![]() |
![]() |
L’eredità di Papa Francesco: un bilancio teologico quinta parte della Fraternità San Pio X Prima parte Seconda parte Terza parte Quarta parte Quinta parte Sesta parte ![]() Papa Francesco al Sinodo sulla sinodalità 5 La sinodalità: un nuovo metodo per la Chiesa La sinodalità è uno dei concetti più significativi del pontificato di Francesco. È stata progressivamente messa in primo piano, fino a diventare il cuore di un vasto processo avviato su scala mondiale. Per il Papa non si tratta solo di un adeguamento istituzionale, ma di un profondo cambiamento ecclesiologico: un nuovo modo di pensare la Chiesa e di viverla. Il termine indica, nel suo significato originario, il fatto di «camminare insieme» (sýn-hodós). Ma con Francesco assume un significato molto più ampio. Il discorso del Papa in occasione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi, il 17 ottobre 2015, ne costituisce il testo fondatore: è lì che espone la sua concezione della Chiesa sinodale e della ripartizione dei poteri al suo interno. 5.1 La critica al clericalismo: un nemico designato Per introdurre la sua riforma, Francesco indica un avversario da combattere: il clericalismo. Lo presenta come una malattia che manda in cancrena la Chiesa e impedisce la partecipazione dei fedeli (53). Con questo termine, egli mira senza dubbio ad alcuni abusi reali: l’orgoglio di casta, la tentazione per il clero di esercitare un dominio troppo umano, la mancanza di autentica carità pastorale. Ma la portata della sua critica va oltre. Denunciando il clericalismo in generale, Francesco mette in discussione l’esercizio stesso dell’autorità sacra, così come è stata istituita da Cristo. Così, la parola «clericalismo» diventa un’arma retorica che permette di giustificare una ridefinizione dell’autorità nella Chiesa: combattendo questo male, si legittima il trasferimento di potere ai laici e la riorganizzazione della gerarchia. C’è una certa ironia nel fatto che un Papa spesso accusato di governare in modo autoritario si presenti denunciando la tirannia clericale per instaurare un governo più aperto. 5.2 «Tutti, tutti, tutti»: l’inclusività come principio Un’espressione cara a Francesco appare negli ultimi anni del suo pontificato: «Tutti, tutti, tutti!». Esprime un’impaziente esigenza di totale inclusività: nessuno deve essere escluso dalla vita della Chiesa! Né i divorziati risposati, né le persone in situazione irregolare, né tantomeno coloro che vivono in condizioni oggettivamente contrarie alla morale... La Chiesa deve essere un luogo di accoglienza senza condizioni preliminari (54). Questa insistenza riprende il concetto di misericordia studiato in precedenza: intesa come apertura incondizionata, la misericordia era diventata la regola suprema dell’azione pastorale; la sinodalità non è altro che la traduzione istituzionale di questa logica: mira a mettere in atto strutture che incarnino questa inclusività. Pertanto, lo slogan «Tutti, tutti, tutti» non è solo un appello affettivo universale. È un programma di riforma che implica una ridefinizione dei criteri di appartenenza alla Chiesa. 5.3 La pietà popolare e la «teologia del popolo» La sinodalità si basa anche su una valorizzazione della pietà popolare, tema già affrontato in relazione alla «teologia del popolo». Francesco vede nelle espressioni religiose spontanee dei fedeli un segno della presenza dello Spirito. Nel sistema sinodale, questa pietà popolare non è più solo tollerata o accompagnata: diventa una fonte legittima di discernimento. Il popolo di Dio è chiamato ad esprimere una saggezza collettiva, indipendente dalla gerarchia (55). Questa visione comporta un rovesciamento simbolico. Francesco stesso ha parlato di un’immagine piramidale: nella Chiesa tradizionale, la gerarchia si trova al vertice e guida i fedeli; nella Chiesa sinodale, la piramide è rovesciata: il popolo è posto in alto e la gerarchia si mette al suo servizio. Questo ribaltamento è presentato come un’applicazione concreta della «corresponsabilità» e della «partecipazione» promosse dal Concilio Vaticano II. 5.4 Un ribaltamento dei poteri Ma la sinodalità non si limita a una metafora. Implica un’effettiva riorganizzazione dei poteri nella Chiesa. Francesco la attua in ciascuno dei tre poteri: quello di insegnare, quello di governare e quello di santificare. • Potere di insegnare Tradizionalmente, il magistero appartiene ai vescovi in comunione con il papa. Per riformare questo, Francesco riprende la formula già deviata dal Concilio Vaticano II, secondo cui il popolo di Dio è «infallibile nella fede». In origine, questa espressione significava che i fedeli, aderendo all’insegnamento ricevuto, partecipavano all’infallibilità della Chiesa. Sotto l’influenza del Concilio, questa idea è stata ampliata: il popolo è ora considerato portatore di una fede viva, anche se non riesce ad esprimerla chiaramente a parole. L’autorità non si trova più solo nell’alto, ma anche alla base. In questa prospettiva, la gerarchia non è più l’unica a definire la dottrina: deve sforzarsi di ascoltare e interpretare ciò che lo Spirito dice anche attraverso la voce del popolo. • Potere di governo Anche il governo della Chiesa viene ridefinito. Francesco promuove il concetto di «corresponsabilità», secondo cui l’autorità deve essere condivisa tra la gerarchia e i fedeli. Questa corresponsabilità è talvolta definita «differenziata», per sottolineare una certa distinzione tra i ministri ordinati e i laici. Ma nella pratica, essa porta a una vera e propria condivisione delle funzioni (56). Un segno concreto di questa evoluzione è la nomina di donne e laici a posizioni dirigenziali nei Dicasteri della Curia romana. È quanto è accaduto al Dicastero per la Vita Consacrata, dove una donna è stata posta alla guida. Ciò sarebbe stato impensabile nell’organizzazione tradizionale. • Potere di ordine e di santificazione Infine, viene riconsiderato lo stesso sacramento dell’Ordine. Francesco insiste sulla fondamentale uguaglianza di tutti i battezzati, al punto che il sacerdozio ministeriale viene relativizzato rispetto al sacerdozio comune dei fedeli. La sinodalità propone quindi di distribuire alcune funzioni sacre tra chierici e laici: alcuni gesti o decisioni un tempo riservati al clero possono ora essere assunti dai fedeli incaricati. Questo processo tende a livellare la distinzione tra loro, a favore di una struttura orizzontale in cui tutti partecipano alla santificazione delle anime. 5.5 Una Chiesa appiattita e orizzontale Combinando queste tre evoluzioni, la sinodalità realizza una trasformazione radicale. La Chiesa tradizionale era strutturata in modo gerarchico: Cristo affidava la sua autorità agli Apostoli e ai loro successori, che guidavano il gregge dei fedeli. Nella Chiesa sinodale, questa struttura è capovolta e appiattita. L’autorità non viene più dall’alto, ma dalla base. Il ruolo del Papa e dei vescovi diventa quello di coordinatori o moderatori di un processo collettivo. Questa trasformazione si allinea perfettamente alla visione della fratellanza universale: una società senza esclusioni, in cui tutti partecipano equamente alla vita comune, e una governance orizzontale di solidarietà globale, senza gerarchie né verticalità. La sinodalità appare così come la traduzione ecclesiale dei principi sviluppati in precedenza. Si presenta come un metodo ben adattato per attuare efficacemente, all’interno della Chiesa, il progetto pontificio. NOTE 53 - Evangelii Gaudium, n° 102. 54 - Ibid., n° 47. 55 - Ibid., nn° 122-126. 56 - Ibid., n° 32. |