Una risposta:
una rivoluzione e
un sovvertimento della verità

Bergoglio: la Tradizione e l'Islam


di Giovanni Servodio





Parte prima: Bergoglio e l'immigrazione
Parte seconda: Bergoglio: l'immigrazione e l'Europa
Parte terza: Bergoglio: la Chiesa e la società
Parte quarta: Bergoglio: la Tradizione e l'Islam
Parte quinta: Bergoglio: le sfide della Chiesa
Parte sesta: Bergoglio: confidenze personali


Dopo aver parlato e un po’ sparlato della Chiesa e la società, ecco che papa Bergoglio si lancia in una sorta di panegirico della tradizione – qui rigorosamente in minuscolo perché ha parlato solo della sua tradizione e non della Tradizione cattolica.
Un panegirico dunque alla rovescia, nel quale non c’è una sola parola che corrisponda anche solo al mero significato letterale di “tradizione”

«Come cresce la tradizione? Essa cresce come cresce una persona: col dialogo, che è come l’allattamento per il bambino. Il dialogo col mondo che ci circonda. Il dialogo fa crescere. Se non si dialoga non si può crescere, si rimane chiusi, piccoli, nani. Non posso accontentarmi di camminare col paraocchi, devo guardare e dialogare. Il dialogo fa crescere. E fa crescere la tradizione. Dialogando e ascoltando un’altra opinione, io posso cambiare il mio punto di vista, come nel caso della pena di morte, della tortura, della schiavitù. Senza cambiare la dottrina. La dottrina è cresciuta con la comprensione. Questa è la base della tradizione

Senza voler essere eccessivi, dobbiamo rilevare, con tutto il dovuto rispetto, che l’ignoranza di papa Bergoglio è davvero abissale, perché se non si trattasse di questo ci troveremmo al cospetto di un palese mentitore o di un confuso perso che pretende di spacciare per buoni tutta una serie di concetti avariati.

Innanzi tutto la domanda iniziale: “come cresce la tradizione?
Ma la Tradizione non cresce, la Tradizione sussiste e viene trasmessa, al massimo potrà essere trasmessa con le delucidazioni necessarie che volta per volta si rendessero necessarie, ma la Tradizione si trasmette come è stata trasmessa e come sarà ulteriormente trasmessa… è un concetto elementare strettamente legato al significato stesso del termine, derivato dal latino tradere, che significa semplicemente “consegnare una stessa cosa da una persona a un’altra” e per estensione “da una generazione a un’altra”.
Solo a causa di un’ignoranza crassa si può contraddittoriamente affermare che la Tradizione “cresce come cresce una persona”; questo significa togliere alla Tradizione ogni valenza propria e trasformarla in qualcosa che non può più essere trasmessa, cioè in qualcosa che non è più la Tradizione.
E anche a volersi sforzare di accettare l’esempio dell’allattamento del bambino, si dovrà riconoscere che il processo è il medesimo: la madre continua a trasmettere al figlio una parte di sé, così come ha fatto durante la gestazione; e anche in questa trasmissione non c’è alcuna crescita, se non quella naturale del bambino stesso. Tale che semmai sarebbe giusto dire che la trasmissione della Tradizione dalla generazione precedente alla generazione successiva è il fattore che permette a quest’ultima di crescere.
Un ragionamento che non sfiora nemmeno la testa di papa Bergoglio.

Quando poi, molto capziosamente, dopo aver affermato che la Tradizione cresce col dialogo, papa Bergoglio insinua che il dialogo “è come l’allattamento per il bambino”, ecco che incappa in un altro errore: poiché nell’allattamento non c’è alcun dialogo, anzi tutto il contrario: c’è la ricezione attivo-passiva del bambino che succhia il latte che la madre gli offre… quel latte e non un altro… il latte della madre e non il prodotto di un suo impossibile “dialogo” con la madre; quel latte che può essere solo simbolo tangibile della trasmissione dalla madre al figlio, della tradizione intesa nel suo più intimo significato: la madre che trasmette al figlio una parte di sé sia in termini fisici sia in termini spirituali.

Ma, in realtà, a papa Bergoglio non importa alcunché della Tradizione, quello che gli importa è affermare che la Tradizione non esiste e che esiste solo il “dialogo”.
E lo dimostra il seguito del suo ragionamento.

«Il dialogo col mondo che ci circonda. Il dialogo fa crescere. Se non si dialoga non si può crescere, si rimane chiusi, piccoli, nani.»

Ora, a parte il fatto che nel caso del bambino allattato dalla madre, il primo cresce proprio in forza della mancanza di dialogo, e per questo non rimane né chiuso, né piccolo, né nano. Anzi! … anche in questa immagine del “dialogo col mondo che ci circonda”, c’è un altro errore. Il mondo che ci circonda sollecita i nostri sensi, stimolando in noi la capacità di apprendimento, ma noi non dialoghiamo col mondo, lo recepiamo solamente, poiché è proprio il concetto di dialogo che viene a mancare.
Dialogo significa scambio di discorsi tra due persone, tanto è vero che lo stesso papa Bergoglio usa il termine in questo senso, rivelando che mentre sembra parlare della Tradizione, in effetti suggerisce la necessità del dialogo, che è tutt’altro dalla Tradizione.

