ANCORA SULLA DEPOSIZIONE DEL “PAPA ERETICO”

DA PARTE DEL “CONCILIO IMPERFETTO”

Parte quinta

di
Don Curzio Nitoglia


Gli articoli di Don Curzio Nitoglia sono reperibili nel suo sito







UNA TEORIA “NUOVA” DI …  55 ANNI

LA “NOVITÀ” SCOPERTA DAI TEOCON ITALIANI (2016-2019) 


Da un po’ di tempo, in ambiente teocon italiano, alcuni chiarissimi cattedratici (purtroppo oramai a riposo) delle prestigiose Università di Camerino, Urbino, Teramo e Perugia stanno cercando, ma senza risultati, di spingere qualche Vescovo o Cardinale conservatore (per es. Schneider, Burke, Sarah, Müller…) a dichiarare papa Bergoglio eretico, a deporlo e ad eleggere un altro Papa al suo posto, così che ci ritroveremmo con tre “Papi”: Benedetto XVI Papa “emerito”, Francesco Papa deposto e il “terzo incognito”, come “Papa” eletto dai Cardinali conservatori, dei quali però non si trova nessuno disposto a fare tale gesto.

Ho già affrontato tale questione nelle 4 puntate precedenti di questo articolo su “La deposizione del “Papa eretico” da parte del “Concilio imperfetto” già pubblicate su questo sito; tuttavia poco tempo fa mi sono imbattuto in un libro molto interessante e pubblicato recentissimamente (CYRILLE DOUNOT diretto da, La déposition du Pape hérétique, Parigi, Mare & Martin, 2019), che affronta questo tema da un punto di vista della storia del diritto canonico, con molta precisione storico/giuridica (non teologico/dogmatica), essendo stato scritto da vari cattedratici - soprattutto della Sorbona, ma anche delle Università di Parigi/Sud, di Clermont e di Torino - altamente specializzati in diritto canonico e in storia del diritto ecclesiastico, ma non in teologia dogmatica.


1964: L’ABBÉ GEORGES DE NANTES

Mi ha colpito particolarmente il Capitolo 7° del libro succitato (pp. 131-165): Paul VI hérétique? La deposition du Pape dans le discours traditionaliste, a cura del professor CYRILLE DOUNOT (docente di storia del diritto all’Università Clermont Auvergne), poiché l’Autore dimostra inoppugnabilmente, con una gran copia di citazioni molto dettagliate, che la “nuova” (2016-2019) teoria della deposizione di papa Bergoglio in quanto eretico e dell’elezione di un altro Papa - erroneamente presentata dai cattedratici teocon italiani come fondata esplicitamente nel Decretum Gratiani del 1141 e rifacentesi implicitamente a San Bonifacio Martire e Vescovo di Magonza († 754) - risale invece già ai tempi di Paolo VI (1963-1978). Infatti essa fu elaborata dall’Abbé Georges de Nantes in maniera generica nel 1964 e poi venne ultimata in modo più specifico nel 1973. Quindi la “nuova” teoria dei cattedratici neoconservatori teramani, urbinati, camerinesi, perugini (a riposo) e partorita da essi in maniera generica attorno al 2016 (con la traduzione in italiano della seconda parte del libro libro Ipotesi teologica di un Papa eretico (1), scritto nel 1970 in portoghese dal Brasiliano dr. ARNALDO XAVIER VIDIGAL DA SILVEIRA - allora militante della TFP - e pubblicato in lingua francese nel 1975 (2)) poi man mano specificata e precisata sino al 2019, è “nuova” di … almeno 46 o addirittura 55 anni …

Con ciò non voglio dire che i cattedratici neoconservatori a riposo abbiano ricopiato e riadattato (tra il 2016 e il 2019) la teoria dell’Abbé Georges de Nantes (formulata tra il 1964 e il 1973) senza citarlo, ma solo che per una casuale e fortuita coincidenza essi, senza saperlo, hanno ricalcato le orme che nel 1964 e poi nel 1973 il Sacerdote francese aveva tracciato per primo (seguìto con diverse sfumature dal messicano padre Sàenz Arriaga, dal brasiliano dr. da Silveira, dall’argentino prof. Disandro, dal maltese padre Barbara, dal francese don Coache ed infine con notevoli precisazioni, distinzioni e approfondimenti di natura metafisica dal padre domenicano francese prof. Guérard des Lauriers, come vedremo nella sesta parte del presente articolo su Il Papa eretico e deposto dal Concilio imperfetto, che sarà diviso in più puntate.

