Il  Concilio giorno per giorno



Pubblichiamo una sintesi cronologica dello svolgimento del Concilio Vaticano II. 
Riteniamo che possa valere come documento di riferimento sintetico in grado offrire, come con dei lampi illuminanti, una ragionevole idea di ciò che è accaduto or sono 40 anni nel corso dello svolgimento della massima assise della Chiesa.

Il lavoro è stato pubblicato dal settimanale di informazione cattolica D. I. C. I. (Documentation Information Catholiques Internationales), diretta dalla Fraternità San Pio X. A sua volta, D. I. C. I. ha ripreso il lavoro dalla rivista Nouvelles Certitudes, n° 11, juillet, août, septembre 2002.

La traduzione dal francese è nostra. Abbiamo apportato solo qualche modifica di impaginazione.



Prima sessione: 11 ottobre 1962 = 8 dicembre 1962
Seconda sessione: 29 settembre 1963 = 4 dicembre 1963 (compreso il periodo di intersessione)
Terza sessione: 14 settembre 1964 = 21 novembre 1964 (compreso il periodo di intersessione)
Quarta sessione: 14 settembre 1965 = 8 dicembre 1965 (compreso il periodo di intersessione)



Terza sessione: 14 settembre 1964 - 21 novembre 1964


IV ­ Seconda intersessione

4 gennaio 1964 ­ Mons. Hengsbach, vescoco di Essen e figura dominante della gerarchia tedesca, dichiara al settimanale “America” che per accelerare i lavori, il concilio dovrà limitarsi a studiare con attenzione 5 o 6 schemi fondamentali. Egli propone che i restanti 7 o 8 schemi siano trattati da delle commissioni postconciliari.

15 gennaio 1964 ­ La commissione coordinatrice chiede che le rispettive commissioni riducano 7 schemi “ad alcuni punti fondamentali”.
Più tardi, l’11 maggio, il segretario generale annuncerà che questi 7 schemi, trasformati in serie di proposizioni, saranno oggetto di un semplice voto, senza discussione né dibattito. Gli schemi interessati erano quelli su: le Chiese orientali, i preti, la formazione nei seminari, le scuole cattoliche, i religiosi, il sacramento del matrimonio, le missioni.
Restavano 6 schemi, giudicati essenziali dall’Alleanza Europea: la Rivelazione, la Chiesa, i vescovi, l’ecumenismo, l’apostolato dei laici, la Chiesa nel mondo moderno (gli ultimi due derivati direttamente da mons. Hengsbach).

20 aprile 1964 ­ Dei vescovi e degli esperti facenti parte della commissione teologica si riuniscono a Roma allo scopo di rivedere lo schema sulla Rivelazione. Fra di essi vi sono: mons. Charue (Namur), il rev.mo dom Butler, i Padri Grillmeier, Semmelroth, Rahner e Congar.
Fu una fortuna per i liberali, poiché il padre Rahner e mons. Schröffer (Eichstatt) pensavano che non vi fosse alcuna speranza di modificare lo schema iniziale. Le cose erano cambiate di molto, poiché l’Alleanza Europea era riuscita a far eleggere 4 membri supplementari nella comissione teologica, all’inizio della seconda sessione (cf. 21 novembre 1963).

19 maggio 1964 ­ Viene creato ufficialmente il Segretariato per i non cristiani. Presiede il cardinale Morella.

30 maggio 1964 ­ Il Segretariato per l’unione dei cristiani approva lo schema rivisto sulla Rivelazione.

26 giugno 1964 ­ La commissione di coordinamento approva il nuovo schema sulla Rivelazione.

2 luglio 1964 ­ Manovre elettorali: il piano Döpfner.
Su consiglio della commissione coordinatrice, il pontefice modifica il regolamento interno del concilio. Da allora, chiunque voglia prendere la parola nell’aula dovrà comunicare una sintesi del suo intervento, almeno 5 giorni prima, al segretario generale. In più, perché sia ammessa una richiesta, non bastano più le firme di 5 Padri conciliari, ne occorrono 65. Così vengono scoraggiati tutti quelli che non appartengono ad un gruppo ben organizzato, mentre si riesce a ridurre al silenzio i punti di vista minoritari. L’Alleanza, presa in mano la direzione del concilio, fa di tutto perché nessuna contestazione intralci i suoi piani. Essa chiude tutte le porte per le quali era riuscita ad introdursi…
La stampa tedesca definisce queste manovre: il “piano Döpfner”, dal nome dell’arcivescovo di Monaco che aveva svolto un ruolo capitale alla conferenza di Fulda, durante la precedente intersessione.