Più che l’offerta di un convincimento, il suo è un tentativo di imbonimento:

«Non posso accontentarmi di camminare col paraocchi, devo guardare e dialogare. Il dialogo fa crescere. E fa crescere la tradizione

Ora, ammesso e non concesso che il dialogo faccia crescere, se si tratta di dialogo costruttivo, con quale coraggio si può arrivare ad affermare poi che “fa crescere la tradizione”?
Sarebbe come dire che un rapporto di scambio di un qualche prodotto porterebbe alla crescita del prodotto scambiato. Noi non sappiamo se in Argentina i gauchos che si scambiano le vacche finiscano col moltiplicarne reciprocamente il numero, ma anche a lume di naso ci sembra impossibile, se non altro perché a quest’ora sarebbero miliardari a furia di scambiarsi le vacche… ne avrebbero a milioni.
Eppure, quest’argentino arrivato fresco fresco a Roma ci vorrebbe far credere che gli asini volano.

E si arriva al colmo della contraddizione quando papa Bergoglio asserisce, più esplicitamente, che “Dialogando e ascoltando un’altra opinione, io posso cambiare il mio punto di vista”.

Così, che applicando lo stesso concetto alla Tradizione, ne deriva che per papa Bergoglio la Tradizione sarebbe quella cosa che cambia continuamente col dialogo.
In verità, nessuna novità, perché è dal Vaticano II che si continua ad affermare questa assurdità. Già papa Ratzinger parlava, a seguito dei suoi predecessori, di tradizione vivente, e cioè mutante, ma almeno lui aveva la decenza di presentare questa assurdità in maniera più articolata concettualmente e non in maniera becera come fa oggi papa Bergoglio.

Fatto è che, in definitiva, papa Bergoglio intende spingersi ancora più in là dei suoi predecessori nella demolizione della Tradizione; e forse, in qualche modo, bisogna riconoscergli una maggiore sincerità, pur nella maggiore gravità dell’assunto.

E a niente vale la precisazione – di prammatica - «Senza cambiare la dottrina», perché qui siamo al livello della battuta volgare. Doppiamente volgare e fortemente offensiva per chi ascolta o legge: «La dottrina è cresciuta con la comprensione».
Infelice espressione che detta per esteso suona così: “la dottrina è cresciuta con la comprensione della dottrina” cosa che è scorretta grammaticalmente e concettualmente.

In realtà, papa Bergoglio, maestro in contraddizione, dopo aver lapidariamente affermato “senza cambiare la dottrina”, ecco che subito aggiunge “perché la dottrina cambia continuamente con la comprensione”.
Ma, insomma, questa dottrina, cambia o non cambia?

Siamo alla schizofrenia, ma ancor più siamo al tentativo di far passare una falsità come fosse una verità… esercizio funambolesco in cui papa Bergoglio si esercita da quattro anni tra le mura dell’albergo Santa Marta.




Allegoria della Santa Messa


« … al contrario, l’ideologia tradizionalista ha una fede così (fa il gesto dei paraocchi): la benedizione deve darsi così, le dita durante la Messa devono stare così, con i guanti, come si faceva prima… Quello che ha fatto il Vaticano II con la liturgia è veramente una cosa molto grande. Perché ha aperto il culto di Dio al popolo. Adesso il popolo partecipa

Passo che riportiamo per dovere di cronaca, e che si commenta da sé: sia per il solito vizietto di papa Bergoglio di insultare sempre quelli che non la pensano come lui… hanno i paraocchi… sia perché quello che lui beffeggia e critica non è altro che la legge liturgica della Chiesa… sia perché se c’è una cosa di grande che ha fatto il Vaticano II, e i papi che lo hanno applicato, è svuotare le chiese, gli oratori e i conventi… altro che “popolo che partecipa”!

Alla domanda sull’islam e sulla reciprocità di comportamenti col cristianesimo, papa Bergoglio risponde:

«Essi non accettano il principio di reciprocità. Certi paesi del Golfo sono aperti e ci aiutano a costruire delle chiese. Perché sono aperti? Perché hanno degli operai filippini, cattolici, indiani… Il problema, in Arabia Saudita, è che si tratta di una questione di mentalità. Tuttavia, con l’islam il dialogo va avanti bene, perché, io non so se lo sa, ma l’imam di Al-Azhar è venuto a farci visita. E vi sarà un incontro laggiù e io ci andrò. Io penso che a loro farebbe bene fare uno studio critico del Corano, come noi l’abbiamo fatto con le nostre Scritture. Il metodo storico-critico dell’interpretazione li farà evolvere



La moschea di Roma, la più grande d'Europa,
costruita dai Sauditi su un terreno regalato dal Comune



