Intervista di

S. Ecc. Mons. Richard Williamson, FSSPX

rilasciata al settimanale francese Rivarol
il
2 agosto 2013




Intervista condotta da Jérôme BOURBON, <jeromebourbon@yahoo.fr>.
RIVAROL numero 3105 del 2 agosto 2013.
www.rivarol.com
Editions des Tuileries, Tour Ancône, 82 boulevard Masséna, 75013 Paris.

impaginazione e neretti sono nostri


Premessa di Rivarol

La politica di riavvicinamento di Mons. Fellay con quella che Mons. Lefebvre chiama la “Roma modernista”, ha condotto a delle tensioni e a degli strappi in seno alla Fraternità San Pio X. Perché i nostri lettori possano farsi da soli un’idea sulla questione, diamo la parola a due principali capi delle file dell’opposizione alla politica della direzione della FSSPX, i quali non sono generalmente interpellati dai media. Mons. Richard Williamson, che non ha bisogno di presentazioni, e Don Joseph Pfeiffer, capo della FSSPX di Stretta Osservanza, ci spiegano liberamente la loro posizione.



Intervista

(Mancano le tre prime domande e risposte sull’affare Williamson e la Shoah, che Rivarol non ha pubblicato sul sito, invitando i lettori a procurarsi la versione cartacea)



Rivarol: Un po’ di settimane fa è stato reso pubblico il famoso preambolo dottrinale del 15 aprile 2012, nel quale Mons. Fellay riconosce esplicitamente la legittima promulgazione della nuova Messa, accetta il nuovo Codice di Diritto Canonico di Giovanni Paolo II e afferma la validità di tutti i nuovi sacramenti della Chiesa conciliare. Che ne pensa di questo documento, che non è mai stato chiaramente ritrattato nell’essenziale?

Mons. Williamson: La Dichiarazione Dottrinale (o Preambolo Dottrinale) del 15 aprile 2012, sottoposta alle autorità romane da Mons. Fellay e dal suo Consiglio Generale come base per un futuro accordo pratico fra Roma e la Fraternità San Pio X, è un disastro di prim’ordine. Essa rappresenta la capitolazione essenziale di Mons. Fellay al cospetto della Roma modernista. Accettata da Roma, essa avrebbe messo fine all’opera di Mons. Lefebvre, opera eroica di resistenza all’apostasia peraltro pressoché totale degli uomini della Chiesa conciliare. E Mons. Fellay non ha minimamente ritrattato la marcia dottrina di questa Dichiarazione. Al contrario, tutto indica che egli intende condurre in porto il suo lavoro di distruzione dell’opera di Mons. Lefebvre. Se non si riesce a far dimettere Mons. Fellay, sarà la fine della Fraternità San Pio X di Mons. Lefebvre.

Rivarol: E cosa pensa della dichiarazione dottrinale dei tre vescovi della FSSPX del 27 giugno 2013 e in particolare del paragrafo 11, che apre la strada al principio di un accordo pratico con la Roma modernista? Come spiega che due suoi confratelli nell’episcopato, Mons. Tissier e Mons. de Galarreta, che avevano firmato con Lei, il 7 aprile 2012, una lettera contro la politica “accordista” della Casa Generalizia, abbiano poi cambiato casacca e sembrano difendere Mons. Fellay?

Mons. Williamson: La Dichiarazione dei tre vescovi del 27 giugno non è affatto migliore. Essa è stata concepita e offerta per calmare le cose, per placare gli spiriti cattolici messi in allarme dai comportamenti del Quartier Generale della Fraternità e dai suoi sforzi di ricollegamento con la Roma conciliare, sforzi diventati pubblici a partire dal mese di marzo 2012. Ma attenzione! Molto chiaramente, il paragrafo 11 lascia ancora la porta aperta  al tradimento della Fraternità tramite un accordo pratico e non dottrinale con le autorità romane, e anche in questa nuova Dichiarazione si rivela dappertutto la mano di Mons. Fellay, e cioè delle parole abilmente scelte per dire il contrario di ciò che apparentemente si dice. Apparentemente si critica la nuova religione; di fatto si dosa tutto col cucchiaino. Documento da studiare a fondo. Un cattolico non può fidarsi per niente di quello che esce attualmente dalla Menzingen di Mons. Fellay.

Rivarol: Può valutare le forze che oggi resistono apertamente alla politica “accordista” di Menzingen? Come spiega che la resistenza sia numericamente così modesta?

