![]() |
DOSSIER SAN PIO X
Lo stato dei colloqui fra la Santa Sede e la Fraternità Sacerdotale San Pio X (Aggiornato a luglio 2001)
A tutt’oggi non si registra alcun passo avanti, tranne il fatto che
sono venuti alla luce alcuni particolari relativi alla sostanza dei colloquii.
Ora, l’accettazione da parte di Roma di una simile richiesta corrisponderebbe al riconoscimento, come minimo, della inutilità della stessa riforma liturgica di Paolo VI. Da qui il no, accompagnato, peraltro, da alcune buone condizioni di tipo canonico, alcune delle quali persino al di là delle aspettative della stessa Fraternità. In pratica, Roma si rifiuta di accettare l’uso universale della S. Messa
di sempre, ma è pronta a riconoscere alla Fraternità uno
“status” tale da risolvere la “separazione” determinatasi nel 1988 ad opera
dello stesso Pontefice, senza che nulla sia cambiato in questi 13 anni
da parte della Fraternità e senza che nulla essa abbia a cambiare
col suo rientro formale nella piena comunione ecclesiale.
Da parte sua, la Fraternità non avanza pregiudizialmente alcuna particolare richiesta di tipo canonico, né manifesta alcuna primaria preoccupazione di tipo pratico relativa al proprio “status” in seno alla Chiesa, ma ritiene che un qualsivoglia accordo con Roma debba passare primariamente attraverso un deciso chiarimento dottrinale e liturgico. Dimostrando cosí che la sua primaria preoccupazione non consiste nella tutela del proprio destino, ma nell’affermazione di quegli elementi che sono indispensabili per il bene della Chiesa e per la salvezza delle ànime. D’altronde, ogni composizione di tipo pratico che non tenesse conto
delle differenze dottrinali e liturgiche, è logico che si fonderebbe
solo sugli aspetti contingenti e transitorii, lasciando irrisolti i problemi
di fondo e sanzionando il perdurare di uno stato di equivoco e di confusione
che sarebbe solo un male per tutta la Chiesa. Al tempo stesso, la mera
soluzione pratica di oggi non sarebbe in grado di garantire niente circa
l’insorgere, quasi inevitabile, di future controversie. In pratica, cosí
come oggi il Papa ha urgenza di giungere alla ricomposizione dei rapporti,
domani potrebbe ritenere opportuno, lui o il suo successore, ogni tipo
di revisione della posizione canonica della Fraternità, riproponendo
la stessa situazione del 1988 o avanzando le medesime richieste che sono
state imposte due anni fa alla Fraternità San Pietro.
Nei documenti che pubblichiamo qui di séguito è trattata
ampiamente la questione, ed è proprio il caso di leggerli con attenzione
per rendersi conto, non solo della portata di questa vicenda, ma soprattutto
dell’importanza che essa ha per l’intera Chiesa.
Si sa bene che il Papa, nel 1988, piú che scomunicare Mons. Lefébvre
fu indotto ad emettere una sanzione formalmente pesante, tale da permettere
ai modernisti di poter considerare la invincibile Tradizione cattolica
come una questione di “scomunicati”. La velocità con cui fu assunta
la decisione, soprattutto in relazione alla corretta giustificazione canonica,
è chiaramente rivelatrice del fatto che allora la prima preoccupazione
fu di creare un fortissimo deterrente psicologico nei confronti di quei
fedeli che continuavano a resistere alla riforma liturgica e alla nuova
pastorale postconciliari.
Al tempo stesso, all’interno della Chiesa, le spinte in avanti, le fughe
teologiche incontrollate e le derive dottrinali si sono sempre piú
moltiplicate: tanto che è ormai convincimento di molti che sia la
sola personalità del Papa a tenere insieme un mondo che ha talmente
affievolito il richiamo centripeto da correre il rischio di finire in frantumi
sotto le spinte centrifughe di un modernismo incontrollabile e incontrollato.
