A proposito dei chiarimenti ufficiali
di Don Bouchacourt

sulla questione dei Decani della Fraternità

di Giovanni Servodio





Don Christian Bouchacourt
e i Decani della Fratenità che dissentono da Menzingen


In seguito alla vicenda della Lettera Aperta dei Decani della Fraternità in Francia, e dopo le lettere [1 e 2 ] del Superiore Don Bouchacourt, ecco che questi ritiene opportuno prendere posizione in maniera per così dire “formale” rilasciando un’apposita intervista al settimanale francese Présent, che com’è noto è il giornale di riferimento, in Francia, anche di tutto l’ambiente che ruota intorno alla Fraternità. A conferma di questa intenzione di più vasta informazione a carattere possiamo dire “universale”, la stessa intervista è stata pubblicata su Actualités, il nuovo servizio informazioni della Fraternità San Pio X che ha preso il posto di DICI.
Possiamo quindi considerare questa intervista come un testo ufficiale sia del Distretto di Francia sia della Casa Generalizia. Ed è in quest’ottica che abbiamo pensato fosse opportuno avanzare alcune precisazioni, senza alcuna pretesa di altrettanta “ufficialità”, beninteso, ma certo in base al fatto che è da vent’anni che questo sito sostiene la Fraternità San Pio X, anche se a volte è intervenuto per fare distinguo e precisazioni, come in questo caso, e sempre non per amore partigiano, ma per spirito cattolico che guarda alla sostanza delle cose al di là delle strutture e degli uomini: la prima resta, i secondi passano.

Abbiamo pubblicato a parte l’intervista, ma per comodità dei lettori la riproduciamo in calce a questa nota.

Don Bouchacourt, ci dispiace dirlo, esordisce con una vistosa imprecisione, che finisce col qualificare negativamente tutte le sue risposte. Egli sostiene che la lettera dei Decani abbia seguito quella del cardinale Müller, dimenticando volutamente di far notare che nell’intervallo ci sono stati il comunicato ufficiale e l’analisi di questa lettera, pubblicati dalla Casa Generalizia. Il che cambia di tanto la portata della lettera dei Decani.

Subito dopo, il Superiore sottolinea che la lettera in questione sarebbe stata preparata “in segreto” e cioè senza avergliela sottoposta prima della pubblicazione. Ora, dal momento che lui stesso continua raccontando che il venerdì lo stesso Don de la Rocque gli aveva consegnato il testo della lettera, prima della pubblicazione, è evidente che egli non lamenta di non essere stato informato “prima”, quanto piuttosto che non sia stata chiesta la sua preventiva approvazione. Il che spiega che cosa significhi realmente il suo dire che è “inammissibile” che la lettera sarebbe stata preparata “in segreto”.
Spiegazione ulteriormente chiarita dall’affermazione: «Se il testo mi fosse stato consegnato personalmente, sarebbe stato trasmesso alla Casa generalizia. A quel punto, i suoi punti di forza e di debolezza – poiché ne ha – sarebbero stati valutati».

C’è forse un modo migliore per dire che questa famosa lettera, se fosse stata consegnata prima ai “superiori”, non avrebbe mai visto la luce?
Sì, forse c’è, ed è che lettera non avrebbe mai dovuto essere stata neanche pensata, semplicemente perché non fa piacere ai “superiori”.
Tant’è vero che, forse neanche senza rendersene conto, Don Bouchacourt commette l’errore di dire una bugia che rivela il suo pensiero nascosto: il testo sarebbe stato pubblicato «contro la volontà dei superiori». Cosa che appena prima è stato detto essere impossibile, perché i superiori non ne sapevano niente… dice qui Bouchacourt.

Tutto questo groviglio di pensieri nascosti sembra essere fatto apposta per dimostrare che nella Fraternità continua a vigere una forma mentale per la quale nulla può esserci di buono fuori dalla preventiva approvazione dei Superiori, anche se trattasi non di questioni di fede o di morale, ma di questioni di gestione politica e di condotta pragmatica.

Quanto al succo della lettera, Don Bouchacourt sostiene che la lettera avesse l’intenzione di mettere sull’avviso la Casa Generalizia sulla possibile firma a breve di un accordo con Roma, possibilità che il Superiore qualifica come una gratuita  illazione: “secondo i suoi firmatari”. La cosa fa sorridere, dopo che è da mesi che anche i bambini sanno che è proprio questo che si accinge a fare Mons. Fellay. Evidentemente, fino a quando Mons. Fellay non abbia apposto la firma, nessuno si dovrebbe permettere nella Fraternità di affermare che egli si sia predisposto a farlo, né tampoco metterlo per iscritto.
Una mentalità del genere, se non fosse avvilente, sarebbe risibile, ma per questi Superiori non c’è niente di meglio di un tale atteggiamento, a riprova che non c’è limite al senso del ridicolo.

Senso del ridicolo che Don Bouchacourt dimostra di non temere quando sostiene che: «questa divisione che non fa altro che servire ai piani del principe della divisione, che è Satana. Dei buoni sacerdoti sono turbati, e più ancora dei fedeli, in certi priorati si installa la divisione: i frutti dimostrano che questa azione non è buona».

Letta in assoluto, questa considerazione appare certo sensata, ma se la si legge avendo in vista quello che è accaduto nella Fraternità a partire dal 2012, e cioè da cinque anni – non da cinque settimane -, si rimane davvero allibiti.
Vediamo: è da cinque anni che nella Fraternità si constata che “Dei buoni sacerdoti sono turbati, e più ancora dei fedeli, in certi priorati si installa la divisione”… con la conseguenza – aggiungiamo - che sacerdoti e fedeli si staccano o vengono cacciati dalla Fraternità. Secondo la stessa logica di Don Bouchacourt: “i frutti dimostrano che questa azione non è buona”… solo che questa volta l’azione incriminata non è più quella di sette sacerdoti del Distretto di Francia, bensì quella del quartier generale della Fraternità a Menzingen.

