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Omelia pronunciata da
in occasione delle ordinazioni sacerdotali tenutesi
a Ecône
In questa omelia Mons. De Galarreta risponde in qualche modo alle
interviste
Eccellenze, cari confratelli nel sacerdozio, cari ordinandi, miei carissimi fratelli, Eccoci di nuovo riuniti in questo giorno dedicato alle ordinazioni, in questa festa dei Santi Pietro e Paolo, in questo giorno di consolazione: di consolazione perché consolidiamo, assicuriamo la continuazione della fede cattolica, del sacerdozio cattolico, la continuità della vera vita della Chiesa cattolica, ed è per questo che si tratta veramente di una occasione di gioia e di consolazione, una occasione per ringraziare Iddio, poiché in tale occasione noi siamo i più felici degli uomini. Ma, evidentemente, le nostre gioie sono sempre accompagnate dalla tristezza, non appena proviamo a volgere lo sguardo a quella che è la situazione generale della Chiesa, a quella che è l’evoluzione di tutti i problemi che interessano la vita della Santa Chiesa cattolica. Io ritengo che sia necessario provare a guardare con occhio attento e sereno la situazione, come essa è realmente. Senza esitazione, possiamo affermare che niente cambia, non cambia niente nell’essenziale: sono sempre gli stessi principi che dirigono oggi le attività delle autorità ecclesiastiche, e quindi è chiara la condizione reale della Chiesa conciliare, della Chiesa modernista, chiamatela come volete. Si continua sempre nella stessa direzione, verso lo stesso scopo, con le medesime intenzioni, niente cambia; ed è facile illustrarlo.Facciamo un primo esempio. Vediamo qual è il discorso che la Chiesa ufficiale fa ad extra, nei confronti del mondo, dei governi, del potere temporale, delle istituzioni. Guardate il contenuto di questi discorsi e troverete solo la dignità umana, i diritti dell’uomo, le diverse dichiarazioni dei diritti dell’uomo, la libertà, l’uguaglianza, la fraternità. È chiaro che il principio che regge oggi tutta l’azione della Chiesa nei confronti dell’esterno è la libertà di coscienza, la libertà religiosa. Ed anche quando si tratta di difendere il diritto della Chiesa o il diritto naturale si ricorre solo a tali argomenti. Ora, bisogna dirlo, questi discorsi sono molto più appropriati per le logge che per la Chiesa cattolica. È chiaro, e voi lo sapete come me, che ogni massone è un liberale, ma non necessariamente ogni liberale dev’essere un massone. Se guardiamo poi al principio che regge oggi tutta la vita della Chiesa ad intra, e cioè verso il suo interno, troviamo l’ecumenismo, questo ecumenismo che conduce forzatamente, necessariamente all’apostasia e alla rovina delle missioni, e quindi delle conversioni. E il peggio è che l’ecumenismo dissolve la Chiesa al suo stesso interno. Si tratta soprattutto di una dissoluzione. Benché esso si presenti come un’unione, costituisce soprattutto una dissoluzione e specialmente una dissoluzione della vera fede, della fede cattolica. Tutto va avanti in questa direzione. Abbiamo visto ripetersi l’abominazione di Assisi, e ricordiamo l’impressione che allora aveva prodotto su mons. Lefebvre. Ebbene, abbiamo rivisto il tutto a Roma, e adesso lo rivediamo a Fatima. Nulla viene risparmiato e tutto è posto al servizio di questo ecumenismo che è il motore di tutto. E si parla anche di spiritualità ecumenica. Guardate anche all’esempio dei rapporti con gli ortodossi scismatici. Il cardinale Kasper non vede nessun problema nel sacrificare nuovamente gli Uniati sull’altare dell’ecumenismo. Lo si è già denunciato. Dunque, se si guarda in maniera veramente ponderata, serena, obiettiva, io vedo