Qualcuno dovrà
pur dirlo
di G. L. G.
Una Gerarchia in trappola
II parte
La Gerarchia appare in trappola, una trappola solo “virtuale” ma,
per chi vuole starci dentro, non meno efficace di una prigione e di un
bavaglio.
Hanno dato lo spunto a queste riflessioni due vicende recenti:
- le gemelle siamesi peruviane Marta e Milagro; (trattata
nella prima parte)
- la manifestazione romana dell’orgoglio omosessuale mondiale. (trattata
in questa seconda parte)
In trappola : il caso della manifestazione romana dell’orgoglio omosessuale
mondiale.
Nella prima settimana di luglio si è svolto a Roma un raduno
mondiale per celebrare l’orgoglio (sic) omosessuale (World Gay Pride).
La manifestazione si è conclusa sabato 8 luglio 2000 con la
pubblica sfilata di un corteo di sodomiti, lesbiche, travestiti, transessuali,
(e ci scusiamo con le categorie interessate se la nostra incompetenza in
materia ci facesse omettere altre “diversità”, (che si pretendono
“normalità”), che fossero state presenti).
Erano 70 000 per la questura, 500 000 per gli organizzatori, 200 000
per la maggior parte dei giornali, numerosissimi comunque.
La telecronaca diretta ci ha trasmesso esibizioni di “affettuosità”,
di glutei, di seni cresciuti a forza di ormoni e di protesi al silicone
su toraci altrimenti maschili, il tutto intervallato da rivendicazioni
di diritti per le coppie di sodomiti e di lesbiche, diritti quali quelli
al “matrimonio” e alla adozione di bambini.
Per inquadrare cattolicamente la questione, e per renderci conto di
ciò che tutti rischiamo, cominciamo riportando quei passi della
Sacra Scrittura che non si sono sentiti ricordare: vergognosa autocensura
che la Gerarchia in trappola ha dovuto imporsi, fuori e dentro le chiese,
con i laici e con i cattolici, in omaggio al “politicamente corretto”,
per non “offendere” l’“orgoglio” omosessuale, ed essere “tollerante” nella
maniera del mondo:
“Disse allora Jahve: «Il grido contro Sodoma e Gomorra
è troppo grande e il loro peccato assai grave! … Quand’ecco
Jahve
fece piovere dal cielo sopra Sodoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti
da Jahve. Rovesciò queste città e tutta la valle con
tutti gli abitanti e la vegetazione del suolo.” (Genesi XVIII, 20;
XIX, 24-25)
“… condannò alla catastrofe dell’incenerimento le città
di Sodoma e Gomorra, come esempio per quelli che in avvenire sarebbero
vissuti da empi (…) …il Signore sa … riservare per il giorno del giudizio
gli iniqui per castigarli, soprattutto quelli che, per passione impura,
si abbandonano alla carne e sprezzano la Sovranità.” (II Pietro
II, 6, 9-10)
“… come Sodoma e Gomorra e le città vicine, che
allo stesso modo si abbandonarono alla lussuria e ai vizi contro
natura, stanno là come esempio, subendo il castigo di un
fuoco eterno.” (Giuda 7)
“ Non giacere con un maschio come si giace con una donna: è
un abominio. (…) …Non rendetevi impuri con nessuna di tali pratiche:
con
esse si resero impure le nazioni che io sto cacciando davanti a voi. La
terra è diventata impura e io ho punita la sua colpa, e la terra
ha vomitato i suoi abitanti. … E forse la terra non vomiterà
anche voi, qualora la rendiate impura, come ha vomitato le nazioni che
vi precedettero? (…) Io infatti reciderò dal loro popolo tutti
coloro i quali commetteranno uno qualsiasi di questi abomini.” (Levitico
XVIII, 22, 24-26, 28-29)
“Se uno si giace con un maschio come si giace con una donna, ambedue
commettono
un abominio : dovranno morire; su di essi ricadrà il loro
sangue.” (Levitico XX, 13)
“Vi scrissi … di non avere relazioni con colui che, portando il
nome di fratello [cioè è cristiano], è impudico
… di neppure prendere cibo con un uomo simile … Cacciate di mezzo a
voi il malvagio.” (I Corinti V, 11, 13)
“ Non illudetevi : né i fornicatori, … , né gli
adulteri, né gli effeminati, né i sodomiti, … saranno
eredi del regno di Dio.” (I Corinti VI, 9-10)
“ I quattro peccati che gridano vendetta al cospetto di Dio:
1° omicidio volontario, 2° peccato impuro contro natura,
3° oppressione dei poveri, 4° frode nella mercede agli operai”
(Catechismo di San Pio X).
