Il  Concilio giorno per giorno



Pubblichiamo una sintesi cronologica dello svolgimento del Concilio Vaticano II. 
Riteniamo che possa valere come documento di riferimento sintetico in grado offrire, come con dei lampi illuminanti, una ragionevole idea di ciò che è accaduto or sono 40 anni nel corso dello svolgimento della massima assise della Chiesa.

Il lavoro è stato pubblicato dal settimanale di informazione cattolica D. I. C. I. (Documentation Information Catholiques Internationales), diretta dalla Fraternità San Pio X. A sua volta, D. I. C. I. ha ripreso il lavoro dalla rivista Nouvelles Certitudes, n° 11, juillet, août, septembre 2002.

La traduzione dal francese è nostra. Abbiamo apportato solo qualche modifica di impaginazione.



Prima sessione: 11 ottobre 1962 = 8 dicembre 1962
Seconda sessione: 29 settembre 1963 = 4 dicembre 1963 (compreso il periodo di intersessione)
Terza sessione: 14 settembre 1964 = 21 novembre 1964 (compreso il periodo di intersessione)
Quarta sessione: 14 settembre 1965 = 8 dicembre 1965 (compreso il periodo di intersessione)



Seconda sessione: 29 settembre 1963 - 4 dicembre 1963



II ­ Manovre dell’Alleanza Europea nel corso della prima intersessione.

5 e 6 gennaio 1963 ­ A Monaco, sotto l’egida del cardinale Döpfner, membro della commissione coordinatrice, i vescovi e i teologi germanofoni si mettono al lavoro. Vengono invitati alcuni rappresentanti dell’Alleanza Europea, come Mons. Elchinger, coadiutore del vescovo di Strasburgo, il Padre Schütte, superiore generale dei Missionari del Verbo Divino, ben collocato per influenzare i superiori generali delle altre congregazioni. Questa riunione sfocia nella redazione di uno schema sostitutivo che pone in luce la collegialità episcopale e l’apertura ecumenica. Dopo una riunione “europea” tra esperti, il 25 gennaio i lavori sono trasmessi al papa e al cardinale Ottaviani.

30 gennaio 1963 ­ A Roma, la commissione coordinatrice obbliga la commissione conciliare dei religiosi a modificare il suo testo primitivo. In effetti, secondo il cardinale Döpfner, “non è stato posto l’accento su un rinnovamento appropriato” né su un “adattamento degli ordini religiosi ai bisogni moderni”. Egli considera che il documento mette troppo spesso in guardia contro il mondo e lo spirito del mondo, e vorrebbe che invece il testo incitasse i religiosi a conoscere meglio la società per “raggiungere l’uomo moderno”.

16 febbraio 1963 ­ Completato il lavoro di Monaco, il cardinale Döpfner ne trasmette copia a ciascuno dei Padri conciliari austriaci e tedeschi. Nella presentazione si può leggere che questo nuovo schema “è più breve, più pastorale, corrisponde meglio allo spirito ecumenico e cerca sempre di prendere in considerazione le obiezioni dei protestanti”.
Le prime parole di questo schema sostitutivo erano “Lumen gentium…”

28 marzo 1963 ­ A Roma, la commissione coordinatrice esamina i primi due capitoli dello schema sulla Chiesa, nonché la versione rivista dello schema sull’ecumenismo. Alle 18 arriva Giovanni XXIII, si complimenta con la commissione e annuncia la creazione di una commissione pontificia per la revisione del Codice di Diritto Canonico.

6 aprile 1963 ­ Mons. Thijssen, vescovo di Larantuka in Indonesia, tiene una conferenza stampa internazionale per chiedere la creazione a Roma di un Segretariato per le grandi religioni non cristiane: noi “possiamo apprendere molto dalla liturgia, dalla cultura e dalla filosofia di queste religioni non cristiane”. Mons. Sigismondi, segretario della Congregazione per la Propaganda della Fede, si congratula con mons. Thijssen.
 
8 aprile 1963 ­ Il cardinale Tien, arcivescovo di Taïpeh, diffonde un comunicato stampa in cui chiede che degli osservatori non cristiani assistano al concilio.

