volte nella storia degli istituti di vita consacrata. 
In tal modo, in questo anno santo, la necessaria opera di riconciliazione dei cattolici attorno al successore di Pietro potrà continuare a realizzarsi anche nei confronti dei cattolici tradizionalisti allontanatisi dalla gerarchia della Chiesa.

Moderatore: Abbé Jean Marc Fournier
Segretario: Pater Sven Conrad
 
 
 
 

Torna a Sviluppi vicenda FS San Pietro