S. Ecc. Mons. Bernard Tissier de Mallerais
della Fraternità Sacerdotale San Pio X


VI E' UNA CHIESA CONCILIARE?

Questo articolo è stato pubblicato sul n° 85 (estate 2013) della rivista Le Sel de la Terre - Intelligence de la foi -  Rivista trimestrale di dottrina tomista a servizio della Tradizione
La rivista, curata da Padri Domenicani collegati alla Fraternità Sacerdotale San Pio X, è una pubblicazione cattolica di scienze religiose e di cultura cristiana, posta  sotto il patronato di San Tommaso d’Aquino, in forza della sicurezza della dottrina e della chiarezza d’espressione del “Dottore Angelico”. Essa si colloca nel quadro della battaglia per la Tradizione iniziata da
Mons. Marcel Lefebvre e si presenta in maniera tale da potersi rivolgere ad ogni cattolico che voglia approfondire la propria fede.


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Nel n. 363 della rivista
Le Courrer de Rome, febbraio 2013,
è stato pubblicato un articolo sullo stesso argomento di
Don Jean-Michel Gleize, FSSPX,
Professore di Ecclesiologia al seminario San Pio X di Ecône:
Si può parlare di una Chiesa conciliare?


La traduzione e l'impaginazione sono nostre
L'articolo in formato pdf


 

Indice


Vi è una Chiesa conciliare?
Approccio ad una definizione di Chiesa conciliare
Una sola gerarchia per due Chiese: è possibile?
La Chiesa conciliare sarebbe solo uno stato d’animo?
La Chiesa conciliare sarebbe solo un’infermità?
L’appartenenza alla Chiesa conciliare di membri o di aderenti: è dubbia?
La setta modernista è morta?
La Chiesa conciliare, opera di un piano massonico
La Chiesa occupata, stato incontestabile della Chiesa degli ultimi cinquant’anni
Appartenenza formale e appartenenza materiale
Bisogna concepire due Chiese materialmente distinte: la cattolica e la conciliare?
«Questa Chiesa conciliare è una Chiesa scismatica!»
A fronte della Chiesa conciliare, cosa diventa la Chiesa cattolica?
Come è stata canonizzata la Chiesa conciliare
I metodi con i quali sussiste la Chiesa conciliare
Non appartenere alla Chiesa conciliare è una grazia e una testimonianza provvidenziale

Articolo

Vi è una Chiesa conciliare?

Esiste una Chiesa conciliare, società costituita e distinta dalla Chiesa cattolica, differente da questa se non per i suoi membri, almeno per i suoi scopi? E se è così, quali sono i suoi rapporti con la Chiesa cattolica?
Ecco delle domande che si pongono alla coscienza cattolica a partire dal 25 giugno 1976, giorno in cui il Sostituto della Segreteria di Stato di Papa Paolo VI, Mons. Giovanni Benelli (1), usò questa espressione in una lettera scritta dal Papa a Mons. Lefebvre:

[Se i seminaristi di Ecône] sono di buona volontà e seriamente preparati al ministero sacerdotale nella vera fedeltà alla Chiesa conciliare, ci si incaricherà di trovare in seguito la migliore soluzione per loro.

Da allora, su Le Sel de la Terre, sono apparsi diversi studi sull’argomento (2). Per rispondere a queste domande, formuliamo una nuova messa a punto della questione.
Approccio ad una definizione di Chiesa conciliare

Innanzi tutto, ci sforzeremo di definire le due Chiese in questione, sulla base delle quattro cause secondo Aristotele. Una società è un essere morale, della categoria relazione, che realizza il legame tra i membri. Si possono distinguere:
-    La causa materiale: le persone unite nella società. Diremo allora che nel caso della Chiesa cattolica, come in quello della Chiesa conciliare, esse sono i battezzati.
-    La causa efficiente: il capo della società. Per la Chiesa cattolica, Nostro Signore Gesù Cristo, suo fondatore, e i papi che sono suoi vicari; per la Chiesa conciliare, i papi del Concilio, dunque gli stessi papi; così che la stessa gerarchia sembra governare le due Chiese.
-    La causa finale, che è la causa delle cause: il bene comune ricercato dai membri. Nel caso della Chiesa cattolica, questo bene ricercato è la salvezza eterna; nel caso della Chiesa conciliare esso è più o meno principalmente l’unità del genere umano: «La Chiesa – dice il Concilio – è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (3).
-    La causa formale è l’unione degli spiriti e delle volontà dei membri nella ricerca del bene comune. Nella Chiesa cattolica, con la professione della stessa fede cattolica, con la pratica dello stesso culto divino e con la sottomissione agli stessi pastori e dunque alle leggi che essi fanno, cioè al Diritto Canonico. Nella Chiesa conciliare, con l’accettazione dell’insegnamento del Concilio e del magistero che si rifà ad esso, e con la pratica della nuova liturgia e l’obbedienza al nuovo Diritto Canonico.

Da questi dati approssimativi possiamo dedurre le definizioni approssimative delle due Chiese:
La Chiesa cattolica è la società dei battezzati che vogliono salvare la loro anima professando la fede cattolica, praticando lo stesso culto cattolico e seguendo gli stessi pastori, successori degli Apostoli.
La Chiesa conciliare è la società dei battezzati che seguono le direttive dei papi e dei vescovi attuali, sposando più o meno consciamente l’intenzione di realizzare l’unità del genere umano, e che in pratica accettano le decisioni del Concilio, praticano la nuova liturgia e si sottomettono al nuovo Diritto Canonico.

Se è così, abbiamo due Chiese che hanno gli stessi capi e la gran parte degli stessi membri, ma che hanno delle forme e dei fini diametralmente disparati: da una parte, la salvezza eterna perseguita col regno sociale i Cristo, Re delle nazioni; dall’altra, l’unità del genere umano per mezzo dell’ecumenismo liberale, cioè allargato a tutte le religioni, derivato dalle decisioni conciliari Unitatis redintegratio, Nostra Aetate e Dignitatis humanae, e che è lo spirito di Assisi e l’antitesi del regno sociale di Gesù Cristo.
Questo in termini immediati, ma ciò che segue chiarirà la giustezza di questa opposizione.
Una sola gerarchia per due Chiese: è possibile?