Mons. Williamson: Perché la resistenza a queste infamie di Menzingen, a questo tradimento spaventoso della Fede da parte dei capi della Fraternità, è stata così poco vigorosa? Bella domanda. La mia risposta è che il mondo moderno è profondamente malato. Dopo il Vaticano II, la resistenza non è stata forte in tutta la Chiesa. 50 anni più tardi, la resistenza alla stessa malattia è ancora meno forte. L’uomo moderno è marcio, è morente. Ma i cattolici credenti e chiaroveggenti hanno cominciato a reagire. La «Resistenza» è esplosa prima di tutto negli Stati Uniti, nella primavera dell’anno scorso, poco dopo di è manifestata nell’America del Sud e in Inghilterra, ma nell’Europa continentale non si è affrettata. E tuttavia io penso che arriverà, perché tutti non possono girare le spalle alla verità, ed essa farà la sua strada, lentamente, ma sicuramente. Gli Italiani dicono: «Chi va piano, va sano e va lontano». La Resistenza andrà lontano – fino al Cielo, se Dio vuole!

Rivarol: Dei fedeli della Fraternità che hanno manifestato simpatia per la resistenza, secondo diverse testimonianze, sono stati privati della comunione e/o dell’assoluzione. Peraltro, in seguito alla lettera aperta a Mons. Fellay dei 37 sacerdoti della FSSPX, diversi ecclesiastici della Fraternità che sono stati sanzionati ed hanno ricevuto un «decreto penale» (sic!), si sono lamentati per il pirataggio della loro corrispondenza elettronica, per l’usurpazione di identità, per falsi e uso di falsi. Cosa ne pensa dell’uso di questi metodi nei confronti di questi sacerdoti?

Mons. Williamson: Tali metodi sono una vergogna, e un peccato grave contro la sana moralità, ma sono del tutto normali e del tutto giustificati, visto il liberalismo fantasioso e tirannico che si è impossessato della direzione della Fraternità San Pio X. Il liberalismo è l’adorazione della libertà umana al posto dell’adorazione di Dio, dunque in fondo è la crociata contro Dio. Ora, Dio è divino, dunque questa crociata liberale ha una dimensione divina, quindi il fine giustifica i mezzi. Ne consegue che Mons. Fellay e i suoi complici sono convinti che hanno il diritto di fare qualunque cosa per schiacciare – e dico proprio schiacciare – ogni resistenza al loro ricollegamento con la Roma conciliare. Ma un tale delirio non  di ieri. Nostro Signore, non ha predetto ai suoi Apostoli che la sinagoga li avrebbe messi a morte a causa della vera religione? (Gv. 16, 2).

Rivarol: Che ne pensa dei primi passi di Francesco I, della sua collisione ancora più grave col giudaismo, l’islam, del suo immigrazionismo e della sua volontà di “canonizzare” prima della fine dell’anno Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII? Non è un modo per “canonizzare” il concilio Vaticano II? E questo non solleva il problema dell’autorità, visto che tutti i manuali di teologia di prima del Vaticano II, insegnano che il Papa è infallibile quando procede a delle canonizzazioni? Secondo i teologi cattolici, infatti, si tratta di una certezza teologica. Cosa ne pensa di tutto questo?