che la rivoluzione che si è introdotta nel seno della Chiesa raggiunge una certa perfezione, un certo coronamento.Se giriamo lo sguardo in direzione di tutti gli àmbiti, non ve n’è uno solo in cui le autorità ecclesiastiche non abbiamo adattato tutto a questo pensiero modernista, anticristiano: sia che si tratti della teologia, dell’esegesi e cioè della Sacra Scrittura -, del magistero pontificio, sai che si tratti del catechismo, della liturgia, del diritto pubblico della Chiesa, del diritto canonico, della spiritualità. E ci si serve di tutto per stabilire questa nuova religione. E quando diciamo che si tratta di una nuova religione, evidentemente intendiamo dire che siamo al cospetto di una adulterazione del cattolicesimo. Chiaramente è la stessa cosa, e giustamente è proprio questo il problema: costoro adulterano la verità. Secondo misure e gradi diversi, vi è uno spirito che penetra nel pensiero stesso della Chiesa cattolica e nella vita della Chiesa cattolica; e la cosa è chiara e netta: si tratta di un pensiero rivoluzionario.Secondo me, è proprio perché ci si trova in un contesto come questo che ci viene proposto un accordo puramente pratico. Cosa che è stata fatta con Campos, e in tre anni ne abbiamo visto gli effetti devastanti. È necessario che per noi sia evidente che un accordo puramente pratico è impossibile. Al momento di uno dei primi contatti a Roma, qualcuno ci disse: “Non discutiamo di dottrina, ci andremmo a impegolare”. Vedete, sembrerebbe una frase inoffensiva, ma è una cosa grave. Cos’è che significa? Significa che la verità divide, ed è proprio questo che essi credono. È proprio questo che fonda la libertà religiosa e anche l’ecumenismo. Le verità divide, dunque occorre metterla da parte. E questo ricorda parecchio la frase di Pilato: “Che cos’è la verità?” E l’apostolo San Paolo ci avverte, nell’epistola ai Tessalonicesi, che Dio invierà un spirito di accecamento a questi uomini, perché non hanno ricevuto con amore la verità.
E vi è anche un aspetto molto importante: ogni accordo puramente pratico presupporrebbe da parte nostra una contraddizione, una dissociazione tra la fede che abbiamo nel cuore e quella che avremmo sulle nostre labbra. In altre parole, tra la fede cattolica e la confessione della fede cattolica. Questo ci metterebbe in una posizione ambigua, si tratterebbe di astuzia e non di prudenza. Poiché, almeno pubblicamente, bisognerebbe far credere che noi ammettiamo ciò che accade attualmente nella Chiesa a Roma. E io dico che noi non possiamo cooperare con coloro che vanno contro la fede cattolica, è questo che dice l’apostolo Paolo: quale accordo può esserci tra la luce e le tenebre, tra la giustizia e l’ingiustizia? Non potete portare lo stesso giogo con gli infedeli.Io penso che questo è applicabile nel nostro caso. Non si tratta, dunque, di rifiutare una confusione solo
dal punto di vista dottrinale, dal punto di vista teologico della fede,
dal punto di vista del culto, ma anche dal punto di vista pratico dell’azione:
noi non possiamo lavorare insieme, perché noi andiamo in una direzione
opposta, assolutamente contraria, e si tratta della fede. Poiché
la condizione implicita di un’intesa con noi e se si vuole perfino
la condizione esplicita, come nel caso delle cose scritte a caratteri minuscoli
in un contratto è che noi si riconosca il pluralismo, che
noi si riconosca l’ecumenismo; e questo equivarrebbe a sostenere che la
Tradizione è ammessa come un carisma particolare. Ma se noi ammettessimo
questo, porremmo la verità cattolica al livello delle opinioni,
e ricadremmo in pieno nel pluralismo, nell’ecumenismo, nel relativismo,
nell’indifferentismo.
