LE FAMIGLIE CHE
 DOMINANO IL MONDO

parte trentacinquesima

I ROTHSCHILD: UNA DELLE “DIECI FAMIGLIE” CHE DOMINANO IL MONDO INTERO

di Don Curzio Nitoglia






I Rothschild e Soros

Prologo

Nell’ultima puntata abbiamo studiato il ruolo che giocò il Presidente Mitterrand (tra il 1981 e il 1982) nelle vicende dei Rothschild, che preferirono in quei frangenti – data la situazione mutata negativamente nei loro confronti e un’incipiente nazionalizzazione della loro Banca, almeno in Francia – abbandonare la “Vecchia Europa” per recarsi nel “Nuovo Mondo” e precisamente a New York.

La Famiglia Rothschild che, sino ad allora, era stata quasi “onnipresente” e “onnipotente” nel “Vecchio Continente” soprattutto a Vienna, Parigi e Londra; rimase solo “a fianco dell’Europa”, ossia in Inghilterra; avendo deciso di lasciare (anche se non totalmente) la Francia ed essendo già tramontato da lungo tempo il primato dell’Austria con la fine della Prima Guerra Mondiale.

Oramai, la partita del potere mondiale si spostava fortemente dall’«Europa continentale» o della «terra ferma» per giocarsi parte nell’«Europa marittima» cioè, in Inghilterra, che si è sempre più considerata atlantica e aperta agli Usa (piuttosto che affacciata sull’«Europa continentale») e parte nel Continente atlantico, ossia negli Usa, che erano emersi – dopo la Seconda Guerra Mondiale – come la nuova superpotenza economico/industriale e bellica, anche se la mente direttiva del potere mondiale restava (con molta discrezione e flemma) in Inghilterra, pur essendo esercitato pubblicamente negli Stati Uniti.

Nel corso dell’ultimo articolo ci siamo imbattuti in alcuni nomi (Kalergi, Soros, Società Fabiana (1)…) che non possiamo non trattare – sia qui, sia nel corso di queste seguenti puntate – per capire meglio il ruolo che ancora oggi, malgrado le alterne vicende francesi, la Banca Rothschild continua ad avere nella storia politico/finanziaria del mondo attuale, non solo in Europa ma anche negli Stati Uniti d’America. 


Il caso Soros

Nello scrivere su Soros mi baso essenzialmente sull’ottimo libro di Roberto Pecchioli, George Soros e la Open Society (Bologna, Arianna Editrice, 2022).


Soros: “uno tra i tanti”

Nel libro succitato, l’Autore spiega che «sarebbe veramente ingenuo immaginare che un uomo solo, per quanto sostenuto da una rete imponente irrorata da grandi somme di denaro, abbia accumulato su di sé un potere così grande, quasi luciferino» (cit., p. 126).

Certamente no. Infatti, Soros rappresenta «un pezzo di un puzzle più vasto […]: pensiamo a Bill & Melinda Gates Foundation, ai Ford, ai Rockefeller e ad altri gruppi, quali il CFR o il Gruppo Bilderberg. «Probabilmente Soros è soltanto il volto visibile, il più esposto, la punta di un iceberg» (ivi).

Una delle belle caratteristiche del libro di Pecchioli è proprio quella di presentare, dopo aver dato ampie citazione e spiegazioni, un’ipotesi come possibile, forse probabile, ma non la porge al lettore mai come assolutamente certa e da accettare necessariamente come tale.

Tuttavia mi domanderete dove sono i Rothschild? Ebbene, Roberto Pecchioli ne parla diffusamente nel corso del suo libro; però, molto saggiamente prima si sottrae al «rischio di considerare il miliardario, e la sua rete, il deus ex machina di ciò che accade nel mondo» (cit., p. 152).

Poi, dopo aver schivato ogni pericolosa semplificazione, egli presenta Soros come uno di coloro che spostano le pedine di questo mondo, innanzitutto mediante le idee, e inoltre tramite il denaro come carburante per far camminare la macchina della rivoluzione nichilistica.

Perciò Pecchioli, saggiamente, inquadra il “Caso Soros” (detronizzato dal piedistallo di unico “Principe di questo mondo”, pur avendo a suo servizio una “legione” di pedine) all’interno di un quadro più vasto che ha richiesto più di una generazione di rivoluzionari professionisti, i quali da padre in figlio e tra fratelli in collaborazione organizzata ha lavorato nell’ombra, con molta discrezione senza attirare troppo l’attenzione su di sé, come invece sembra aver fatto Soros.


I Rothschild e le vecchie famiglie dell’alta finanza a capo di Soros


Allora, in quest’ottica, Soros appare come uno di quei famosi personaggi che popolano l’ultimo trentennio (i padroni dei Social della Silicon Valley californiana), che si sono affiancati – come gregari – «alle tradizionali grandi famiglie della finanza, dell’economia e dell’industria: Rockefeller, Warburg, Rothschild e poche altre» (cit., p. 4).

Questi nuovi ricchi, sono «i signori della tecnologia, creatori di enormi imprese “digitali” globali (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft)» (cit., p. 5).

