Alcune riflessioni a proposito della Lettera sui matrimoni

7 maggio 2017


Questo documento è stato allegato alla lettera con la quale Don Christian Bouchacourt, Superiore del Distretto di Francia della Fraternità San Pio X, ha condannato la lettera aperta ai fedeli, diffusa dai decani della stessa Fraternità.

Il documento non è diffuso, fino ad ora, su alcun sito della Fraternità, noi lo proponiamo sulla scorta della fotocopia che è stata diffusa su internet e che
abbiamo riportato in calce

Il documento in formato pdf


FRATERNITA’ SACERDOTALE SAN PIO X

Distretto di Francia

7 maggio 2017


1. Il 27 marzo 2017, il cardinale Müller, Presidente della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha firmato, su mandato di Papa Francesco, una Lettera indirizzata ai vescovi del mondo intero «interessati ai permessi per la celebrazione dei matrimoni dei fedeli della Fraternità San Pio X
». Quanto segue propone alcune riflessioni a proposito di questa Lettera.

L’origine della forma canonica del matrimonio

2. Salvo eccezioni previste dal Diritto, per essere valido, ogni matrimonio contratto tra cattolici nella Chiesa, deve avvenire «davanti al parroco o ad un sacerdote da lui delegato e davanti a due testimoni» (canone 1094 del Codice del 1917). Questa disposizione giuridica ha la sua origine nella decisione del Concilio di Trento (decreto Tametsi), confermato da San Pio X (decreto Ne temere). Il nuovo Codice del 1983 riprende questa disposizione.

Il caso dì eccezione previsto dal Diritto

3. Il rispetto di questa forma canonica non è sempre possibile, ed è chiaramente contrario allo spirito del Diritto della Chiesa l’imporla a detrimento del bene dei fedeli. Questo Diritto prevede quindi esplicitamente le situazioni in cui «è impossibile avere o andare a trovare senza gravi inconvenienti: il parroco, l’Ordinario o il sacerdote delegato» (canone 1098 del Codice del 1017). In questo caso, «il matrimonio contratto davanti ai soli testimoni è valido e lecito… posto che in tutta prudenza sia prevedibile che questa situazione durerà un mese». E’ precisato che «se un altro sacerdote potrebbe essere presente, egli dovrà essere chiamato ad assistere, con i testimoni, al matrimonio, il quale rimane comunque valido con la presenza dei soli testimoni». Nei fatti, la giurisprudenza si è evoluta in senso sempre più favorevole all’applicazione del canone 1098. Ben inteso, questa misura, anche se può praticarsi di frequente, e perfino regolarmente, resta un’eccezione e vi si può ricorrere solo nel caso in cui la forma canonica normale non è possibile. Ma, all’inverso, fintanto che duri questa impossibilità, il ricorso alla misura eccezionale resta legittimo, incontestabile e perfino necessario.

Legittimità della forma del matrimonio nel contesto attuale della Fraternità San Pio X e della Tradizione

4. La crisi suscitata nella Chiesa dal concilio Vaticano II e le sue successive riforme, rappresenta questo genere di situazione, in cui i futuri sposi sono nell’impossibilità di sposarsi rispettando la forma canonica prevista dal Diritto. Si tratta di una impossibilità non fisica, come quando i due si trovassero in un deserto, ma morale, nella misura in cui il contatto abituale con i pastori provvisti di una giurisdizione ufficiale nella Chiesa conciliare, oggi rappresenta molto più di un inconveniente: un grave pericolo per la fede ed i costumi.
Poiché la crisi della Chiesa è ancora ben lungi dall’essere riassorbita, e piuttosto essa perfino si aggrava, specialmente per ciò che riguarda il matrimonio cristiano, come hanno dimostrato i due sinodi sul matrimonio e l’esortazione apostolica Amoris laetitia, sarebbe imprudente ed anche ingiusto obbligare i fedeli a rivolgersi a dei ministri del tutto influenzati, quantunque a gradi diversi, da uno spirito che non è più lo spirito cattolico della Santa Chiesa.

