Breve premessa
Il problema della Commissione Ecclesia Dei è sempre esistito,
fin dal suo nascere. A 14 anni di distanza dalla sua costituzione, molti
hanno dimenticato che essa è nata per contrastare e, soprattutto,
per disturbare la Fraternità San Pio X. Si potrebbe quasi dire che,
nella realtà, la Commissione non è nata con una sua propria
vocazione, ma contro la vocazione altrui. Il che la dice lunga sulla supposta
buona volontà «di facilitare la piena comunione ecclesiale
dei sacerdoti, seminaristi, comunità o singoli religiosi e religiose
finora in vario modo legati alla Fraternità fondata da Mons. Lefèbvre,
che desiderino rimanere uniti al Successore di Pietro nella Chiesa Cattolica,
conservando le loro tradizioni spirituali e liturgiche, alla luce del Protocollo
firmato lo scorso 5 maggio dal Cardinale Ratzinger e da Mons. Lefèbvre»
(Motu proprio Ecclesia Dei).
Vero è che in tanti anni di pratica ecclesiale la Commissione,
anche senza volerlo, ha finito col far proprie molte istanze dei tradizionalisti
cattolici, ma è anche vero che sono innumerevoli gli esempi che
stanno a dimostrare che essa ha sempre avuto lo scopo di trasformare i
tradizionalisti cattolici in modernisti della Chiesa post-conciliare.
La vicenda della Fraternità San Pietro è ancora lí
a testimoniare della precisa volontà di insinuare a tutti i costi,
negli organismi dell’Ecclesia Dei, quanti piú elementi tipici è
possibile della liturgia e della pastorale moderne, col convincimento profondo
che questa azione avrebbe condotto piano piano al definitivo “ammodernamento”
dell’àmbito tradizionale cattolico.
In particolare, già noi abbiamo avuto occasione di parlare del
Segretario della Commisione, Mons. Camille Perl, in relazione alle variazioni
del Messale tradizionale da lui proposte, su carta intestata della Commissione
Ecclesia Dei, ma da questa mai ufficialmente avanzate, anche per la sua
formale incompetenza in materia (La Messa dell’indulto
alla Misericordia di Torino, giungo 1998).
Variazioni che sono state adottate, con altrettanti personali adattamenti,
da diversi preti che officiano col rito antico. Variazioni che, tra l’altro,
hanno praticato, ognuno alla loro maniera, Abati, Vescovi e Cardinali.
Non
ultimo il Cardinale Ratzinger, che a Fontgombault, dove si è recato
in compagnia di Mons. Perl, ha officiato la Messa Pontificale col rito
antico, adottando le variazioni in uso nella stessa Abbazia: calendario
e lezionario del rito nuovo, Per Ipsum cantato, orazione universale, ecc.
Chi in questi anni ha avuto modo di dialogare con la Commissione, e
spesso col suo Segretario Mons. Perl, ricorda bene i convicimenti
di questo sacerdote che, in perfetta buona fede, ha sempre affermato
che, in fondo, la stessa Fraternità San Pietro costituiva una sorta
di fenomeno ad esaurimento. Essa, come gli altri organismi sacerdotali
che mantengono la liturgia tradizionale, presto o tardi avrebbe perduto
ogni mordente, avrebbe abbandonato le posizioni di difesa della buona dottrina
e si sarebbe adeguata all’ineluttabilità del nuovo corso, voluto
dal Concilio, dal Papa e da tutti i Vescovi. Il fenomeno del mantenimento
della tradizione liturgica nella Chiesa è destinato ad esaurirsi,
sia per suo conto, sia per la precisa volontà dei Vescovi.
In definitiva, Mons. Perl non ha fatto altro che esprimere i convincimenti
diffusi in seno alla Curia romana, dove i tradizionalisti vengono illusoriamente
considerati come una categoria in estinzione.
D’altronde, Mons. Perl, al pari di un numero indefinito di chierici,
ha acquisito l’abitus mentale moderno in base al quale l’affermazione “storica”
di un dato comportamento o di una data idea starebbe a dimostrare la verità
di tale idea o comportamento. La concezione normale (oggi si dice “tradizionale”
quasi per dire “antica”), invece, ha sempre tenuto fermo che la verità
è tale al di là della storia e dello storicismo.
Questo abitus mentale è quello che ha condotto al Concilio Vaticano
II, alla riforma liturgica, all’affermazione del modernismo nella Chiesa,
i quali hanno prodotto una nuova dottrina della Chiesa, in base alla quale
non è vero quello che la Chiesa ha sempre insegnato trasmettendo
la dottrina tradizionale, ma è vero quello che la Gerarchia insegna
oggi perché è condiviso dagli uomini moderni.
Tra l’altro, Mons Perl, in occasione dell’accordo raggiunto tra i
Padri di Campos e il Vaticano, non ha fatto mistero di questa diffusa concezione
che è anche la sua, affermando, in alcune occasioni, che, in fondo,
Mons. Rangel ha voluto solo concludere la sua esistenza terrena in pace
con la Chiesa, e ha fatto bene ad accordarsi, tanto di prospettive non
potevano essercene. Cosí facendo, ha anche risolto una volta per
tutte il problema dei suoi sacerdoti, che pian piano capiranno la necessità
di adeguarsi alla Chiesa post-conciliare. Con molta probabilità
i frutti si vedranno a breve termine. Il successore di Mons. Rangel potrebbe
essere un vescovo diocesano, che assommerebbe nella sua persona l’incarico
di Ordinario e di Amministratore Apostolico: in questo caso ecco risolto
il problema della “esclusività” dell’uso della liturgia preconciliare.
Il nuovo Amministratore Apostolico officierebbe col nuovo rito e col vecchio
rito, conducendo pian piano per mano i Padri e i fedeli di Campos verso
l’accettazione indiscrimanata della Chiesa post-conciliare.
Se questa è la prospettiva che intravede Mons. Perl, c’è
da chiedersi se si tratta di sue illazioni personali o di sue interpretazioni
delle reali intenzioni di qualcun altro: per esempio del Cardinale Castrillon-Hoyos,
Presidente della Commissione Ecclesia Dei e Prefetto della Congregazione
per il Clero.
Da quello che si dice a Roma, il Cardinale è da tempo che non
utilizza piú i buoni servigi del suo Segretario, tanto da far pensare
che non ritenga piú si tratti di “buoni servigi”. Ma come escludere
che invece non si tratti della emarginazione di un uomo di Curia che, in
fondo, ha piú buoni rapporti con i tradizionalisti di quanto si
potesse immaginare 14 anni fa?
Cercare di capire cosa accade a Roma è sempre stata un’impresa
difficile, ma da quando a Roma impera il nuovo corso è praticamente
impossibile.
Allo stato dei fatti, leggendo questa vecchia lettera, non si può
che concluderne, con amarezza, che Roma ha sempre agito con una forte riserva
mentale, rilasciando assicurazioni che non sono mai state seguite dalle
decisioni corrispondenti. L’esempio piú clamoroso lo abbiamo avuto
con i contatti tra la Fraternità San Pio X e il Cardinale Castrillon-Hoyos:
mentre prima sembrava che tutto fosse facile, al dunque, sono rientrate
tutte le profferte, che non erano venute, peraltro, dalla Fraternità,
ma dallo stesso Cardinale.
Non possiamo che affidarci alla Misericordia di Dio.
(gennaio 2002)
(sulla buona volontà dei vescovi circa l'applicazione del Motut
Proprio si veda il
Messaggio che l'Arcivescovo
di Strasburgo ha inviato alla Comunità tradizionale locale) |