Certamente Soros oltre che un arcimiliardario è anche un “filosofo”, un ideologo con venature “millenaristiche (2) ” (cit., p. 6), che agisce da circa cinquant’anni, per cambiare il mondo in base alla sua filosofia che viene detta “Società aperta” (di cui avevano scritto Popper e Bergson), ma che in realtà è un vero e proprio Nichilismo logico, etico e metafisico, che ha come fine negativo (“pars destruens”) quello di distruggere il vecchio mondo ancorato sulla retta ragione, sulla legge morale naturale e persino sull’essere creato. Infatti, il mondo reale e creato ha il torto di rimandare troppo esplicitamente a un Creatore e, pertanto, va distrutto, poiché il Nichilismo non può colpire direttamente Dio, magari adducendo la scusa che non esiste.

Mentre il suo scopo positivo (“pars construens”) è quello di costruire un uomo nuovo, un “meta/uomo” o un “trans/uomo”, che – riprendendo il piano di Nietzsche – trascende se stesso, diventa lui stesso Dio e ne occupa il posto, dopo aver tentato il “deicidio” (arte già messa in pratica circa duemila anni fa, da un Sinedrio molto simile a quello che oggi governa il mondo).  

Dalle pagine di Pecchioli esce una figura di Soros, meno “sinistra” e “sulfurea” di quanto forse ce l’immaginiamo noi, che siamo talmente bersagliati dalla propaganda dei media e gli diamo, perciò, un potere maggiore di quello, già così grande, che egli realmente possiede.

Infatti «George Soros non è il Grande Vecchio e neppure il Male Assoluto […]. Tuttavia, la figura di Soros e la sua organizzazione sono tra i protagonisti e gli artefici della nostra storia» (cit., p. 9).

Come si vede, Soros è uno tra i vari grandi attori della rivoluzione odierna, del “Trans/umanesimo”, ma non è il regista principale. Le grandi vecchie famiglie (Warburg, Elkann, Rockefeller …), che si sono raccolte da circa trecento anni sotto le ali di quella che è diventata, piacenti o dispiacenti, la “chioccia madre” (Rothschild), sono esse a muovere le danze; mentre, i nuovi ricchi (Musk, Bezos, Zuckerberg, Gates e Soros (3)), danzano come “primi ballerini”, sotto la saggia e nascosta regia dei vecchi “direttori d’orchestra”.

Mi sembra che il “Maestro dei maestri”, il “Regista dei registi”, sia la famiglia Rothschild, che dal 1744 ha saputo lavorare in sinergia con un forte senso della gerarchia, senza far troppo rumore, ma divenendo, di fatto, il “Padrone dei padroni”, poiché prestando i denari ai Re, ne influenzava – discretamente e con molto garbo – anche le scelte politiche e belliche, anche se non sempre infallibilmente. Attenzione a non “divinizzare” neppure loro. 

Roberto Pecchioli ci parla dei rapporti tra Soros e i Rothschild a pagina 4 del suo libro, in maniera generica; poi, a pagina 12 ci spiega come Soros nel 1947 avesse lasciato la sua Patria (l’Ungheria) per approdare in Inghilterra e nel 1949 fosse riuscito a entrare nella «prestigiosa London School of Economics, l’Università d’élite fondata nel 1895 dalla Fabian Society. Nonostante la narrazione corrente lo presenti come un “self made man”, un uomo che si è fatto da sé partendo dal nulla, ciò non è del tutto vero. Difficilmente un giovane immigrato appena arrivato a Londra riesce a entrare in un’Università tanto prestigiosa. «Evidentemente, le relazioni di famiglia con il vasto mondo dell’ebraismo finanziario lo aiutarono a partire con il piede giusto. Nell’Ateneo che era di Friedrich von Hayek e di Karl Popper, Soros conseguì la laurea e il master, non in economia, ma in filosofia. Soros dopo un apprendistato presso la City londinese nell’orbita della galassia Rothschild, si trasferì negli Stati Uniti, divenendo cittadino americano nel 1961. La sua scalata iniziò due anni dopo, allorché entrò in una società di Wall Street specializzata nel trattare titoli azionari europei».

Dopo aver mostrato (p. 4) come all’inizio della sua ascesa, Soros avesse incontrato i Rothschild, Pecchioli, chiudendo il suo libro, scrive: «Più volte, nella trattazione, abbiamo sottolineato i legami d’affari e personali che uniscono Soros alla famiglia Rothschild e al suo impero finanziario che attraversa i secoli. È interessante rammentare che la potentissima famiglia, generalmente assai riservata, ha preso pubblica posizione sulla guerra ucraina con insolita forza e rapidità. Da una parte il suo settimanale di famiglia The Economist esprime il timore che le sanzioni imposte alla Russia producano effetti negativi anche sull’Occidente […]. Dall’altra parte, in linea con la doppiezza usata da sempre nelle crisi internazionali, la famiglia esorta il governo britannico alla massima durezza, sino alla guerra diretta contro Mosca. Nathaniel Rothschild ha pronunciato parole fortissime nei confronti dei vertici del Regno Unito: “L’Ucraina è un tassello essenziale nella scacchiera geopolitica; perciò, non possiamo permetterci di perderlo. Dobbiamo mettere in ginocchio la Russia con ogni mezzo possibile, per inviare un segnale forte ai Cinesi e per proteggere il nostro sistema globale di norme e valori liberali […]. Vi esorto a schierarvi ferocemente contro la Russia, a intensificare la guerra informativa, a correggere l’opinione pubblica, soprattutto online, e a inviare armi ai nostri amici in Ucraina. Senza l’Ucraina, il nostro ordine globale non sopravvivrà” (4)» (R. PECCHIOLI, cit., pp. 251-252).