5. Di conseguenza, se il Diritto della Chiesa prevede la soluzione straordinaria del canone 1098 in tempi normali, a maggior ragione è conforme a questo Diritto considerare come validi i matrimoni contratti in presenza di un sacerdote della Fraternità San Pio X, senza un rappresentante della Chiesa ufficiale. Tanto più che i sacerdoti della Tradizione sono ingiustamente privati di quella giurisdizione di cui dovrebbero normalmente godere nella Chiesa, per il bene delle anime. In tempi normali, l’eccezione si giustifica perché i fedeli sono privi di un sacerdote avente la giurisdizione; nella crisi attuale della Chiesa, vi è in più una violenza morale, perché i sacerdoti cattolici si vedono rifiutare ingiustamente la giurisdizione richiesta, dalla gerarchia divenuta modernista. Il canone 1098 vale dunque in questo caso ancor di più e per delle ragioni molto più gravi che nelle altre situazioni. E’ per rendere il senso di questo fatto che si è potuto utilizzare l’espressione «giurisdizione di supplenza».

6. Questo spiega peraltro perché i futuri sposi legati alla Tradizione non sono tenuti, in tutti i casi, a cercare di ottenere prima di tutto la presenza di un sacerdote in possesso di giurisdizione nella Chiesa ufficiale, dal momento che possono ricorrere ai sacerdoti della Fraternità San Pio X solo perché in preda alla disperazione. D’altra parte, il ricorso ad un ministro ufficiale rappresenta quasi sempre e dappertutto un’occasione di grave pericolo per la fede o i costumi: fintanto che il pericolo permane, il dovere altrettanto grave di evitarlo autorizza i fedeli a ricorrere direttamente ai sacerdoti della Fraternità San Pio X. Peraltro, questi ultimi, al pari dei loro fedeli, sono vittime di un’ingiusta violenza e abusivamente privati di una giurisdizione che dovrebbero normalmente ricevere dalla gerarchia ufficiale, privazione assolutamente contraria al Diritto della Chiesa: questa ingiustizia è attualmente un fatto regolare e quasi universale, salvo rare eccezioni, e fintanto che essa permane, autorizza di per sé i fedeli a ricorrere a dei buoni pastori.

La situazione nuova creata dalla Lettera del cardinale Müller

7. Ecco perché, se il pericolo e l’ingiustizia vengono a cessare, anche se relativamente e su un dato punto, non sarebbe conforme alla prudenza non tenerne conto. Se, di fatto, le autorità della gerarchia conciliare ritengono di riconoscere ai sacerdoti della Fraternità quella giurisdizione che è loro dovuta, per la celebrazione dei matrimoni, e se questo riconoscimento si attua in un contesto tale che la fede e i costumi sono posti fuori pericolo, è necessario esaminare con cura questa possibilità. Non sarebbe ragionevole ignorarla.

8. La Lettera del cardinale Müller merita dunque di essere presa in esame con cura. Le disposizioni che essa presenta permetteranno di realizzare in tutta sicurezza dei matrimoni perfettamente conformi alla Tradizione? Costituiranno una trappola per la Tradizione?

Le prescrizioni della Lettera

9. Questa Lettera è indirizzata ai vescovi e concede loro la possibilità di autorizzare i sacerdoti della Fraternità San Pio X a celebrare i matrimoni secondo la forma canonica richiesta dal canone 1094. La lettera considera due situazioni:  sia che venga dato mandato ad un sacerdote ufficiale di ricevere il consenso degli sposi (per esempio, il parroco della chiesa in cui si svolge il matrimonio); sia che venga data delega direttamente al sacerdote della Fraternità perché riceva egli i consensi. Questa seconda ipotesi è, beninteso, la migliore e la più saggia. L’avvenire dimostrerà se è quella che verrà usata più spesso.

Gli inconvenienti più apparenti che reali

10. Ricevendo la giurisdizione dalle autorità conciliari, i sacerdoti della Fraternità San Pio X si renderebbero complici della nuova ed errata dottrina matrimoniale sortita dal concilio Vaticano II? In realtà, no. Non più che nei casi in cui si prega per il Papa nella Benedizione Eucaristica o lo si menziona nel canone della Messa. Tutt’al più, i contatti resisi necessari con le autorità conciliari per la trasmissione di questa giurisdizione potrebbero rappresentare un pericolo per i fedeli, ma l’esperienza dimostra che si tratta di una possibilità molto remota.