3 luglio 1964 ­ Paolo VI approva il testo sulla Rivelazione come base per la discussione.

* * *

V ­ Terza sessione: 14 settembre ­ 21 novembre 1964.

14 settembre 1964 ­ Paolo VI, nella sua allocuzione di apertura, annuncia che in questa terza sessione ha intenzione di invitare delle donne come uditrici.
Nella prima sessione Giovanni XXIII aveva invitato un solo laico, Jan Guitton. Nella seconda sessione Paolo VI aveva invitato 11 uditori laici. Alla fine della terza sessione si conteranno 40 uditori, tra cui 17 donne (9 religiose e 8 laiche).

15 settembre 1964 ­ Non si parla dell’Inferno.
Apertura del dibattito. Le discussioni vertono sullo schema sulla Chiesa e sul capitolo 7 sulla Chiesa del Cielo. Mons. Ruffini, arcivescovo di Palermo, mons. Gori, patriarca latino di Gerusalemme, e mons. D’Agostino deplorano che in quel capitolo non si faccia alcuna menzione dell’esistenza dell’Inferno e della sua eternità.

16 settembre 1964 ­ Il vecchio schema sulla Vergine Maria è divenuto un modesto ottavo capitolo della costituzione Lumen Gentium. Per di più, questo capitolo è mutilato ed è omesso il titolo di “Madre della Chiesa”. Prendono la parola 33 Padri. Molti protestano contro queste modifiche. Il cardinale Ruffini, arcivescovo di Palermo, accusa il testo di offuscare la cooperazione di Maria nell’opera della Redenzione; chiede inoltre che venga spiegato il titolo di “mediatrice”. Mons. Mingo, arcivescovo di Monreale in Sicilia, propone che si precisi con l’espressione “mediatrice di tutte le grazie” e protesta contro la soppressione del titolo “Madre della Chiesa”. Il cardinale Wyszynski, arcivescovo di Varsavia, a nome di 70 vescovi polacchi, chiede che Maria sia proclamata “Madre della Chiesa”; propone anche che il testo ridiventi uno schema intero. Curiosamente lo stesso cardinale Suenens segue e appoggia questi interventi, nonostante si oppongano alla posizione dell’Alleanza Europea: rimprovera al testo di minimizzare l’importanza della Santa Vergine.
Lungi dal lasciarsi scomporre, l’Alleanza reagisce per difendere il suo progetto. Il cardinale Léger (Québec) sostiene che occorre “reprimere fermamente gli abusi del culto mariano”; egli denuncia “l”inflazione verbale” della teologia mariana, aggiungendo che non bisogna “confonderla con la profondità del pensiero”. Il cardinale Döpfner, a nome di 90 vescovi germanofoni e dei paesi nordici, afferma che il testo è perfetto così com’è. Il cardinale Bea, da parte sua, spiega che bisognerebbe sopprimere il titolo di “mediatrice”, poiché un testo conciliare “non è un manuale di devozione privata”; tanto più, aggiunge, che il ruolo di “mediatrice” di Maria non è teologicamente sicuro.

16 settembre 1964 ­ Mons Staffa, della Curia, chiede ai moderatori l’autorizzazione di prendere la parola. In virtù del regolamento interno si doveva permettere che parlasse. Mons. Staffa voleva denunciare il capitolo 3 della costituzione sulla Chiesa: dopo un lungo studio sulla collegialità, egli aveva acquisita la certezza  che il testo è “in opposizione con l’insegnamento comune dei santi Padri, del pontefici romani, dei sinodi provinciali, dei Dottori della Chiesa universale, dei teologi e dei canonisti”. A dispetto del regolamento interno, i moderatori gli rifiutano la parola.

