A proposito di “arte sacra”
IL FUMO DI
SATANA ALL'INTERNO DELLA CHIESA
NON È POI
COSÍ IMPALPABILE ED ETEREO
Una breve intervista al “famoso” francescano Fra' Costantino,
pubblicata su Avvenire, ha suscitata l'indignazione
di alcuni lettori
Una di esse, scandalizzata, ha scritto al Direttore del
giornale:
è ancora in attesa di una risposta.
Pubblichiamo l'intervista in questione, la lettera della
lettrice e una nota informativa sulla “fama” di Fra' Costantino O. F. M.,
al secolo Carlo Ruggeri
L'intervista di Avvenire
La lettera di protesta della lettrice
La nostra nota informativa
L'intervista di Avvenire
Avvenire Domenica 6 novembre 2005, p. 19
FEDE E BELLEZZA
Architetto, scultore,pittore. Il francescano, 80 anni,
ha progettato luoghi di culto in Italia, Israele, Giappone, Africa. Ora
un’esposizione ripercorre la sua mirabile avventura artistica.
Ruggeri: "Creo spazi mistici dove abiti la perfetta letizia"
Fra’ Costantino ha incrociato i passi di maestri come
Fontana, Sironi, Meier, Siza
Di Domenico Montalto
"Ed io, ricuperato all'eterno / brucio come lento sogno".
In questi versi autografi sono sigillate tutta la poetica
e l'opera di Carlo Ruggeri,
per la Chiesa e per l'arte fra' Costantino.
Ottant'anni spesi con l'intensità e il cuore di
padre Costantino
- bruciando nel sogno di una visione -
sono l'età giusta per ricapitolare il senso e
la bellezza di un lavoro enorme,
che ha lasciato nel nostro tempo un segno inconfondibile
fatto di colore e di luce;
una lezione ora rivisitata da un mostra che è
un po' antologia e corona d'una vita,
dedicatagli da Adro (Brescia), il paese natìo.
Fra' Costantino, lei ha progettato 23 chiese e decine
di cappelle in Italia, Israele, Africa e Giappone; ha lasciato un'opera
pittorica e scultorea imponente; ha inventato il premio "Frate Sole", divenuto
un luogo di riferimento internazionale per l'architettura sacra contemporanea.
Che effetto le fa, ora, girarsi a rivedere il lungo cammino percorso?
"L'effetto della gioia data dalla constatazione
che la vita non è stata buttata via, che qualcosa è stato
fatto per amore dei fratelli. Non mi sono mai chiesto, teoricamente, quale
fosse lo "scopo" dell'arte, compresa quella destinata a servire la liturgia.
Sentivo che essa aveva come ragione ultima il dare gioia agli altri, il
creare - possibilmente con semplicità - uno spazio di armonia, poesia
e serenità nel mare di contrarietà e durezze che è
la vita degli uomini. Una chiesa, con le sue forme e i suoi mattoni, deve
soltanto rendere visibile, sensibile, quella presenza di Dio che c'è
già, che è innata dentro di noi".
Lei ha affrontato l'avventura dello "spazio mistico" con
francescana "nonchalance", talora fronteggiando critiche e incomprensioni,
senza mai farsi un problema dei dettati teologici e dei dogmi liturgici.
"I problemi liturgici e teorici passano in secondo
piano davanti alla domanda dei cuori. Quando mi trovo nel confessionale,
cerco di far sì che il fratello che mi è di fronte possa
uscire di l ì con un po' di speranza, con l'anima più leggera.
La speranza cristiana è qualcosa di concreto, che tocca anche le
persone più smarrite e disperate. Non faccio prediche, cerco solo
di comunicare gioia. Anche nel costruire chiese, nel progettare altari
o vetrate ho cercato di attenermi alla stessa regola: l'edificio sacro
non dev'essere una "predica" ma un luogo in cui Dio incontra l'uomo, manifestandosi
come luce pacificante, rivelandogli quella bellezza antica e sempre nuova
che si rinnova ad ogni sorgere del sole, che è epifania del Signore.