11. L’accettazione dell’uso proposto dalla Lettera implicherebbe il riconoscimento della nullità dei matrimoni celebrati dai sacerdoti della Fraternità San Pio X in virtù del canone 1098 e dello stato di necessità? In realtà, no; perché lo stato di necessità basta ad assicurare questa validità; e d’altra parte i termini espliciti della Lettera del cardinale Müller non implicano neanche il riconoscimento di una invalidità dei matrimoni celebrati nella Fraternità: si può vedere come essa eviti di dichiarare invalidi i matrimoni celebrati finora (o anche adesso) nel quadro della giurisdizione detta di supplenza. Essa si accontenta di dire che si tratta di «rasserenare le coscienze dei fedeli» e «non lasciare le persone nel dubbio» sulla validità del sacramento del matrimonio. E’ certo che la dottrina più comune delle ufficialità in Francia, e probabilmente in altri paesi e forse perfino nella stessa Rota romana,  è che i matrimoni celebrati nell’ambito della Fraternità San Pio X sono invalidi per difetto di forma canonica. In Francia, praticamente ogni due mesi viene annullato un matrimonio per questo solo motivo. Tuttavia, la Lettera non riprende questa dottrina e si astiene dal definire questa questione, anche se, probabilmente, certuni di quelli che hanno approntato questa Lettera ammettono tale dottrina. Non è dunque provato che accettare le prescrizioni della Lettera significherebbe accettare ed avallare tali scandalose dichiarazioni di nullità o ammettere che i matrimoni celebrati nella Tradizione secondo la giurisdizione detta di supplenza siano invalidi.

12 . Accettando di ricevere dalle autorità ufficiali la giurisdizione per un matrimonio, i sacerdoti della Fraternità San Pio X riconoscerebbero che in seguito non beneficerebbero della giurisdizione per celebrare i matrimoni? In realtà, anche se non beneficiassero della giurisdizione ordinaria prevista dal canone 1094, i sacerdoti della Fraternità San Pio X continuano a beneficiare della giurisdizione detta «di supplenza» prevista a norma del canone 1098. In quest’ultimo caso non occorre la giurisdizione ordinaria, poiché questo tipo di matrimonio si caratterizza proprio per l’assenza del testimone canonico. Il sacerdote della Fraternità assiste allora al matrimonio in quanto semplice testimone, testimone particolarmente affidabile, certo, ma non canonico. Questo resta vero anche se il rifiuto di questa qualità canonica del testimone costituisce una reale ingiustizia. In più, se un sacerdote della Fraternità San Pio X, in seguito alla Lettera del cardinale Müller, riceve d’ora in poi la delega per ricevere i consensi, questo lo farà come testimone canonico. Accentando di ricevere questa delega, i sacerdoti della Fraternità riconoscono in pratica che ne erano sprovvisti, senza per questo riconoscere che questa mancanza fosse giustificata in ragione di una supposta assenza di piena comunione, e senza riconoscere che i matrimoni che celebrano siano invalidi.

13. Accettare la Lettera significherebbe far dipendere dai vescovi e dalla Curia romana (nemici feroci della Tradizione) la celebrazione dei matrimoni secondo il rito tradizionale? Sarebbe così se la Fraternità San Pio X rinunciasse in maniera assoluta e definitiva all’uso della giurisdizione detta di supplenza, negando lo stato di necessità. Ma questo non è sicuramente in vista. Il grave stato di necessità creato dalla crisi della Chiesa rimane più che mai attuale, e autorizza senza alcun dubbio il possibile ricorso, ogni volta che ve ne sia bisogno, alla giurisdizione detta di supplenza. Il vantaggio tutto pratico che la Fraternità potrà trarre dalla Lettera del cardinale Müller non implica una restrizione di questa legittimità, ma comporta il beneficio di una giurisdizione ordinaria. E laddove l’uso di questo beneficio si rivelasse difficile, o anche impossibile, il ricorso alla giurisdizione detta di supplenza resterebbe perfettamente giustificato come fino ad oggi. I vescovi non potranno quindi attuare un «ricatto sul matrimonio» nei confronti della Fraternità San Pio X, visto che il rifiuto ingiustificato di una delega, o di altre circostanze oggettive, autorizzerà sempre l’uso delle disposizioni previste dal canone 1908.