Mons. Williamson: L’accanimento di cui danno prova i capi della Chiesa conciliare nel voler canonizzare i pontefici conciliari (tutti i pontefici dopo Giovanni XXIII), manifesta la ferma volontà dei nemici di Dio di farla finita con la religione cattolica e di volerla rimpiazzare con la nuova religione del Nuovo Ordine Mondiale. Così ad una neo-Chiesa corrispondono dei neo-santi, fabbricati con una procedura smantellata e “rinnovata” per “canonizzarli”. Come sempre accade col modernismo, le parole rimangono le stesse, ma il contenuto è completamente diverso. Perciò i cattolici credenti non devono nutrire alcuna preoccupazione per l’infallibilità di queste neo-canonizzazioni. Esse procedono da un sosia della Chiesa cattolica.
Ma cos’è alla fine questo sosia? Domanda delicata, perché in un niente si viene trattati da “sedevacantista”, termine che oggigiorno spaventa le brave persone quasi come il termine “antisemita”. Ma si tratta di cogliere la realtà, di «portare un giudizio giusto», come dice Nostro Signore, e di non lasciarsi ingannare dalle apparenze, dalle emozioni o dalle parole.
Dunque, in realtà, per quello che Suor Lucia chiamava processo di «disorientamento diabolico», gli uomini di Chiesa, dopo gli anni ’50 e ’60, hanno lasciato pervertire la loro fede cattolica dalle idee e dagli ideali liberali della Rivoluzione, nel senso ampio della parola, e cioè di questa insurrezione radicale dell’uomo moderno contro il suo Dio e Creatore. Eppure, questi traditori restano degli uomini di Chiesa, nel senso che solo loro stanno “seduti sulla cattedra di Mosè”, come dice Nostro Signore (Mt. XXIII, 2).
In altre parole, il sosia in questione è la Chiesa occupata non da uomini che non sono uomini di Chiesa, ma da uomini le cui teste sono occupate da una nuova religione che non è assolutamente la cattolica. Cosa questa che non impedisce che in questa falsa Chiesa, alcuni vescovi, diversi sacerdoti e un buon numero di fedeli possano aver conservato la Fede cattolica. Essi si trovano su un versante scivoloso e molto pericoloso, ma non si può dire che siano fuori dalla vera Chiesa.
In breve, con queste autorità della neo-Chiesa io mi comporterei come con un padre di famiglia provvisoriamente folle. Non presterei alcuna attenzione alla sua follia, se non quella necessaria per osservare il momento in cui tale follia finisce, e non cesserei di amarlo e anche di rispettare l’autorità intrinseca alla sua qualità di padre.

Rivarol: Benedetto XVI è considerato dai media come un «papa emerito», si veste di bianco come il suo successore, come lui porta lo zucchetto, i due si incontrano davanti alle telecamere. Questa maniera di prendersi giuoco del papato, non è un segno, tra gli altri, che essi non credono di essere (o di essere stati) vicari di Cristo?

Mons. Williamson: Piuttosto che dire che Benedetto XVI e Papa Francesco non credono di essere papi, io direi che l’uno e l’altro concepiscono a modo proprio cosa significhi essere Papa. Per esempio, i loro due modi di concepire questa funzione non sono già diversi tra loro? È il soggettivismo che fa sì che l’uno e l’altro si sentano liberi di adattare l’istituzione assolutamente oggettiva e immutabile di Nostro Signore a ciò che pensano siano i bisogni del momento. E i nemici di Dio si compiacciono del ridicolo a cui i due sottopongono così l’istituzione di Nostro Signore. È per questo che li hanno messi sul Soglio di Pietro. Pazienza. Dio sa ciò che fa, Egli non ha dato le dimissioni!

Rivarol: Gli “accordisti” e gli anti-“accordisti” della FSSPX si rifacciano regolarmente citazioni autentiche, ma totalmente contraddittorie di Mons. Lefebvre, le une che vanno nel senso di un accordo pratico (lasciateci fare l’esperienza della Tradizione), le altre che rifiutano ogni accordo prima di ogni «conversione dottrinale della Roma modernista». Le tensioni che esistono in seno alla FSSPX e alle comunità amiche, non hanno dunque origine nelle contraddizioni e nelle fluttuazioni interne proprie del fondatore, che era prima di tutto e soprattutto un pragmatico? Per di più, si può affermare da un lato che la nuova Messa è un veleno per la fede, che il nuovo Codice di diritto canonico è cosparso di errori, cioè di eresie, che il Vaticano II è anch’esso eterodosso, cioè eretico, e al tempo stesso pretendere che tutto questo viene dalla Chiesa cattolica e dal vicario di Cristo? Non ci si trova al cospetto di un vicolo cieco intellettuale e dottrinale, di un’aporia che spiega in gran parte quello che sta accadendo oggi, ma anche le precedenti scissioni che, ad intervalli regolari, hanno segnato la storia della FSSPX? Venticinque anni dopo le consacrazioni, non è tempo di procedere seriamente, per amore della verità e per coerenza dottrinale, ad un giusto inventario del “lefebvrismo”?