Sappiamo bene che diverso atteggiamento si deve tenere verso l’errore e
verso l’errante, ma sappiamo anche, altrettanto bene, che il primo dovere
di carità verso il peccatore consiste non nel tacergli ma nel ricordargli
che si trova in peccato, specie quando ne è “orgoglioso” e in pericolo
di dannazione eterna.
Mai come in questo caso la trappola ha funzionato, paralizzando
e disarmando di fatto la Gerarchia a casa sua, la Roma di Pietro, la Roma
sede del Vicario di Nostro Signore Gesù Cristo.
La trappola in questo caso ha un nome che forse sorprenderà:
è quello di “libertà religiosa” (10),
variante della laica “tolleranza” intollerante.
Dato che la moralità o immoralità di un atto è
stabilita dalla religione, ne consegue che “libertà religiosa” (cioè
libertà di agire in conformità alla propria religione, qualunque
essa sia) vuol dire anche “libertà di morale”.
Dato che la “libertà di morale” si estrinseca nelle azioni,
ne consegue che nell’esercizio pratico essa vuol dire “libertà di
peccato” perché ciò che è illecito in una religione
può essere lecito in un’altra.
A questo punto logica vuole che, a maggior ragione, la “libertà
di morale” e la “libertà di peccato” valga anche per chi non pratica
religione alcuna, cioè per chi è religione e morale a se
stesso.
Il Concilio Vaticano II ha introdotto il nuovo principio
di cosiddetta “libertà religiosa” ponendo sullo stesso piano l’unica
vera Religione rivelata e le innumeri false religioni umane.
Ha infatti dichiarato che la cosiddetta “libertà religiosa”
si basa sulla stessa dignità della persona umana, persona che, in
materia religiosa, (e quindi di morale, e quindi di peccato), deve essere
immune dalla coercizione.
Ne consegue che logicamente è diventato impossibile per la Gerarchia
in trappola criticare, e, a maggior ragione, contenere o sanzionare o far
sanzionare, qualsiasi comportamento peccaminoso, (nel nostro caso
quello omosessuale), specie quando esso ha raggiunto una certa diffusione
ed accettazione sociale.
Gli omosessuali hanno buon gioco a rivendicare la loro “libertà”,
privata e pubblica, e a pretendere che la Gerarchia in trappola riconosca
loro “pari dignità” e che si rimangi le condanne di 2000 anni, con
tante scuse!
A sostegno ed approfondimento di quanto detto citiamo dal documento
conciliare “Nostra Aetate” (11), paragrafo
2 :
“ Questo concilio vaticano dichiara che la persona umana
ha diritto alla libertà religiosa [che comporta
la libertà di morale cioè la libertà di peccato].
Tale libertà consiste in questo, che tutti gli uomini devono
essere immuni dalla coercizione da parte di singoli, di gruppi sociali
e di qualsivoglia potestà umana, così che in materia
religiosa [che implica moralità e immoralità,
cioè virtù e vizio] nessuno sia forzato ad
agire contro la sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti
[siccome non si fa differenza fra unica Religione vera e
religioni false non è possibile stabilire dei limiti oggettivi,
ma solo soggettivi o “accettati socialmente”; questo però vuol dire
che i “debiti” limiti non esistono e che, comunque, non sono necessariamente
quelli di Dio e della Chiesa Cattolica] , di agire in conformità
alla sua coscienza privatamente o pubblicamente, in forma individuale o
associata [cioè : se le nostre coscienze non ci
rimproverano la nostra omosessualità e la sua ostentazione pubblica
nessuna “potestà umana” può impedirci la nostra sfilata omosessuale
con esibizione di glutei ed altro, specie se la “società” accetta
tale comportamento].
Inoltre dichiara che il diritto alla libertà religiosa si fonda
realmente sulla stessa dignità della persona umana, quale si conosce,
sia per mezzo della parola di Dio rivelata sia tramite la stessa ragione,
[la ragione, introdotta così sullo stesso piano, libera il palcoscenico
dalla ingombrante figura di Dio rendendolo facoltativo, così come
impedisce di concepire la “dignità” umana in chiave sovrannaturale]
.....
… Il diritto alla libertà religiosa non si fonda quindi su una
disposizione soggettiva della persona, ma sulla sua stessa natura.