23 settembre 1964 ­ I moderatori aprono il dibattito sulla libertà religiosa. L’argomento è trattato come una dichiarazione indipendente. I cardinali americani si aspettano molto da questa dichiarazione. I cardinali Cushing (Boston), Ritter (Saint-Louis) e Meyer (Chicago) spiegano che la Chiesa deve mostrarsi “al mondo intero come il campione della libertà umana e civile in materia di religione”. Essi appoggiano il progetto redatto dal cardinale Bea e sottolineano che la libertà religiosa è un diritto naturale dell’uomo. Il cardinale Silva Henriquez (Santiago del Cile) vede in questo testo una solida base per impegnare un grande movimento ecumenico. 
Ma subito prendono la parola coloro che si oppongono al documento. Il cardinale Ottaviani spiega che è esagerato affermare che colui che obbedisce alla sua coscienza “è degno di rispetto”, egli ricorda “il principio in base al quale ogni individuo che ha il diritto di seguire la sua coscienza deve presupporre che questa coscienza non sia contraria al diritto divino”. Egli aggiunge che è estremamente grave dichiarare che ogni tipo di religione è libera di diffondersi. Il cardinale Ruffini fa notare che questo testo rischia di promuovere l’indifferentismo religioso e che esso non dice niente di più di quello che è detto dalle Nazioni Unite nella Dichiarazione Universale del 1948. Inoltre critica certi passi che lasciano intendere che lo Stato non avrebbe il diritto di favorire una data religione. I cardinali Quiroga y Palacios e Bueno y Monreal (Siviglia) rigettano il testo. Essi lo accusano di predicare una dottrina nuova contraria alla Tradizione e denunciano una chiara influenza del “liberalismo che la Chiesa ha così spesso condannato”. Ricordano anche che “solo la Chiesa cattolica ha ricevuto da Cristo il mandato per predicare a tutte le nazioni, oggettivamente parlando nessun’altra dottrina ha il ‘diritto’ di diffondersi”.

24 settembre 1964 ­ La dichiarazione sulla libertà religiosa è mandata alla revisione.
Ad ogni intervento appare sempre più chiaramente che il testo non passerà tanto facilmente, come sperato dai moderatori. Dopo che il cardinale König tenta di difenderlo, le critiche si fanno ancora più forti. Il cardinale Browne e mons. Parente (della Curia) accusano il testo di subordinare i diritti di Dio a quelli dell’uomo e alla sua libertà. Il Padre Fernandez, Superiore generale dei Domenicani, spiega chiaramente che questa dichiarazione sulla libertà religiosa è affetta da naturalismo. Mons. Colombo, teologo personale del papa, tenta un’ultima volta di difendere il testo del cardinale Bea. Nondimeno, la dichiarazione non è adottata e dev’essere rivista.

25 settembre 1964 ­ Apertura del dibattito sulla dichiarazione, riveduta, sulla “Attitudine dei cattolici nei confronti dei non cristiani e specialmente nei confronti dei giudei”.
Il cardinale Bea legge un rapporto sulla revisione del testo: la frase che discolpa i giudei dalla crocifissione di Cristo è stata soppressa dal documento. Ma il cardinale ricorda che non si può considerare “l’insieme” del popolo ebraico dell’epoca come fosse un popolo, mentre i capi del sinedrio non potrebbero essere accusati della colpa formale di deicidio poiché avrebbero agito senza conoscere la divinità di Cristo.
Come al momento della seconda sessione, il dibattito diviene rapidamente  agitato. 
“Gli argomenti proposti sono quasi sempre gli stessi”, nota Henri Fesquet in Le Monde.