Ma la bellezza sempre nuova non è solo quella del creato; è
anche quella del cuore e dell'intelletto che cerca, della genialità
umana. Questo ci rende sempre apertissimi davanti all'inedito, all'altro,
al diverso. Certo per far accettare la novità, soprattutto nell'architettura
e nell'arte sacra, occorre tempo. Ma sono convinto che la sincerità
del cuore paga sempre. Inoltre, nell'aspettativa, i problemi veri divengono
più precisi e luminosi. Del resto la perfetta letizia insegnataci
da san Francesco ci soccorre nelle incomprensioni".
Nella sua opera di rinnovamento culturale dell'architettura
sacra, lei ha in effetti ha intessuto legami con uomini e intelligenze
laiche, o di altre fedi e identità - come Tadao Ando, Alvaro Siza,
Richard Meier - creando esperienze di dialogo e di collaborazione senza
precedenti. In nome di che cosa?
"In nome del nostro essere figliolanza di un
Padre che ci affratella tutti. Le diverse culture ci parlano, ognuna col
suo accento, di quella medesima appartenenza al Padre, del quale ognuno
reca in sé una scintilla. Sono espressioni diverse unite da un unico
amore. Del resto ogni colore, riga o pennellata è una parola aggiunta
al canto, anzi al cantico dell'uomo al suo Creatore: non conta la lingua
con cui questa parola viene detta. Lavorando in Africa, nel Burundi, ho
cercato di diventare un negro, di far mio quella loro spontaneità
e genuinità di sentimento che ha tanto influito sull'arte moderna
dell'Occidente, da Modigliani a Picasso. Lì la natura è splendida,
e il loro linguaggio formale è un'esplosione priva di schematismi.
Il Burundi è la mia seconda patria".
Quali sono sono state le persone, gli incontri, le frequentazioni
determinanti nella sua vicenda d'artista?
"Innanzitutto padre Favaro, storico direttore
del Centro San Fedele di Milano, provvidenziale, che mi ha sempre incoraggiato.
Poi Lucio Fontana, per il quale prego sempre: un vero uomo di Dio, dal
cuore generoso. Stare con lui era una delizia. Dalla sua amicizia ho ricevuto
aiuto concreto, anche economico, nei momenti di difficoltà e avvilimento
che sempre toccano un giovane artista; dal suo genio ho appreso il mestiere.
Ripeteva sempre: Costantino, ora pro me. Un altro indimenticabile maestro
è stato Mario Sironi, che ho conosciuto nel momento più tragico
della sua vita, quello del suicidio della figlia. Presentò lui la
mia prima mostra, nel 1951, a Milano. Sommo disegnatore, è stato
il più grande artista italiano del XX secolo".
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La lettera di protesta della lettrice
Egregio Direttore,
il fumo di satana all’interno della Chiesa non è poi così
impalpabile ed etereo.
A pag. 19 del Suo giornale di Domenica 6 novembre, esso
si addensa e si coagula in vivaci colori primari, luci arcobaleno e futuribili
marchingegni.
Sì, parlo, purtroppo, di Fra’ Costantino Ruggeri,
esempio fulgido di come la Chiesa abbia perduto da anni le coordinate riguardo
alla committenza di arte sacra, e di come abbia dato
spazio, troppo spazio, tutto lo spazio a personaggi che
hanno contrabbandato per cattoliche rappresentazioni delle realtà
umano-divine (l’arte, appunto) che, viceversa, scaturivano da
“ogni vento di dottrina”: panteismo, modernismo, archeologismo,
sincretismo, new age, ecc.
Nell’intervista Padre Ruggeri dichiara: “ Non mi
sono mai chiesto, teoricamente, quale fosse lo "scopo" dell’arte, compresa
quella destinata a servire la liturgia.”.
Viene subito da dire: “...e si vede!”
La superficialità e l’arroganza sbandierata su
argomenti di tale delicatezza e santità, è veramente insopportabile.
Ma subito l’artista chiarisce: “Sentivo che essa
[l’arte sacra] aveva come ragione ultima il dare gioia agli altri…”.
Dunque non è più la gloria di Dio, il rendimento
di grazie, il massimo del decoro per lo spazio sacro, lo scopo dell’architettura
e dell’arte liturgica, ma ottenere “ …uno spazio di armonia, poesia
e serenità nel mare di contrarietà e durezze che è
la vita degli
uomini.”
Questa può essere benissimo la descrizione di
un centro del benessere, o della mia casa di campagna, non della casa di
Dio!