Per cui il diritto a questa immunità perdura anche in coloro
che non soddisfano all’obbligo di cercare la verità e di aderire
ad essa [si riconosce esplicitamente al peccatore, omosessuali
compresi, il diritto di peccare e di dare scandalo impunemente!
e ciò in nome della loro “dignità”!]; e il suo
esercizio, qualora sia rispettato il giusto ordine pubblico [sul
“giusto ordine pubblico” vale quanto già detto sui “debiti limiti”],
non
può essere impedito [il “giusto ordine pubblico”
quale inteso dallo Stato Italiano (che, attraverso il Comune di Roma, ha
elargito un finanziamento e che era rappresentato al corteo dal Ministro
delle “Pari Opportunità” (!), la comunista Katia Belill ) non risulta
essere violato dalle sfilate dell’orgoglio omosessuale con glutei al vento,
quindi la chiesa conciliare si è privata da sola del diritto di
protestare per l’esercizio della “libertà morale omosessuale” da
parte degli omosessuali].”
È chiaro che se si afferma anche il diritto alla impunità
in caso di abuso “etico” della “libertà” di religione/morale/peccato
medesima, (“il diritto a questa immunità perdura anche in coloro
che non soddisfano all’obbligo di cercare la verità e di aderire
ad essa “), questa impunità, a rigor di logica, deve valere
nel campo religioso prima ancora che nel campo civile.
In questo modo la chiesa conciliare ha privata se stessa della facoltà
di condannare e sanzionare i peccatori e, di conseguenza, ha delegittimato
se stessa dall’esigere dallo Stato che “sia rispettato il giusto
ordine pubblico” cioè che condanni e sanzioni lui ciò
che essa stessa dovrebbe condannare e sanzionare ma non condanna e non
sanziona.
In trappola due volte : nel campo religioso e nel campo civile!
Riportiamo in nota alcuni utili richiami a proposito di rapporti fra
autorità religiosa e autorità civile (12).
* * *
Abbiamo assisitito a trattative tra Cardinal Ruini e Stato Italiano
condotte alla stregua di chi, essendo cultore della botanica, rispettosamente
porge istanza all’Autorità affinché, in base alle norme vigenti,
sia tutelato il verde pubblico e non vi si ammettano, il giorno della Festa
degli Alberi, le gare di motocross, da spostare, per piacere, un poco più
in là, un altro giorno, ben inteso se ciò non viola i diritti
civili dei motociclisti.
Naturalmente siamo tutti soddisfatti e grati alla abilità negoziatrice
del Cardinal Ruini, grati alla ferma mediazione dell’Autorità civile,
e grati allo spirito di sacrificio dei sodomiti che, per riguardo ai nostri
tabù, hanno rinunciato a concludere la loro sfilata al Colosseo,
per noi reso sacro dal sangue dei martiri crisitiani, e si sono accontentati
di passarvi solo accanto, in memoria dei propri “martiri” vittime degli
“omofobi”.
* * *
Abbiamo ascoltato, (su RAI 1, la sera dell’ 8 luglio), il Vescovo di
Como, Monsignor Maggiolini, spiegare, (parlando a braccio in un dibattito),
che:
“ Se tutto questo [il riconoscimento alle “amicizie”
omosessuali di specifici diritti propri, ad esempio in campo di successione
ereditaria] implica un subdolo riconoscimento di una unione che
è, poco o tanto, familiare, allora dico che dal punto di vista
della maggioranza democratica (!) io piego la testa (!). Però
dico che siamo in una società che è in regresso: verremo
spazzati via con il marciume che stiamo approvando. … È un equivoco
religiosizzare un problema che è profondamente umano. In fondo
una
approvazione eventuale democratica di una famiglia, diciamo così,
omosessuale segnerebbe la vittoria di una cultura che è senza
futuro, in nome di una libertà che non contiene niente.
Questo,
per l’amor di Dio (!), una società lo può anche volere,
va bene …”.