Prima di parlare a vanvera, Don Bouchacourt dovrebbe riflettere su ciò che porta sulle spalle, lui e i capi a cui ubbidisce; tranne che volesse sostenere, ed è quello che temiamo, ed è per questo che abbiamo redatto questa nota, che quando il turbamento e la divisione sono causati da sette sacerdoti, questi vanno puniti e se necessario cacciati; quando invece lo stesso turbamento, anche peggiore, e la stessa divisione, anche più profonda, sono causati dai capi di Menzingen, ecco che si tratterebbe di azioni meritorie, di grazie elargite per il bene della Fraternità … e guai a chi osasse solo pensare che non sia cosi!

Secondo noi, che siamo nessuno e che contiamo un bel niente, questo atteggiamento si chiama “dissociazione mentale”, perfino colpevolmente coltivata per perseguire interessi personali, magari solo di mero potere umano, ma che non ha niente a che vedere con la conduzione di una Congregazione cattolica come la Fraternità San Pio X, in cui scopo non è servire gli uomini, ma servire Dio.



Reverendo, come riassume i fatti accaduti in questi ultimi giorni in seno alla Fraternità?


E’ stata pubblicata innanzi tutto una lettera del cardinale Müller che attribuisce ai vescovi la possibilità di dare ai sacerdoti della Fraternità la giurisdizione per i matrimoni. Come reazione, è stata scritta da certi sacerdoti della Fraternità una «lettera aperta», preparata in segreto – cosa che è inammissibile – senza mostrarmene il contenuto. Questo commento voleva mettere sull’avviso la Casa generalizia la quale, secondo i suoi firmatari, avrebbe l’intenzione di firmare un accordo di riconoscimento con Roma, in tempi brevi. Ora, nulla giustifica questo comportamento.
Don de La Rocque mi è venuto a trovare la sera di venerdì 5 maggio con questo testo, ma Le Chardonnet era già stato stampato e il testo era già stato diffuso tra diversi sacerdoti e comunità religiose. Io ho sperato per tutto il sabato che i sacerdoti in questione non leggessero pubblicamente questo testo. Sfortunatamente, non sono riuscito a risolvere questa questione «in famiglia». Domenica mattina la novità si è diffusa a macchia d’olio nelle parrocchie e sulle reti sociali. Ho dovuto quindi reagire in maniera pubblica. Così Domenica sera ho scritto una lettera condannando quanto era accaduto.

Il 13 maggio, centesimo anniversario della prima apparizione della Vergine a Fatima, era stato indicato come data di una eventuale dichiarazione del Papa a proposito di una prelatura accordata alla Fraternità. Questo non ha inciso negli spiriti bollenti?

Questa data era una chimera. Nessuno ne aveva avuta conferma. Il Papa peraltro, nel suo viaggio di ritorno al sabato, ha risposto ad una domanda sulla Fraternità dicendo che era sempre in contatto con Mons. Fellay ed ha aggiunto «camminiamo, camminiamo…»

Per quanto riguarda gli accordi, lei si fida di Mons. Fellay?

Assolutamente. Spetta a lui occuparsi della cosa. Ciascuno deve stare al suo posto, pregare e fare penitenza. La Provvidenza continuerà a proteggerci dai pericoli.

Non vi è nella Fraternità un altro mezzo per esprimersi oltre a questi metodi rivoluzionari – che in questo caso sono usati, sia detto per inciso, dai cantori della controrivoluzione?

Beninteso! Se il testo mi fosse stato consegnato personalmente, sarebbe stato trasmesso alla Casa generalizia. A quel punto, i suoi punti di forza e di debolezza – poiché ne ha – sarebbero stati valutati. Ma il fatto di averlo pubblicato urbi et orbi contro la volontà dei superiori, fa sì che io non abbia potuto valutarne il contenuto al di fuori delle circostanze della sua pubblicazione.

Quali sono le reazioni di Mons. Fellay a tutti questi avvenimenti?

Mons. Fellay è estremamente addolorato. La Francia è la punta di diamante della Tradizione, ma talvolta si dimostra un po’ ragazzo ribelle. La Francia cattolica dei nostri ambienti vuole realmente conservare la Tradizione, in uno spirito talvolta rissoso. E’ la nostra ricchezza, certo, ma che dev’essere incanalata.

Lei ha trascorso la giornata di Domenica a Saint-Nicolas, cuore della crisi. Che impressione ha ricevuto?

Sono particolarmente colpito nel vedere questa divisione che non fa altro che servire ai piani del principe della divisione, che è Satana. Dei buoni sacerdoti sono turbati, e più ancora dei fedeli, in certi priorati si installa la divisione: i frutti dimostrano che questa azione non è buona.
Ma non dimentichiamo: dalla croce sgorgano sempre delle grazie. Io mi auguro che questa pesante prova permetta alla parrocchia di Saint-Nicolas e alla nostra Fraternità di rinserrare i ranghi, di rafforzare gli animi nella buona battaglia della fede nella carità.

Domenica 14 maggio, Don Bouchacourt ha annunciato dal pulpito, prima dell’omelia della Messa delle 10,30, che Don Puga sarà nominato parroco ad interim di Saint-Nicolas du Chardonnet.




maggio 2017
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