Che la gerarchia cattolica governi ad un tempo la Chiesa cattolica e una società che ha le sembianze di una contraffazione della Chiesa, è cosa che sembra ripugnare all’assistenza promessa da Cristo a Pietro e ai suoi successori, che garantisce l’inerranza del magistero e l’indefettibilità della Chiesa (Mt. 16, 17-19; 28, 20).
Se il Papa dirige un’altra Chiesa è apostata, non è più Papa e l’ipotesi sedevacantista è verificata.
Basta rispondere che «Prima sedes a nemine judicatur» e che, di conseguenza, nessuna autorità può pronunciare l’ostinazione, dichiarare la pertinacia di un sommo pontefice nell’errore o nella devianza: e che, d’altra parte, in caso di dubbio, la Chiesa supplirebbe almeno il potere esecutivo dell’apparente pontefice (can. 209 del CIC del 1917) (4).
Quanto al magistero, esso è assistito solo se ha l’intenzione di trasmettere il deposito della fede e non delle novità profane (5).
Quanto all’indefettibilità della Chiesa, essa non impedisce che la Chiesa, in seguito ad una grande apostasia come quella annunciata da San Paolo (2 Ts. 2, 3), possa essere ridotta ad un modestissimo numero di veri cattolici.
Di conseguenza, nessuna delle difficoltà sollevate contro l’esistenza di una vera società chiamata Chiesa conciliare e diretta dal Papa e dalla gerarchia cattolica, è decisiva.
Tuttavia, è preferibile evitare queste risposte estreme. E allora ci si può sforzare di negare l’esistenza della Chiesa conciliare come società organizzata e diretta dalla gerarchia della Chiesa cattolica, o di estenuare (6) l’appartenenza dei membri a questa Chiesa conciliare.
La Chiesa conciliare sarebbe solo uno stato d’animo?

Si dirà innanzi tutto che la Chiesa conciliare è solo uno «stato d’animo (7)» liberale e modernista che è penetrato nella Chiesa al momento del Concilio, come rispose Mons. Lefebvre al cardinale Seper che gli chiedeva:

Monsignore, in una nota preliminare (8) ad una lettera indirizzata al Santo Padre, Lei ha scritto: «Che non ci si inganni, non si tratta di una differenza tra Mons. Lefebvre  e il Papa Paolo VI, si tratta dell’incompatibilità radicale fra la Chiesa cattolica e la Chiesa conciliare, con la Messa di Paolo VI che rappresenta il programma della Chiesa conciliare.» Quest’idea si trova esplicitata nell’omelia pronunciata il 29 giugno precedente, durante la Messa delle ordinazioni a Ecône: «Questa nuova Messa è un simbolo, è un’espressione, è un’immagine di una fede nuova, una fede modernista […] Ora, è evidente che questo rito nuovo sottintende, se posso dirlo, presuppone un’altra concezione della fede cattolica, un’altra religione…». Da queste affermazioni, si deve concludere che, secondo Lei, il Papa, promulgando e imponendo il nuovo Ordo Missae, e l’insieme dei vescovi che l’hanno ricevuto, hanno instaurato e raccolto intorno ad essi visibilmente una nuova Chiesa «conciliare» radicalmente incompatibile con la Chiesa cattolica (9)?

Minimizzando la portata delle sue affermazioni, Monsignore rispose:
Per prima cosa faccio notare che l’espressione «Chiesa conciliare» non è mia, ma di S. Ecc. Mons. Benelli che, in una lettera ufficiale, chiedeva che i nostri sacerdoti e i nostri seminaristi si sottomettessero alla «Chiesa conciliare». Io ritengo che nella concezione della nuova Messa e peraltro di tutte la riforma liturgica, si manifesta uno stato d’animo a tendenza modernista e protestante (10).

Noi riteniamo che l’arretramento strategico del prelato di Ecône fosse perfettamente giustificato dalle circostanze: quelle di un processo che gli intentava il Sant’Uffizio e che poteva condurre alla sua condanna; inoltre, le spiegazioni che avrebbe dovuto fornire in appoggio alla sua idea sull’esistenza di una società parallela e organizzata chiamata Chiesa conciliare, avrebbero richiesto troppi documenti e fatti da citare e da organizzare dialetticamente nei limiti delle brevi risposte da dare in un interrogatorio. Dalla sua risposta evasiva, non possiamo arguire che Mons. Lefebvre abbia ridotto realmente la Chiesa conciliare ad uno «stato d’animo».
La Chiesa conciliare sarebbe solo un’infermità?

Ma, ci si dirà, Mons. Lefebvre non ha evocato più volte una semplice debilitazione che affligge il corpo della Chiesa, una sorta di «aids spirituale», come diceva lui, che indebolisce la capacità di resistenza della Chiesa rispetto alle contaminazioni?
Noi rispondiamo che l’una cosa non esclude l’altra. Gli effetti della Chiesa conciliare sulla Chiesa cattolica sono infatti prima di tutto un avvelenamento, una paralisi e dunque un indebolimento della Chiesa cattolica al cospetto dei suoi nemici. È questo che spiegava Mons. Lefebvre allo stesso cardinale Seper, in una lettera precedente il suo interrogatorio.

Vi sono in questo mondo delle forze nemiche di Nostro Signore, del suo regno. Satana e tutti gli ausiliari di Satana, coscienti o incoscienti, rifiutano questo regno, questa via di salvezza, e militano per la distruzione della Chiesa. Così la Chiesa è impegnata dal suo divino Fondatore in una battaglia gigantesca. Tutti i mezzi sono stati e sono impiegati da Satana per trionfare. Uno degli ultimi stratagemmi estremamente efficace è quello di rovinare lo spirito combattivo della Chiesa, persuadendola che non ha più nemici, che occorra dunque deporre le armi ed entrare in un dialogo di pace e di intesa. Questa tregua ingannevole permetterà al nemico di penetrare dappertutto e di corrompere le forze avverse. Questa tregua è l’ecumenismo liberale, strumento diabolico per l’autodistruzione della Chiesa. Questo ecumenismo liberale esigerà la neutralizzazione delle armi, che sono la liturgia con il Sacrificio della Messa, i sacramenti, il breviario, le feste liturgiche, nonché la neutralizzazione e la chiusura dei seminari…

È evidente che la debilitazione o l’«aids» della Chiesa di fronte ai suoi nemici non è una semplice diminuzione da malessere dello spirito di combattimento, ma è solo il risultato degli stratagemmi orditi da dei membri influenti della Chiesa e rilanciati da una parte della gerarchia e sostenuti dagli stessi papi, vittime del loro liberalismo, ma attori coscienti e consenzienti di questo ecumenismo liberale, un ecumenismo recepito con favore da una gran parte dei cattolici, sedotti dalle facilità offerte da questa sorta di nuova religione.
Tutto questo insieme è precisamente ciò che noi abbiamo definito come Chiesa conciliare.
Ma se malgrado tutto si vuole continuare a parlare di semplice malattia della Chiesa, allora l’immagine più realista sarebbe quella di un cancro: non è la malattia conciliare l’invasione parassitaria e la colonizzazione del tessuto sano della Chiesa, da parte di un virus che determina una proliferazione anarchica? Ed allora bisognerebbe interrogarsi sull’esistenza e la natura dell’agente virale.
L’appartenenza alla Chiesa conciliare di membri o di aderenti: è dubbia?