Naturalmente siamo tutti soddisfatti e grati al Vescovo di Como:
- per averci mostrata una Gerarchia di vedute ampie e “politicamente
corrette”, disposta a convivere con una generalizzazione
democratica del concetto di matrimonio,
esteso a sodomiti e lesbiche;
(“ Dio creò
l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina
li creò. Dio li
benedisse
e Dio disse loro: Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra”
- Genesi I, 27-28);
- per averci spiegato che i problemi posti dalle coppie contro natura
non sono problemi religiosi ma profondamente umani;
(“Se uno
si giace con un maschio come si giace con una donna, ambedue commettono
un abominio:
dovranno
morire; su di essi ricadrà il loro sangue.” - Levitico
XX, 13;
“Non
illudetevi: né i fornicatori, … , né gli adulteri, né
gli effeminati, né i sodomiti, … saranno
eredi del
regno di Dio.” - I Corinti VI, 9-10);
- per averci rassicurati sulla lealtà democratica della Gerarchia
e sulla di lei accettazione delle decisioni prese a maggioranza di
fronte a cui piega la testa;
([al Sommo
Sacerdote e al Sinedrio] “… rispose Pietro con gli Apostoli e dissero:
«Bisogna ubbidire a
Dio piuttosto
che agli uomini» - Atti V, 29)
- per averci spiegato che una società può ben decidere
lei cosa è moralmente lecito;
(“Io sono il Signore Dio tuo…: Non avrai altri dèi all’infuori
di Me … Non ti prostrerai davanti
ad
essi nè renderai loro un culto, poiché io, Jahve tuo Dio,
sono un Dio geloso, che punisce la
colpa
dei padri sui figli fino alla terza e quarta generazione di coloro che
mi odiano, ma che usa
benevolenza
fino alla millesima generazione di coloro che mi amano e osservano i miei
precetti.”
- Esodo XX, 2-3, 5-6)
- per aver invocato l’“amor di Dio”, (sia pure a modo di intercalare
e a sproposito).
* * *
Riportiamo le parole del Papa Giovanni Paolo II, pronunciate il giorno
successivo al corteo conclusivo della settimana dell’orgoglio omosessuale,
così come le leggiamo su “Il Giornale” del 10 luglio 2000:
«Un accenno ritengo doveroso fare alle ben note manifestazioni
che a Roma si sono svolte nei giorni scorsi. A nome della Chiesa di Roma
non posso non esprimere amarezza per l’affronto recato al grande Giubileo
dell’anno Duemila e per l’offesa ai valori cristiani di una città
che è tanto cara al cuore dei cattolici di tutto il mondo. La Chiesa
non può tacere la verità perché verrebbe meno alla
fedeltà verso Dio creatore e non aiuterebbe a discernere ciò
che è bene da ciò che è male. Vorrei limitarmi a leggere
quanto dice il Catechismo della Chiesa cattolica (13),
il quale, dopo aver rilevato che gli atti omosessuali sono contrari
alla legge naturale, così si esprime: “Un numero non trascurabile
di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate.
Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior
parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto,
compassione e delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio
di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la
volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al
sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare
in conseguenza della loro condizione. La Madre celeste ci assisterà
con la sua protezione.» (14)
Tratteremo l’aspetto che tocca direttamente noi laici eterosessuali
nel nostro sforzo quotidiano di praticare la castità cristiana,
ciascuno nel modo consono al suo stato.
È incontestabile che interi settori della società sono
oggi pacificamente colonizzati, se non egemonizzati di fatto, da “lobbies”
filoomosessuali, a partire dal mondo della moda e delle arti e per finire
al mondo dei cosiddetti “intellettuali”.
Il fatto stesso che anche a Roma, città sacra, sia stato possibile
svolgere il corteo dell’orgoglio omosessuale senza reazioni popolari e,
addirittura, con finanziamenti pubblici, con la partecipazione ufficiale
di un ministro non omosessuale (Katia Belillo, comunista, ministro delle
“Pari Opportunità”) e con la presenza di svariati leaders politici
(Veltroni, Cossutta, Bertinotti) dimostra che gli omosessuali non sono
oppressi ma corteggiati.
Ciò che rimane in una parte, ormai forse minoritaria, della
società non è l’intolleranza ma è il doveroso giudizio
morale negativo sugli atti omosessuali e su chi li compie e se ne vanta:
è questo che dà fastidio ai sodomiti perché ostacola
la loro piena vittoria.
Di fronte a Dio e, quindi, di fronte agli uomini la virtù
e il vizio non hanno pari diritti.
L’uomo che vuole essere e mantenersi virtuoso ha il diritto e il
dovere di difendere dal vizio se stesso e l’innocenza dei propri figli,
adottando i mezzi opportuni.
La prima delle precauzioni che ci è stata insegnata consiste
nell’evitare le occasioni prossime di peccato e le cattive compagnie.