Soros si differenzia dal Sionismo


Pecchioli (p. 149) mette chiaramente in luce l’avversione che Soros nutre verso lo Stato d’Israele poiché lo considera uno Stato nazionale, una “società chiusa” e lui che è un internazionalista, anzi un mondialista convinto e un paladino della “società aperta” contro la “società chiusa”, pur essendo ebreo, non può schierarsi con lo Stato d’Israele; insomma, è uno degli Israeliti non sionisti in maniera esclusivamente nazionalistica e statale.

Occorre sfatare l’opinione erronea che vorrebbe ritenere necessariamente Soros, in quanto israelita, impegnato a favore dello Stato d’Israele, ma non è così poiché il suo Messianismo universalista lo spinge a fianco di un’altra concezione dell’Ebraismo (quella apocalittica, millenaristico/messianista) la quale diverge accidentalmente dal Sionismo puramente politico e nazionale, pur condividendo la sostanza della concezione ebraica della realtà: il culto dell’uomo e la sua auto/divinizzazione.

Giustamente Pecchioli, dopo aver citato vari episodi di scontro anche aspro tra Soros e la corrente nazionalistica dello Stato d’Israele (specialmente con Benjamin Netanyahu, mentre non è così con Naftali Bennet (5)), asserisce che il motivo principale di divergenza di Soros con il Sionismo è il Cosmopolitismo con venature messianiche del miliardario ungherese.

Per capire la natura e la gradazione dell’opposizione di Soros al Sionismo mi sembra opportuno specificare quali siano le correnti del Sionismo e quale parte di esso sia invisa a Soros.

Occorre sapere che l’«Ortodossia» ebraica (alla quale è riconducibile anche il Chassidismo) sostanzialmente rifiuta l’Illuminismo e l’emancipazione ebraica che, invece, sono accettate dal Giudaismo riformato o liberale. Essa, pertanto, è strettamente fedele alla Tradizione religiosa ebraica non solo dottrinale ma anche pratica o di vita vissuta (“derek ‘eres”).

L’Ortodossia ebraica, a proposito del Sionismo politico, si è successivamente suddivisa in due rami: 1°) quello inizialmente antisionista, che poi si è stemperato e, nel 1912, è diventato da antisionista solamente non sionistico (‘Aguddat Jisrael); e 2°) quello esplicitamente sionista (Mizrahi) che fu fondato nel 1902.

L’Ortodossia filosionista in Israele (Mizrahi), sebbene abbia pochi voti in Parlamento (circa il 10-15%), ha tuttavia un’influenza molto ampia e forte poiché rappresenta una rottura nei confronti dell’Ortodossia antisionista. Infatti, nello Stato d’Israele, Mizrahi ha partecipato a quasi tutti i governi di coalizione sin dal 1948. Il suo scopo è quello d’ottenere che la legislazione religiosa tradizionale ebraica divenga la legge di base dello Stato d’Israele, che, pur essendo inizialmente laico, è dovuto scendere a patti con Mizrahi per ottenere in Parlamento i voti sufficienti per formare qualsiasi governo, che altrimenti non avrebbe raggiunto il quorum dei voti. La sua collaborazione pratica con lo Stato d’Israele e con qualsiasi coalizione politica di esso non è il suo ideale o il suo scopo, ma è solo un mezzo per arrivare progressivamente a una caratterizzazione tradizionalmente religiosa dell’inizialmente laico Stato sionista. Il Mizrahi sfrutta il fatto di essere, pur se numericamente molto piccolo, un partner indispensabile per la formazione di qualsiasi governo e così è arrivato a far introdurre nella legislazione statale diverse disposizioni tradizionalmente religiose, che hanno informato di sé lo Stato israeliano e pian piano lo hanno permeato di una certa venatura di Ortodossia religiosa ebraica.   

La ‘Aguddat o l’Ortodossia non sionista, ma non più antisionista dal 1912, è molto piccola numericamente (raccoglie tra il 2% e il 4% dei voti). Tuttavia, a partire dall’ascesa del Nazionalsocialismo al potere, ha iniziato a collaborare concretamente con l’Ortodossia sionista del Mizrahi e quindi i due movimenti assieme lavorano alla recezione della Tradizione religiosa ebraica nella legislazione dell’originariamente laico Stato d’Israele.

La leva su cui si appoggiano queste due correnti dell’Ortodossia ebraica è quella di sfruttare l’unità di due concetti, che prima erano divisi chiaramente e contrapposti: 1°) l’appartenenza a un popolo in uno Stato e 2°) l’appartenenza a una religione. Questa leva è l’unico ponte che permette una certa intesa tra Ebrei nazionalisti puri (laici e senza alcun legame con la religione) e gli Ebrei ortodossi e confessionali (senza una vera e propria coscienza e appartenenza a una Nazione in uno Stato, pur essendo legati al popolo d’Israele). È così che l’Ortodossia, dividendosi in filosionista (Mizrahi) e a-sionista (‘Aguddat) riesce a svolgere una funzione di penetrazione religiosa nello Stato “laico” d’Israele (cfr. J. MAIER – P. SCHÄFER, Piccola Enciclopedia dell’Ebraismo, Casale Monferrato, Marietti, 1985). 

