BENEDETTO XVI



Articolo di Luciano Pranzetti

Parte quinta


Si chiude, con il presente articolo, la nostra ricognizione sul pontificato di Benedetto XVI, Papa Ratzinger, una ricognizione che ha esaminato l’azione pastorale – ecumenismo, rapporti con le confessioni altre - e, soprattutto, la sua formazione culturale teologica.
In questo conclusivo intervento, scriveremo della sua rinunzia al sacro e perpetuo “Ministerium” e delle conseguenze che tanto hanno influito sul prosieguo del pontificato nella Santa Chiesa Cattolica.

     


Benedetto XVI legge le sue dimissioni


IL FATTO: 11 febbraio 2013, anniversario della prima apparizione mariana a Lourdes: non sappiamo se questa data fosse stata, consapevolmente, scelta da Benedetto XVI nel piano preordinato per le sue dimissioni o se tale coincidenza fosse da ritenere casuale. Diciamo casuale quanto all’agire umano mentre è da ritenersi corrispondente al piano di Dio se qualcosa significhi il fulmine che, la sera stessa, si scaricò sulla cupola della Basilica vaticana.




Il fulmine che si scaricò sulla cupola della Basilica vaticana


Ed è assai curioso – sempre nella prospettiva umana – notare come il 13 ottobre 2017, giorno anniversario dell’ultima apparizione mariana a Fatima, Papa Bergoglio intronizza, in Vaticano, la statua di Lutero e, quattro anni dopo, il 7 ottobre del 2021– festa della Madonna della Vittoria, anniversario di Lepanto 1571 – ancora lui, al termine del sinodo sull’Amazzonia, fa sfilare, nella Basilica vaticana l’idolo andino della Pachamama (la grande madre) davanti alla quale, tutta la Curia, stolidamente, prega.

Ciò detto, quanto a cornice dell’evento, entriamo nello specifico tema della rinunzia su cui eserciteremo, “sine ira et studio”, la nostra libera e convinta interpretazione.

Teniamo a precisare che, quanto agli attributi “sacro e perpetuo” riferiti a Ministerium, sarà, nel nostro prossimo intervento, argomento di chiarificazione sulla vexata quaestio del mantenimento o meno – in caso di rinunzia – del “Munus”.

Proponiamo, pertanto, una riflessione che, nell’economia del presente intervento, costituisce l’argomento con cui daremo ragione del nostro commento. Essa è la nostra torcia con cui è possibile illuminare e chiarire il ‘buco nero’ della rinunzia di Benedetto XVI la quale, diciamo subito, non può essere considerata l’esito di una crisi di affaticamento, non più sopportabile per “ingravescente aetate” = per l’avanzare dell’età, né per occulti ricatti riferiti a trascorsi episodî di pedofilia attribuiti al fratello e da lui coperti, né per i veti posti dai poteri forti che, data la sua visione modernista ed evoluzionista, non lo ritengono ostacolo alla diffusione di un’etica relativistica ma, al contrario, ci vanno a braccetto. Il papa emerito, fino al suo ultimo giorno, s’è manifestato tutt’altro che oppresso dall’età non impedendogli, questa, di mantenere ritmi sostenuti nella produzione culturale – libri, interviste, articoli, incontri – sempre in piena visibilità massmediale.
Che cosa, allora, ferve nella strana, inspiegabile decisione di troncare l’impegno rinunciando al sacro mandato?

Noi abbiamo sviluppato una teoria, o meglio, una convinta tèsi che, tralasciate le note e pubbliche ragioni - un diversivo - lo pone quale pedina non secondaria, anzi consapevole, nella creazione e nell’evoluzione di un disegno che, stanti le cose, è la prova della nostra corretta disamina del tema. Vediamo allora come, quanto e perché possa, la nostra idea, dirsi accettabile.

La convinta adesione di BXVI all’evoluzionismo teilhardesco – come più volte affermato nell’opera INTRODUZIONE AL CRISTIANESIMO Ed. Queriniana 2012, pag. 77/226ss/294/309 – così come è nota la sua concordanza al pensiero del protestante Werner Keller, autore dell’infida e velenosa opera LA BIBBIA AVEVA RAGIONE con la quale si “dimostra” come ogni evento divino, narrato nella Sacra Scrittura sia, in effetti, realmente accaduto ma articolato e classificato quale fenomeno naturale, questa sua convinta adesione, dicevamo, è il punto di partenza della nostra riflessione.



