I doni dello Spirito Santo


Scienza







Dopo aver spiegato perché la santificazione della nostra anima porta il nome di dono o di spirito, consideriamo adesso i 7 doni divini: dopo il dono dell’intelligenza o Intelletto, e il dono della Sapienza, vediamo adesso il dono della Scienza.


Il dono della Scienza dev’essere prima di tutto considerato in rapporto con la virtù intellettuale che porta lo stesso nome: la Scienza ci fa giudicare con evidenza a partire dalle cause e dagli effetti. Quando questo giudizio è effettuato a partire dalle cause inferiori e create, abbiamo la Scienza in senso stretto.
Come abbiamo già visto, quando si tratta delle cause supreme e divine, abbiamo la Sapienza.

San Tommaso insegna che «il dono della Scienza riguarda le cose umane e le altre cose create». Il dono della Scienza non si limita a conoscere solo la fede in sé stessa, a seconda che sia una certa cosa temporale nell’anima del credente, ma si estende a ogni cosa creata che può essere conosciuta dalla fede.

Il dono della Scienza è anche una conoscenza mistica e affettiva.
Nella Scrittura essa non è chiamata Scienza in modo generico, ma «spirito di scienza» e «scienza dei Santi», perché si trova solo in coloro che hanno la grazia.

Essa è fondata su una certa mozione dello Spirito Santo che guida l’Intelletto, non con una luce pura che manifesta la verità come è al di fuori, come farebbe una scienza infusa data da Dio, come si trovava in Cristo, ma con un’esperienza interiore e come una connaturalità affettiva e soprannaturale.

Questo dono gusta ed esperimenta primariamente le realtà divine, ma al tempo stesso gusta ed esperimenta le creature. In questo modo, l’anima si forma un retto giudizio su di esse, che la porta, da un lato, a conoscere la loro povertà e la loro miseria, in modo da non essere condotta da esse in maniera contraria all’ordine della carità, e dall’altro lato ad amare le creature nella giusta misura, ordinandole a Dio.

Come tutti i doni, il dono della Scienza partecipa strettamente alla vita contemplativa: essa permette di comprendere il niente delle creature confrontandole con Dio.
E’ così che San Tommaso, durante la sua ultima malattia e durante la Messa, vedeva il mondo come se fosse stato raccolto in un raggio di luce, e non voleva più scrivere nulla, perché tutto ciò che aveva scritto gli sembrava «come paglia».

Questo dono, pur riguardando inizialmente le cose create, persiste – come tutti gli altri doni – nella patria celeste. Esso agisce allora in dipendenza della visione beatifica e partecipa alla conoscenza di Dio al di fuori di questa visione – conoscenza chiamata vesperale, in opposizione alla visione, chiamata mattutinale.









 
maggio 2024
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