14. La Lettera sui matrimoni non si inscriverà di fatto in un processo concepito per «ricondurre la Fraternità San Pio X nella piena comunione» e non esprimerà una volontà di «ricongiungimento» con gli errori derivati dal concilio Vaticano II? Nelle intenzioni delle autorità romane, sì, non c’è alcun dubbio, poiché il cardinale Müller lo dice esplicitamente, con le espressioni già citate; tuttavia, questa intenzione resta estrinseca al vantaggio che può rappresentare per la Fraternità la concessione di una giurisdizione. La cosa è pari a tutte le circostanze in cui la Fraternità utilizza tutte le disposizioni romane nel proprio interesse e in quello della Chiesa, nonostante le intenzioni e le finalità più o meno improprie delle autorità ufficiali. Così, i colloqui dottrinali che si sono svolti nel 2009-2011 furono l’occasione per professare la fede cattolica e denunciare gli errori del concilio Vaticano II davanti ai rappresentanti del Sommo Pontefice e al cospetto di tutta la cattolicità. E questo anche se da parte di Roma questi incontri avevano lo scopo di ricondurre la Fraternità alla piena comunione. Allo stesso modo, l’uso di questa Lettera rappresenta solo un miglioramento di una situazione, in forza del riconoscimento ufficiale di una giurisdizione ingiustamente rifiutata fino ad oggi. E fintanto che l’ingiustizia permarrà ancora, il ricorso alla giurisdizione detta di supplenza resterà legittima.

Gli inconvenienti reali

15. Se la Fraternità San Pio X accetta quest’uso, saremo tenuti, assolutamente e in tutti i casi, a mettere in essere una procedura per ottenere almeno la delega per il sacerdote della Fraternità San Pio X ? Sta alla prudenza dei Superiori dare la risposta, ed è probabile che questo possa avvenire solo caso per caso. Ad ogni modo, la Lettera ha lo scopo esplicito di facilitare questa procedura, come dimostrano d’altronde le disposizioni prese dai primi vescovi che hanno reagito a questa Lettera. D’altra parte, ogni sacerdote della Fraternità San Pio X che ha partecipato, da vicino o da lontano, all’organizzazione di un matrimonio in una chiesa parrocchiale, sa come fino ad oggi i negoziati fossero complessi ed incerti: bisogna riconoscere che in un caso simile la Lettera potrà semplificare le cose. Ma se questo ricorso alle autorità diocesane fosse occasione per un rifiuto, la giurisdizione di supplenza ritroverebbe tutti i suoi diritti.