29 settembre 1964 ­ Il cardinale Santos, arcivescovo di Manila, accetta il compito di portavoce del Coetus Internationalis Patrum presso il Sacro Collegio.
Il Coetus è un gruppo di opposizione fondato da mons. De Proença Sigaud, arcivescovo di Diamantina in Brasile. Il suo scopo è di frenare le spinte progressiste dell’Alleanza Europea e “di orientare il concilio nella linea dottrinale tradizionalmente seguita dalla Chiesa”.
In seguito alla coraggiosa decisione del cardinale Santos, il Coetus si organizza: uffici, personale, materiale per la stampa. Esso decide quindi una riunione settimanale: ogni martedì sera propone ai Padri che ne fanno parte una conferenza di studio per “analizzare gli schemi del concilio con dei teologi, alla luce della dottrina tradizionale della Chiesa e dell’insegnamento dei sovrani pontefici”. Queste conferenze di studio sono patrocinate dai cardinali Santos, Ruffini, Larraona e Browne.
Molto presto, i lavori del Coetus ottengono una risonanza notevole: esso pubblica circolari, commenti sugli schemi, interventi di teologi, programmi d’azione al momento dei dibattiti…
L’Alleanza Europea non sopporta di essere contraddetta in tal modo, così contrario ai suoi piani. Secondo uno dei cardinali dell’Alleanza, mons. De Proença Sigaud “è buono per essere spedito nella luna”. Il Coetus attira i fulmini della stampa e dei media.
Il padre Ratzinger, teologo personale del cardinale Frings, confida con amarezza che i liberali hanno creduto troppo presto di aver vinto ottenendo la maggioranza nelle commissioni. Pensando di avere la mani libere nel concilio, ora devono riconoscere che incontrano delle resistenze di cui bisognerà tenere conto.

29 settembre 1964 ­ Dopo numerose modifiche, il testo sui religiosi viene sottoposto ai Padri conciliari come base per la discussione.
L’Unione Romana dei Superiori Maggiori si riunisce per decidere sul comportamento da adottare il giorno del dibattitto. Ne risulta che il testo attuale, notevolmente alterato sotto l’influenza del cardinale Döpfner e di mons. Huyghe (Arras) non è soddisfacente. Nondimeno, sembra chiaro che i due prelati non sono riusciti a modificare il documento come avrebbero voluto; molto verosimilmente essi cercano di fare rigettare il testo perché si riscriva uno schema che corrisponda alle loro vedute. L’Unione Romana decide dunque di non rigettare il testo ma di cercare di migliorarlo avanzando delle riserve e presentando delle proposizioni emendative. Strategia!

29 settembre 1964 ­ La minoranza si organizza.
Un voto d’insieme sulla collegialità dà come risultato 1624 voti a favore dei testi, 572 propongono delle modifiche e 42 li rigettano. Molti delle 572 richieste di modifica erano state preparate dal Coetus Internationalis Patrum.
La commissione teologica affida allora alla sotto-commissione sulla collegialità di rivedere il testo dello schema alla luce delle modifiche proposte. In questa sotto-commissione siedono: mons. Schröffer (Eichstatt), mons. Volk (Magonza), mons. Heuschen (Liegi), ma anche i Padri Rahner, Ratzinger, Thils, Dhanis e Moeller. Molto rapidamente i membri del Coetus, come mons. Staffa, si rendono conto che la sotto-commissione scarterà le richieste di modifica provenienti dalle loro fila. Mons. Staffa scrive a Paolo VI per lamentarsene: egli spiega al papa che il testo previsto permetterà una interpretazione estremistica della nozione di collegialità; lo scopo della sotto-commissione sarà quello di fare ammettere che l’unico soggetto del potere supremo è il collegio dei vescovi e non il papa personalmente.
Congiuntamente, 35 cardinali e superiori generali scrivono al papa mettendolo in guardia: il testo che la sotto-commissione sta preparando è effettivamente molto ambiguo; esso tende a “dimenticare” il potere del papa nella Chiesa. Il papa si rifiuta di credervi.

30 settembre 1964 ­ Lo schema sulla Rivelazione divina, ora rivisto, viene presentato ai Padri conciliari. Di nuovo si confrontano due tendenze: mons. Franic (Yugoslavia), membro della commissione teologica, spiega che il nuovo schema è “notevolmente manchevole” perché non parla dell’integralità della Tradizione, ma solo della Tradizione che ci è nota per mezzo della Scrittura. Mons. Compagnone (Anagni) mette in guardia contro questo schema che si allontana dalla dottrina del concilio di Trento e del Vaticano I. Al contrario, i cardinali Döpfner e Léger elogiano il testo e si felicitano del modo con cui sia stato superato il problema delle due fonti (Scrittura e Tradizione).

30 settembre 1964 ­ I principali vescovi dell’Africa si riuniscono per discutere del testo sulle missioni. Insieme con numerosi Padri conciliari missionari, sono scontenti del documento, essi vogliono che venga sostituito con un “contro-schema” redatto sotto la direzione di mons. Van Valemberg, vescovo titolare di Colombo.