Il Nuovo Testamento ci prescrive, a nostra difesa, una lecita e doverosa
discriminazione: quella contro il peccatore orgoglioso del proprio peccato:
“Vi scrissi … di non avere relazioni con colui che,
portando il nome di fratello [cioè è cristiano], è
impudico … di neppure prendere cibo con un uomo simile … Cacciate
di mezzo a voi il malvagio.” (I Corinti V, 11, 13);
“Vi ordiniamo, o fratelli, in nome del Signore nostro Gesù
Cristo, di evitare ogni fratello che vive oziosamente e non secondo
l’insegnamento che avete ricevuto da noi “ (II Tessalonicesi,
III, 6)
“Fratelli, vi raccomando di stare in guardia da quelli che,
in contrasto con la dottrina che avete appresa, causano discordie
e scandali. Tenetevi lontani da essi.” (Romani XVI,
17)
“Dopo una o due ammonizioni fuggi l’eretico, sapendo che un
tale individuo è pervertito e pecca, già condannato per suo
stesso giudizio” (Tito III, 10-11)
“Ma voi, o carissimi, ricordate quanto vi fu predetto dagli apostoli
del Signore nostro, Gesù Cristo, quando vi dicevano: «Nell’ultimo
tempo ci saranno degli schernitori, che cammineranno secondo le loro empie
cupidigie». Sono costoro i fautori di divisioni, sensuali, privi
dello Spirito. Voi invece … conservatevi nell’amore di Dio … Quanti sono
esitanti, stimolateli; altri salvateli strappandoli dal fuoco; di altri
abbiate
pietà, ma con timore, avendo in orrore persino la tunica contaminata
dal loro corpo.” (Giuda 17-23) (15)
“Se qualcuno viene da voi e non reca questa dottrina, non accoglietelo
in casa e non dategli il saluto; poiché chi gli rivolge il saluto,
si fa socio delle sue opere malvagie.” (II Giov. 10-11)
Che non si tratti di una severità eccessiva ce lo mostra
una analogia con una materia dove c’è ampia concordanza di opinioni.
La carità cristiana ha sempre accolto e curato, con rispetto,
compassione e delicatezza, anche i malati più contagiosi, ma la
medesima carità cristiana ha sempre prescritto da una parte al malato
di non contagiare il suo prossimo, (tanto meno volontariamente, vantandosi
della propria malattia), e d’altra parte ha sempre prescritto al soccorritore
di operare in modo da non danneggiare i sani, ( “Non facciamo cose cattive
affinché capitino cose buone” , Epistola ai Romani III, 8).
L’isolamento del malato contagioso, assistito nelle sue necessità,
non è mai stato visto come una discriminazione persecutoria e, se
in qualche caso è stato necessario imporlo con la forza, ciò
non è mai stato visto come una violenza ingiusta ma come una legittima
difesa. (16)
Anche la legislazione degli Stati si è sempre uniformata a questi
criteri, ad esempio in fatto di lebbra, lebbrosi e lebbrosari. (17)
Nel caso dell’omosessualità sono necessarie precauzioni particolari,
specie a difesa dei giovani.
Nel delicato passaggio fra infanzia e adolescenza, durante la pubertà,
il giovane è sottoposto a turbamenti fisici e sentimentali particolarmente
intensi da cui poco sa difendersi perché ancora poco li conosce
e, ad esempio, l’indubbio ascendente di un insegnate valido ma omosessuale
dichiarato può deviare dalla direzione naturale lo sviluppo del
ragazzo la cui unica difesa è l’innocenza fin che non è ingannata
e violata.
L’innocenza è metodicamente violata con programmi di “educazione
sessuale” scolastica che nel mondo anglosassone, in certi casi, giungono
non solo a spiegare esplicitamente le pratiche contro natura ma invitano
gli allievi a provarle per sperimentare se sono di loro gradimento; in
questi casi occorre dare esplicitamente al genitore il diritto morale di
opporsi anche con la forza al “diritto” statale di mettere in serio pericolo
la salvezza eterna dei loro figli.
Se una persona ha in sorte la pesante croce di essere soggetta a tentazioni
di natura omosessuale (la tentazione di per sé non è peccato)
e vuole resistere loro, ben a ragione sia aiutata con rispetto, compassione,
delicatezza, ma da persone moralmente forti e competenti, non solo benintenzionate,
aiutata senza discriminazioni che non siano indispensabili per la salvezza
dell’anima sua e di quelle altrui.
Ma se una persona l’omosessualità la pratica, la dichiara e
la propaganda allora “abbiate pietà, ma con timore, avendo in
orrore persino la tunica contaminata dal loro corpo” (Giuda
17-23 ) e, se si ostinasse, bisogna “non avere relazioni con colui che
… è impudico … Cacciate di mezzo a voi il malvagio.” (I Corinti
V,
11, 13).
Non siamo noi a dirlo ma la Sacra Scrittura.
