LA RIPROVAZIONE D’ISRAELE NEL VANGELO

Quarta parte


Articolo di Don Curzio Nitoglia

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seconda parte
terza parte
quarta parte


La parabola del banchetto nuziale (Mt., XXII, 1-14)




Prologo

La parabola dei vignaiuoli omicidi continua con una seconda parte, quella del banchetto di nozze, che un re ha preparato per suo figlio


Ferdinando Prat

L’Abate Ricciotti non ne parla, padre Ferdinando Prat scrive che: “Il banchetto messianico è la cena che Dio celebra in onore del Figlio Suo; gli invitati che rispondono all’appello con un rifiuto ingiurioso sono gli ebrei, e quelli che sono loro sostituiti sono i gentili, chiamati per ultimi e giunti per primi” (1). Con questa parabola Gesù ha l’intenzione di “mettere in risalto che la riprovazione del popolo ebreo, e la chiamata dei gentili in sua sostituzione sono il castigo della sua incredulità” (2).

Severiano del Paramo

Padre Severiano del Paramo (Commento al Vangelo secondo Matteo, Roma, Città nuova, 1970, p. 323) scrive:
«Questa parabola è in stretta relazione con le due precedenti e forma con esse una trilogia, che - innanzitutto - ha lo scopo di testimoniare un fatto: la sostituzione dei Gentili agli Ebrei nel Regno messianico. Inoltre, insegna pure una dottrina: la salvezza è apportata da Gesù a tutti gli uomini senza eccezioni».

«Nell’Antico Testamento l’Alleanza di Dio col suo popolo è spesso rappresentata con l’immagine di un matrimonio mistico, ossia con un contratto che comporta mutuo amore e reciproca fedeltà. Dio non abbandona se prima non è abbandonato e siccome gli Ebrei, nella maggior parte tranne una piccola reliquia, L’hanno abbandonato sono stati abbandonati da Lui. […]. Rifiutare un invito di un re a un banchetto, per giunta nuziale, era considerato allora un’ingiuria gravissima, anzi un atto d’insubordinazione, accoglierlo, invece, un doveroso gesto di rispetto e di sottomissione. […]. Il castigo inflitto dal re non si presenta inverosimile, nonostante la sua spietatezza messa a posta in bella vista della sua applicazione concreta al popolo ebreo e soprattutto al castigo che si sarebbe abbattuto su di esso con la distruzione di Gerusalemme. […]. La punizione voluta da re è seguita da un’altra sua decisione, che a suo modo può considerarsi una rappresaglia contro tutti gli invitati scortesi: che essi restino esclusi per sempre dal banchetto e che i loro posti siano occupati da altri, chiunque essi siano, purché accolgano l’invito. […]. La dottrina di questa parabola è la stessa della parabola precedente. Innanzi tutto, nell’una e nell’altra, gli invitati al banchetto sono ebrei che non soltanto non accolgono l’invito, ma giungono a insultare, a malmenare e persino a uccidere coloro che Dio ha inviato loro a invitarli, precisamente come gli ebrei avevano fatto col Battista e come faranno con Gesù stesso e coi suoi Apostoli. […]. Siccome sarebbe potuto sembrare che tutti gli ebrei senza eccezione fossero da considerare esclusi dal banchetto messianico, Gesù precisa che questa esclusione non è affatto assoluta e universale nei loro confronti. Il senso della sentenza, pertanto, viene a essere: Molti, infatti, sono i chiamati, cioè tutto il popolo ebreo, che fu ripetutamente invitato dai Profeti, dal Battista e infine da Gesù stesso e dagli Apostoli; ma pochi gli eletti, cioè quei pochi ebrei che risposero alla chiamata. È ciò che insegna san Paolo nella sua Epistola ai Romani (XI, 5 ss.), che sembra un vero e proprio commento a queste parole di Cristo” (Commento al Vangelo secondo Matteo, cit., pp. 319-324)».