9 aprile 1963 ­ Giovanni XXIII firma la sua ottava enciclica: Pacem in Terris. In questo documento egli si augura di apparire come “l’amico vero e sincero di tutte le nazioni”, e si rivolge a tutti gli “uomini di buona volontà”. Una copia firmata dallo stesso papa viene inviata al segretario generale delle Nazioni Unite.

22 aprile 1963 ­ 12 nuovi schemi “made in Germany” sono trasmessi al papa per sostituire quelli della commissione preparatoria.
Il papa approva i nuovi testi dei 12 schemi e li fa recapitare ai Padri conciliari. Egli chiede alle commissioni di fare presto. Tutti sanno che egli è gravemente malato: tutti i giorni è vittima di emorragie.

21 maggio 1963 ­ Dopo un lungo ritardo, 6 dei 12 schemi sono inviati da mons. Felici.

31 maggio 1963 ­ Giovanni XXIII riceve gli ultimi sacramenti.

3 giugno 1963 ­ Il papa muore alle 19 e 49.

22 giugno 1963 ­ Paolo VI, nuovo papa, dichiara che proseguirà l’opera di Giovanni XXIII.
L’indomani della sua elezione Paolo VI indirizza il suo primo messaggio, nel quale annuncia il proseguimento del concilio e il suo attaccamento a quest’opera.

30 giugno 1963 ­ Il cardinale König, dopo essersi incontrato col cardinale Frings, appoggia le dichiarazioni del cardinale Tien e di mons. Thjissen: egli promette di richiamare al cardinale Bea la necessità di creare un organismo per le religioni non cristiane. Vi è anche il sostegno dichiarato del giovane cardinale Gracias (Bombay) e del vecchio cardinale Liénart.

9 luglio 1963 ­ Dopo essersi incontrato con i cardinali Frings e König, il cardinale Döpfner invita tutti i vescovi della Germania e dell’Austria a partecipare ad una conferenza prevista a Fulda.

21 luglio 1963 ­ Il cardinale Tien chiede al nuovo papa la creazione di una sorta di sinodo permanente per assisterlo e propone che si nomini a capo di questo sinodo il cardinale König, arcivescovo di Vienna.

26 agosto 1963 ­ Apertura della conferenza di Fulda alla presenza di 4 cardinali, 70 arcivescovi e vescovi. Sono rappresentati dieci paesi. Oltre alla Germania e all’Austria, hanno inviato rappresentanti l’Olanda, i paesi nordici, la Francia e il Belgio. 
Le ripercussioni furono immense. Fulda resterà come l’espressione e l’opera dell’Alleanza Europea e da allora il concilio viaggerà sui binari suggeriti da questa assemblea.
Indiscutibilmente, la guida intellettuale di questa conferenza è il Padre Karl Rahner, teologo accreditato dal cardinale König. Egli è coadiuvato dal padre Ratzinger (teologo del cardinale Frings), dal padre Grillmeier e dal padre Semmelroth. In seguito alle conferenze di Monaco e di Fulda vengono redatti quasi 500 pagine di commenti o di schemi sostitutivi. 
Numerosi giornali (in particolare italiani) paragoneranno in seguito la conferenza di Fulda ad una “cospirazione” o ad un “attacco” contro la Curia romana.

31 agosto 1963 ­ Il cardinale Döpfner trasmette al Segretariato generale i lavori di Fulda. Tre giorni dopo egli incontra il papa Paolo VI che avalla la conferenza.

* * *

7 settembre 1963 ­ Pubblicazione dell’ordine degli schemi da sottoporre alla discussione della seconda sessione: 1. La Chiesa, 2. La Santissima Vergine Maria, 3. I vescovi, 4. Il laicato, 5. L’ecumenismo.