D’altra parte, se si accetta l’immagine di una società, contraffazione della Chiesa, ma si vuole evitare di affermare la sua esistenza, si potrebbe ridurre l’appartenenza della maggior parte dei suoi membri ad un’appartenenza puramente materiale, per il fatto che la maggioranza segue il movimento per conformismo, senza conoscere o condividere gli scopi della Chiesa conciliare, la quale sarebbe quasi sprovvista di membri reali e ridotta allo stato di fantasma, per quanto riguarda i membri, e di scheletro per quanto riguarda la gerarchia. Lo stato veramente scheletrico della Chiesa conciliare confermerebbe l’ipotesi. Inoltre, si dovrebbe anche minimizzare l’appartenenza ad essa col considerare che il legame che unisce i suoi membri non ha niente della solidità della virtù teologale della fede cattolica, che è tutta soprannaturale per il suo oggetto, per il suo motivo e per il suo fine: essa fa «credere a Dio, credere Dio e credere in Dio» (11). Poiché, se molti dei conciliari approvano il tentativo di conciliazione fra la religione di Dio fatto uomo e la religione dell’uomo tout court, sulla base comune della dignità della persona umana, ecco che non colgono l’equivoco del principio di questa conciliazione, enunciato dal Concilio nella Gaudium et spes: «Credenti e non credenti sono generalmente d'accordo nel ritenere che tutto quanto esiste sulla terra deve essere riferito all’uomo, come a suo centro e a suo vertice» (12). In effetti, la Chiesa cattolica precisa, con Sant’Ignazio di Loyola: «E le cose che sono sulla terra sono create a causa dell’uomo, per aiutarlo a raggiungere la sua salvezza», cosa che costituisce tutt’altro fine! A paragone della comunione dei Santi, frutto della fede cattolica e della carità teologale, quale comunione può fondare, presso i conciliari, un tale miscuglio di principi diametralmente opposti? Noi la chiameremo, con Anna-Catarina Emmerich, la comunione dei profani o la comunione degli anti-santi (13).
Del resto, all’equivoco della sua forma, la Chiesa conciliare aggiunge l’ambiguità del suo fine: «l’unità del genere umano», terrena e naturale per essenza, «in Cristo», strumentalizzando così Nostro Signore al servizio di un’idea platonica: domani, con un colpo di bacchetta magica, senza sforzo, senza conversione del mondo, «la Chiesa sarà il genere umano»! La Chiesa non ha più bisogno di essere missionaria, le basta presentarsi al mondo, essere mediatica. Gli incessanti viaggi pubblicitarii di Giovanni Paolo II illustrano la realtà di ciò che il Padre Julio Meinvielle descriveva già nel 1970 come «la Chiesa della pubblicità»:

Questa Chiesa della pubblicità magnificata nella propaganda, con dei vescovi, dei preti e dei teologi pubblicizzati, forse guadagnata al nemico e mutatasi da Chiesa cattolica a Chiesa gnostica, e [a fronte] l’altra, la Chiesa del silenzio, con un papa fedele a Gesù Cristo nel suo insegnamento e con alcuni preti, vescovi e fedeli che gli siano legati, sparpagliati per tutta la terra come il pusillus grex. (14)

Ecco, a questo pusillus grex è mancato finora il Papa fedele! I papi post-conciliari, eletti papi della Chiesa cattolica, sono stati soprattutto papi della Chiesa della pubblicità!

Da tutto quanto abbiamo appena considerato, appare che la Chiesa conciliare non è solo una malattia, né una teoria, ma che è un’associazione di gerarchi cattolici che, ispirati dai pensatori liberali e modernisti, voglio realizzare, con dei fini mondialisti, un nuovo tipo di Chiesa, con numerosi preti e fedeli cattolici che hanno più o meno fatto proprio questo ideale. Essa non è una pura associazione di vittime. Formalmente considerata, la Chiesa conciliare è una setta che occupa la Chiesa cattolica. Essa ha i suoi fautori e i suoi attori organizzati, come li ebbe il modernismo condannato da San Pio X, che bisogna citare:

La setta modernista è morta?

I fautori dell’errore già non sono ormai da ricercarsi fra i nemici dichiarati; ma, ciò che dà somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa, tanto più perniciosi quanto meno sono in vista. Alludiamo, o Venerabili Fratelli, a molti del laicato cattolico e, ciò ch’è più deplorevole, a non pochi dello stesso ceto sacerdotale, i quali, sotto finta di amore per la Chiesa, scevri d’ogni solido presidio di filosofico e teologico sapere, tutti anzi penetrati delle velenose dottrine dei nemici della Chiesa, si danno, senza ritegno di sorta, per riformatori della Chiesa medesima; e, fatta audacemente schiera, si gettano su quanto vi ha di più santo nell’opera di Cristo, non risparmiando la persona stessa del Redentore divino, che, con ardimento sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione di un puro e semplice uomo. […] il pericolo si appiatta quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei, con rovina tanto più certa, quanto essi la conoscono più addentro. Di più, non pongono già la scure ai rami od ai germogli; ma alla radice medesima, cioè alla fede ed alle fibre di lei più profonde. Intaccata poi questa radice della immortalità, continuano a far correre il veleno per tutto l'albero […] Che non tentano essi mai per moltiplicare gli adepti? Nei Seminari e nelle Università cercano di ottenere cattedre da mutare insensibilmente in cattedre di pestilenza. (15)

Passeranno 50 anni; malgrado la Pascendi di San Pio X, del 1907, e l’Humani generis di Pio XII, del 1950, la setta dei modernisti andrà all’assalto dei posti influenti nella Chiesa e, in occasione del concilio Vaticano II,  imporrà alla Chiesa e presenterà al mondo il nuovo tipo di Chiesa di cui abbiamo descritto la forma e il fine, e questa setta, tramite il magistero e le riforme dei papi che si richiamano al Concilio, metterà in opera questo nuovo sistema di Chiesa. Il ruolo di Paolo VI, il papa liberale e contraddittorio, e quello di Giovanni Paolo II, il papa filosofo ed ecumenista, sono innegabili nella costituzione di ciò che è la Chiesa conciliare, con la sua gerarchia che, salvo rarissime eccezioni, è esattamente quella della Chiesa cattolica.
La Chiesa conciliare, opera di un piano massonico