Si potrebbe dire che veramente il re Salomone, circa 1000 anni prima di Cristo, avesse visto bene quando esclamò “nihil sub sole novi” (Ecclesiaste, I, 9) e come padre Matteo Liberatore, circa 1. 800 anni dopo Cristo, dicesse giustamente: “Ogni errore nuovo è … vecchio quanto il diavolo”.


L’ESPOSIZIONE DEL PROFESSOR DOUNOT 

Il professor Dounot inizia il suo saggio scrivendo: «La questione dell’eresia del Papa, comportante la sua deposizione, è diventata un topos del discorso tradizionalista sotto il Pontificato di Paolo VI e conosce un ritorno di attualità sotto il Pontificato di papa Francesco” (cit., p. 131).  

Secondo il Dounot il primo Autore a sollevare, in maniera strutturata, la questione dell’eresia del Papa e della sua deposizione è stato l’Abbé Georges de Nantes, il fondatore della Rivista e, assieme, Movimento religioso Contre-Réforme Catholique (d’ora in poi “CRC”).

La prima volta che il Sacerdote francese sollevò la questione fu nel n. 188 della sua Rivista “CRC” (11 novembre 1964, p. 2), in cui scrisse che il Papa può cadere in eresia e deve essere deposto, non dal Concilio, che è inferiore a lui, ma da lui stesso, in modo che dopo essere stato ammonito della sua eterodossia 1°) o cambia opinione, si corregge e pone fine al problema; 2°) oppure continua pertinacemente a sostenere l’eresia di cui è stato ammonito ed allora, ammettendo, praticamente ed implicitamente, di essere eretico deporrebbe se stesso

Per l’Abbé de Nantes (giustamente) coloro i quali ritengono che il Papa debba essere giudicato canonicamente e con giurisdizione dall’Episcopato sono materialmente eretici, in quanto negano almeno implicitamente il Primato di giurisdizione del Papa definito dal Concilio Vaticano I, ed essi vengono da lui definiti come “scismatici di destra”; ma la distinzione o escamotage che ha trovato (“il Papa depone se stesso”) per evitare lo scoglio del Conciliarismo fa acqua da tutte le parti.


DALLA “IPOTESI TEOLOGICA” ALLA “TESI DI FEDE” …


Egli passò dalla pura teoria o ipotesi teologica alla pratica e alla tesi spacciata per assolutamente certa (come avviene spesso, quando si inizia col porre un’ipotesi e la si trasforma poi in tesi) nel 1970, dopo la promulgazione della nuova Messa montiniana nel novembre 1969 (cfr. “CRC”, n. 22, luglio 1969, p. 13; “CRC”, 23 agosto 1969, p. 2; “CRC”, n. 30, Pasqua 1970, p. 3; “CRC”, n. 33, giugno 1970, pp. 3-14). 


PADRE YVES CONGAR E IL PAPA ERETICO

Egli si rifece a ciò che sulla questione del Papa eretico aveva scritto, verso la fine degli anni Quaranta, nel “Dictionnaire de Théologie Catholique” (18 volumi, Parigi, 1903-1951), alla voce “Schisme” (vol. XIV, coll. 1286-1312), d’ora in poi “DThC”, il campione della Nouvelle Théologie neomodernista e della Collegialità episcopale padre Yves Congar, che ritornò, circa 19 anni dopo, su questo tema in un articolo apparso su La Croix del 19 settembre 1969; Congar da buon “non/infallibilista”, “collegialista” e soprattutto da nemico giurato del Primato papale cercava di minare, in sordina, il Primato giurisdizionale del Papa, già a partire circa dalla fine del 1940 e poi uscì esplicitamente allo scoperto  durante il Vaticano II (specialmente durante il 1964 mentre si dibatteva sulla Collegialità episcopale trattata dalla Costituzione Lumen gentium, promulgata il 21 novembre 1964) e il postconcilio, specialmente durante la contestazione dell’Episcopato francese contro l’Enciclica Humanae vitae di Paolo VI del 25 luglio 1968 (3). 