Mi sembra che il “caso Soros” sia ascrivibile a questa corrente a-sionista che è aperta alla concezione universalistica e messianica dell’Ebraismo anche nello Stato d’Israele, in quanto è stato penetrato dall’Ortodossia israelitica. 


Soros contro i “social media”

Il motivo di quest’altra antipatia nutrita dal magnate ungherese verso il mondo dei padroni dei “social media” è meno ideologico di quello che lo oppone al Sionismo puramente nazionalista.

Infatti, mentre nel primo caso si tratta di una divergenza di concezioni della filosofia politica ebraica (universalista o nazionalista); nel secondo caso, si tratta di rivalità nei confronti di “un’ultima generazione di nuovi ricchi” che potrebbe far ombra a un vecchio miliardario, anch’egli arricchitosi, però, in poco tempo a partire dagli anni Sessanta/Settanta.

Pecchioli a pagina 157 del suo libro scrive: «Soros, Bill Gates e pochi altri hanno in pugno la maggior parte dei media, quindi controllano le informazioni che ci pervengono (e quelle che ci vengono nascoste). In quest’ottica di potere si spiega la lotta che oppone Soros a Facebook, ora Meta. Da un lato è una guerra interna ai piani alti del potere globale, in cui i giganti di Silicon Valley [Gates, Zuckerberg, Musk, Bezos, ndr] hanno fatto irruzione con forza dirompente, creando sicuramente irritazione e scompaginando i piani e le alleanze dell’oligarchia più antica [Soros, ndr]. Dall’altro lato, la grande agorà globale degli utenti dei nuovi media sociali fa gola a chi [come Soros, ndr] ha obiettivi messianici».

Insomma, un misto d’invidia e di gelosia (proprio di ogni essere umano) nei confronti dei nuovi arrivati, non solo perché considerati, elitariamente, “nuovi arricchiti”, ma anche perché, secondo il “vecchio arricchito”, sprovvisti di uno scopo filosofico (che invece solo lui avrebbe) nella loro impresa di guadagno tramite la rete dei social media, che Soros vorrebbe tutta per lui, non tanto per motivi pecuniari, quanto per smania di potere e di “volontà di potenza” di cambiare il mondo intero, seguendo le sue idee millenaristiche e messianistiche. 

Tuttavia, giustamente Pecchioli, ridimensiona pure Soros e le sue manie di grandezza. Innanzitutto, perché anch’egli – nei confronti dei Rothschild, Warburg, Elkann, Rockefeller – può essere definito un “nuovo arricchito” e poi perché Soros non è l’unico Deus ex machina della rivoluzione trans/umanista odierna, ma «uno dei tanti burattinai della trasformazione globale, che dal 2020 ha un nome e un’agenda precisa; il Grande Reset, cioè una completa riconfigurazione dell’umanità e della stessa presenza umana nel mondo» (cit., p. 158). 


Soros “agente” degli Usa per ridimensionare la GB?

Quasi tutti sappiamo che Soros è un nemico giurato della Russia di Putin, tuttavia non tutti sanno che probabilmente egli è una pedina di cui si servirebbero i “servizi segreti” degli Usa in funzione del ridimensionamento del Regno Unito, cercando di allontanarlo sempre più dalla “Vecchia Europa” e di avvicinarlo ulteriormente al mondo americano e di renderlo suo vassallo.

Pecchioli, innanzitutto, dimostra l’evidenza della lotta feroce del miliardario ungherese contro la Russia putiniana (cit., p. 143); poi (com’è nel suo stile) espone la sua teoria (cit., pp. 136/38) – senza presentarla come assolutamente certa – sulla probabilità di una sua cooperazione al piano americano di predominio sull’Inghilterra (cosa non facile da raggiungere, ma non impossibile da provare).


Soros e Russia

Vediamo in primis la sua lotta alla Russia: Soros è uno dei tanti, forse uno dei più importanti, magnati e oligarchi che avrebbero voluto acquistare a pochi soldi i resti dell’Urss, sùbito dopo il suo crollo, anzi un po’ prima che crollasse definitivamente, ma già quando se ne avvertivano gli scricchiolii.