13 settembre 1963 ­ Paolo VI modifica l’organizzazione e il regolamento interno del concilio.
La presidenza è composta da un numero maggiore di membri, ma i suoi poteri sono ridotti: i presidenti delle commissioni non hanno più la facoltà di condurre i dibattiti. Il papa nomina quattro cardinali moderatori: Döpfner, Suenens, Lercaro e Agagianian. I primi due sono dei membri attivi dell’Alleanza Europea, il cardinale Lercaro è conosciuto come un liberale convinto e amico del papa. Il cardinale Agagianian, Prefetto della Congregazione per la Propaganda della Fede, aveva sostenuto segretamente le richietse rivoluzionarie del cardinale Tien e di mons. Thjissen (si veda alle date del 20 giugno e del 21 luglio).
Attraverso queste quattro nomine, Paolo VI indica chiaramente la tendenza che ha scelto. Il ruolo del moderatore è fondamentale: è lui che conduce la discussione.
Altra modifica: d’ora in poi bastano cinque membri di una commissione per “suggerire una nuova redazione da un emendamento proposto”. Perché cinque? Nessuno lo sa con certezza, ma una cosa è certa: l’Alleanza dispone di un minimo di cinque membri in ogni commissione. Per di più, per rigettare uno schema o sospendere una discussione, non è più necessaria la maggioranza dei due terzi,
basterà la maggioranza semplice.
A questo punto l’Alleanza Europea e, più precisamente, i partigiani di Monaco e di Fulda, possono essere particolarmente ottimisti in vista dell’apertura della nuova sessione…

III ­ Seconda sessione: 29 settembre 1963 ­ 4 dicembre 1963.

29 settembre 1963 ­ Allocuzione inaugurale pronunciata dal papa Paolo VI. “La Chiesa deve prendere nuova coscienza di sé stessa”.
Egli elenca quattro obiettivi del concilio: che la Chiesa acquisisca una nuova coscienza della sua natura specifica, che si produca un vero rinnovamento, che sia promossa l’unità tra i cristiani, che si intraprenda un vero dialogo con l’uomo moderno.
Poi il papa saluta gli osservatori cristiani non cattolici, che sono là per la prima volta, e li ringrazia calorosamente per la loro presenza.
Trattando poi della persecuzione religiosa e dell’intolleranza, Paolo VI pronuncia alcuna parole a proposito delle religioni non cristiane, quelle che “conservano il senso e la nozione di Dio, uno, creatore”.

30 settembre 1963 ­ Prima seduta di lavoro: è la 37a congregazione generale dall’inizio del concilio.
Il primo schema all’esame è quello della Chiesa. Alla fine della prima sessione, quando fu rinviato alla commissione teologica, esso era composto da 11 capitoli, adesso è composto solo da 4 capitoli: “Il mistero della Chiesa”, “La costituzione gerarchica della Chiesa”, con particolare riferimento all’episcopato, “Il popolo di Dio e il laicato”, “La vocazione alla santità nella Chiesa”.
La prima questione sollevata è quella della collegialità. Se per alcuni Padri si tratta semplicemente di completare il Concilio Vaticano I che aveva definito il primato del papa, per altri occorre ammorbidire la portata del Vaticano I e rivalutare lo stato dei vescovi a fronte del potere “eccessivo” del papa. Il Padre Congar, che sarà uno dei principali redattori del testo finale, appartiene in modo manifesto a questo secondo gruppo. In data 14 ottobre 1962, nel suo giornale, egli aveva scritto: “Non v’è niente di decisivo che si possa fare fintanto che la Chiesa romana non avrà abbandonato totalmente le sue pretese di signoria. Occorre che tutto ciò sia distrutto: e lo sarà”. In quel 30 settembre egli aggiunse: “Io credo che il Vangelo è nella Chiesa, ma prigioniero”.

3 ottobre 1963 ­ Ben presto si presenta un altro problema, quello dell’opportunità di uno schema specifico sulla Vergine Maria. Così come era stato concepito dai teologi romani, lo schema “provocava un male inimmaginabile dal punto di vista dell’ecumenismo” (Rahner). Non sarebbe stato meglio parlare della Vergine in un capitolo dello schema sulla Chiesa? Così facendo si sarebbe data meno importanza all’argomento. È quello che propongono il cardinale Frings (a nome di 65 vescovi germanofoni), mons. Leone, il cardinale Silva e mons. Garrone. Di contro, il cardinale Arriba y Castro, arcivescovo di Tarragona, a nome di 60 Padri, si oppone alla fusione dei due schemi. Il disordine è totale. Fra l’altro, sono stati già diffusi diversi testi sostitutivi. Quello redatto da dom Butler, superiore generale dei Benedettini inglesi, abbonda in senso ecumenico. Di contro, l’opuscolo redatto dai Serviti si oppone a quello dei due schemi riuniti. Il dibattito si accende per parecchi giorni.