varie teorie astronomiche quali l’apparizione di una “supernova

Benedetto XVI, darà prova di questa sua visione nell’opera L’INFANZIA DI GESÙ – ed. Rizzoli 2012 - dove, da pagina 113 a pagina 119, a proposito della stella che guida i Magi a Bethlem, è un continuo altalenare tra varie teorie astronomiche quali l’apparizione di una “supernova” o della inflazionata congiunzione ‘Giove-Saturno’, senza mai concludere ammettendo un prodigio del Padre in occasione della nascita “umana” del Figlio.
Si tratta, per come si può notare, di una visione cultural-teologica con cui Papa Ratzinger propone l’evoluzione della Chiesa cattolica dalla sua connotazione divina a una antropologica. Perché, che cosa significherebbero le tante affermazioni, come questa: “A prima vista, effettivamente, sembra che tra gli insegnamenti di Pio IX e il Decreto conciliare sulla ‘Libertà religiosa’ esista un contrasto insuperabile”?
Capolavoro di santa ipocrisia quel sembra che lui, perito conciliare, sa perfettamente posto lì a significare non una sensazione – il sembrare – ma la reale attanza di un’evoluzione che dovrà condurre la Chiesa verso un’identità di paritario livello alle altre confessioni codificata dal famoso/fumoso ossimoro “unità nella diversità”.    

Siffatta complessione psicologica e culturale di Papa Ratzinger rappresenta il terreno di coltura in cui l’arcivescovo di Buenos Aires, Mario Jorge Bergoglio, suo successore col nome di Francesco, svilupperà l’intero suo programma, quello di trasformare la Chiesa di Cristo quale realtà trascendente e verticale in una associazione immanente e orizzontale le cui coordinate sono le stesse di quelle che Benedetto XVI, l’emerito, vagheggiava.

Per concludere la riflessione: Papa Ratzinger ha rinunziato per agevolare, consapevolmente, la mutazione “genetica” della Chiesa cattolica così come previdero i Padri vaticansecondisti quando, nel lontano 1962/1965, impostarono ed impressero, nei varî documenti, i suggerimenti e le indicazioni per avviare la predetta mutazione. L’allora don Joseph Ratzinger, “spin doctor” del cardinale Frings, era uno dei componenti il “fronte del Reno” che si adoperò, attivamente, al progetto.

Pertanto, altro che “ingravescente aetate”, ché la ragione, sottesa al suo “gran rifiuto”, è da individuare nel disegno preordinato e definito al tempo del CVII e portato a termine con lucida puntualità. Benedetto XVI sapeva che il suo era un secco mandato a termine ma ne occultò la evidente perentorietà col farsi credere “pastore tedesco” – tanto per dire un ‘Domini canis’ - tenace difensore della Tradizione chiedendo che si pregasse affinché non fuggisse davanti ai lupi, carpendo, in tal modo, il consenso dei veri cattolici. Strategia studiata a tavolino: dare l’impressione di mantenere il Vetus Ordo del dogma, dell’etica, della pastorale e della liturgia e, contemporaneamente, evitare veti e censure alle varie voci che proponevano il contrario; ma lui sapeva che, a un dato momento, avrebbe ricevuto l’ordine di lasciare, di mettersi educatamente da parte.
L’aveva previsto – in termini generici non personali - quando, al CVII, commentando il pensiero di mons. Helder Camara – uno dei più accesi progressisti in circolazione - così osservava: “A Roma, con il Concilio è stato soltanto formulato un mandato di cui ora deve incominciare la realizzazione” (Roberto de Mattei: Il Concilio Vaticano II – una storia mai scritta – Ed. Lindau 2010 pag. 530).

Le prove di questa nostra osservazione. Anzi: la prova? Presto fornita:
è, ormai, palese che la Gerarchia Cattolica abbia intrapreso altre vie deviando dalla Tradizione ché l’obiettivo, raggiunto, è quello di costituirsi realtà affiliata all’ONU, di cui condividere la visione globalista e babelica che si caratterizza per essere il progetto di un unico governo oligarchico mondiale. Del che è prova la sua appartenenza al WCC World Council of Churches = Concilio mondiale ecumenico delle Chiese – istituzione prona al disegno dell’ONU in cui le confessioni iscritte godono di pari e livellata dignità.




La
Meditation room nel Palazzo di Vetro dell'ONU

Il simbolo concreto di tale dottrina è la così detta “Meditation room” - camera di meditazione, che tanto somiglia al massonico “Gabinetto di riflessione” - sita all’interno del Palazzo di Vetro ove, davanti a un monolite parallelepipedo di magnetite – emblema dell’energia cosmica, cara alla gnosi New Age e alla visione teilhardesca – chiunque può sostare e meditare. Luogo, naturalmente, segnalato come panconfessionale e, perciò, privo di quella connotazione che fece esclamare Giacobbe: “Terribilis locus iste” = sacro è questo luogo (Gen. 28, 17) e che, per un cattolico è la chiesa in cui veglia Cristo nel tabernacolo e non in quel locale sconsacrato e pagano, dove i Papi Paolo VI e GP II sostarono, pregando (?) per ben due volte, Benedetto XVI e Francesco, una volta.