2 ottobre 1964 ­ In occasione della riunione settimanale alla Domus Mariae, i vescovi dell’Alleanza Europea ricevono la consegna di tirare a lungo nelle discussioni e nei dibattiti. In effetti, i capi dell’Alleanza hanno fatto pubblicare recentemente delle aggiunte al progetto sulla Chiesa nel mondo moderno. Questo testo (che sarà la futura costituzione Gaudium et spes) dovrà essere un compendio di insegnamenti liberali, ma per raggiungere lo scopo, l’Alleanza ha bisogno di tempo, per assicurarsi i sostegni necessari al momento del dibattito e del voto in vista dell’adozione del nuovo testo.

7 ottobre 1964 ­ Si discute lo schema sull’apostolato dei laici. Malgrado alcune opposizioni (il cardinale Browne, mons. Fernandez), molti interventi giudicano che lo schema non andrà lontano. Il cardinale Ritter e mons. D’Souza (Bhopal) lo trovano improntanto di clericalismo. Mons. D’Souza propone una “riorganizzazione radicale da operare dovunque nella Chiesa”. Egli ricorda il fatto che ai laici si debba riconoscere nella Chiesa pari dignità e ufficio; secondo lui, i chierici debbono smetterla di usurpare le responsabilità che competono ai laici. Egli propone che i laici svolgano delle funzioni in seno alla Curia romana.

9 ottobre 1964 ­ Il cardinale Bea, con voce triste, annuncia al suo Segretariato che gli schemi sulla libertà religiosa e sui giudei debbono essere notevomente ridotti; come vuole il Segretariato generale.

13 ottobre 1964 ­ Per la prima volta, un laico prende la parola nell’aula conciliare. Si tratta di Patrick Keegan, un inglese, presidente del Movimento Mondiale dei Lavoratori Cristiani. Egli invita i chierici ad utilizzare meglio l’apostolato laico come un “nuovo dinamismo della Chiesa” e dichiara di attendere con impazienza il famoso schema XIII (Gaudium et spes) sui rapporti tra la Chiesa e il mondo. Il suo intervento è molto applaudito.
Molti Padri conciliari si lamentano che lo schema sull’apostolato dei laici mette troppo in vista il modello dell’Azione Cattolica. Si annuncia che sarà rivisto e ripresentato nella quarta sessione.

13 ottobre 1964 ­ Apertura del dibattito a proposito del testo sui preti. Mentre questo argomento aveva suscitato poco interesse fino ad allora, si vedono intervenire numerosi Padri conciliari con delle lunghe dichiarazioni. 14 Padri prendono la parola. Il dibattito, la cui durata era prevista di un giorno, prosegue l’indomani.

15 ottobre 1964 ­ 8 Padri conciliari intervengono ancora sul testo che tratta dei preti, fra di essi il cardinale Alfrink.

15 ottobre 1964 ­ Si apre il dibattito sul testo che tratta delle Chiese orientali cattoliche. La discussione durerà 5 giorni. Il patriarca Maximos IV (melchita) critica il documento e la sua nozione di patriarcato, che egli giudica inammissibile ed erronea. Mons. Doumith, vescovo maronita di Sarba, nel Libano, spiega che il testo tratta le Chiese orientali con leggerezza e disinvoltura.

19 ottobre 1964 ­ Il testo sui preti è messo ai voti: 1199 a favore, 930 contro. Il testo viene rinviato alla commissione per essere rivisto. I liberali sperano che sarà depurato dagli elementi che reputano indesiderabili ed arricchito con nuove proposizioni.

20 ottobre 1964 ­ Si discute lo schema sulla Chiesa nel mondo moderno.
Si apre il dibattito sullo schema sulla Chiesa nel mondo moderno. Il cardinale Suenens è colui che ha ispirato il documento: nominato responsabile del progetto da Giovanni XXIII, nel 1962, viene incaricato della presidenza della commissione coordinatrice e si preoccupa di agire abilmente perché i liberali partecipino numerosi alla redazione dello schema: Mons. Schröffer (Eichstatt), mons. Hengsbach (Essen), padre Häring.
Il primo a prendere la parola è il moderatore cardinale Lercaro. Egli spiega che lo schema non potrà essere discusso seriamente, né potrà essere rivisto e adottato prima della prossima sessione. Riscuote gli applausi dei membri dell’Alleanza. Il cardinale Döpfner appoggia la proposizione del cardinale Lercaro con una lunga dichiarazione fatta a nome di 83 Padri germanofoni e dei paesi nordici.