16. Tuttavia, questo stesso ricorso potrebbe anche essere l’occasione per vedersi imporre, per lo scambio dei consensi, un sacerdote ufficiale in un matrimonio celebrato secondo la Tradizione. Se il sacerdote della Fraternità ha ricevuto la delega e celebra il matrimonio, sia in una chiesa parrocchiale, sia in un luogo di culto della Fraternità San Pio X, il caso non si pone, perché è lui che riceve i consensi. Se il sacerdote della Fraternità San Pio X non ha ricevuto la delega e celebra il matrimonio in una chiesa parrocchiale, è accettabile che il parroco (o un suo delegato), favorevole alla Tradizione, riceva i consensi, come peraltro si fa già. Di contro, l’ipotesi in cui un sacerdote della Fraternità San Pio X, che celebra un matrimonio in un luogo di culto della Fraternità San Pio X, non riceva la delega e debba accogliere un sacerdote ufficiale per lo scambio dei consensi, pone dei grossi problemi di prudenza. Non perché, beninteso, questo significherebbe che la Fraternità accetti o avalli le deviazioni della Chiesa ufficiale in materia di matrimonio, ma perché questo intervento di un sacerdote ufficiale rappresenterebbe un pregiudizio reale per i fedeli. Infatti, se è vero che la presenza di un testimone canonico è una realtà primariamente giuridica, in concreto tale realtà non è mai dissociabile dalla realtà teologica e morale; le qualità del sacerdote che riceve i consensi hanno così la loro importanza, soprattutto nel contesto della crisi della Chiesa che noi conosciamo. Noi non potremmo mettere, senza discernimento, i nostri fedeli in contatto con un membro del clero ufficiale in occasione del loro matrimonio. Lo stato di necessità considerato prima basterebbe allora a rendere legittimo il ricorso al sacerdote della Fraternità, ingiustamente privato di una giurisdizione che dovrebbe spettargli se non altro per preservare i suoi fedeli da un contatto pericoloso con un sacerdote ufficiale. D’altra parte, la preparazione al matrimonio è ordinata al matrimonio stesso. E’ un principio generale che spetti al medesimo procurare la perfezione e ciò che prepara ad essa; il medesimo non significa necessariamente lo stesso individuo, ma un individuo che rappresenta la stessa fede e la stessa morale della stessa Tradizione della Chiesa. Ora, è gioco forza constatare che in ragione della presente situazione della Chiesa, i sacerdoti della Fraternità San Pio X e quelli della gerarchia ufficiale non hanno lo stesso orientamento dottrinale, morale e pastorale. E i buoni fedeli sono molto sensibili a questo e non si potrebbe loro imporre senza ingiusta violenza di sposarsi davanti ad un sacerdote il cui orientamento è estraneo a quello che è stato dato loro durante la loro preparazione.

17. Infine, malgrado tutte le sfumature che abbiamo potuto far valere prima al n° 14, resta innegabile che la Lettera del cardinale Müller è considerata, nello spirito delle autorità romane, come una tappa verso «la piena comunione» e la piena regolarizzazione istituzionale. I Superiori della Fraternità San Pio X, senza alcuna contropartita e senza rimettere in causa la legittimità di una giurisdizione di supplenza, hanno prudentemente giudicato che fosse legittimo trarre partito da questa iniziativa romana.

I vantaggi reali

18. Il primo e il principale vantaggio sarebbe non di assicurare ma di mettere in sicurezza la validità di almeno una parte dei matrimoni celebrati nell’ambito della Fraternità San Pio X. Infatti, la dottrina pressoché comune delle ufficialità francesi (e di altrove) è che questi matrimoni sono invalidi di per sé per difetto di forma, il grave stato di necessità nato dalla crisi della Chiesa non è infatti riconosciuto. In altre parole, è sufficiente che uno dei due sposi il cui matrimonio è stato celebrato nell’ambito della Fraternità San Pio X, depositi una richiesta di nullità, perché automaticamente, certamente e senza alcun altro motivo, il suo matrimonio sia dichiarato nullo e così possa risposarsi in chiesa. Ora, questo, sfortunatamente, accade regolarmente: in pratica, una tale sentenza arriva in Francia quasi ogni due mesi. E questo riguarda, in un certo numero di casi, persone che al momento del loro matrimonio erano dei fedeli serii e illuminati della Fraternità San Pio X. Ma le difficoltà della vita coniugale, le tentazioni della facilità, l’alterazione del senso morale, li hanno condotti a perdere di vista la serietà del loro impegno, per ricorrere a questo mezzo comodo per liberarsi dei loro obblighi matrimoniali. Le disposizioni prese dalla Lettera in favore dei sacerdoti della Fraternità renderanno impossibile una domanda di annullamento per difetto di forma canonica. Anche se questo non impedirà una domanda di annullamento per altri motivi, anche malvagi, eviterà almeno, su questo fattore del difetto di forma, lo scandalo, degli annullamenti senza motivo, come pure la bigamia del richiedente e l’ingiustizia consumata nei confronti del coniuge innocente.