L’Abbé Georges de Nantes, basandosi sui due scritti suddetti di padre Congar, riduceva sostanzialmente le varie ipotesi teologiche (cinque in tutto) sulla possibilità del Papa eretico a due soltanto, di cui una solo sarebbe stata accettabile secondo lui: 1a) il Papa eretico è deposto ipso facto (“CRC”, n. 31, aprile 1970), questa è l’ipotesi che è stata sostenuta dalla scuola gesuita e soprattutto da S. Roberto Bellarmino e da Francisco Suarez  tra la seconda metà del Cinquecento e i primi decenni del Seicento; 2a) il Papa eretico deve essere deposto, questa ipotesi è stata sostenuta dalla scuola domenicana fra la fine del Quattrocento e la prima metà del Cinquecento soprattutto dal Cardinal Tommaso de Vio detto il Gaetano (“CRC”, n. 30, marzo 1970), che secondo l’Abbé de Nantes sarebbe la sola valida. L’Episcopato o il Cardinalato, secondo questa seconda ipotesi, dovrebbero prima ammonire o avvertire il Papa che è caduto in eresia (senza giudicarlo giurisdizionalmente, come aventi giurisdizione su di lui in quanto superiori ad esso), solo dopo, se egli non si corregge, dovrebbero constatare la sua prevaricazione e perdita della fede, deponendolo o dichiarandolo deposto ed eleggendone un altro. Questa ipotesi eviterebbe, giustamente secondo il de Nantes, l’eresia del Conciliarismo/Episcopalismo o l’errore ereticale del Gallicanesimo, i quali pretenderebbero che il Concilio o l’Episcopato giudichino il Papa in caso di eresia (rifacendosi allo spurio capitolo 6 del Decretum Gratiani, I parte, distinzione 40).


IL PAPA DEPONE IL PAPA …?

In breve l’Abbé de Nantes aveva capito benissimo l’impasse cui avrebbe condotto, non tanto l’accusa di eresia materiale mossa professoralmente al Papa, quanto soprattutto il giudizio giurisdizionale posto sulla sua eresia dall’Episcopato, dal Concilio imperfetto o dal Collegio cardinalizio, che avrebbe portato quindi alla sua deposizione o alla costatazione di essa, rivendicando almeno implicitamente la superiorità dell’Episcopato sul Papa e negando il suo Primato di giurisdizione, che dopo il Concilio Vaticano I è un dogma di fede rivelata e definita.

Egli scese, dunque, ai dettagli pratici da seguire per arrivare alla deposizione del Papa materialmente eretico (nel suo caso Paolo VI), cercando di non cadere nell’eresia del Conciliarismo/Episcopalismo gallicano, e propose di seguire cinque punti: 1°) definire bene le quattro condizioni esposte dal Concilio Vaticano I sulla Infallibilità pontificia (4); inoltre occorreva 2°) spiegare dattagliatamente ai fedeli in cosa consistessero esattamente gli errori e le eresie di Paolo VI, cosa che il de Nantes aveva illustrato molto bene e chiaramente nel suo Liber accusationis; 3°) ricorrere al clero romano, ossia ai Cardinali che soli dall’XI secolo eleggono il Papa, per ricordare loro le proprie prerogative di elettori e di consiglieri del Romano Pontefice; 4°) ammonire il Papa eretico che ben presto si sarebbe riunita un’assemblea cardinalizia o episcopale contro di lui a causa delle sue eresie; 5°) sostenere l’accusa di eresia di papa Montini provandola teologicamente come testimoni legittimi dei detti, scritti e fatti ereticali di Paolo VI.