Infatti «Soros aprì a Mosca il primo ufficio della sua Fondazione nel 1987, durante gli anni convulsi della perestrojka di Mikhail Gorbaciov e già nel 1990, nell’agonia finale del regime, fu tra i finanziatori di un piano teso a trasformare l’economia pianificata in sistema di mercato, che rappresentò un vero e proprio saccheggio delle risorse dell’immenso Paese messo oramai in ginocchio, di cui furono protagonisti oligarchi locali, politici formati alle scuole neo/liberali e le cupole finanziarie apolidi, sostenute dal ruolo attivo dell’intelligence americana (e non solo). […]. Questa fu la cornice drammatica dell’attacco al rublo dell’estate 1998. Il clima economico e finanziario era pesante; il fuoco fu attizzato da rapporti negativi di Goldman Sachs e dell’agenzia Moody’s, ma il colpo definitivo fu inferto da George Soros, con una lettera al Financial Times del 13 agosto 1998, in cui ingiungeva alla Russia di svalutare pesantemente il rublo e di ancorarlo al dollaro e all’euro (allora ancora virtuale). La Borsa russa perse in poco tempo l’80% del suo valore e solo un drastico cambiamento politico – la fine dell’era Eltsin e l’arrivo al potere di Putin – ridettero fiato alla Russia. […]. Da allora è conflitto totale tra Soros e la Russia, che ha dichiarato il miliardario suo nemico. Un altro capitolo della guerra inizia nell’aprile 2014, dopo la riannessione della Crimea alla Russia e nel pieno della crisi in Ucraina, che continua tuttora. […]. La Russia il 30 novembre del 2015 bandì dal Paese la Open Society Foundation di Soros e tutte le organizzazioni a essa legate» (cit., pp. 146-147).


Soros, Usa e GB

In secundis, Pecchioli (pp. 15 e 136) passa a illustrare l’ipotesi (molto meno conosciuta, almeno da me) secondo cui Soros sarebbe una pedina dello “Stato profondo” americano che cercherebbe di ottenere un certo predominio (almeno di leadership politica) sul Regno Unito.

Pecchioli scrive che Soros «è sempre pronto ad attaccare le economie e le valute di vari Stati, servendo – assieme ai suoi – gli interessi dell’impero americano. Perfino rispetto all’attacco alla sterlina nel 1992, c’è chi ha ipotizzato una spericolata partita a scacchi guidata dalla cupola del mondo finanziario con l’obiettivo finale, conseguito, di allontanare il Regno Unito dall’integrazione con l’Europa, risospingendolo nel ruolo transatlantico, talassocratico [il dominio del mare (Usa e GB) contro la terra ferma (Europa continentale), ndr], benché in subordine all’ex colonia d’oltre Atlantico. L’idea suggestiva  di un Soros corsaro, alto dignitario dell’impero occidentale investito della missione di cambiare la visione del mondo di grandi masse umane secondo la volontà del capitalismo assoluto (cioè, sciolto da ogni limite e vincolo) è un’ipotesi suggestiva» (cit., p. 136).

Naturalmente il tutto va visto nell’ottica del Messianismo sorosiano, che cerca di lasciare un’impronta di sé nella storia umana, volendo resettare il mondo, in chiave ultra/umana, dopo aver annichilato il mondo tradizionale, che si reggeva sulla retta ragione e la sana morale naturale fondate sulla realtà stabile dell’essere creato, che rimanda a un Ente creatore. Ebbene, tutto ciò, per Soros e compagni, deve perire, essere completamente annichilito per lasciare il posto al nuovo uomo che si fa “Dio” con le sue forze, aiutato dalla tecnologia e dalla scienza medica odierna.


L’afflato messianistico di Soros

Pecchioli, insiste molto e diffusamente sull’«ansia messianistica» (cit., p. 136) che ha accompagnato «George Soros per tutta la vita, ma si è mostrata soltanto dopo che il portafoglio era diventato abbastanza gonfio da permettergli di finanziare la sua visione del mondo. Aveva quasi cinquant’anni quando iniziò …».

È impressionante la citazione di un pensiero di Soros in persona (G. SOROS, Soros su Soros, Firenze, Ponte alle Grazie, 1998) riportata da Pecchioli a pagina 135 del suo libro: «Io porto in me sin dall’infanzia certe potenti fantasie messianiche. Fantasie che ho sempre sentito il dovere di controllare per non rischiare di finire in un ospedale psichiatrico. Ma, dopo essermi fatto una posizione nel mondo, ho voluto lasciar loro libero corso nella misura in cui potevo permettermelo».

Pecchioli (p. 135) commenta: «Messianico è l’aggettivo che meglio descrive l’uomo George Soros, nato Gyorgy Schwartz. Il Messianismo è l’aspettativa e l’impegno per il rinnovamento e la radicale trasformazione della società. Quello di Soros è un Messianismo bizzarro, un febbrile lavorio per conseguire grandi obiettivi personali – l’arricchimento unito al sentimento di potenza fornito dal denaro – e insieme per cambiare il mondo nella direzione della società aperta, la fascinazione giovanile che ne ha improntato l’intera vita».

Secondo Pecchioli, quello di Soros «non è il primo Millenarismo della storia» (p. 235), ma «forse è il più potente».

L’arricchimento non è il fine ultimo di questi millenaristi, che hanno come scopo quello di distruggere il creato com’è stato concepito da Dio per rifarne uno totalmente a loro immagine e somiglianza, fondato sul Trans/umanesimo, ossia sull’auto/divinizzazione dell’uomo, che dopo aver annichilato il “vecchio mondo” creato dal Signore, ne rifonda o resetta uno totalmente nuovo, del quale il super/uomo, il trans/uomo o il meta/uomo  è il nuovo “creatore” immanente al mondo.