Prendiamo l’ultima intervista del cardinale Castrillon Hoyos, che è ormai su internet e dappertutto - e questa pubblicità è espressamente voluta e possiamo vedere che si tratta di una reazione straordinaria. Egli dice che il problema tradizionalista si riduce ad una questione liturgica e devozionale. Dunque il nostro attaccamento alla Santa Messa sarebbe una questione liturgica e devozionale che si riduce in una questione di sensibilità e di sentimento. Tale che la nostra posizione deriverebbe dalla libertà di coscienza e si potrebbe benissimo far rientrare nell’ “unità nella diversità”. Il cardinale dice che non vi è alcun problema per il fatto che vi sono dei contrasti, a condizione che si tenga presente questa nuova unità che è fondata esclusivamente sul papa. Certo, perché si tratta proprio di un papa modernista.Le loro intenzioni sono chiare, essi ci propongono: noi vi riconosciamo una particolarità, voi riconoscete tutto il resto. Voi riconoscete il principio che demolisce la fede, che sta demolendo la fede e anche il mondo. E dunque assistiamo veramente all’affermazione di un’altra fede, di un’altra religione, e a noi spetta di essere molto prudenti. Forse potete dirmi che questo panorama è ben triste,
alquanto desolante.
Ciò che ci consola non è la situazione che dobbiamo vivere, ma il fatto che essa viene da fuori e innanzi tutto da Dio, dalla Provvidenza. San Paolo ci ricorda che tutto coopera per il bene di coloro che amano Dio. È una affermazione di una portata enorme. Tutto coopera per il bene di coloro che amano Dio, non solo le cose buone, ma anche le malvagie, anche le avversità, le sofferenze, le tribolazioni. Questo vuol dire che tutto è ordinato al bene della parte più nobile dell’universo, che è il Corpo mistico di nostro Signore Gesù Cristo, e dunque la Chiesa. Tutto ciò che ci càpita è ordinato al nostro bene, posto che noi rimaniamo nell’amore di Dio, poiché tutto coopera al bene di coloro che amano Dio.E noi dobbiamo fare dei progressi nell’amore per la Croce. Io credo infatti che nella realtà è questa la parola più difficile di Nostro Signore nel Vangelo: amare la Croce. Noi lo diciamo spesso, e tutto il cristianesimo è fondato su questa verità, su questo dogma di fede: l’espiazione e la redenzione per mezzo del dolore, del sacrificio, della croce. Tutta la nostra fede è fondata su questo, è questa la grande opera di Nostro Signore. E di conseguenza vi è una legge morale, una legge spirituale: il cristiano, e soprattutto il sacerdote, deve compiere ciò che manca alla passione di Cristo. Ecco la realtà difficile da abbracciare. E noi dobbiamo farlo, è l’apostolo san Paolo che lo dice ai Colossesi: Io gioisco delle mie sofferenze per voi, e ciò che manca alle sofferenze di Cristo io lo compio nella mia carne per il Suo Corpo, che è la Chiesa; e poi aggiunge: È per questo che ti faccio ministro. Dunque, se questo principio dell’amore per la croce è una necessità, esso si applica soprattutto al nostro sacerdozio, al punto tale che la nostra fedeltà al sacerdozio dipende dal nostro amore per la croce, e tutta la questione è questa, è questa tutta la nostra questione. Nostro Signore è molto chiaro: Se il grano di frumento non cade in terra e non muore, resta solo, se muore, fruttifica molto. Colui che non odia la sua ànima in questo mondo non può essere fedele. E aggiunge: se qualcuno mi vuol servire, mi segua: si quis mihi ministrat, sequatur me.Esso ci protegge, per esempio, dal desiderio smodato del successo, della riuscita, che è stata una occasione di caduta per molti. Bisogna accettare la croce con pazienza, con una visione soprannaturale. È in questo che si trova la fecondità. E questo può anche evitare i pericoli di questo mondo che ci rigetta, che ci attrae, che ci seduce. E questa è anche la