I Padri della Chiesa

I Padri ecclesiastici commentano così: “Gesù risponde ai farisei, i quali gli domandavano a chi sarebbe stata affidata la vigna, ossia il Regno di Dio “ (S. GIOVANNI CRISOSTOMO, In Matth. hom. 70), che “il banchetto di nozze rappresenta la Chiesa di Dio sulla terra” (AGOSTINO, De cons. evang. II, 71) e “il Cielo eterno dei beati” (GREGORIO MAGNO, In Evang. hom. 36 vel 38). Il re è “Dio Padre” (ORIGENE, In Evang. tract. 20), il suo figliolo “è Dio Figlio o Gesù Cristo” (ORIGENE, ut supra). I servi inviati per primi sono “ Mosè e i Profeti dell’Antico Testamento” (s. GIROLAMO, Comm. In Matth.), i primi invitati “a ben credere e agire” (ORIGENE, ut supra) sono “il popolo eletto o Israele della Vecchia Alleanza” (S. GIOVANNI CRISOSTOMO, ut supra).
I secondi servi mandati ad invitare al banchetto sono “gli Apostoli della Nuova Alleanza” (S. GIROLAMO, ut supra), i quali sono mandati “da Dio prima alle pecore sperdute di Israele e solo poi ai Gentili” (S. GIOVANNI CRISOSTOMO, Super Matth. Op. imperf., hom. 41).
Nonostante il “rifiuto d’Israele a partecipare al banchetto, ossia alla festa per la Resurrezione di Gesù, Dio rinnova l’invito, ancora una volta, ai giudei” (S. GREGORIO MAGNO, ut supra) a entrare nella Chiesa di Cristo, e così, “tramite la grazia e i sacramenti, specialmente il banchetto eucaristico” (S. GIROLAMO, ut supra) “partecipare al Regno dei Cieli” (S. GREGORIO MAGNO e S. GIOVANNI CRISOSTOMO, ut supra).
Tuttavia, essi (Israele), rifiutano anche l’invito degli Apostoli, dopo aver rifiutato quello di Mosè e dei Profeti e aver ucciso il Figlio di Dio. Anzi “alcuni, non solo rifiutano la grazia di Cristo e della Chiesa, ma addirittura feriscono e uccidono gli Apostoli” (S. GIROLAMO, ut supra e S. GIOVANNI CRISOSTOMO, ut supra). Ora il re (Dio Padre), udendo ciò, “si sdegnò” (CRISOSTOMO, ut supra) e “inviò le sue milizie, ossia l’esercito di Vespasiano e Tito nel 70 dopo Cristo” (GIROLAMO, ut supra) e “gli Angeli ministri di Dio, alla fine del mondo” (GREGORIO, ut supra), a “disperdere gli omicidi o deicidi, nella Diaspora tra le Genti” (GREGORIO, ut supra) e a “distruggere Gerusalemme” (GIROLAMO, ut supra). Solo “dopo il rifiuto d’Israele” (CRISOSTOMO, ut supra), Dio “manda i suoi Apostoli, usciti da Gerusalemme e dalla Giudea, alle Genti” (GIROLAMO, ut supra), e invita “tutti, buoni e cattivi, giusti e peccatori, ad entrare nella Chiesa e poi in Cielo, a condizione di mutar vita e convertirsi a Cristo” (CRISOSTOMO, ut supra).
Il banchetto (la Chiesa della Nuova Alleanza di Cristo) si riempì, “ma prima che i commensali si sedessero, ossia entrassero in Cielo definitivamente” (ORIGENE, ut supra), il re (Dio) va a ispezionare “lo stato di grazia dei commensali, al Giudizio particolare e poi universale” (CRISOSTOMO, ut supra). Ora, uno non aveva “la veste nuziale, ossia la grazia santificante, non avendo mutato vita, con le buone opere” (GREGORIO): “aveva la fede ma senza la carità” (AGOSTINO, ut supra). Il re “lo rimprovera, dicendogli: Come non ti vergogni?” (GIROLAMO, ut supra). Costui “stette zitto, non può scusarsi il peccatore impenitente davanti a Dio giudice” (GIROLAMO, ut supra). Allora il re disse: Legategli mani e piedi e gettatelo fuori “della luce del banchetto celeste” (GREGORIO, ut supra), nelle tenebre “del buio della dannazione eterna” (GREGORIO, ut supra).

Quindi anche dopo il deicidio, Dio invia i suoi Apostoli per prima a Israele e, solo dopo la sua ostinazione contro la Ciesa nascente, li manda ai Pagani. Tuttavia, se tutti sono “chiamati” a entrare nella Chiesa, non tutti sono ‘eletti’, perché non rispondono con le buone opere o la carità soprannaturale, che informa e vivifica la fede, alla grazia di Dio. È chiaro che Israele è spodestato del regno di Dio in questa terra e rimpiazzato dai pagani, che si convertiranno in massa a Cristo, non solo con la fede, ma anche con la pratica delle virtù. La teologia della sostituzione è, quindi, divinamente e formalmente rivelata e insegnata infallibilmente, dal consenso comune dei Padri della Chiesa.

Nella prossima parte vedremo come san Tommaso d’Aquino, commentando l’Epistola ai Romani di San Paulo (IX, 5 ss. ; XI 1 ss.) spiega la riprovazione di Israele di cui parla il Vangelo di San Matteo ai capitoli XXI e XXII.
 


NOTE

1 -  F. PRAT, Gesù Cristo, Firenze, LEF, 1945, 2° vol., p. 234.
2 - S. DEL PARAMO, Vangelo secondo Matteo, Roma, Città Nuova, 1970, p. 323.

Fine










aprile 2023

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