Quando poi l’intervistatore domanda a Fra’Costantino della
sua “avventura dello "spazio mistico" affrontata con francescana
“nonchalance" ”, vero frullato di kitch giornalistico-religioso, il poliedrico
frate risponde testualmente: “ I problemi liturgici e teorici passano
in secondo piano davanti alla domanda dei cuori.”
Questo è modernismo.
E aggiunge: “ In confessionale non faccio prediche,
cerco solo di comunicare gioia…”
e qui è già più sul versante new-age.
Non se ne può più di questi inni alla “gioia”,
tanto banali quanto fuori luogo. La parola magica del “catholically correct”
ricorre come un tormentone, confondendosi, subdolamente nel titolo, addirittura
con la perfetta letizia di San Francesco che è cosa ben diversa,
trattandosi dell'arduo traguardo mistico in cui la propria volontà
si annulla in quella di Dio e vi coincide totalmente.
Alla base di questo guazzabuglio c’è l’eresia modernista
che, condannata da San Pio X con l’enciclica Pascendi nel
1907, ha continuato a proliferare all’interno della Chiesa, spesso
anche per ignoranza.
L’intervista è lì a testimoniare quanto
affermo: l’argomento è l’arte sacra cattolica, ma neppure una
volta si nomina nostro Signore Gesù Cristo!
Anche termini come “tradizione” e “fede cattolica” sono
del tutto assenti. Si parla solo di “fedi”...con tutt' un ispirato inno
al più scivoloso ecumenismo.
Leggere su un giornale cattolico queste cose è
per me di grande scandalo e credo sarebbero doverose, da parte Sua, delle
scuse e qualche rettifica.
Grazie per l'attenzione.
Distinti saluti
FP |
La nostra nota informativa
La breve intervista pubblicata da Avvenire si collegava
alla mostra organizzata dal Comune di Andro, in provincia di Brescia, dal
5 novembre 2005 all'8 gennaio 2006, in occasione degli ottant'anni di Fra'
Costantino O. F. M., al secolo Carlo Ruggeri.
Il titolo della mostra: COSTANTINO RUGGERI. L’ARCHITETTURA
DI DIO. TADAO ANDO, ALVARO SIZA, RICHARD MEIER: LE CHIESE DI “FRATE SOLE”,
è tale da suggerire subito di cosa si tratti.
Di tutto, forse, ma sicuramente non “di chiese” né
di “architettura di Dio”.
Vediamo perché.
Costantino Ruggeri, come viene chiamato, è uno
di quelli che ha spadroneggiato in questi 40 anni, operando in ogni modo
per la depravazione dell'architettura sacra in seno alla Chiesa cattolica.
Non solo, ma si è proficuamente adoperato per promuovere ogni sorta
di “artista” moderno in grado di lavorare allo stesso scopo.
Nel 1995 ha financo costituita la “Fondazione Frate Sole”
che ogni quattro anni assegna un premio alla migliore opera di sovversione
dell'architettura cattolica. Oltre alla somma di 150.000,00 Euro, il premiato
riceve una specie di coppa (il “Ciel d'oro”), che, manco a dirlo,
è opera dello stesso Fra' Costantino, e, come si può vedere
qui a fianco, lascia capire chiaramente che si tratta di sacra architettura
cattolica (!!!), di quella nuova però, di quella che secondo i nuovi
canoni partoriti dallo “spirito del Concilio” non ha niente di sacro, niente
di cattolico e, quasi sempre, niente di architettonico.
Nel 1996 il premio è stato assegnato al giapponese
Tadao Ando, perché “Nelle opere … costruite da Tadao Ando,
appaiono evidenti e costanti contenuti di semplicità, di purezza
di linee e di intensità mistica, particolarmente significativi per
la connotazione dello spazio sacro.”
Si possono ammirare tali contenuti nelle seguenti pagine,
che illustrano gli stessi edifici religiosi menzionati nella motivazione
del premio:
- Cappella
sul monte Rokko a Kobe, Hjogo, Giappone
- Chiesa
della luce a Ibaraki, Osaka, Giappone
- Chiesa
sull'acqua a Tomamu, Hokkaido, Giappone
Nel 2000 il premio è stato assegnato al portoghese
Alvaro Siza Vieira, perché “La Commissione ha riconosciuto
in quest’opera valori di alta significazione plastica e poetica, generatori
di un senso di spazialità sacra ottenuti per mezzo di forme e materiali
essenzialmente minimali ed esemplarmente elementari come materia e come
trattamenti.”