21 ottobre 1964 ­ Un terzo moderatore, il cardinale Suenens, prende la parola per chiedere il rinvio. Mons. Heenan, archivescovo di Westminster, che aveva fondato un gruppo di opposizione (la Conferenza di San Paolo), attacca violentemente lo schema e non esita ad affermare che è “indegno di un concilio ecumenico della Chiesa. Meglio stare zitti piuttosto che dire delle banalità e delle nullità”; egli chiede che il testo sia abbandonato e rigettato e che si affidi la redazione di un nuovo testo a dei laici, che sull’argomento saranno molto più capaci! Fa anche notare che gli allegati allo schema non debbono rimanere nascosti nell’ombra e che occorre discuterne. In questo nuovo testo egli scorge solo delle “teorie di uno o due teologi”.
Questa messa in dubbio dei sacrosanti esperti suscita un nobile impeto oratorio di dom Reez, secondo cui non bisogna biasimare i teologi, ma, al contrario, “bisogna amarli e lodarli”.

21 ottobre 1964 ­ Voto dei Padri conciliari sul testo riguardante le Chiese orientali cattoliche. 719 voti sono per degli emendamenti, ma la commissione per le Chiese orientali ignora le modifiche proposte e rivede appena il testo.

29 ottobre 1964 ­ Si vota il testo sulla Santissima Vergine Maria: 1559 approvazioni, 521 proposte di modifica, 10 voti contro.

29 ottobre 1964 ­ Si apre il dibattito sull’articolo 21 dello schema sulla Chiesa nel mondo moderno. L’articolo è intitolato: “La santità del matrimonio e la famiglia”. Il cardinale Léger si felicita per il fatto che il testo, a proposito della procreazione e dell’amore coniugale, evita le espressioni “fine primario” e “fine secondario”. Egli chiede che il documento non parli dell’amore coniugale semplicemente in funzione della fecondità: occorre affermare che l’atto coniugale è “legittimo anche se non direttamente volto alla procreazione”.
Il cardinale Suenens chiede che il concilio prenda delle decisioni più chiare a favore della limitazione delle nascite. Egli invita i Padri ad interrogarsi per sapere se la Chiesa ha sempre veramente “saputo mantenere in perfetto equilibrio i diversi aspetti della dottrina sul matrimonio”; se non abbia troppo insistito sul “crescete e moltiplicatevi”, dimenticando “ed essi saranno una sola carne”; egli conclude: “Io vi prego, Padri, non facciamo un nuovo processo a Galileo nei confronti della contraccezione.”
Il cardinale Ruffini difende la dottrina della Chiesa contraria alla contraccezione.

30 ottobre 1964 ­ Il cardinale Ottaviani ragisce fermamente alle argomentazioni del cardinale Suenens sul matrimonio: “Io deploro che il testo affermi che le coppie sposate possano fissare il numero dei figli che avranno. Mai la Chiesa ha affermato una cosa simile.” Si dice stupefatto che il cardinale Suenens possa mettere in dubbio la giustezza della posizione tenuta dalla Chiesa sul matrimonio: “Questo significa che si mette in dubbio l’inerranza della Chiesa?” Del pari, mons. Hervas y Bener (Spagna) sottolinea che il documento non ha molto di soprannaturale: “Noi non siamo qui per redigere un documento filosofico o edonista, puramente tecnico o scientifico, ma per redigere un documento cristiano”.

3 novembre 1964 ­ Il Segretariato Vescovi reagisce contro l’articolo 35 dello schema sull’ufficio pastorale dei vescovi nella Chiesa. In effetti, quest’articolo è una nuova espressione della sfiducia dei vescovi nei confronti dei religiosi. Esso tratta delle relazioni tra i vescovi e i religiosi e dà all’ordinario del luogo un diritto di supervisione senza limiti nei confronti delle scuole cattoliche tenute da religiosi: cura delle ànime, predicazione, istruzione religiosa, educazione, disciplina, studi, personale, spese scolastiche, igiene…

5 novembre 1964 ­ Le discussioni sulla schema sulla Chiesa nel mondo moderno vengono rinviate, per continuare il dibattito sulle missioni.