Giova chiedersi: in quali e in quante occasioni, BXVI, è intervenuto a correggere gli errori di Papa Bergoglio commessi contro determinati valori, quali la famiglia, la moralità, la sessualità, il rispetto del matrimonio e della vita del nascituro, valori che egli definiva non negoziabili?
Si è mai posto contro l’azione di Papa Bergoglio a proposito dell’omosessualità, della convivenza, della annunciata futura riforma del sacerdozio con la larvata intenzione di ordinare diaconesse e sacerdotesse? No, mai, dal momento che negli incontri con l confessioni luterana e anglicana si espandeva in cordiali e lieti dialoghi con le varie vescove.
Si è mai azzardato a contrastare la trasformazione della Chiesa cattolica in una confessione protestante visivamente espressa nell’intronizzazione, in Vaticano, della statua del “porco” di Sassonia, Martin Lutero? No, mai perché anch’egli si coinvolse, coscientemente, col mondo protestante quando, amministrandogli – sacrilegamente - l’Eucaristia, duettò con frère Roger, fondatore della comunità calvinista di Taizé.




Benedetto XVI amministra l'Eucaristia a frère Roger


Ha protestato per l’oscenografico, pagano altarino, confezionato e deposto nella basilica vaticana, davanti al quale la corte papale adorò l’idolo andino della Pachamama? No, perché anch’egli, in uno dei suoi tanti viaggi apostolici, in terra Maori, si fece segnare la fronte da uno sciamano locale.




La sciamano maori segna la fronte di Benedetto XVI

La letteratura comune ha attribuito questa sua ritrosìa all’esser, egli, persona mite e dalle risultanze oggettive si può parlare, certamente di un carattere arrendevole e timoroso, come testimonia l’antipatico episodio di Ratisbona del settembre 2006 e lo scontro col mondo islamico – con il quale, più tardi, stipulerà un’intesa cordiale - ma non per questo uno sprovveduto. 

Si parla tanto, in termini encomiastici, della sua predilezione per la lingua latina – vedasi la nota con cui comunicò le sue dimissioni - ma si tace della soppressione, da lui programmata e ordinata – 10 novembre 2012 - della rivista LATINITAS, gloriosa tribuna trasformata in una chiassosa piazza poliglotta con interventi di personaggi atei, gnostici, protestanti. Particolare non trascurabile: nell’affossamento della “vecchia” edizione, gran parte ha avuto il cardinale Gianfranco Ravasi colui che, un paio di anni più tardi, avrebbe partecipato, nel novembre del 2014, al rito pagano dell’idolo andino anticipando, e dando giustificazione, all’episodio del 7 ottobre 2021. Nel nuovo numero della rivista – novembre 2013 – figura, nella pagina di risguardo, la dedica a Papa Francesco, dimostrazione della identità di vedute tra l’emerito e il successore, comunanza di stile che, in lingua popolare vien detta “pappa e ciccia”.

Possiamo concludere affermando che il pontificato di BXVI fu di un impegno a tempo, cosciente egli stesso di questa contingenza e ad essa cooperante del che si ha ulteriore prova nel discorso che tenne ai parroci e al clero romano all’indomani – 14 febbraio 2013 – della sua rinunzia. Un Papa emerito, sprizzante energia e, soprattutto, fervidamente esaltato nel racconto della sua esperienza conciliare in pieno contrasto con il clero romano sorpreso e visibilmente afflitto.
Nel giorno delle esequie pubbliche, celebrate in piazza San Pietro il 5 gennaio 2023, qualcuno, tra la folla, issò uno striscione con su scritto: SANTO SUBITO.
È il destino di tutti i papi postconciliari che, grazie all’abolizione dell’Advocatus diaboli, voluta e ordinata, nel 1983, da GPII, avranno un felice e sicuro esito.
 
La parola di Cristo con cui Egli assicura la sua presenza nella Sua Chiesa Cattolica (Mt. 28, 20), è l’argomento che vanifica disegni e progetti eversivi, pensati da nemici esterni e fatti propri dagli stessi suoi pastori. Chiesa indefettibile, indistruttibile.

Oremus pro pontifice nostro Benedicto XVI.




STAT ECCLESIA CHRISTI DUM VOLVITUR ORBIS








giugno 2023

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