L’invito alla accoglienza con rispetto, compassione, delicatezza, evitando
ogni ingiusta discriminazione, è stato proclamato senza ulteriori
distinguo di fronte a omosessuali praticanti e orgogliosi di esserlo; è
stato indirizzato a noi cattolici come se non fossimo noi oppressi dal
marciume dilagante ma invece fossimo rei di violenze ed eccessi contro
i viziosi, il che è una beffa e ci offende.
Speriamo di sbagliarci ma crediamo di sapere che questa dichiarazione
di benevolenza incondizionata senza distinguo non convertirà nessun
omosessuale orgoglioso di esserlo ma, anzi, lo confermerà nella
sua presunzione di avere il diritto di praticare e propagandare il suo
vizio ovunque e senza nessun limite, anche in ambiente cattolico.
Speriamo di sbagliare ma crediamo di sapere che questa dichiarazione
di benevolenza incondizionata senza distinguo sarà l’arma assoluta
con cui gli omosessuali, “in nome del Papa”, ci criminalizzeranno definitivamente
come disumani “discriminatori” ogni volta che , a difesa delle anime nostre
e dei nostri figli, proveremo a prendere qualche iniziativa contro il peccato
che grida vendetta a Dio.
Santità, siamo lieti che gli omosessuali siano tutelati contro
ogni eccesso di zelo puritano, ma noi eterosessuali, noi che siamo costretti
a camminare nel fango, noi chi ci tutela contro la immoralità tutelata?
* * *
Dalla trappola si può uscire
Per nostra fortuna questa trappola non è (non ancora) una trappola
fisica, un carcere, una prigione, una violenza materiale ma è (ancora
per poco) solo una trappola “virtuale”: per uscire basta volerlo.
Si è provato (indebitamente) a venire incontro al mondo con concessioni
(indebite), si è provato a parlare con lui usando (indebitamente)
la sua lingua, si è provato a farsi (indebitamemte) dei suoi per
essergli più vicini, si è provato a offrirgli (indebitamente)
una strada larga invece della via stretta, e il risultato è stato
la vittoria sua e il disastro nostro.
Noi abbiamo sbagliato a concedergli ciò che chiedeva e non gli
spettava ma lui, il mondo, ora è senza scusa perché nemmeno
così ha voluto convertirsi.
Non può più accusarci che il suo stato dipenda dalla
nostra cattiva volontà perché ora ha dimostrata la sua di
cattiva volontà e la giustezza della condanna che incombe su di
lui.
Non è il caso di avere dubbi o rimpianti : torniamo a Dio e
alla Tradizione con semplicità, con amore, battendoci il petto riconoscendo
che allontanandosi dalla vie del Signore si fanno disastri .
C’è ancora (per poco) chi conosce e può insegnare la
sana dottrina, c’è ancora chi ricorda come erano le cose una volta
e che tali cose sono possibili, possiamo ricostruire .
In alto i cuori e coraggio perché:
“… voi siete la luce del mondo … risplenda la vostra
luce dinanzi agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone
e diano gloria al Padre vostro che è nei cieli …” (Matteo
V, 14, 16)
“… siccome non siete del mondo, ma io vi ho scelti di mezzo al mondo,
per questo il mondo vi odia …” (Giov. XV, 19)
“… nel mondo avrete tribulazioni; ma abbiate fiducia, io ho vinto
il mondo …” (Giov. XVI, 33)
“… Simone, Simone, ecco che Satana va in cerca di voi per vagliarvi
come il grano; ma io ho pregato per te, perché la tua fede non venga
meno; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli …” (Luca
XXII, 31-32)
Preghiera
Preghiamo con le strofe che la chiesa conciliare ha soppresso dall’inno
della festa di Cristo Re ma che debbono tornare:
Te natiónum praésides
Honóre tóllant público,
Cólant magístri, iúdices,
Léges et ártes éxprimant.
Submíssa regum fúlgeant
Tìbi dicáta insígnia:
Mitíque scéptro pátriam
Domósque súbde cívium.
Amen. |
O Gesù Re, che i reggitori delle nazioni
Ti esaltino con pubblico onore,
Che Ti adorino i maestri, i giudici,
Che a Te si ispirino le leggi e le arti.
Che inchinate splendano dei re
Le insegne a Te consacrate:
E tu, o Gesù Re, con mite scettro la patria
e le famiglie dei cittadini sottometti.