6 novembre 1964 ­ Paolo VI, nell’aula conciliare,  sostiene ufficialmente il testo sulle missioni.

7 novembre 1964 ­ Dopo essere stato convocato da Paolo VI, il cardinale Suenens prende la parola nell’aula conciliare. Egli nega di aver messo in dubbio l’insegnamento autentico della Chiesa sul matrimonio ed afferma che tutto quello che riguarda la limitazione delle nascite attiene alla sola autorità suprema del Santo Padre.

9 novembre 1964 ­ Dopo due giorni di dibattito, il testo sulle missioni è rigettato con 1601 voti contro 311.

9 novembre 1964 ­ Un liberale estremista commette l’imprudenza di spiegare per iscritto come si potrà approfittare dei passaggi ambigui dello schema De Ecclesia, dopo il concilio, al fine di rimettere in questione il potere supremo del papa.
Il documento cade in mano di uno dei 35 cardinali che avevano scritto a Paolo VI contro la collegialità e quindi è inviato al Santo Padre, il quale leggendolo scoppia in lacrime: era stato ingannato!

10 novembre 1964 ­ Paolo VI esige che lo schema sulla collegialità sia chiarificato in ciascuno dei suoi passi ambigui, e per evitare ogni falsa interpretazione egli chiede alla commissione teologica di preparare una “nota esplicativa preliminare”, in cui si ricorda che il papa è l’elemento costitutivo necessario ed essenziale dell’autorità del collegio episcopale.

10 novembre 1964 ­ Si vota per sapere se lo schema sulla Chiesa nel mondo moderno debba essere rivisto come base per una discussione ulteriore. Questa soluzione passa con 1579 voti. Solo 296 Padri rigettano lo schema nel suo insieme. I liberali portano a segno un altro colpo, con l’aiuto parziale dei moderati. Gli allegati devono essere inseriti nel nuovo schema. Sotto gli auspici del cardinale Suenens questo sarà fatto il 30 dicembre 1964.

10 novembre 1964 ­ Si apre il dibattito sulla vita religiosa: durerà 3 giorni. I cardinali Döpfner e Suenens cercano di dimostrare che il documento è inaccettabile perché non tratta a sufficienza dei problemi dell’adattamento e della modernizzazione della vita religiosa. Tuttavia, il piano d’azione dell’Unione Romana dei Superiori Maggiori, affiancato da quello del Segretariato Vescovi, si dimostra efficace, malgrado una controffensiva di mons. Charue (Namur) e del padre Buckley (marista).

12 novembre 1964 ­ Si vota per sapere se lo schema sulla vita religiosa può servire da base per la discussione: 1155 voti a favore, 882 contro.
Lo stesso giorno, apertura del dibattito sul testo che tratta della formazione sacerdotale. Cinque giorni dopo il testo viene adottato con la condizione che vi si apportino dei cambiamenti.

16 novembre 1964 ­ Paolo VI dà lettura della “nota esplicativa preliminare” che ricorda la dottrina tradizionale sul potere del papa nella Chiesa. Egli esige l’assenso dei Padri sul suo contenuto.

17 novembre 1964 ­ Viene distribuito ai Padri conciliari lo schema rivisto sulla libertà religiosa. Si annuncia che esso sarà votato giovedì 19 novembre.
La stessa sera si riunisce il Coetus per studiare il nuovo schema. Ci si rende conto che il testo è stato completamente modificato, al punto da subire una vera trasformazione. Il gruppo del Coetus decide di avvalersi dell’articolo 30 del regolamento interno per chiedere di differire il voto fino alla prossima sessione, al fine di avere il tempo per esaminare questa nuova stesura.

18 novembre 1964 ­ Il cardinale Tisserant, decano dei cardinali presidenti, decide di non dar corso alla richiesta del Coetus, ma di porre ai voti l’applicazione dell’articolo 30.