4 ottobre 1963 ­ Si solleva un’altra questione: occorre ristabilire il diaconato permanente?
In seguito alle conferenze di Monaco e di Fulda, nello schema ufficiale rivisto, il padre Karl Rahner aveva fatto adottare il suo punto di vista in favore del diaconato permanente. Fra gli oppositori, i cardinali Spellman (arcivescovo di New York) e Bacci (Curia) mettono in guardia dal rischio di voler restaurare antiche istituzioni senza tenere conto delle condizioni attuali. Per di più, sottolineano, non è il caso di affrontare una questione disciplinare in seno ad una costituzione dogmatica. Infine, essi vedono nel diaconato permanente un pericolo per il celibato ecclesiastico e le vocazioni sacerdotali. Di contro sono molti gli interventi a sostegno dell’idea: come quelli dei cardinali Döpfner e Suenens o dei vescovi residenti in zone di missione, come Yago (Abidjan), Zoungrana (Ouagadoudou) e Gay (Pointe-a-Pitre).

9 ottobre 1963 ­ Primo intervento della minoranza contro la collegialità.

9 ottobre 1963 ­ Mons De Proençea Sigaud, arcivescovo di Diamantina (Brasile) reagisce con forza contro la nuova visione della collegialità episcopale. Egli denuncia la costituzione di una nuova istituzione mondiale paragonabile ad un concilio ecumenico permanente e mette in guardia contro un altro pericolo: quello di creare dei centri di decisione locali staccati da Roma. La sua protesta si allaccia alle posizioni di mons. Carli e di mons. Lefébvre, Superiore dei Padri dello Spirito Santo. Comincia allora a formarsi una piccola resistenza contro le nuove idee.
Forte delle sue esperienze in Africa, mons. Lefébvre concede un’intervista a Ralph Wiltgen: se le conferenze episcopali non costituiscono un pericolo per il papato, lo sarebbero, secondo lui, per il magistero e la responsabilità pastorale dei vescovi presi individualmente.

14 ottobre 1963 ­ Quando il capitolo sulle “religioni” viene modificato dalla commissione coordinatrice, l’Unione Romana dei Superiori Maggiori reagisce. Si tratta di un gruppo minoritario di 125 Padri conciliari appartenenti a degli ordini religiosi. Essi sono particolarmente scontenti della nuova visione della vita religiosa ­ troppo apertamente laicizzata ­ che l’Alleanza Europea tende ad imporre.

16 ottobre 1963 ­ L’inserimento di un capitolo intitolato “il Popolo di Dio” nel De Ecclesia fu opera del cardinale Suenens. Seguendo un’idea di mons. Philips (Louvain), egli aveva fatto in modo che si evitasse l’espressione “membro della Chiesa”, per poter inglobare in questo “popolo di Dio” tutti i cristiani, quelli che sono membri della Chiesa cattolica e quelli che non lo sono. L’espressione “popolo di Dio” era stata rigettata dal cardinale Ottaviani e dalla sua commissione teologica preconciliare. Il 24 ottobre, in aula, il cardinale Siri prosegue questa critica: “Un capitolo distinto può lasciare intendere che il popolo di Dio possa sussistere e compiere qualcosa anche senza la Chiesa. Questo contraddice l’insegnamento secondo cui la Chiesa è necessaria alla salvezza”.

17 ottobre 1963 ­ “Noi facciamo veramente parte del concilio”. K. Skydsgaad, luterano.

17 ottobre 1963 ­ Il dott. Kristen Skydsgaad, osservatore luterano invitato al concilio, si rivolge al papa a nome di tutti i non cattolici convenuti alla seconda sessione. Egli afferma di sperare che la luce diffusa da “una teologia concreta e storica, e cioè nutrita dalla Bibbia e dagli insegnamenti dei Padri, brillerà sempre più nei lavori del concilio”. Riconosce anche che un nuovo spirito ecumenico si manifesta nell’aula. 
Il prof. Cullmann, da parte sua, aveva confessato: “Ogni mattina sono sempre più sorpreso di vedere fino a che punto noi facciamo veramente parte del concilio”.
In risposta al dott. Kristen Skydsgaad, il papa Paolo VI dichiara di voler ricevere questi osservatori e invitarli “nel cuore stesso della sua intimità”. Ringraziandoli di aver risposto al suo invito, confida loro di non essere mosso da alcun preconcetto: “Un vero cristiano non conosce l’immobilismo”, aggiunge. E conclude: “Cosa c’è di più umano che reincontrarsi e ricominciare ad amarsi dopo tante dolorose polemiche?”.