19. Il secondo vantaggio sarebbe di permettere di agire con misericordia nei confronti del congiunto, o delle famiglie, che non sono – interamente – fedeli della Fraternità San Pio X. Non bisogna dimenticare che un matrimonio non è solo un atto personale dei due futuri sposi, ma anche una realtà familiare e sociale di una grande importanza. Ogni matrimonio coinvolge necessariamente i due congiunti, ma anche le loro due famiglie e tutta la loro cerchia di relazioni. Sfortunatamente, le famiglie dei due futuri sposi, al pari dei loro amici, non condividono necessariamente l’analisi (vera) della Fraternità San Pio X sulla situazione della Chiesa. A causa di ciò, il matrimonio in sé perfettamente valido, a costoro potrebbe sembrare inficiato da irregolarità canonica. Questo porta in numerosi casi a delle tensioni familiari, a delle divisioni tra amici, come il rifiuto di assistere al matrimonio. E ciò in ceri casi diventa drammatico. Beninteso, non è questione di tenerne conto se questo dovesse distogliere i futuri sposi dal contrarre matrimonio secondo il rito tradizionale e la dottrina tradizionale; ma se è possibile per un matrimonio pienamente conforme alla Tradizione, beneficiare, senza alcuna cattiva contropartita, dell’avallo canonico delle autorità, è senza dubbio un beneficio spirituale il poter rassicurare le coscienze timorose dei parenti o degli amici dei futuri sposi.

20. Il terzo vantaggio sarebbe di poter realizzare più facilmente dei matrimoni col rito tradizionale, scartando un ostacolo per i fedeli più timorosi. Dei futuri sposi che sanno che la dottrina teologica e morale dei sacerdoti della Fraternità San Pio X è di grande qualità, che il rito che essi praticano il più degno e il più santificante, sono sfortunatamente distolti dal ricorrere al loro ministero dal timore che il loro matrimonio sia dubitativamente valido. Che il fondamento di questo timore sia falso (i matrimoni celebrati dai sacerdoti della Fraternità San Pio X sono validi), non impedisce che questo timore esista, in ragione di tutto ciò che si dice, delle dichiarazioni delle «autorità» ecclesiastiche, dell’ignoranza dei fedeli e della loro incomprensione delle sottigliezze del diritto canonico, ecc. Ora, se questi fedeli potranno beneficiare di un matrimonio perfettamente conforme alla Tradizione, questo sarà un gran bene per loro stessi, per i loro ambienti, per le loro famiglie e per i loro amici, e per tutta la Chiesa.

Conclusione

21. Visto che la crisi della Chiesa è più forte che mai e che dunque lo stato di necessità che ne deriva è sempre reale, il ricorso alla giurisdizione di supplenza resta sempre perfettamente legittimo. Con questo, non sarebbe ragionevole negare che delle ragioni oggettive, e in primo luogo la preoccupazione di mettere in sicurezza i matrimoni celebrati nella Fraternità San Pio X, possano indurre a fare uso della giurisdizione ordinaria concessa da Roma, ogni volta che questo sarà possibile senza grave pericolo e senza cattive contropartite.

22. Tuttavia, un fatto resta assolutamente essenziale: le condizioni poste dalla Lettera del cardinale Müller non corrispondono alla richiesta avanzata da Monsignor Fellay, che auspicava che si facesse piena giustizia alla Fraternità riconoscendo la validità dei suoi matrimoni. Essa continua a basare il suo apostolato sullo stato di necessità e il principio della giurisdizione di supplenza. I vescovi della Chiesa ufficiale hanno la possibilità di riconoscere, se lo vogliono, la fondatezza di questa operazione sopravvivenza della Tradizione e di mettere così fine ad una grave ingiustizia che è durata fin troppo. Ma se essi si rifiutano, questo non cambia niente della legittimità dell’azione condotta dalla Fraternità.

23 . Quanto a sapere come procedere in pratica, per rispondere alla concessione di questi favori, occorre ricorrere ai Superiori che daranno le direttive da seguire.


Maison Saint Pie X, 11 rue Cluseret, F - 92280 Suresnes Cedex
Tel: +33 (0)1 45 06 10 68  - Fax: +33 (0)1 47 28 45 32
Posta elettronica: webmaster@laportelatine.org
















maggio 2017

Ritorna a Documenti