“QUI CASCA L’ASINO” …

SSe nessun Cardinale o Vescovo avente giurisdizione avesse voluto fare tale monizione canonica al Papa a causa della sua eresia (come sta succedendo oggi), allora l’Abbé de Nantes stesso si sarebbe assunto lui stesso l’onere di fare tutto ciò (“CRC”, n. 38, novembre 1970, p. 6), presumendo di provocare colla sua testimonianza … le dimissioni o l’abdicazione di Paolo VI (come era avvenuto con papa Celestino V), senza dover giudicare canonicamente il Papa, il che (ammetteva giustamente il de Nantes) non sarebbe stato possibile poiché “la Prima Sede non è giudicata da nessun uomo” (5). Infatti solo Dio è superiore al Papa, il quale certamente non è Dio, ma è pur sempre il Suo Vicario e non ha nessun uomo (Cardinale/Vescovo) come suo superiore che lo possa giudicare canonicamente o giurisdizionalmente.  Inoltre … Paolo VI non era San Celestino V e non era assolutamente disposto ad abdicare ..., anzi doveva continuare ad innovare …

Quindi l’Abbé de Nantes, di fronte al silenzio montiniano, riprese e riassunse le accuse di eresia a Paolo VI: 1°) Papa del Concilio Vaticano II; 2°) Autodemolitore della Chiesa e del Papato; 3°) Intronizzante il “fumo di Satana” nella Chiesa; 4°) Cultore dell’uomo; 5°) Ecumenista; 6°) Indifferentista; 7°) Fautore della Libertà delle false religioni ed infine 8°) Artefice della nuova Messa. Ma difronte al silenzio dei Cardinali e dei Vescovi, l’Abbé de Nantes decise di passare all’azione di persona, riunendo un Congresso il 1° ottobre del 1972, in cui decretò di portare personalmente a Paolo VI un “Liber accusationis” delle sue eresie per convincerlo di esse, spingendolo alle dimissioni (bisogna riconoscere che non gli mancava una fiducia illimitata in se stesso…); quindi nel gennaio del 1973 accompagnato da 1000 fedeli militanti (come circa un secolo prima Garibaldi dallo Scoglio di Quarto) scese dalle Gallie a Roma (“CRC”, n. 64, gennaio 1973, p. 1) e chiese udienza privata al Papa, tramite una lettera indirizzata a lui, per deporre “umilmente ai piedi del Sommo Pontefice” il suo Liber accusationis; però papa Montini non rispose e l’Abbé de Nantes, dopo essere stato “accompagnato” (neanche troppo delicatamente) dalla Polizia italiana in Francia, ritenne (in maniera un tantino soggettivistico/cartesiana: “cogito ergo sum”) che tale silenzio montiniano equivalesse alle sue dimissioni (“CRC”, n. 64, gennaio 1973, p. 2), però lo pensava lui, ma la realtà era totalmente diversa e siccome non è il pensiero a creare la realtà e la verità, ma occorre conformare l’intelletto alla realtà oggettiva dei fatti, Paolo VI continuava ad essere Papa nonostante le idee o ipotesi “dimissorie” (per quanto intelligenti potessero essere) dell’Abbé de Nantes.


ANCHE DE NANTES RICORRE AL “DECRETO DI GRAZIANO” (I PARTE, DISTINZIONE XL, CAPITOLO 6)

A questo punto, 46 anni prima dei valenti cattedratici neoconservatori italiani, non gli restò che ricorrere al “Decreto di Graziano” (ecco “la novità” di de Nantes che ritorna in ballo dopo mezzo secolo) e, in maniera specifica, alla sua I parte, distinzione 40, capitolo 6: “La Prima Sede non è giudicata da nessuno, tranne il caso in cui il Papa sia caduto in eresia” (“CRC”, n. 65, febbraio 1975, p. 1), ma la seconda parte (“tranne il caso …”) di tale capitolo di Graziano è non autentica, ossia è un falso. Infatti Maestro Giovanni Graziano lo attribuiva erroneamente a San Bonifacio di Magonza (VIII secolo), invece esso era un’interpolazione dei Cardinali Umberto da Silva Candida e Deusdedit (fine XI secolo), i quali dopo il buio “secolo di bronzo” della Chiesa pensarono di poter risolvere la questione di un cattivo Papa, deponendolo, tramite una piccola aggiunta (“nisi Papa deheprendatur a fide devius”), ossia una… falsificazione (anche se fatta con le migliori intenzioni …) di uno scritto di San Bonifacio di Magonza († 754), ritenuta poi, in buona fede, autentica da Giovanni Graziano e ripresa come tale nel suo Decreto nel 1141.