18 ottobre 1963 ­ Mons. Wright, vescovo di Pittsburg richiama l’importanza storica e teologica del capitolo sul laicato: “I laici aspettavano questo momento da almeno quattro secoli”. Lo stesso giorno, mons. Schroeffer, vescovo di Eichtadt, dichiara, nel più puro stile di Karl Rahner, che “il sacerdozio universale è una nozione che nel passato era stata dimenticata. Subito i laici cristiani sarebbero tentati di definirsi in rapporto al mondo profano, mentre in realtà il laico è un uomo religioso col compito di testimoniare Cristo nel mondo”.

18 ottobre 1963 ­ Il cardinale Bea dà un ricevimento per gli osservatori e gli invitati non cattolici. Egli approfitta di questa occasione per sollecitare le loro critiche e le loro osservazioni. Assicura loro che si terranno in gran conto i loro suggerimenti e i loro desideri. Il capo della delegazione anglicana, John Moorman, confida al p. Ralph Wiltgen che la via dell’ecumenismo sarebbe ampiamente favorita se la Chiesa cattolica sviluppasse il concetto di collegialità dei vescovi. Egli suggerisce di trovare un sistema perché i vescovi di tutto il mondo costituiscano col papa un consiglio permanente.

24 ottobre 1963 ­ 82 oratori prendono la parola sulla questione del laicato. Si decide che il capitolo sul laicato sia rinviato alla commissione teologica per una revisione.

29 ottobre 1963 ­ Si vota per decidere se lo schema sulla Santa Vergine debba diventare un capitolo integrato nello schema sulla Chiesa. La risposta è: Si. E anche su questo punto il cardinale Frings e l’Alleanza Europea riescono ad averla vinta per 17 voti.

29 ottobre 1963 ­ Sovversione elettorale nel Vaticano II

29 ottobre 1963 ­ I quattro moderatori propongono un nuovo metodo per affrontare la discussione di uno schema: mettere ai voti alcune questioni allo scopo di conoscere la tendenza dell’aula, e ancor prima di discutere la redazione del testo. Si precisa che il voto avrebbe solo un semplice valore indicativo…

30 ottobre 1963 ­ In virtù del nuovo metodo proposto dai cardinali moderatori, si mettono ai voti cinque punti. Tra questi una domanda molto importante riflette la tesi collegialista: occorre rivedere lo schema sulla Chiesa in modo da precisare che il potere pieno e supremo sulla Chiesa universale appartiene “di diritto divino” al collegio dei vescovi uniti al suo capo? Il risultato della votazione è una vittoria per i liberali: 1717 voti a favore e 408 contro. Mons. Wright, vescovo di Pittsburg, si affretta ad affermare che questi 408 voti non sono di alcun valore. 
Henri Fesquet, in Le Monde, non esita a scrivere: “Il Vaticano II ha inaugurato una pagina tutta nuova della storia della Chiesa. Gli integralisti sono in ritardo di un concilio. E così accade quello che nella Chiesa è accaduto nella grandi occasioni, la minoranza, confusa, finisce col dar prova di una reale abnegazione e si sottomette”.
La maggiore resistenza espressa da quella che sarà da allora la minoranza si riscontra in occasione della questione dell’ordinazione dei diaconi permanenti: 525 voti contrari, che ne conferma la debolezza.
“Non avevo avuto dubbi che il 30 ottobre avrebbe segnato una svolta”, nota il padre Congar nel suo Giornale (alla data del 3 dicembre 1963).