I musulmani non accettano il principio di reciprocità? Ma prima bisognerebbe spiegare in che consista tale principio di reciprocità. Se infatti con esso si intendesse che i cattolici dovrebbero poter costruire una cattedrale a La Mecca come i Sauditi hanno costruito con i petrodollari una moschea a Roma, beh, ci sembra proprio che i Sauditi abbiano ragione.
Siamo noi che abbiamo rinunciato alla nostra identità e abbiamo messo in un canto i nostri simboli religiosi, perfino i più importanti – come la sacralità dell’Urbe – per poter apparire aperti e accoglienti, mentre invece ci siamo ridotti ad essere permeabili e arrendevoli.
E questo non da poco tempo, perché si decise per la moschea a Roma sotto Paolo VI e la si costruì sotto Giovanni Paolo II, entrambi papi del Concilio.
Quindi, non è la mentalità saudita che dovrebbe cambiare per poter giungere alla reciprocità, ma è la distorta mentalità delle gerarchie post-conciliari che dovrebbe essere azzerata, ritornando al rispetto dei comandamenti di Nostro Signore e delle esigenze religiose e culturali della Cristianità, che hanno sempre imposto, ed impongono, non la reciprocità, ma l’evangelizzazione, cioè la possibile conversione dei musulmani, da realizzarsi, come e quanto si può, nella stessa terra dell’islam. Come cercò di fare San Francesco col sultano Malik al-Kamil, checché ne dicano gli interessati falsari moderni che si sono inventati l’assurdo mito di un San Francesco dialogante.
Ed è proprio Bergoglio l’odierno esponente di spicco di questa mala genía di falsi cattolici… non a caso ha voluto assumere, immeritatamente, il nome di Francesco.

Ciò nonostante, papa Bergoglio ci confessa, con un “tuttavia”, che «con l’islam il dialogo va avanti bene», tant’è vero, racconta, che l’imam di Al-Azhar è venuto in Vaticano e lui si ripromettere di andare a Il Cairo… per dialogare… sembrerebbe… e invece no!
Ci si aspetterebbe che dicesse “per convertire”, ma la cosa è mille miglia lontana dalle intenzioni di papa Bergoglio. Perché allora andrà a Il Cairo?

«Io penso che a loro farebbe bene fare uno studio critico del Corano, come noi l’abbiamo fatto con le nostre Scritture. Il metodo storico-critico dell’interpretazione li farà evolvere

Incredibile, ma vero. Invece di andare a Il Cairo per portare la Parola di Dio – come sarebbe suo dovere – papa Bergoglio vuole andarci per suggerire all’imam della più grande e più importante Università islamica del mondo di convertirsi al credo conciliare neocattolico, a quel metodo storico-critico dello studio dei sacri testi che ha demolito il Depositum Fidei e ha preteso di trasformare il Vangelo in una raccolta di congetture tutte da verificare e da aggiornare in continuazione.
E questo lavoro di “autodemolizione”, papa Bergoglio dice di volerlo suggerire anche ai musulmani, a riguardo del loro Corano, perché «li farà evolvere».

Non ci sono parole per questa presunzione senza freno, e ci viene da ridere, tra la compassione e la pena, al pensiero di papa Bergoglio che invita l’imam musulmano ad evolversi attraverso la critica testuale del Corano.

Ma ciò che più conta è che in questa aberrante affermazione è contenuto tutto il significato del Vaticano II, tutto il senso della conduzione “pastorale” portata avanti dai papi post-conciliari, tutto il lavoro di revisione dottrinale attuato da cinquant’anni dai più improbabili teologi, e soprattutto è contenuto il vero scopo che da cinquant’anni muove le gerarchie cattoliche: interpretare le “nostre Scritture” attraverso “uno studio critico” di esse, per realizzare la “nostra evoluzione”.

Chi ancora si sentisse cattolico appartenente a questa neochiesa retta dai tanti Bergogli che la dirigono, farà bene a deporre ogni illusione e a convincersi che il destino futuro dei veri cattolici sta nel raccogliersi in piccoli gruppi, per quanto possibile distanti dal mondo attuale, che mantengano la vera fede, curando l’insegnamento, la predicazione e la pratica della Tradizione cattolica, nell’attesa che Nostro Signore decida di intervenire per porre in salvo, come promesso, la Sua Santa Chiesa.


Signore, aiutaci a perseverare fino alla fine, sostienici nella tribolazione, liberaci dall'uomo iniquo e fraudolento

Gesù rispose: «Guardate che nessuno vi inganni; molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e trarranno molti in inganno. Sentirete poi parlare di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi; è necessario che tutto questo avvenga, ma non è ancora la fine. Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi; ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori.
Allora vi consegneranno ai supplizi e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati, ed essi si tradiranno e odieranno a vicenda. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell’iniquità, l’amore di molti si raffredderà.
Ma chi persevererà sino alla fine, sarà salvato. Frattanto questo vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine.
Quando dunque vedrete l’abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo - chi legge comprenda -, allora quelli che sono in Giudea fuggano ai monti, chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere la roba di casa, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni. Pregate perché la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato.
Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai avvenne dall’inizio del mondo fino a ora, né mai più ci sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, nessun vivente si salverebbe; ma a causa degli eletti quei giorni saranno abbreviati. Allora se qualcuno vi dirà: Ecco, il Cristo è qui, o: E’ là, non ci credete. Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti.
Ecco, io ve l’ho predetto.
(Mt. 24, 4-25)



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