L’obiettivo del Messianismo trans/umanista è quello di prendere il posto di Dio, dopo averlo “ucciso” (come aveva scritto Nietzsche), di rifarne il lavoro, rimodellando l’intera creazione: l’essere, la ragione e la morale che stavano alla base del mondo classico, creatura di un Dio personale e trascendente.

«L’uomo tutto intero deve essere superato. Una macchina biochimica plastica, una macchina imperfetta, un meccanismo da regolare, manipolare, ricostruire» (cit., p. 235). Questo è il fine del Millenarismo o Messianismo trans/umanista, di cui Soros è un araldo, mosso dalle grandi famiglie dell’alta finanza, che da centinaia di anni dirigono il mondo “da dietro le quinte” servendosi dei politici come loro maggiordomi.

Cerchiamo di vedere adesso cosa sia il Millenarismo o Messianismo dal punto di vista della teologia e in che cosa Soros sia debitore di questa corrente di pensiero.

Innanzitutto occorre precisare che il Messianismo è sostanzialmente uno ma che ha due correnti principali – accidentalmente distinte – una nazionalista (che s’è incarnata nel Sionismo novecentesco) e l’altra internazionalista (che è stata fatta propria del Mondialismo attuale, di cui Soros è uno dei principali paladini).


Soros e il messianismo

Monsignor Antonino Romeo spiega come il Messianismo sia intimamente collegato con l’Apocalittica giudaica e scrive che «la materia dell’Apocalittica è ideologica, politica ed escatologica», essa tratta «della vendetta sulle Genti e della restaurazione gloriosa di Israele. […]. Il Regno di Dio riveste generalmente l’aspetto etnico/terreno: la schiacciante rivincita d’Israele, colmo per sempre di prosperità e di dominio» (voce “Apocalittica”, in “Enciclopedia Cattolica”, Città del Vaticano, 1948, I vol., col. 1617).

Successivamente, quest’ideologia messianistica, può prendere due strade: quella nazionalistica (propria dello Stato d’Israele) e quella mondialistica (propria del Trans/umanesimo globalista e del Cabalismo). Ora, Soros, si riconosce nella corrente mondialistica e internazionalista; perciò spesso è entrato in conflitto con la leadership sionista puramente nazionalistica e specialmente di Netanyahu; non sembrerebbe invece che sia altrettanto ostile all’attuale leader d’Israele, Naftali Bennet, molto aperto all’Ebraismo ortodosso in chiave mondialistica.  Tutto ciò non deve disorientarci o confonderci le idee; infatti, queste sono solo divergenze accidentali, tra la medesima corrente di pensiero, che è rappresentata dal Giudaismo post/biblico. 

Il regno d’Israele o del Messia “sarà di questo mondo, […], e riporterà l’Eden quaggiù. In tale concezione Israele diventa realtà assoluta e trascendente, la redenzione è cosmica più che antropologica. […]. Il Messia è rappresentato come un re e un eroe militante. […]. Mai il Messia è intravisto come redentore spirituale, espiatore dei peccati del mondo ” (6).

In breve « L’aspirazione all’unione con Dio, l’amore di Dio e del prossimo esulano completamente da questi scritti Apocalittici, che fomentano la passione di rivincita e di dominio mondiale. […]. Verso le Genti gli Apocalittici sono implacabili: ogni compassione per loro passerebbe per debolezza di fede. […]. I “veggenti” dell’Apocalittica infieriscono, con voluttà feroce, con odio insaziabile. Le “apocalissi” assumono un posto decisivo nell’astiosa propaganda contro le Genti; sono ordigni di guerra […]; al contrario del Vangelo (Mt. VI, 34), la religione apocalittica ha un solo cruccio e ansia: l’Avvenire […] gli Imperi delle Genti si annienteranno a vicenda finché il dominio universale non passerà a Israele» (7).

Ne consegue «il particolarismo giudaico, condannato dal Vangelo. Le Genti vi sono più disprezzate e odiate che mai: il fosso tra Israele ed esse si trasforma in abisso» (8).

Anche padre Alberto Vaccari collega intimamente Messianismo e Apocalittica, scrivendo di quest’ultima in un articolo sul Messianismo e spiega che mentre per i Profeti dell’Antico Testamento il Messia è una persona, per i veggenti dell’Apocalittica apocrifa è il popolo d’Israele, che conseguirà la prosperità terrena, il predominio su tutte le altre Nazioni (9). Insomma il Messia è Israele.

Dall’Apocalittica e dalla falsa concezione messianica seguono i diversi errori, che oggi hanno raggiunto il loro vertice e il dominio pressoché mondiale, ma che prelude alla catastrofe universale: 1°) l’Apocalittica non crede all’aldilà, ma vuole portare il “cielo” in terra o l’uomo all’auto/divinizzazione e non la terra in Cielo: Israele è il “Re di questo mondo”; 2°) il sogno di riportare l’Eden in terra o di rendere l’uomo simile a Dio lo ritroviamo nel corso della storia nelle varie eresie luciferiane, millenaristiche, gnostiche, gioachimite, socialistiche, scientistiche, le quali hanno – invece – reso la terra un “inferno”; 3°) L’Israelitismo è una realtà assoluta e trascendente, che prende il posto di Dio, è in breve una sorta di “pan-teismo” in cui il “tutto” (“pan”) è “solo” Israele (“giudeo-teismo”); 4°) il Messia del Giudaismo rabbinico è un Messia militante e guerriero che si presenta sotto forma di filantropo e che assicurerà a Israele la vittoria e la vendetta più spietata sui gojim; 5°) l’amore di Dio e del prossimo propter Deum, sono totalmente assenti nell’Apocalittica messianista del Giudaismo post-biblico e vengono rimpiazzati dalla sete di dominio universale e imperialistico schiavista; 6°) in breve, l’Apocalittica è un “ordigno bellico” (A. Romeo), che ci sta portando verso la terza guerra mondiale