5 novembre 1963 ­ Inizia il dibattito a proposito dello schema sui vescovi e il governo delle diocesi. Numerosi vescovi ne approfittano per attaccare la Curia romana. Maximos IV, patriarca melchita di Antiochia, chiede la creazione di un supremo Sacro Collegio, comprendente i patriarchi orientali, i cardinali e i vescovi diocesani eletti dalle conferenze episcopali locali. La Curia dovrebbe rimanere sottomessa a questa organismo, limitandosi a svolgere un ruolo esecutivo. Il cardinale König si richiama ad un organismo centrale che aiuti il papa a governare la Chiesa. Il cardinale Frings attacca il Sant’Uffizio, rimproverandogli di giudicare e di condannare in maniera troppo sbrigativa. Il cardinale Ottaviani, Prefetto del Sant’Uffizio, protesta energicamente e ne approfitta per ricordare il voto del 30 ottobre sui famosi cinque punti. Egli rimprovera a questo nuovo metodo di scavalcare la commissione teologica da lui diretta.

7 novembre 1963 ­ Il cardinale Döpfner, che fa della riforma dei religiosi una questione personale, fa di tutto per impedire che i sostenitori della Tradizione si esprimano sull’argomento. Alla fine legge un testo da lui redatto che pretenderebbe di rappresentare la posizione dei conservatori privati della possibilità di intervenire. Egli è breve, oscuro e inesatto. Sette vescovi religiosi si riuniscono in un gruppo chiamato Segretariato Vescovi e gridano alla dittatura. Ben presto si uniscono a questi altri 35 Padri. A capo si trova mons. Perantoni, arcivescovo di Lanciano, già Superiore generale dei Francescani.

8 novembre 1963 ­ Il Segretariato per l’Unione dei Cristiani pubblica un comunicato relativo ad un progetto sulla “attitudine dei cattolici nei confronti dei non cristiani e specialmente nei confronti dei giudei”. Questo progetto è destinato a diventare il capitolo 4 dello schema sull’ecumenismo. Fin da allora il comunicato sottolinea che il ruolo svolto dai capi giudei e farisei nella crocifissione escludeva la responsabilità del popolo ebraico, il quale non può essere chiamato deicida o indicato come maledetto da Dio.

13 novembre 1963 ­ L’Unione Romana dei Superiori Maggiori si associa al Segretariato Vescovi. Essi conducono insieme un programma d’azione volto a far pressione sul concilio perché sia reintrodotto un capitolo sui religiosi.

14 novembre 1963 ­ Apertura del dibattito sullo schema dei mezzi di comunicazione sociale. Dopo essersi interrogati, nel corso della prima sessione, se bisognasse considerare i media come “un mezzo provvidenziale per trasmettere il messagio cristiano”, i Padri si aspettavano uno schema rivisto sottoforma di istruzione pastorale.
L’articolo 12 di questo schema precisa che è compito dell’autorità civile difendere e proteggere l’informazione vera e giusta, ed essa deve vegliare sulla moralità pubblica dei mezzi di comunicazione. Vedendo in questo articolo una porta aperta alla censura governativa, diversi ecclesiastici speravano che lo schema fosse rigettato: fra di essi vi erano i Padri Daniélou, Häring, Mejia e i cardinali Silva Henriquez e Lercaro.

15 novembre 1963 ­ A nome di numerosi moderatori, il cardinale Lercaro legge al papa un rapporto delle attività della seconda sessione. Ritenendo che i lavori non proseguano con celerità, egli chiede che il metodo del voto consultivo impiegato il 30 ottobre sia ufficializzato e generalizzato. La richiesta è rigettata: i cardinali moderatori devono rispettare la loro funzione, che conferisce loro solo un potere amministrativo. La direzione politica appartiene alle commissioni conciliari che fissano la linea da seguire. Nei giorni che seguono giungono al papa numerose lettere di vescovi o di conferenze episcopali, in cui si chiede di rifondare le commissioni conciliari, procedendo a nuove elezioni o aumentando il numero dei loro membri. L’obiettivo è chiaro: l’Alleanza Europea vuole controllare tutte le commissioni aumentando la presenza dei riformatori.

18 novembre 1963 ­ Progetto e schema sull’attitudine dei cristiani nei confronti dei giudei.