Mons. Williamson: Io credo che non si debba dire che Mons. Lefebvre fosse innanzi tutto un pragmatico, né che si contraddicesse. Egli era innanzi tutto un uomo di fede e di dottrina. Era certo pragmatico, ma sempre al servizio della Fede. Come tutti i cattolici, a partire dalla separazione dell’Autorità dalla Verità, realizzata dal Vaticano II, egli era combattuto tra il suo rispetto per l’Autorità e il suo amore per la Verità, ma in lui era sempre la Verità che primeggiava sull’Autorità, com’è necessario che si faccia. Dunque, ogni contraddizione nelle sue parole a favore dell’una o dell’altra, è più apparente che reale, come risulta dal recente libro di Don Pivert, Mgr Lefebvre, Nos Rapports avec Rome (Mons. Lefebvre, i nostri rapporti con Roma). E le consacrazioni del 1988 sono state la logica conclusione e il compimento naturale di tutta la sua vita precedente a servizio della Chiesa.
Ma non per questo si deve divinizzare Mons. Lefebvre. Quello che è vero, è che Mons. Lefebvre era comunque un figlio del suo tempo, e quindi non è affatto sfuggito a ciò che io ho l’abitudine di chiamare “Cinquantismo”, e cioè quella forma assunta dal cattolicesimo negli anni cinquanta, caratterizzata in breve da un eccesso di rispetto per le autorità della Chiesa, eccesso che ha condotto direttamente alla catastrofe del Concilio. Per esempio, dopo le consacrazioni del 1988, Mons. Lefebvre lesse la grande opera antiliberale di Emmanuel Barbier, e si testimonia che avrebbe detto: “Se avessi letto quest’opera prima di fondare Ecône, avrei dato un altro orientamento al mio seminario”, e cioè maggiormente contro-rivoluzionario. In effetti, i sacerdoti formati nei diversi seminari della Fraternità San Pio X, sono in generale dei sacerdoti ammirevoli per la loro pietà sacerdotale, ma troppo pochi tra loro hanno compreso la profonda malizia di questo mondo moderno, in apparenza così gentile e innocente, ma in realtà che fa la guerra a Dio. Questa mancanza di formazione contro-rivoluzionaria pesa fortemente nell’attuale crisi della Fraternità, e non è sicuro che quest’ultima sopravviverà.

Rivarol: La promozione-sanzione del dinamico e a anti-“accordista” Don Xavier Beauvais, che nel primo trimestre 2014 lascerà Saint-Nicolas per la casa autonoma di Spagna e Portogallo, dove la FSSPX ha solo un pugno di fedeli, e la sua sostituzione a Parigi con l’“accordista” Don Patrick de la Roche, fondatore della Lettre à nos frères prêtres, membro eminente del GREC e iniziatore nel 2007 di una grande campagna per ringraziare Benedetto XVI per il “Motu Proprio” che afferma la primazia della “Messa di Lutero” su quella di sempre, non testimonia la volontà inalterata di Mons. Fellay di porsi un bel momento alla dipendenza della Roma modernista?

Mons. Williamson: In effetti, una delle prove che Mons. Fellay non cambia assolutamente rotta, ma si limita a fare un passo indietro per meglio saltare verso la Roma conciliare, è l’annuncio che Don Beauvais sarà rimpiazzato a Saint-Nicolas du Chardonnet, a Parigi, da Don de la Roche. Quest’ultimo è molto bravo, ma è lungi dall’essere fermo e chiaroveggente come Don Beauvais. Ecco, si può temere che Don Beauvais “obbedisca” al suo trasferimento per un rispetto eccessivo all’autorità che tradisce la Fede. È la grande malattia di tanti “buoni” vescovi e sacerdoti dopo il Vaticano II. Preghiamo per Don Beauvais. Oggi non basta più essere un “buon” sacerdote. Nostro Signore ha bisogno di eroi!

Rivarol: In Francia, la legge Taubira, che istituisce il «matrimonio omosessuale», è stata votata ed è stata applicata malgrado una fortissima mobilitazione popolare. Che Le fa pensare questa abominevole legislazione in un paese che è stato il figlio primogenito della Chiesa?

Mons. Williamson: In latino si dice che la corruzione di ciò che è meglio produce il peggio. Più la Francia è buona, più diventa cattiva allorché si corrompe. La stessa regola si applica a tutte le persone, famiglie e nazioni. Pazienza. Ci si ricordi che San Pio X profetizzava una gloriosa risurrezione della Francia, oggi così inabissata. Non è difficile prevedere che essa si rimetterà alla testa delle nazioni, non perché cercherà la sua gloria nazionale, tutt’altro, ma perché non cercherà più nient’altro che la gloria di Dio, il Regno sociale, mondiale e globale, del Suo Figlio Divino, Nostro Signore Gesù Cristo. Viva la Francia che dimenticherà se stessa e vorrà servire solo Dio, Dio e Dio!




agosto  2013

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