Quindi l’Abbé de Nantes si ritrovò, praticamente se non dottrinalmente, impelagato nel medesimo errore degli attuali cattedratici teoconservatori, che tanto stanno facendo parlare di sé in questi tristissimi tempi in cui - come cantava Dante - “un Marcel diventa ogni villan che parteggiando viene” (Purg., VI, 125). Infatti oggi imperversano personaggi telegenico/mediatici tipo don Minutella o altri che fanno teologia copiando intere pagine dei trattati di ecclesiologia e incollandole sui siti internet senza averle lette o capite, i quali dal 2016 sino ad oggi sostengono (giustamente) non solo che esista l’eresia materiale di papa Francesco, ma addirittura    ritengono (erroneamente) che egli possa essere giudicato canonicamente e deposto dal Concilio imperfetto in virtù del falsificato “6° capitolo” del “Decreto di Graziano” (I parte, distinzione 40, capitolo 6).

Tuttavia vi è una differenza - tra il Sacerdote francese e i teocon italiani - che gioca (parzialmente) a favore dell’Abbé de Nantes, il quale non si faceva illusioni sulla “santità” di Paolo VI (Giovanni XXIII, Giovanni Paolo II) diversamente dagli attuali cattedratici neoconservatori, i quali si rifanno a “san” Giovanni Paolo II, a “san” Paolo VI e al “vero” papa Benedetto XVI ; anzi egli aveva dimostrato lucidamente tutti gli errori di papa Montini, ma era scivolato poi sulla “buccia di banana” del 6° capitolo del “Decretum Gratiani” (I pars, distinctio XL).

Ecco perché la teoria “nuova” dei suddetti chiarissimi cattedratici delle prestigiosissime Università di Urbino, Camerino, Teramo e Perugia non rappresenta “nulla di nuovo sotto il sole” (Ecclesiaste, I, 9), ma è vecchia di 55 anni e soffre di un evidente “strabismo”, in quanto “chiude un occhio” - per non voler vedere gli errori di Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI - fissando l’altro occhio solo su quelli di papa Francesco.

La causa dell’errore, spiega San Tommaso d’Aquino (S. Th., I, q. 16, a. 1; II-II, q. 53, a. 4; De verit., q. 1, a. 9) è la cattiva volontà, la quale piega l’intelletto ad aderire alla tesi che più fa comodo e non a quella che è conforme alla realtà, cioè vera; ossia le cattive passioni inducono l’intelletto a formulare giudizi affrettati, interessati, capricciosi e preconcetti. Infatti le cattive passioni impediscono di considerare la realtà oggettivamente, imparzialmente e serenamente; però la verità non è “ciò che piace o fa comodo”, ma “ciò che è conforme alla realtà” (“adaequatio rei et intellectus”, SAN TOMMASO D’AQUINO, De verit., q. 1, a. 2 e 3), anche se ci dispiace o ci contraria. Nel caso dei teocon mi pare evidente che le tendenze politiche del neoconservatorismo statunitense assieme all’aiuto pratico/pratico della Cia influiscano, e non poco, sulle tesi teologiche, o meglio ideologiche, di essi. Per cui il radicalmente filo/comunista Bergoglio inviso alla politica americana va distrutto, mentre gli altrettanto modernisti, ma non esageratamente filo-comunisti (Woytjla/Ratzinger) vanno difesi.