18 novembre 1963 ­ Si discute lo schema sull’ecumenismo. Mons. Morcillo Gonzales, arcivescovo di Saragozza, fa notare il tono positivo dello schema, in cui non sono più presenti le messe in guardia e le condanne. Ma il cardinale Arriba y Castro, arcivescovo di Tarragona, ne sottolinea i pericoli per la fede dei cattolici. Il cardinale Bea riconosce che vi è un rischio di indifferentismo, ma che a prevenirlo possono pensarci i vescovi diocesani. 
Sulla specifica questione dei giudei gli interventi sono contrastanti. Alcuni pensano che sia inopportuno parlarne, vista la situazione geo-politica, altri ritengono che uno schema sull’ecumenismo riguarda solo i cristiani non cattolici, altri ancora non capiscono perché non si parli di più delle religioni non cristiane.
Nel corso degli 11 giorni di dibattito non si giunge ad alcuna votazione; e sulla base dei diversi interventi i moderatori decidono che dovrà approntarsi un nuovo schema per la terza sessione.

21 novembre 1963 ­ Il Segretariato generale annuncia che il papa ha deciso di aumentare il numero dei membri di ciascuna commissione “affinché il lavoro delle commissioni conciliari proceda più rapidamente”. Le commissioni passano da 25 a 30 membri. Si chiede di procedere a nuove elezioni.
In pochi giorni, l’Alleanza Europea compie un lavoro colossale: appronta una lista elettorale internazionale imbattibile; si assicura gli appoggi dei diversi gruppi; organizza delle riunioni (in particolare alla Domus Mariae sotto la direzione di mons. Veuillot); costituisce dei gruppi di pressione. Alla vigilia del voto, l’Alleanza Europea ha dalla sua parte 65 conferenze episcopali. Da ora in poi si può parlare di una Alleanza Mondiale.

25 novembre 1963 ­ Si vota per adottare o rigettare lo schema sui mezzi di comunicazione sociale.
Il padre Méjia distribuisce sugli scalini di San Pietro una petizione firmata da 25 Padri conciliari in cui si chiede di votare contro lo schema. Mons. Felici e il cardinale Tisserant (primo presidente del concilio) si lamentano ufficialmente e condannano tali procedure come “indegne” e “riprorevoli”.
Il voto è favorevole allo schema con 1598 voti contro 503. Lo schema viene promulgato dal papa e diventa decreto. In seguito Paolo VI vieterà la distribuzione di documenti, di testi o di studi nell’aula conciliare o nelle sue vicinanze.

28 novembre 1963 ­ L’Unione Romana dei Superiori Maggiori e il Segretariato Vescovi raccolgono 679 consensi tra i Padri conciliari. Paolo VI fa sapere a mons. Perantoni che nel corso della terza sessione, nello schema sulla Chiesa verrà inserito un nuovo capitolo intitolato “Dei religiosi”. 
È la prima sconfitta dell’Alleanza Europea dovuta ad una reazione che ha saputo organizzarsi.

4 dicembre 1963 ­ Viene adottata la costituzione sulla liturgia con 2158 voti contro 19.

28 novembre 1963 ­ Elezioni per aumentare il numero dei membri di ogni commissione teologica. I risultati non hanno niente si sorprendente: tutti i nuovi membri appartengono all’Alleanza Europea. Tedeschi e Austriaci sono nuovamente sovra-rappresentati. Certuni non hanno alcuna delle competenze teologiche richieste, ma sono degli eccellenti porta voce.

4 dicembre 1963 ­ Giorno di chiusura della seconda sessione, alla presenza del papa.
Si approva anche in via definitiva l’adozione dello schema sulla liturgia. Rivisto nel corso dell’intersessione, esso era stato redatto per ottenere il consenso generale ed essere accetto ai conservatori e ai liberali. Vi sono enunciati quattro grandi principii: 1. Il culto divino è un’azione comunitaria che richiede una partecipazione attiva del popolo di Dio; 2. I fedeli devono essere arricchiti dalla lettura della sacra Scrittura; 3. Il culto liturgico deve insegnare ai fedeli e non limitarsi ad aiutarli a pregare; 4. Gli usi tribali devono trovare posto nelle liturgie dei paesi di missione.
Paolo VI spiega che questa costituzione semplificherà la liturgia, rendendola più accessibile ai fedeli e lasciando la porta aperta all’uso della lingua volgare. Secondo lui si tratta di ritornare ad una maggiore purezza e autenticità.
 



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Terza sessione: 14 settembre 1964 = 21 novembre 1964 (compreso il periodo di intersessione)
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