Ci si conceda uno sguardo all’indietro, circa cento trent’anni prima del Concilio; una tale prospettiva ci farà comprendere che la costituzione della Chiesa conciliare è il frutto di un piano ordito dalla massoneria, che non osava neanche credere al compimento dei suoi piani. Citiamo degli estratti di corrispondenze interne dei Carbonari, massoni italiani del XIX secolo, pubblicati dai papi  Gregorio XVI e Pio IX:
Quel che noi dobbiamo chiedere, quel che noi dobbiamo cercare e attendere, come gli Ebrei attendono il Messia, è un papa adatto ai nostri bisogni. […] fate sì che il clero marci sotto la nostra bandiera credendo sempre di avanzare sotto il vessillo delle chiavi apostoliche. […] voi avrete predicato una rivoluzione in tiara e piviale, marchiando con la croce e la bandiera, una rivoluzione che dovrà essere spronata solo un pochettino per appiccare il fuoco ai quattro angoli del mondo.
Ecco ancora un estratto di una lettera di “Nubius” a “Volpe” (nomi in codice per conservare il segreto, che è la regola in massoneria),  del 3 aprile 1824:
Le nostre spalle sono state caricate di un pesante fardello, caro Volpe. Noi dobbiamo compiere l’educazione immorale della Chiesa e giungere, con modesti mezzi ben graduati pur se abbastanza mal definiti, al trionfo dell’idea rivoluzionaria tramite un papa. In questo progetto, che mi è sempre parso di un calcolo sovrumano, noi proseguiamo ancora a tentoni.

Il trionfo dell’idea rivoluzionaria tramite un papa, è veramente attentato supremo, come dice Mons. Lefebvre citando questi documenti nel suo libro Lo hanno detronizzato (16), che egli commenta così:

“Calcolo sovrumano”, dice Nubius; significa calcolo diabolico! Perché si tratta di considerare il sovvertimento della Chiesa tramite il suo stesso capo, quel che Mons. Delassus definisce l’attentato supremo, giacché non si può immaginare nulla di più sovversivo per la Chiesa di un papa guadagnato alle idee liberali, di un papa che utilizza il potere delle chiavi di san Pietro al servizio della contro-Chiesa! E non è questo ciò che noi viviamo al momento attuale, dal Vaticano II, dal nuovo diritto canonico? Con questo falso ecumenismo e questa falsa libertà religiosa promulgati col Vaticano II e applicati dai papi con una fredda perseveranza malgrado tutte le rovine che ciò provoca da più di vent’anni!
La Chiesa occupata, stato incontestabile della Chiesa degli ultimi cinquant’anni

Mons. Lefebvre diceva anche:
Con quale Chiesa abbiamo a che fare? Si ha a che fare con la Chiesa cattolica o si ha a che fare con un’altra Chiesa, con una Contro-Chiesa (17), con una contraffazione della Chiesa? Ora, io credo sinceramente che noi abbiamo a che fare con una contraffazione della Chiesa e non con la Chiesa cattolica. Essi non insegnano più la fede cattolica. Essi insegnano altro, essi conducono la Chiesa in qualcos’altro che la Chiesa cattolica. Non è più la Chiesa cattolica. Essi sono assisi sulla sede dei loro predecessori… ma non continuano i loro predecessori. Essi non hanno più la stessa fede, né la stessa dottrina, né la stessa morale dei loro predecessori. Allora, non è più possibile. E principalmente, il loro grande errore è l’ecumenismo. Essi insegnano un ecumenismo che è contrario alla fede cattolica. […] La Chiesa è occupata da questa Contro-Chiesa che noi conosciamo bene e che i papi (18) conoscevano perfettamente e che hanno condannato nel corso dei secoli: da quattro secoli la Chiesa non ha cessato di condannare questa Contro-Chiesa che è nata soprattutto col protestantesimo, che si è sviluppata col protestantesimo e che è all’origine di tutti gli errori moderni, che ha distrutto ogni filosofia e che ci ha condotto a tutti gli errori che conosciamo e che i papi hanno condannato: liberalismo, socialismo, comunismo, modernismo, sillonismo (19). Ne moriamo. I papi hanno fatto di tutto per condannare tutto questo, ed ecco che oggi coloro che siedono nei posti di quelli che li hanno condannati, sono d’accordo con questo liberalismo e con questo ecumenismo. Questo non si può accettare. E più le cose si chiariscono più ci accorgiamo che questo programma, […] tutti questi errori sono stati elaborati nelle logge massoniche (20).

In quella che noi chiamiamo Chiesa conciliare, non è necessario che il Papa (il Papa della Chiesa cattolica) sia il capo; egli potrebbe essere solo un esecutore delle direttive provenienti, se non da un potere occulto, quanto meno da un centro direttivo o dai gruppuscoli di pressione di collaboratori o di teologi sotto l’influenza massonica. Ricordiamoci di Annibale Bugnini e del suo ascendente misterioso su Papa Paolo VI nella riforma liturgica. Questo Annibale sembra che fosse massone. È notorio che durante i pontificati di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, tra i membri della Curia della Santa Sede abbiano funzionato delle logge massoniche.
I papi conciliari Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno partecipato attivamente al Concilio, il primo come Padre conciliare, il secondo come esperto conciliare, e l’hanno orientato nel senso della nuova teologia, quella di una redenzione universale e di una fede evolutiva. E come papi, essi hanno applicato questi errori. Ma se sono stati loro ad applicare questo programma conciliare, niente prova che siano loro ad averlo concepito, e niente impedisce che si siano limitati ad applicare, consciamente o no, una politica che veniva da altrove. I dirigenti dell’Alta Vendita, che prepararono l’avvento di un papa secondo i loro piani, avevano chiaramente precisato che non desideravano che il papa fosse un membro della loro setta (21).
Qualunque sia il modo in cui si esercita l’influenza della setta massonica sulla Chiesa conciliare, questa influenza è innegabile.
Appartenenza formale e appartenenza materiale

È evidente che l’influenza dello spirito massonico o quanto meno la penetrazione dello spirito liberale, naturalista, ecumenico e mondialista, non è la stessa in tutti. Tra i chierici e i religiosi, vi è la maggior parte dei vescovi, dei superiori religiosi, dei professori dei seminari e delle università, nonché dei preti anziani, che aderisce formalmente, cioè coscientemente e di buon grado, ai fini prima indicati, mentre invece una minoranza di giovani preti o religiosi e di seminaristi non vogliono sentir parlare del Concilio o non gli prestano alcuna attenzione e desiderano il ritorno alla teologia di San Tommaso, alla Messa tradizionale, alla disciplina classica e alle virtù cristiane. Questi ultimi, in cuor loro, non appartengono alla Chiesa conciliare. Tra questi due estremi si colloca la massa dei cattolici, che sono conciliari per abitudine, conformismo o comodità, i quali, come detto prima, mantengono un’appartenenza puramente materiale alla Chiesa conciliare. La labilità dei limiti esistenti tra queste categorie non aiuta nella chiara delimitazione delle due Chiese.
Bisogna concepire due Chiese materialmente distinte: la cattolica e la conciliare?