18 novembre 1964 ­ Il testo sulla Santissima Vergine Maria, rivisto alla luce dei 521 voti “iusta modum”, viene posto ai voti: è accettato col 99% dei consensi.
Gli osservatori protestanti  esprimono il loro dispiacere e la loro delusione, facendo notare che il testo non corrisponde alle tendenze ecumeniche. Il professor Cullmann spiega che si era sperato “in una messa in sordina dei rapporti fondamentali con la Vergine Maria”.
Di nuovo si dimostra che la fazione tradizionale riesce a farsi valere quand’è organizzata.

19 novembre 1964 ­ Lo schema sulla Chiesa, rivisto in base alle richieste di Paolo VI e agli emendamenti proposti dal Coetus, è messo ai voti, insieme alla “nota esplicativa preliminare”. Viene approvato con 2134 voti contro 10.

19 novembre 1964 ­ Mons Carli, vescovo di Segni e membro del Coetus, reclama presso il tribunale amministrativo del concilio e spiega che il cardinale Tisserant non può mettere ai voti l’applicazione di un articolo del regolamento (cf. 18 novembre). Pochi minuti dopo il cardinale Tisserant è obbligato a ritirare la sua decisione, egli annuncia che il nuovo schema sulla libertà religiosa, in quanto sostanzialmente diverso dal primo, necessita di uno studio approfondito, quindi sarà votato nella prossima sessione.

19 novembre 1964 ­ Si accende un’aspra lotta attorno al rinvio del voto sul documento sulla libertà religiosa. L’aula conciliare entra in subbuglio. I Padri americani esplodono in collera. Il cardinale Meyer e tre suoi compatrioti lanciano subito una petizione perché lo schema sia votato entro la presente sessione. Nella basilica in effervescenza si formano dei gruppi, circolano petizioni, ci si accapiglia. Scorrono frasi violente e colleriche. Il cardinale Meyer, accompagnato dai cardinali Ritter e Léger, salgono dal papa e lo supplicano perché si voti. Ma non c’è niente da fare. Il cardinale Döpfner, moderatore del giorno, è obbligato a ratificare la dichiarazione che il cardinale Tisserant aveva già fatto controvoglia.

20 novembre 1964 ­ Diverse centinaia di Padri si lamentano col papa che i loro emendamenti non sono stati presi in considerazione nella revisione della schema sull’ecumenismo. Preoccupato di limitare i voti contrari, Paolo VI esige dal cardinale Bea che, in vista della revisione dello schema, vengano esaminati 40 emendamenti ritenuti conservatori. I liberali sono furiosi, ma lo schema così rivisto viene approvato con 2054 voti contro 64.

20 novembre 1964 ­ La dichiarazione sui giudei è stata rivista. Intitolato “Delle relazioni fra la Chiesa e le religioni non cristiane”, questo testo, dopo aver trattato delle religioni non cristiane nel loro insieme, studia brevemente e in successione l’induismo, il buddismo, l’islam e il giudaismo.
1651 Padri approvano il documento, 99 lo rigettano, 242 propongono delle modifiche.

21 novembre 1964 ­ Voto definitivo sull’adozione del testo sulle Chiese orientali, appena rivisto. 2110 a favore, 39 contro. Il papa promulga il testo, che diventa decreto. Il posto delle Chiese orientali cattoliche in seno alla Chiesa universale non è sempre chiaramente definito, ma vi sono delle aperture per un dialogo ecumenico con gli orientali scismatici.

21 novembre 1964 ­ Alla fine della terza sessione vi sono dei malumori dei Padri contro Paolo VI.
Chiusura della terza sessione. I padri conciliari liberali sono molto scontenti per le ultime decisioni di Paolo VI. Quando questi risale la navata, sulla sua sedia gestatoria, molti vescovi restano impassibili e si rifiutano di applaudirlo. Alla benedizione del papa si segna solo un vescovo su dieci.
Dopo la Messa solenne, i Padri procedono al voto sulla costituzione dogmatica sulla Chiesa, quindi sul decreto sulle Chiese orientali cattoliche e sul decreto sull’ecumenismo.
Al momento dell’allocuzione di chiusura, Paolo VI attribuisce alla Vergine Maria il titolo di “Madre della Chiesa”. Alcune conferenze episcopali, come quelle della Germania e dei paesi nordici, vi si erano largamente opposte nel corso dei dibattiti, poiché vi vedevano un ostacolo all’ecumenismo.



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