Infatti, a partire dal 2022 si sta attraversando una fase molto più critica che rischia di portare alla catastrofe nucleare e mondiale, la quale con la guerra russo/ucraina sembra essere entrata nelle fase terminale.


Soros e Il “piano Kalergi”

Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi

Nel suo studio sul “caso Soros”, Pecchioli, mostra pure come l’immigrazione (10) (soprattutto in Europa) da parte di enormi masse di arabi e nordafricani – per lo più islamisti – sia stata pianificata, favorita e finanziata da Soros.

Ebbene, questo piano fu elaborato ultimamente da un certo Kalergi; ora, per capirne bene le origini mi sembra doveroso illustrarne – anche se brevemente – il progetto.  

Nel Novecento tutto era pronto per rendere oramai pubblico l’antico piano segreto di Johannes Valentinus Andreae (1586 – 1654) e di Johannes Amos Comenius (1592 – 1670), ripreso da Joseph Alexandre Saint-Yves (1842 – 1909).

Tuttavia, fu Richard Nikolaus Coudenhove-Kalergi (1894 - 1972) a realizzarlo ai nostri giorni, ossia dagli anni Venti sino agli anni Settanta del Novecento.

Kalergi nacque a Tokio ove suo padre era ambasciatore e aveva sposato una principessa giapponese; poi fondò a Vienna (ove visse pur essendo cittadino francese) nel 1922 il “Movimento Paneuropeo”. Egli si era laureato in filosofia a Vienna nel 1917, si era sposato nel medesimo anno con una famosa attrice di teatro (Ida Roland) di origini israelitiche e aveva cominciato a interessarsi al progetto del Mondialismo e della Globalizzazione a guida statunitense sin dal 1919.

Occorreva innanzitutto partire dalla Vecchia Europa per farne una Nuova Europa Unita, la Paneuropa o la Magna Europa. Nel 1923 uscì il suo libro principale in cui esponeva il cosiddetto “Piano Kalergi”, che in realtà era quello dei Rosacroce e della giudeo/massoneria, intitolato Paneuropa (Vienna, Edizioni Paneuropa, 1923). A questo volume ne seguirono altri che sostanzialmente ripetono lo stesso tema apportandovi delle modifiche e novità accidentali dovute all’evolversi dei tempi (R. CH. KALERGI, J’ai choisì l’Europe, Paris, Plon, 1952; ID., Storia di Paneuropa, Milano, Edizioni Milano Nuova, s. d.). Nel 1947 fondò l’Unione Parlamentare Europea. Nel 1950 fu insignito del Premio Carlo Magno ad Aachen per il suo impegno “europeista”.

Secondo Kalergi “l’immigrazione di massa è una necessità che serve a cancellare i Popoli e a controllare gli Stati. […]. Kalergi è un razzista biologico per il quale le caratteristiche fisiche, spirituali, caratteriali si tramandano per linee di sangue. La stirpe destinata a dominare i popoli europei è quella ebraica per motivi […] soprattutto di selezione eugenetica. […]. Occorre, infine, eliminare i Popoli attraverso il meticciato, mediante un’immigrazione indiscriminata. […]. Nei meticci si uniscono spesso […] delle caratteristiche che li rendono facilmente manovrabili dalla nuova nobiltà di finanzieri e banchieri anglofoni” (11).

Il Piano Kalergi consiste essenzialmente nella distruzione totale della Vecchia Europa, iniziata con la prima guerra mondiale, seguitata con la seconda e terminata con l’Europa Unita (2000) di Bruxelles e l’invasione di massa di milioni di musulmani provenienti dall’Africa (2015) e ora (2022) con altri milioni di Ucraini.

Kalergi aveva scritto che occorreva mischiare i popoli e le etnie europee con quelle asiatico/slave (ciò è avvenuto già negli anni Novanta ed è ripartito con la guerra in Ucraina) e africane (il che si è realizzato soprattutto a partire dal 2013-15).

Il kalergiano ex Direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), G. Brock Chisholm, ha dichiarato: “Tutti dovranno praticare la limitazione delle nascite e i matrimoni misti in vista di creare una sola razza in un mondo unificato e dipendente da un’autorità centrale” (USA Magazine, 12 agosto 1955).

Le invasioni della Vecchia Europa da parte dei popoli dell’Est, degli slavi, degli asiatici e dei musulmani africani non sono un fenomeno spontaneo (come quello dei barbari germanici del V secolo d. C., i quali – dopo il crollo della Roma antica – vennero in Italia portarono forza e sangue sano e si lasciarono civilizzare dalla Roma cristiana e benedettina), ma era stata progettata da Kalergi ed è stata realizzata dai «Padri fondatori» dell’Europa Unita (1945-1989) e poi ultimata dagli attuali governanti dell’Europa oramai distrutta (1990-2015-2022) con l’avallo degli uomini di Chiesa, che dal Vaticano II in poi hanno sposato la filosofia della modernità.