Gli stessi documenti della Chiesa ultimamente elaborati indicano quanto
sia difficile per Roma far sentire validamente ed efficacemente la sua
voce. Non si tratta piú della Chiesa cattolica che dal suo centro
emana direttive che informano le diverse diocesi, quanto dell’autonomia
dei varii Vescovi che, mal sopportando il “gioco” romano, pretendono di
trasformare la Chiesa di Cristo in tante chiese locali. Non piú
la Chiesa che informa i fedeli, ma i fedeli che formano una nuova Chiesa
fatta di tante singole realtà cristiane.
In questo contesto la Fraternità San Pio X, rientrando nel
seno della Chiesa, potrebbe svolgere un grandissimo lavoro di recupero,
non foss’altro perché rappresenterebbe una realtà innegabile:
fortemente radicata nell’ànimo di tanti fedeli, foriera di esempii
trascinanti per molti preti, stimolo alla riflessione e al ripensamento
per molti Vescovi, parametro di misura per la santificazione di molti cristiani…
e, forse, un giorno, seme di ricrescita della Fede, della Speranza e della
Carità.
A questo, però, occorre aggiungere che di fatto si è ormai
determinata una inversione circa il primario scopo della vita della Chiesa.
La prima istanza da soddisfare sembra che sia, non tanto un’unica professione
di Fede, quanto un bisogno d’immagine nei confronti del mondo. Oggi si
ritiene che cosa primaria sia mostrare al mondo intero che tutti i cristiani
sono finalmente un corpo solo; e si è convinti che questo “gesto”,
che questo presentarsi come un “unum”, possa indurre il mondo a guardare
con ammirazione e con rispetto verso il cristianesimo, tanto da convincersi
che, trattandosi di una compagine unita, sia opportuno e magari conveniente
fanne parte.
Vi è un ultimo aspetto da tenere presente, aspetto che Roma non dovrebbe sottovalutare, poiché è in giuoco il destino della Chiesa. Se, come dicevamo prima, nella Chiesa è in atto una tendenza centrifuga, e sono in molti a ripeterlo; e se questa tendenza è strettamente connessa con tutto il lavoro di demolizione svolto negli ultimi trent’anni, nonostante le formali e false dichiarazioni di “unità”, i formali e falsi “gesti di unità”: non v’è dubbio che esiste la concreta possibilità che a breve o medio termine si giunga allo sfaldamento dell’attuale compagine cattolica. Vi sono ormai troppi Vescovi e preti e fedeli che concepiscono la Chiesa solo in chiave modernista e pluralista, per di piú sospinti dal profondo convincimento che il “cambiamento” e la “mutazione” continue facciano parte della stessa natura della Chiesa. Continuando cosí si verificheranno tanti “scismi” formali per quanti “distinguo” sostanziali esistono oggi. E quando si continua ripetere che le “differenze” sono solo una ricchezza perché lo “Spirito soffia dove vuole”, anche a fronte di posizioni eretiche e perfino blasfeme: non v’è dubbio che si finisce col determinare un “clima” in cui ognuno si sente perfettamente legittimato a seguire la sua “ispirazione”. Da qui alla frattura con Roma e con le altre “Chiese locali” vi è solo un passo, che probabilmente si potrà compiere con estrema facilità non appena verrà meno l’autorità carismatica dell’attuale Papa. Preoccuparsi oggi di non accettare le richieste della Fraternità
per timore di creare nuove divisioni, equivale a non preoccuparsi del destino
della Chiesa, che potrà ritrovare sé stessa solo col ritorno
alla Tradizione. Le divisioni non possono collegarsi alle richieste della
Fraternità, sia perché esistono già, sia perché
inevitabilmente sfoceranno nelle rotture.
Chi, in buona fede, può escludere che una tale soluzione rientri a pieno titolo nei piani della divina Provvidenza in vista del non prevalebunt assicuratoci da Nostro Signore?
Vai a: - Nostra presentazione - Presentazione e commento di aprile 2001 - Lo stato dei colloqui fra la Santa Sede e la Fraternità Sacerdotale San Pio X Nostro aggiornamento e commento del gennaio 2002
Nostro aggiornamento e commento del luglio 2002
Ritorna al Sommario Articoli
|