L’Abbé de Nantes riprese e citò allora un libro, molto ben documentato e teologicamente profondo, del valente teologo Paul Viollet (L’infallibilité du Pape et le Syllabus, Parigi, Lethielleux, 1904), che citava a sua volta numerosi altri teologi della scuola domenicana dal XVI al XVIII secolo (Torquemanda, Bañez, Billuart), oltre al Bellarmino/Suarez e al Gaetano sui quali già si era fondato sino ad allora l’Abbé de Nantes. Egli ribadì che Paolo VI era eretico e propose tre soluzioni: 1°) il Papa eretico è deposto ipso facto, ma egli la ritenne impraticabile poiché “troppo radicale” (“CRC”, n. 69, giugno 1973, pp. 3-12); 2°) il Papa eretico deve essere deposto dopo monizione canonica del Cardinalato/Episcopato, ma secondo il de Nantes l’Autorità (Vescovi/Cardinali) che dovrebbe porre in atto tale procedimento non è adeguata, poiché inferiore al Papa; 3°) l’Abbé de Nantes propose la sua “terza via” o ipotesi, che presentò come “soluzione moderna”, infatti dopo il dogma del Primato di giurisdizione del Papa, definito dal Concilio Vaticano I (1869/1870), solo il Papa in quanto tale - impegnando l’infallibilità mediante un intervento dogmatico in materia di fede e di morale, che definisce e obbliga a credere - può correggere una precedente opinione papale pastorale, non infallibile ed erronea o materialmente ereticale (“CRC”, n. 69, giugno 1973, p. 10) (6) . 

Tuttavia la domanda fatta nel 1973 a Paolo VI dall’Abbé de Nantes (come quella di Mons. Brunero Gherardini posta nel 2009 a Benedetto XVI e ripetuta nel 2011) rimase senza risposta ... Quindi l’Abbé de Nantes concluse, erroneamente, che la “non-risposta” di papa Montini equivaleva alla sua abdicazione e deposizione (“CRC”, n. 69, giugno 1973, p. 12); cosa che l’esimio ecclesiologo della Pontificia Università Lateranense di Roma, Mons. Brunero Gherardini, non si sognò lontanamente di fare, infatti era un fine ecclesiologo, non era francese e neppure megalomane.


IL SILENZIO DI PAOLO VI DICHIAREREBBE LA “SEDE VACANTE”

Concludendo, secondo il de Nantes la Chiesa di Roma (Episcopato/Cardinalato) - esplicitamente - e soprattutto Paolo VI col suo tacere - implicitamente - avrebbero allora (1973) dichiarato “la Sede Apostolica vacante”. Quindi si sarebbe potuto convocare un nuovo Conclave per eleggere un nuovo Papa, ma nessun Cardinale (neppure i più antimodernisti: Alfredo Ottaviani, Antonio Bacci, Arcadio Larraona, Giuseppe Siri, Ernesto Ruffini …) o Vescovo avente giurisdizione (Antonio de Castro Mayer, Marcel Lefebvre, Luigi Carli …) accolse  l’ipotesi e l’invito del Sacerdote francese, così che egli rimase con la sola “non-risposta” di Paolo VI - da lui interpretata “cartesianamente” quale implicita abdicazione (“Papa tacente depositus est …”), smentita invece dai fatti e dagli atti posti da papa Montini dal 1973 sino al 1978 - col silenzio assoluto dell’Episcopato/Cardinalato, senza quindi neppure la possibilità di convocare un nuovo Conclave (composto di Cardinali); in breve de Nantes - come coloro che oggi tentano di giudicare canonicamente il Papa e di deporlo - rimase “con le mosche in mano” …


CONCLUSIONE

Il professor Cyrille Dounot termina il suo interessante studio sul pensiero teologico riguardo al “Papa eretico e deposto” dell’Abbé Georges de Nantes (cit., p. 146) scrivendo: «Nonostante tutto, l’Abbé de Nantes resta il principale rappresentante dell’ipotesi della necessità di deporre il Papa eretico».