chiave per risolvere i problemi di ogni famiglia cattolica. Come fare perché i vostri figli conservino la fede cattolica? In definitiva, io credo che non vi sia altro che l’amore per la croce, l’amore per il sacrificio. Vi è una salvaguardia, un allontanamento, una separazione e dunque una rinuncia che è inevitabile, se non si vuole rimanere contaminati dallo spirito del mondo.Più il tempo passa, più la soluzione per preservarci, per mantenerci, consiste nell’allontanamento, nella separazione da questo mondo. Voi mi direte: questo è molto duro. Si, questo è molto duro, ma sarebbe ancora più duro perdere le generazioni che verranno dopo di noi e perdere le nostre ànime. E la ragione profonda di questa necessità di abbracciare innanzi tutto la croce sta nel fatto che la croce, il sacrificio, la sofferenza sono come la condizione e il compimento della carità, dell’amore. È proprio quello che ci mostra Nostro Signore. Perché questo bisogno di soffrire? Potremmo chiedercelo: ma infine, perché? A parte il fatto che vi è il peccato originale e che occorre ripianare la giustizia. Ma questa stessa giustizia si ripiana soprattutto con l’amore necessario per questo sacrificio. L’essenza del sacrificio di Nostro Signore è quest’amore di Nostro Signore che giunge alla sua perfezione, alla sua pienezza, il Giovedì Santo, al momento dell’istituzione dell’Eucaristia, e il Venerdì Santo. E l’amore più grande della Santa Vergine per noi consiste nella sua compassione ai piedi della Croce. Dunque la croce, il sacrificio, sono molto semplicemente la condizione e il compimento dell’amore, del perfetto amore per Dio, per il prossimo e per sé stessi. E noi abbiamo ricevuto un aiuto straordinario nella persona
di mons. Marcel Lefebvre, il nostro fondatore. È evidente che Dio
offre i modelli necessari ad ogni epoca. Che dona le grazie e gli uomini
necessari e gli esempi necessari per ogni epoca. Basterebbe dunque approfondire
il patrimonio che ci ha lasciato Monsignore, imitarlo al meglio per essere
molto più santi. E io credo proprio che se noi non siamo più
santi è perché non seguiamo abbastanza l’esempio di mons.
Lefebvre.
E poi nella dedizione, nello zelo, con la carità, con l’amore di Dio e l’amore per le ànime, ecco il suo modo di vivere il mistero della croce e l’amore per la croce. Ed è questo che Dio ci domanda. Non c’è bisogno di cercare altrove, vi sono sufficienti elementi e condizioni e situazioni per vivere profondamente tutto questo.In questa crisi per la difesa della vera fede e della santità, seguiamo quindi i passi di coloro che ci hanno preceduti nella buona battaglia e che hanno avuto delle grazie straordinarie. In questo giorno, chiediamo dunque alla Vergine Santissima e al suo Cuore Immacolato, poiché è a Lei che Iddio ha affidato la situazione attuale e i suoi apostoli ben presto gli apostoli degli ultimi tempi -; più ci avviciniamo ai tempi ultimi, più il ruolo della Santissima Vergine Maria è importante nei confronti della Chiesa, nei confronti della storia, nei confronti degli apostoli. Domandiamo quindi alla Santissima Vergine Maria di darci questa fedeltà sacerdotale seguendo l’esempio di mons. Lefebvre, essendo forti nella fede, ed essendo, per così dire, intrattabili a proposito della fede. Ma chiediamo anche di avere quella fede profonda nell’amore di Dio, che era la sua divisa: Credidimus caritati, abbiamo creduto nell’amore di Dio. E questo amore di Dio, di nostro Signore Gesù Cristo, è l’amore per la croce e per il sacrificio. Che la Santa Vergine ci doni veramente tutto questo amore
e questo zelo che è l’ardore dell’amore, questo amore crocifisso,
sacrificato per le ànime, per la Santa Chiesa, per l’onore di Dio
e della Santissima Vergine Maria, nostra Madre.
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