Da quanto detto fin qui si possono trarre due conclusioni relative ai rapporti tra le due Chiese.
Innanzi tutto, la Chiesa conciliare non è materialmente separata dalla Chiesa cattolica. Essa non esiste indipendentemente dalla Chiesa cattolica. Certo, tra esse vi è distinzione, una distinzione formale senza separazione materiale assoluta. La gerarchia della Chiesa conciliare coincide quasi esattamente con la gerarchia della Chiesa cattolica. Come si può dire (cum grano salis) che il liberalismo è un’eresia cattolica, nel senso che esso nasce solo in seno alla Chiesa cattolica ed esiste e si sviluppa solo a spese della Chiesa cattolica, così si può dire che la Chiesa conciliare nasce dalla corruzione della Chiesa cattolica e può vivere solo di questa corruzione, come un parassita che vive solo a spese dell’organismo occupato, succhiando la sostanza del suo ospite per costruire la sostanza propria. Vi è una sorta di trasferimento di sostanza, se così si può dire, dall’una all’altra, evidentemente in senso metaforico e non filosofico. Per diventare conciliare, non c’è bisogno di separarsi dalla Chiesa cattolica, basta lasciarsi corrompere dal veleno conciliare e lasciare che il parassita conciliare assorba la propria sostanza. Basta praticare la Messa della nuova religione e aderire, formalmente o materialmente, all’ecumenismo liberale che ne è la forma.
Per altro verso, la Chiesa conciliare non coincide necessariamente con la Chiesa cattolica, né nei suoi capi, né nei suoi membri. I capi dell’una non sono sempre i capi dell’altra. I membri della prima, a causa dell’eresia, possono aver cessato di essere membri della seconda, ma questo non è necessario. La Chiesa cattolica è la sola vera Chiesa, la sola Chiesa fondata da Nostro Signore Gesù Cristo. Ma questo non impedisce alla Chiesa conciliare di essere una realtà sociale: non solo un partito, ma una contraffazione della Chiesa, diretta da una setta di dirigenti, una setta che ha il suo sistema o ideologia, che è la forma di questa Chiesa conciliare, e che la manovra ai suoi fini con i suoi ripetitori e i suoi esecutori, e che raggruppa una vasta parte della gerarchia e dei fedeli cattolici più o meno coscienti e consenzienti della diametrale deviazione che essa opera. È in questo senso che il Padre Calmel ha potuto parlare di «Chiesa dei pirati». Questa metafora dice tutto.
«Questa Chiesa conciliare è una Chiesa scismatica!»

Nel 1971, cioè più di cinque anni prima della «Chiesa conciliare» di Mons. Benelli, lo stesso Padre Calmel, nella rivista Itinéraires, denunciava la «nuova Chiesa che il Vaticano II ha cercato di presentare», «la nuova Chiesa post-vaticanesca», e spiegava:
La falsa Chiesa che si presenta fra noi a partire dal curioso concilio Vaticano II, si allontana sensibilmente, anno dopo anno, dalla Chiesa fondata da Gesù Cristo. La falsa Chiesa post-conciliare si contrappone [nel testo francese “contredivise”, con la sfumatura della separazione con la contemporanea opposizione] sempre più alla santa Chiesa che da venti secoli salva le anime (e in sovrappiù illumina e sostiene la società). La pseudo-Chiesa in costruzione si contrappone sempre più alla Chiesa vera, alla sola Chiesa di Cristo, con le più strane innovazioni, sia nella costituzione gerarchica sia nell’insegnamento e nei costumi (22).

Le espressioni «falsa Chiesa» e «pseudo-Chiesa» sono molto pesanti, e il verbo «se contrediviser» indica una mutazione formale di una parte della Chiesa, parte che si aggrappa alla dinamica cattolica per andare a divagare formalmente fuori di essa. Il Padre Calmel fu veramente profeta. Fu solo cinque anni e mezzo più tardi, dopo aver ricevuto la famosa lettera di Mons. Benelli ed essere stato colpito da Paolo VI con una sospensione a divinis, che Mons. Lefebvre confermò con maggiore forza ai suoi amici l’esistenza di questa «Chiesa conciliare», qualificandola come «scismatica»:
Niente di più chiaro! Ormai è alla Chiesa conciliare che bisogna obbedire ed essere fedeli, non più alla Chiesa cattolica. È esattamente questo il nostro problema. Per la Chiesa conciliare noi siamo sospesi a divinis dalla Chiesa conciliare, di cui non vogliamo far parte. Questa Chiesa conciliare è una Chiesa scismatica, perché rompe con la Chiesa cattolica di sempre. Essa ha i suoi dogmi (23), il suo nuovo sacerdozio (24), le sue nuove istituzioni (25), il suo nuovo culto (26), già condannati dalla Chiesa in tanti documenti ufficiali e definitivi. È per questo che i fondatori della Chiesa conciliare insistono tanto sull’obbedienza alla Chiesa odierna, prescindendo dalla Chiesa di ieri come se questa non esistesse più… […] La Chiesa che afferma simili errori è al tempo stesso scismatica ed eretica. Questa Chiesa conciliare non è dunque cattolica. Nella misura in cui il Papa, i vescovi, i preti o i fedeli aderiscono a questa nuova Chiesa, essi si separano dalla Chiesa cattolica. La Chiesa di oggi è la vera Chiesa solo nella misura in cui essa continua e fa corpo con la Chiesa di ieri e di sempre. La norma della fede cattolica è la Tradizione (27).
A fronte della Chiesa conciliare, cosa diventa la Chiesa cattolica?