Nel corso del suo saggio (da pagina 146 a pagina 165) l’Autore passa in rassegna le ipotesi teologiche del dr. Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira, del prof. Carlos Disandro, di padre Joaquìn Sàenz Arriaga, di padre Noel Barbara e, purtroppo solo brevissimamente, di padre Michel-Louis Guérard des Lauriers, che è stato un grande teologo di professione.

Nel corso della sesta parte vedremo questi Autori e cercheremo di capire le loro motivazioni. 


Fine della Quinta Parte


NOTE

1 - Chieti, Solfanelli, 2016.  
2 - Il libro originale s’intitola La nouvelle Messe de Paul VI. Qu’en penser? Chiré-en-Montreuil, DPF, 1975; esso è composto di due parti, nella prima il da Silveira affronta il problema dell’eterodossia del Novus Ordo Missae montiniano; nella seconda parte la questione del “Papa eretico”. La traduzione e pubblicazione cartacea italiana del 2016 riguarda solo la seconda parte, per avere il testo italiano della prima parte La nuova Messa di Paolo VI. Cosa pensarne? cfr. il sito web: www.intermultiplicesunavox.it
3 - Un esempio analogo è quello del libro Apologia della Tradizione (Torino, Lindau, 2012) di R. Di Mattei sul Magistero, che per negare l’esistenza di esso si rifà, come l’Abbé de Nantes, ad uno scritto degli anni Settanta del neomodernita francese (nemico del Magistero pontificio) padre YVES CONGAR, Pour une histoire sémantique du terme Magisterium, in “Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques”, n. 60, 1976, pp. 85-98. Purtroppo Congar, con le sue teorie brillanti, erudite, ma modernizzanti, ha abbagliato, confuso e portato fuori strada sia l’uno che l’altro.
4 - Queste quattro condizioni sono: a) il Romano Pontefice deve parlare in quanto Papa e non come dottore privato; b) in materia di fede e di morale; c) deve definire e d) obbligare a credere quello che ha definito sotto pena di peccato mortale contro la fede.
5 - Questa distinzione dell’Abbé Georges de Nantes è analoga alla distinzione posta poi da padre Michel Louis Guérard des Lauriers nella sua tesi detta di Cassiciacum, entrambi tendevano ad evitare lo scoglio del Conciliarismo, il primo dicendo che il Papa convinto della sua eterodossia ereticale avrebbe deposto se stesso; mentre il secondo asseriva 1°) che Paolo VI non aveva l’intenzione oggettiva di fare il bene della Chiesa e pertanto non aveva l’Autorità papale; 2°) che promulgando il Decreto sulla Libertà religiosa (Dignitatis humanae, 8 dicembre 1965), in cui avrebbe dovuto essere infallibile, mentre aveva insegnato l’errore, era impossibile che fosse Papa; tuttavia egli era Papa in potenza o materialmente, ma non in atto o formalmente. Quindi la Chiesa continuava a sussistere nonostante la vacanza formale della Sede Apostolica. Entrambi, giustamente, evitavano di far giudicare il Papa dall’Episcopato, ma la soluzione del problema si complicava in entrambi i casi e diventava terminativamente assurda.
6 - Mons. Brunero Gherardini, a più riprese e in due libri (Concilio Ecumenico Vaticano II. Un discorso da fare, Frigento - Avellino, Casa Mariana Editrice, 2009 ; ID., Concilio Vaticano II. Il discorso mancato, Torino, Lindau, 2011), chiese a Benedetto XVI (con due lettere di accompagnamento dell’allora Vescovo di Albenga Mons. Mario Oliveri, ora emerito e dell’allora Arcivescovo di Curia Malcom Ranjit, oggi Cardinale) di correggere gli errori contenuti nei 16 Decreti del “pastorale” Concilio Vaticano II, mediante un suo intervento dogmatico e infallibile. Infatti il Concilio Vaticano II essendo “pastorale” non ha voluto definire né obbligare a credere; quindi ha rinunciato a quell’assistenza particolare dello Spirito Santo che ne avrebbe assicurato l’infallibilità. Ora non essendo infallibile, per definizione, ha potuto fallire e quindi può essere corretto da definizioni dogmatiche e obbliganti del Papa.


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