Così sia. |
NOTE
10 - In una prossima puntata dell’inserto “Tempo
Di Ripasso” chi scrive spera, a Dio piacendo, di giungere a trattare
con una certa profondità
della libertà umana e dei problemi che essa pone, tra cui, in particolare,
quelli posti dalla
cosiddetta “libertà
religiosa”. Qui ci limitiamo ad osservare approssimativamente che,
in generale, Dio concede
all’uomo la “libertà”
di peccare nel senso che l’uomo ha i mezzi (libertà fisica) per
peccare e per voler peccare (libertà
psicologica, libero arbitrio)
, ma Dio non gli concede la “libertà” di peccare nel senso che l’uomo
abbia il diritto di peccare
(libertà morale),
tanto è vero che se l’uomo “liberamente” pecca allora Dio lo punisce,
anche per l’eternità. (torna su)
11 - Per un esame approfondito di “Nostra Aetate”
e della problematica legata alla “libertà religiosa” si rimanda
il
lettore agli articoli di
Giovanni Servodio comparsi sui nostri bollettini di ottobre
1999 e dicembre 1999 e all’articolo di
Belvecchio comparso sul
bollettino di ottobre 1999.
(torna su)
12 - Da: Romano Amerio, IOTA UNUM, Studio delle
variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX,
Riccardo Ricciardi Editore,
Milano - Napoli, MCMLXXXVI, seconda edizione”
[paragrafo 75, passim] “… La revisione del Concordato
italiano del 1929 è nei rapporti tra le due potestà il
fatto che più spiccatamente esprime la variazione fatta dalla
Chiesa cattolica nella sua filosofia e nella sua teologia. …
La prima [variazione] è fissata nell’art. 1 del Protocollo addizionale
e suona così: «Si considera non più in vigore il principio,
originariamente richiamato dai Patti lateranensi, della religione cattolica
come sola religione dello Stato italiano».
Questo dispositivo del nuovo patto implica l’abbandono del principio
cattolico secondo il quale l’obbligazione religiosa dell’uomo oltrepassa
l’àmbito individuale e investe la comunità civile : questa
deve, come tale, aver un riguardo positivo verso la destinazione ultima
dell’umana convivenza a uno stato di vita trascendente. Il riconoscimento
del Nume è un dovere non pure individuale, ma sociale. …
Si sarebbe potuto stabilire non già che quel principio «si
considera non più in vigore», bensì che «la Santa
Sede prende atto che lo Stato italiano dichiara di non considerarlo più
in vigore».
La variazione di sostanza è manifesta: oggi la Chiesa chiama
laicità quello che ieri chiamava laicismo e condannava come
agguagliamento illegittimo di atteggiamenti diseguali.
[paragrafo 76, passim] “… la crescente convergenza fra Stato
e Chiesa in Italia [il 12 febbraio 1984, alla firma dei nuovi patti che
riformano il Concordato del 1929] … [non è] effetto di una «flessione
della laicità» … al contrario essa è dovuta a uno
scoloramento nel cattolicismo di quanto è peculiare del cattolicismo:
non è lo Stato che pende alla religione, è la religione che
pende allo Stato e, per così dire, si sreligiona. Questo processo
… prepara la cosmopoli umanitaria e l’universale teocrasia [teocrasia
vale propriamente mescolanza di divinità] …”
[paragrafo 109, passim] “… La Chiesa, sin dalla celebre
dichiarazione di Papa Gelasio nel secolo V, poi confermata da Bonifacio
VIII, riconosce la propria incompetenza nelle materi politiche, in cui
laici e sacerdoti sono soggetti al sovrano temporale, ma rivendica l’intero
dominio nelle cose spirituali e in quelle che abbiano un lato spirituale,
nelle quali viceversa laici e sacerdoti le sono assoggettati.
E se si conserva estranea all’azione politica, che è un mezzo
al fine morale dell’uomo, può però entrare a giudicare le
leggi della comunità politica quando impediscano quel fine e vìolino
la giustizia naturale e i diritti medesimi della Chiesa . Che se la
sovranità, come nei regimi moderni, appartiene al corpo intero dei
cittadini, la Chiesa può resistere alle leggi inique prescrivendo
la condotta che i cattolici inquanto cittadini devono tenere usando del
loro diritto politico, fuori di ogni spirito di odio e di sedizione. …
…i Romani Pontefici in alcuni frangenti della storia poterono annullare
le leggi dello Stato. L’ultimo esempio fu Pio XI che annullò
le leggi irreligiose del Messico nel 1926.
Ma prescindendo dalla nullità di una legge iniqua per decreto
pontificio, rimane certo il diritto dei cattolici, in regimi in cui
partecipano del potere legislativo, di opporsi alle leggi offensive del
diritto naturale e il dovere della Chiesa di attaccarle suscitando e regolando
l’azione civile del laicato.