Mons. Lefebvre sembra ammettere la trasmutazione della Chiesa cattolica in Chiesa conciliare. Cosa diventa la Chiesa cattolica?
Mons. Lefebvre risponde che è nella misura in cui, secondo il grado col quale, i capi e i battezzati aderiscono al nuovo tipo di Chiesa, che essi costituiscono una Chiesa nuova, caratterizzata dai suoi scopi terreni, umanisti, naturalisti, socialisti, ecumenisti e mondialisti, di modo che questa nuova Chiesa concepisce se stessa come più vasta e più universale della Chiesa cattolica. Bisogna aggiungere la distinzione tra l’adesione esclusiva dei capi settarii a questi fini profanatori, da una parte, e la ricerca di un compromesso tra questi fini e il fine cattolico, dall’altra: un compromesso bene espresso dal testo conciliare Lumen Gentium (§ 1): «la Chiesa è, in Cristo, in qualche modo il sacramento, ossia il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano.» Questa ambivalenza complica singolarmente il problema della distinzione delle due Chiese.
Il testo di Mons. Lefebvre dev’essere inteso con questa precisazione: è nella misura in cui i conciliari aderiscono esclusivamente ai suddetti scopi profanatori, che lasciano la Chiesa cattolica. E di questa misura noi non siamo giudici. Malgrado il suo stile polemico, con questa precisazione il testo di Mons. Lefebvre è irreprensibile. È con questa stessa precisazione che va intesa la sua ultima frase: «La Chiesa di oggi è la vera Chiesa solo nella misura in cui essa continua esclusivamente e fa corpo esclusivamente con la Chiesa di ieri e di sempre.» Una Chiesa che miri ad un tempo ad uno scopo terreno e mondialista e allo scopo soprannaturale della salvezza eterna delle anime, questa Chiesa non è più cattolica, è la Chiesa conciliare nella sua condizione virale attenuata e volgare (28).
E a fianco della Chiesa conciliare volgare, che rimane della Chiesa cattolica?
Noi rispondiamo che anche se ridotta al modesto numero della parte sana dei suoi fedeli e forse ad un solo vescovo fedele, come potrà essere la Chiesa della fine dei tempi secondo il Padre Emmanuel, la Chiesa cattolica resta la Chiesa cattolica.
Come è stata canonizzata la Chiesa conciliare

Passeranno ancora sei anni, e la promulgazione da parte di Giovanni Paolo II di un nuovo Codice di Diritto Canonico, andrà a giustificare le vedute di Monsignore su questa Chiesa conciliare. Nella sua costituzione apostolica, il Papa dichiara chiaramente di imporre alla Chiesa «una nuova ecclesiologia»:

«Perciò, il Codice, … dimostra lo spirito di questo Concilio, nei cui documenti la Chiesa, universale «sacramento di salvezza», viene presentata come popolo di Dio e la sua costituzione gerarchica appare fondata sul collegio dei vescovi unitamente al suo capo. […] Anzi, in un certo senso, questo nuovo Codice potrebbe intendersi come un grande sforzo di tradurre in linguaggio canonistico questa stessa dottrina, cioè la ecclesiologia conciliare. […] Ne risulta che ciò che costituisce la «novità» fondamentale del Concilio Vaticano II, in linea di continuità con la tradizione legislativa della Chiesa, per quanto riguarda specialmente l’ecclesiologia, costituisce altresì la «novità» del nuovo Codice. Fra gli elementi che caratterizzano l’immagine vera e genuina (29) della Chiesa, dobbiamo mettere in rilievo soprattutto questi: la dottrina, secondo la quale la Chiesa viene presentata come il popolo di Dio (Lumen Gentium, 2) e l’autorità gerarchica viene proposta come servizio (Lumen Gentium, 3); la dottrina per cui la Chiesa è vista come «comunione», e che, quindi, determina le relazioni che devono intercorrere fra le chiese particolari e quella universale, e fra la collegialità e il primato; la dottrina, inoltre, per la quale tutti i membri del popolo di Dio, nel modo proprio a ciascuno, sono partecipi del triplice ufficio di Cristo: sacerdotale, profetico e regale. A questa dottrina si riconnette anche quella che riguarda i doveri e i diritti dei fedeli, e particolarmente dei laici; e, finalmente, l’impegno che la Chiesa deve porre nell’ecumenismo.» (30).

Questo quadro della Chiesa conciliare mostra
la rovina che essa opera dell’esercizio personale dell’autorità ricevuta da Dio, con l’abbassamento della gerarchia a profitto della base;
l’omissione volontaria della necessità dell’appartenenza alla Chiesa cattolica per essere salvati;
la riduzione del sacerdozio e dell’identità sacerdotale, annegati nel sacerdozio comune dei battezzati;
l’aspirazione ad una unità universale più vasta di quella della Chiesa cattolica.
Ecco cos’è quello che noi chiamiamo la forma di questa società che è la Chiesa conciliare. Piuttosto che società bisognerebbe chiamarla dissocietà, cioè la rovina derivante dalla dissoluzione di quella società divina e umana che è la Chiesa cattolica, o meglio, se così si può dire, la disgregazione eretta a principio della nuova congregazione.
E questo, non significa evocare la parola d’ordine della rivoluzione, «Solve, coagula»: prima dissolvere ciò che esiste e poi raccogliere i pezzi sotto un altro capo, secondo un nuovo principio? E questa dissocietà che è la Chiesa conciliare, esiste; il Papa, la quasi totalità della gerarchia cattolica, la massa cosciente o meno dei battezzati cattolici, ne sono i membri, formali o materiali.
Tuttavia, questa dissocietà votata all’autodistruzione si «tiene» con la forza dei suoi agenti. Nel coagula vi è un patto tra i fautori di questa dissocietà: bisogna esigere da tutti l’adesione al Concilio e alle riforme conciliari, in modo tale che coloro che non l’accettano sono «fuori dalla comunione» o «fuori dalla piena comunione» con la Chiesa conciliare. Questa Chiesa conciliare si mantiene dunque con la paura e la violenza; la Chiesa cattolica, invece, si manteneva con la fede e la carità.
I metodi con i quali sussiste la Chiesa conciliare