L'opera di cui si tratta è la chiesa di Santa
Maria a Marco di Canavezes, vicino Oporto, in Portogallo.
Nel 2004 il premio è stato assegnato all'americano
Richard Meier, “per la realizzazione della chiesa dedicata a Dio
Padre Misericordioso in località Tor Tre Teste in Roma. In essa
si ravvisano qualità espressive di valori mistici, armonia e bellezza
delle forme. Originalità e forza creativa nella concezione architettonica
conferiscono all'edificio un'alta atmosfera di spiritualità.”
Di questi “valori mistici” e di questa “atmosfera di
spiritualità” ci
siamo già occupati, segnalando proprio il rovesciamento di ogni
orientamento in questa che è stata pensata come la chiesa modello
del Giubileo del 2000. |
Costruito in alluminio, il
"Ciel d'oro" raffigura una
sfera (la terra) nel cui centro
è stabile una chiesa che,
sconvolgendo il mondo, esce
daiconfini umani per
elevarsi al cielo.
Questa la spiegazione di Fra'
Costantino.
A noi, invece, sembra di
ricordare che un autore
cattolico collocava al centro
della terra la sede di Lucifero.
Ma nessuno fa più caso a
queste cose, tanto il Diavolo
pare che non esista più. |
|
Ma ci siamo anche occupati di qualcuna delle opere dello
stesso Fra' Costantino, il nuovo
Santuario della Madonna del Divino Amore, a Roma, al quale abbiamo
ora aggiunto il Santuario
San Francesco Saverio, a Yamaguchi, in Giappone.
Chi avrà la pazienza di dare uno sguardo a tutta
questa bassa macelleria, si renderà subito conto che ci troviamo
al cospetto di una sorta di lavoro diabolico; ed ancora una volta con l'uso
sconsiderato, irresponsabile e blasfemo della figura del Santo di Assisi.
Il premio viene assegnato il 4 ottobre, nella Festa del
Santo, il linguaggio è mutuato da quello del Santo, perfino nel
nome della Fondazione che premia queste assurde realizzazioni anticattoliche,
e il Frate si fa |
 |
scudo di semplicità e di bonomia convinto com'è
che il chiasso visivo delle sue fantasmagoriche vetrate possa apparire
come segno di bellezza e di magnificenza del creato.
In questa intervista vi è una dichiarazione significativa
di Fra' Costantino. Quando egli dice che “ Certo per far accettare
la novità, soprattutto nell'architettura e nell'arte sacra, occorre
tempo. Ma sono convinto che la sincerità del cuore paga sempre.”,
di certo si riferisce al sempre più ampio consenso che ha finito
col riscuotere perfino tra gli alti prelati, e non si rende conto, peverino,
che è proprio tale consenso sconsiderato che sta a rivelare il generale
stato di ignoranza e di miscredenza che ha trasformato le chiese cattoliche
in orribili luoghi di culto del nulla, in deprimenti locali da discoteca,
in puerili e meschine esercitazioni di chiunque si illude di avere un decente
senso estetico: come è il caso di Carlo Ruggeri.
La cosa drammatica è che non stiamo parlando
di un caso accidentale, né di una iniziativa estemporenea, ma stiamo
parlando di un personaggio e di una attività che sono al centro
della Chiesa, che sono considerati come esemplari.
È la Chiesa intera ad essere infestata da queste
influenze mefitiche, e bene ha fatto l'amica lettrice a considerare che
il
fumo di Satana non è affatto impalpabile, ma ben visibile, con tanto
di nomi e cognomi.
Speriamo, e preghiamo, perché tutto questo finisca,
perché a Roma ci si reda conto che non si può andare ancora
correndo verso l'abisso, perché finalmente si allontanino dalla
Chiesa e dalle chiese questi personaggi oscuri: così che si possa
tornare a rendere a Dio il Culto dovutoGli in luoghi degni della Sua Gloria
e della Sua Maestà.
(IMUV dicembre.2005)
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