Ora a questo diritto, di cui il laicato cattolico si prevalse seguendo
la gerarchia anche nel nostro secolo [il XX], la
Chiesa ha ora abdicato quasi del tutto e come ha praticato una politica
di desistenza nei suoi rapporti diretti con gli Stati (paragrafo 75) così
l’ha inspirata alle masse cattoliche nell’interno di ciascuno Stato.”
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13 - Dal “Catechismo della Chiesa Cattolica”, 1992,
Libreria Editrice Vaticana, 00120 Città del Vaticano, ISBN
88-209-1888-9:
1867 La tradizione catechistica ricorda pure che
esistono «peccati che gridano verso il cielo». Gridano
verso il cielo: il sangue di Abele [Cf Gn 4,10]; il peccato dei
Sodomiti [Cf Gn 18, 20; 19,13]; il lamento del popolo oppresso in
Egitto [Cf Es 3,7-10]; il lamento del forestiero, della vedova e
dell’orfano [Cf Es 22,20-22]; l’ingiustizia verso il salariato [Cf
Dt 24,14-15; Gc 5,4].
2357 L’omosessualità designa le relazioni tra uomini
e donne che provano un’attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso
persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli
e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte
inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni
omosessuali come gravi depravazioni [Cf Gn 19,1-29; Rm 1,24-27;
1 Cor 6,10; 1 Tm 1,10] , la Tradizione ha sempre dichiarato
che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati»
[Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana,
8]. Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il
dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarietà
affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati.
2358 Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta
tendenze omosessuali innate. Costoro non scelgono la loro condizione omosessuale;
essa costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò
devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo
si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone
sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e,
se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà
che possono incontrare in conseguenza della loro condizione.
2359 Le persone omosessuali sono chiamate alla castità.
Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della
libertà
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14 - Sempre nel “Il Giornale” del 10 luglio 2000, in un
articolo a firma AnTor [Andrea Tornielli], leggiamo:
“ …In Vaticano fanno notare, infine, che la condanna da parte di Giovanni
Paolo II è volutamente avvenuta dopo e
non prima la sua conclusione [del World Gay Pride]. …”
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15 - Non si tratta di Giuda Iscariota ma dell’apostolo
Giuda di Giacomo (Luca VI, 16), parente di Gesù (Marco
VI, 3;
Matteo XIII, 55), detto anche Taddeo (Matteo X, 3) che in aramaico
significa “magnanimo”.
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16 - Qui prescindiamo dagli abusi fin troppo frequenti
che si compiono a mezzo di istituti quali il Ricovero Coatto e il
Trattamento Sanitario Obbligatorio.
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17 - Significativamente la prima e unica eccezione
nella legislazione dello Stato si è avuta riguardo all’AIDS la cui
diffusione inizialmente era circoscritta alla comunità omosessuale,
malattia contagiosa che da principio avrebbe potuto
essere contrastata con relativa facilità se affrontata analogamente
a come la legge prevede ad esempio per la lebbra e i
lebbrosi.
Ogni isolamento del malato di AIDS, o del sieropositivo infetto da HIV
(il virus è presente, in varia misura, nei
liquidi corporei, sudore, lacrime e saliva compresi), è stato prontamente
vietato, non solo contro l’interesse del
cittadino sano (che può essere contagiato senza necessariamente
intrattenere rapporti sessuali con persona infetta,
come ad esempio è accaduto a infermiere venute incidentalmente a
contatto col loro sangue), ma sopra tutto contro
l’interesse del malato stesso che, avendo il sistema immunitario compromesso
al punto da non potersi difendere
neppure dalle malattie più banali, avrebbe interesse a vivere in
ambiente il più possibile sterile.
Oggi abbiamo l’assurdo che è obbligatorio ammettere all’asilo bambini
sieropositivi senza rivelarne lo stato, (bambini
potenzialmente contagiosi, ad esempio a seguito di incidenti di gioco),
mentre è vietato accettare a scuola bambini non
vaccinati che certamente non mettono a rischio la salute dei compagni immunizzati
dal vaccino.
Abbiamo l’assurdo di pregiudicati malati di AIDS che sono scarcerati per
la gravità del loro stato e che rapinano a
tutto spiano certi dell’immediato rilascio (è successo a Torino
e, se non ricordiamo male, si trattava di tre pregiudicati
noti come “la banda del taglierino” dall’arma con cui minacciavano gli
impiegati di banca).
Ciascuno potrebbe confrontare questa disparità di trattamento fra
malattie contagiose con il da lui presunto grado di
immoralità sessuale dei governanti e delle lobbies che li sostengono
e, se crede, trarne o non trarne conclusioni
personali.
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(12/2000)
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