Nonostante sia votata all’autodemolizione, la Chiesa conciliare sussiste vigorosamente. In che consiste la sua tenacia? Nel fatto che la sua gerarchia usa tutto il potere della gerarchia cattolica, che essa ha occupato, detiene e devia.
A partire dall’instaurazione della Messa di Paolo VI, essa ha continuamente perseguitato i sacerdoti fedeli alla vera Messa, al vero catechismo, alla vera disciplina sacramentale, e i religiosi fedeli alla loro regola e ai loro voti.
Numerosi sono i sacerdoti che sono morti di dispiacere nel dover adottare, per obbedienza, pensavano, i nuovi riti e i nuovi usi. Sono anche numerosi quelli che sono morti nell’ostracismo, nella relegazione canonica o psicologica, ma felici di portare una testimonianza inflessibile al rito cattolico, all’integra fede, a Cristo Re. Le minacce, la paura, le censure e altre punizioni, non li hanno scossi. Ma ecco che sono tanti quelli che hanno ceduto a questi metodi di violenza, al ricatto della «disobbedienza» e della destituzione, esercitato su essi dai loro superiori. È qui che si tocca con mano la malizia liberale di questi capi: non si dice a ragione che non v’è settario più grande di un liberale? Non avendo dei princípi per fare regnare l’ordine, essi fanno regnare un regime di sottomissione per mezzo del terrore.
La malizia della gerarchia  conciliare è completata dall’uso che essa fa della menzogna e dell’equivoco. Così, il motu proprio di Papa Benedetto XVI, che dichiara che la Messa tradizionale non è mai stata soppressa e che la sua celebrazione è libera, e che insieme condisce questa libertà con condizioni contrarie ad essa, e arriva fino a qualificare la Messa autentica e la sua contraffazione modernista come «forme straordinaria e ordinaria dello stesso rito romano».
La menzogna prosegue nella cosiddetta «remissione» delle scomuniche, nella quale si dice che sarebbero incorsi i quattro vescovi consacrati da S. E. Mons. Lefebvre nel 1988, come se essi vi sarebbero incorsi realmente.
Ma per un sorprendente contrasto, la gerarchia conciliare non è mai stata capace di far rispettare il quinto comandamento di Dio, «non uccidere», che non è stato quasi mai predicato dai vescovi: i paesi un tempo cattolici sono quelli in cui l’aborto è più praticato; e l’enciclica Humanse vitae di Papa Paolo VI quasi non è stata diffusa dai vescovi, nonostante la pillola anticoncezionale sia d’uso corrente tra la maggior parte delle ragazze e delle donne della Chiesa cattolica.
Gli immondi costumi del mondo attuale non sono altro che il traboccare del vizio a cui la gerarchia conciliare non ha saputo opporre alcun ostacolo.
Questa Chiesa conciliare attira nella sua pseudo-comunione una massa di cristiani che in realtà vivono nel peccato e nel paganesimo pratico.
Non appartenere alla Chiesa conciliare è una grazia e una testimonianza provvidenziale

Beati coloro che non sono di questa «comunione di profani», che ne sono provvidenzialmente esclusi o sono minacciati di esserne esclusi!
Felice relegazione o derelizione!
La vocazione della Fraternità Sacerdotale San Pio X, fin dalla sua erezione da parte della Chiesa cattolica nel 1970 e dal decreto di lode che la onorò nel 1971, non ha mai ricevuto le benedizioni e i riconoscimenti di questa Chiesa conciliare!
Senza dubbio, era necessario che questa società sacerdotale, con tutta la famiglia della Tradizione, fosse come la fiaccola accesa e non si ponesse sotto il moggio conciliare, ma sul candeliere in bella vista, affinché illuminasse tutti coloro che sono nella casa di Dio. E probabilmente era preferibile, secondo i disegni della divina Provvidenza, che questa parte sana della Chiesa, divenuta, come il divino Maestro, pietra dello scandalo, pietra rigettata dai costruttori della dissocietà ecclesiale conciliare, divenisse la pietra angolare e la chiave di volta (31) della cattedrale cattolica indistruttibile.
La nostra testimonianza inflessibile della vera Chiesa di Gesù Cristo, del sacerdozio e della regalità di Cristo Sacerdote e Re, esige senza dubbio, da parte della Chiesa conciliare, l’esclusione e l’ostracismo pronunciato contro di noi e contro ciò che rappresentiamo. Ma, come San Giuseppe, nel suo esilio in Egitto portò il Bambino Gesù e la sua divina Madre, che costituivano il germe della Chiesa, così la famiglia della Tradizione porta in sé la Chiesa, senza avere indubbiamente l’esclusiva di questa gloriosa funzione, ma avendone il midollo e il cuore, l’integrità e l’incorruttibilità. Di conseguenza, essa porta in sé il romano Pontefice, così che il successore di Pietro si libererà un giorno da una lunga cattività (32) e dal peso delle sue grandi illusioni, per proclamare al pari del primo Papa a Cesarea di Filippo, rivolto al suo Maestro: «Tu es Christus, Filius Dei vivi!».
Pertanto, se noi siamo complicati, rimpiangeremo di essere privati della comunione conciliare o della sua apparenza di comunione ecclesiale e saremo infelici e inquieti, continuamente alla ricerca di una soluzione. Se invece abbiamo una fede e una semplicità da ragazzi, cercheremo semplicemente quale testimonianza rendere alla fede cattolica. E ci accorgeremo che essa è innanzi tutto la testimonianza della nostra esistenza, della nostra permanenza, della nostra stabilità, con quella della nostra professione di fede cattolica integrale e del nostro rifiuto degli errori e delle riforme conciliari.
Una testimonianza è assoluta. Se io rendo testimonianza alla Messa cattolica, a Cristo Re, bisogna che mi astenga dalle Messe e dalle dottrine conciliari. È come col grano d’incenso agli idoli: o un solo grano o niente. Dunque, niente! (33). E ancora, questa testimonianza è anche la persecuzione: è normale da parte dei nemici della fede che vogliano ridurre la nostra opposizione diametrale alla nuova religione e, per tutto il tempo che a Dio piacerà, perseverino nei loro disegni perversi. Non è Dio stesso che ha posto questa inimicizia tra la brutta razza del diavolo e i figli di Maria? Inimicitias ponam! (34).
Allora, fin da quando, nel raccoglimento della preghiera, si percepisce questa vocazione che è la nostra, adattata da Dio alla crisi attuale, vi si acconsente in perfetta dirittura e in grande pace: dirittura incapace di avere una qualunque complicità col nemico, pace senza asprezza. Vi si accorre, vi si slancia e si grida come Santa Teresa del Bambino Gesù: «Nella Chiesa, mia Madre, ho trovato la mia vocazione!». E si chiede alla santa magnanima: «Ottenetemi la grazia di avere nella Chiesa e per la Chiesa un’anima da martire o almeno di confessore della fede!».