Molte furono le personalità della stampa, dell’alta finanza e della politica europea e mondiale che aderirono al Movimento Paneuropa con sede a Vienna.

Ad esempio: Winston Churchill, Konrad Adenauer, Robert Schumann, Alcide De Gasperi, John Foster Dulles, Sigmund Freud, Benedetto Croce. Oramai il piano non è più segreto e i suoi esecutori sono premiati pubblicamente.

Tra coloro che hanno ricevuto pubblicamente il “Premio Kalergi” (come scriveva Maurizio Blondet il 7 maggio del 2016) troviamo: papa Francesco nel 2016, nel 2011 Jean-Claude Trichet, nel 2009 Andrea Riccardi, nel 2007 Javier Solana Madariaga, nel 2006 Jean-Claude Juncker, nel 2005 Carlo Azeglio Ciampi, nel 2004 papa Giovanni Paolo II, nel 2003 Valéry Giscard d’Estaing, nel 2000 Bill Clinton, nel 1999 Tony Blair, nel 1996 la Regina Beatrice dei Paesi Bassi, nel 1992 Jacques Delors, nel 1991 Václav Havel, nel 1989 Frère Roger Schutz di Taizé, nel 1988 François Mitterrand e Helmut Kohl, nel 1987 Henry Kissinger, nel 1982 Re Juan Carlos I di Spagna, nel 1981 Simone Veil, nel 1979 Emilio Colombo, nel 1964 Antonio Segni, nel 1959 George Marshall.

Nel prossimo articolo cercherò di porgere al lettore la natura della “Società Fabiana”  per vedere come essa vada a braccetto con il Messianismo sorosiano e per capire come l’alta finanza, sotto le ali dei Rothschild, abbia lavorato da molti anni al cambiamento del mondo in chiave trans/umanistica.
 



NOTE

1 Nel presente articolo tratto la questione riguardante Soros, il Millenarismo trans/umanista abbracciato dal magnate ungherese e, infine, il piano Kalergi. Per quanto riguarda la Società Fabiana rinvio il lettore all’ottimo libro di Davide Rossi, La Fabian Society e la Pandemia (Bologna, Arianna Editrice, 2022). In un prossimo articolo mi soffermerò approfonditamente sul Fabianesimo per non sovraccaricare ora eccessivamente il lettore. 
2 - Più oltre vedremo in cosa consiste il Millenarismo o Messianismo che caratterizzano la figura di Soros.  
3 - Un po’ più in là vedremo come Soros manifesti una certa astiosa rivalità nei confronti della “ultima generazione” dei “nuovi ricchi” della Silicon Valley. Nulla di strano, sono le eterne dispute che animano gli esseri umani, anche se – di fatto – stanno combattendo sostanzialmente la stessa battaglia, con delle idee accidentalmente diverse, come, ad esempio, avvenne a Stalin e Trotzskj. 
4 - Cfr. https://www.maurizioblondet.it/un-rotschild-al-governo-britannico-devi-entrare-in-guerra/.
5 - Naftali Bennet, l’attuale Primo Ministro dello Stato d’Israele, appartiene a quella corrente religiosa ebraica chiamata “Ortodossia Ebraica Moderna”, la quale vuole conciliare a) la fede ebraica postbiblica, b) l’osservanza della Legge ebraica (Halakhah) come normativa e vincolante con c) il mondo moderno e soprattutto con il Sionismo nazionalista, per renderlo religioso dall’interno. Essa ritiene che l’Ebraismo ortodosso, da lei pienamente accettato e anche vissuto (“derek ‘eres”), sia compatibile con la presenza ebraica nel mondo moderno e nello Stato sionista, che possono essere migliorati dall’interazione dell’Ortodossia giudaica su di essi, la quale così opererà per la trasformazione del mondo intero. Il Popolo d’Israele ha un ruolo centrale per l’Ortodossia Ebraica Moderna. Lo Stato d’Israele non è visto da essa solo da un punto di vista politico/nazionalistico, come avveniva per lo più nel Sionismo classico, ma il Sionismo è vissuto in un’ottica religiosa aperta al Mondialismo e non solo confinata alla Nazione. Perciò, Soros potrebbe accettare questa concezione religiosa e universalistica del Sionismo aperto al Mondialismo.  
6 - A. ROMEO, cit., col., 1618.
7 - A. ROMEO, cit., col., 1619.
8 - A. ROMEO, cit., col., 1620.
9 - A. VACCARI, voce “Messianismo”, in “Enciclopedia Italiana”, Roma, II ed., 1951, vol. XXII, p. 955.
10 - Assieme alla teoria del gender, Lgtb, droga libera, eutanasia …
11 - Cfr. MARIO BERNARDI GUARDI, Libero, 21 giugno 2015; sì sì no no, agosto 2015, pp. 6-7. 


 
FINE DELLA PARTE TRENTACINQUESIMA

CONTINUA





giugno 2022
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