NOTE
1 – Nominato arcivescovo di Firenze e creato cardinale nel 1977.
2 – Si veda in particolare: Le Sel de la Terre n° 1, pp. 25-38 (Frère Pierre-Marie, «Ecclèsiologie comparèe»), pp. 114-118; Le Sel de la Terre n° 34, p. 248; Le Sel de la Terre n° 45, pp. 36-41; Le Sel de la Terre n° 59 (inverno 2006-2007), editoriale: «Une hiérarchie pour deux Églises».
3 – Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 1.
4 – Il nuovo Codice del 1983 limita la supplenza a quella del potere esecutivo.
5 – Nella Gaudium et spes (11, 2), il concilio Vaticano II dichiara di aver l’intenzione originaria di introdurre e di assimilare nella dottrina cattolica i valori liberali; questa operazione non può beneficiare dell’assistenza dello Spirito Santo ed è contraria all’oggetto del magistero, che è di «conservare santamente ed esporre fedelmente» il deposito della fede.
6 – Estenuare nel senso etimologico di ridurre al minimo o a niente.
7 – Nella risposta data da Mons. Lefebvre al cardinale Seper che l’interrogava sulla sua lettera nella quale denunciava la Chiesa conciliare.
8 – Nota del 12 luglio 1976.
9 – Interrogatorio di Mons. Lefebvre da parte del cardinale Seper, Prefetto della SCDF, 11 gennaio 1979, in Mgr. Lefebvre et le Saint-Office, rivista Itinéraires, n° 233, maggio 1979, pp. 144-145.
10 Ibid.
11 – San Tommaso d’Aquino, II-II, q. 2, a. 2.
12 - Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, 12, 1.
13 – Nelle sue visioni degli ultimi tempi della Chiesa, ella vede da un lato i demolitori della Basilica di San Pietro, che rimuovo le pietre, e dall’altro i ricostruttori. Alla fine, i demolitori interrompono la loro opera di distruzione e arriva la riconciliazione.
14 – P. J. Meinvielle, De la Cabala al progressismo, 2° ed., Buenos Aires, 1994, pp. 363-364.
15 – San Pio X, Enciclica Pascendi, 8 settembre 1907, nn. 2, 3 e 61. Si veda anche: «Nessuno tra i Vescovi ignora, riteniamo, che una genia perniciosissima di persone, i modernisti, anche dopo che con l'Enciclica Pascendi dominici gregis (8 settembre 2007) fu tolta loro la maschera di cui si coprivano, non hanno abbandonato i loro piani di turbare la pace della Chiesa. Difatti non hanno cessato di ricercare nuovi adepti raggruppandoli in una società segreta, e per mezzo di costoro inoculare il veleno delle loro opinioni nelle vene della società cristiana con la pubblicazione di libri e scritti anonimi o sotto falso nome.» Motu proprio Sacrorum antistitum, 1 settembre 1910.
16 – Mons. Marcel Lefebvre, Lo hanno detronizzato, ed. Amicizia Cristiana, Chieti, 2009, pp. 156, 157, 158.
17 – Per Contro-Chiesa bisogna intendere, non la stessa Chiesa conciliare, ma la setta massonica e tutte le sette che l’hanno preceduta nello stesso spirito gnostico e anticristico; così come la setta modernista, la cui dottrina è anche una gnosi: una reinterpretazione naturalista della fede cattolica.
18 – I papi che hanno visto chiaro.
19 – Il movimento di Marc Sangnier, dei primi del XX secolo, che voleva fare della Chiesa l’animatrice della democrazia e che San Pio X condannò con la sua enciclica Notre charge apostolique.
20 – Conferenza spirituale, Ecône, 21 giugno 1978; si veda Le Sel de la Terre n. 50, p. 244.
21 - «Sarebbe un sogno ridicolo, e, in qualsiasi modo si svolgano gli avvenimenti, se per esempio dei Cardinali o dei prelati siano entrati, di loro spontanea volontà o di sorpresa, a parte dei nostri segreti, questo non è nient'affatto un incentivo per desiderare la loro elevazione alla Sede di Pietro. Questa elevazione ci rovinerebbe. L'ambizione li avrebbe condotti all'apostasia, i bisogni del potere li costringerebbero a sacrificarci. Quel che noi dobbiamo chiedere, quel che noi dobbiamo cercare e attendere, come gli Ebrei attendono il Messia, è un papa adatto ai nostri bisogni…» (Istruzione dell’Alta Vendita, del 1819).
22 – P. Roger-Thomas Calmel, O.P., Autorité et sainteté dans l’Église, in Itinéraires n. 149, gennaio1971, pp. 13-19; riprodotto in Le Sel de la Terre n. 40, pp. 77 e 85-87.
23 – La dignità della persona umana.
24 – Il sacerdozio comune dei battezzati.
25 – Istituzioni collegiali: sinodo episcopale, consiglio episcopale, consiglio parrocchiale…
26 – La nuova Messa, che non si presenta più come il sacramento della Passione di Cristo.
27 – Mons. Marcel Lefebvre, Lettera ai suoi amici, manoscritta e fotocopiata, del 29 luglio 1976; riprodotta in Le Sel de la Terre n. 36, p. 10.
28 – Facciamo notare che, nei fatti, gli insegnamenti riguardanti lo scopo soprannaturale della salvezza eterna delle anime (per esempio il Credo di Paolo VI o la sua enciclica Humanae vitae) restano lettera morta a causa del liberalismo dei vescovi e della mancanza di volontà del Papa di applicare la dottrina cattolica.
29 – Notiamo la pretesa del nuovo codice di presentare della Chiesa la sua «immagine vera» (sic), che essa indubbiamente aveva ignorata o dissimulata fino ad allora, una «immagine», un modello di Chiesa che è per altro verso «una novità fondamentale»! L’incoerenza fa a gara con l’audacia. [Nella citazione, le virgolette sono quelle del testo ufficiale – NdT]
30 – Giovanni Paolo II, Costituzione apostolica Sacrae disciplinae leges, 25 gennaio 1983.
31 – Cfr. 1 Pietro, 2, 6-8.
32 - «Ed ecco gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. Egli toccò il fianco di Pietro, lo destò e disse: «Alzati, in fretta!». E le catene gli caddero dalle maniAtti, 12, 7.
33 – Cfr. P. Roger-Thomas Calmel, O.P., Ritiro della Settimana Santa 1974, predicato ai seminaristi di Ecône, 7 aprile 1974, ore 18,00, secondo le note di un partecipante.
34 - «Io porrò inimicizia tra te e la donna,
tra la tua stirpe
e la sua stirpe:
 questa ti schiaccerà la testa 
e tu le insidierai il calcagno» Genesi, 3, 15.




(su)


agosto 2013

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