GNOSI E MUSICA NEL ‘900

Saggio breve sulla cultura esoterica musicale
del XX secolo

(parte seconda)


di Luciano Pranzetti



Nostra presentazione

L’ambito complessivo della Tradizione cattolica, intesa secondo l’attuale esigenza dei fedeli di preservare e perpetuare l’immutabile insegnamento della Chiesa di Dio, è spesso vincolato dalla necessità di “conservare”, che lo porta a trascurare la vera radice del male che affligge oggi la pratica della Fede.
Si nota come in genere difetti una visione più ampia che inquadri la crisi attuale nel complessivo deterioramento della tenuta della Fede, direttamente connesso col monito di Nostro Signore circa la sua possibile sparizione, o estrema riduzione, al momento del Suo ritorno escatologico.
Tenere conto di tale processo di deterioramento è indispensabile per comprendere correttamente ciò che è accaduto e che inevitabilmente accadrà ancora, fino a che si esauriranno tutte le possibilità concesse da Dio all’opera devastatrice del Demonio.

In questa ottica, il lavoro dell’amico Luciano Pranzetti, relativamente alla musica e al suo progressivo degenerare dall’armonia alla disarmonia, dall’ordine al disordine, dall’ordo al chaos, come egli ben ricorda richiamandosi al noto motto massonico, costituisce un validissimo contributo per delineare un aspetto del quadro complessivo dell’opera di sovversione della Creazione in generale e del bene dell’uomo in particolare.

Lungi dal rappresentare un aspetto quasi evasivo della vita dell’uomo, la musica è una componente intrinseca dell’esistenza, direttamente connessa con l’ordine e l’armonia volute da Dio.
Il prologo del Vangelo di San Giovanni, che riprende l’incipit biblico della Genesi (Εν αρχη, In principio), ricorda che prima di tutto era il Verbo, per mezzo del quale tutto è stato fatto. Il Verbo creatore, che è insieme parola e suono, idea innata e pronunciata, è indicato nella Genesi (1, 3) con il “Fiat lux”, la potenza della parola di Dio che diviene atto della Creazione; la parola espressa, il suono, che diviene luce e per ciò stesso rende esistente l’opera di Dio.
Suono e luce divine sono quindi la radice da cui scaturisce il creato, e quindi l’uomo stesso, e rappresentano i suoi elementi sia basilari sia normativi. È quindi evidente il nesso stretto tra il suono, l’armonia espressa da Dio, e la luce di Dio, senza la quale il creato non esisterebbe; nesso che può indicarsi con le espressioni “luminosità della musica” e “musicalità della luce”, entrambe in grado di suggerire l’armonia luminosa del creato, la cui opposizione è la disarmonia tenebrosa dell’opera dell’Avversario.

È questa luciferina opera del Demonio che ci tratteggia l’amico Pranzetti nel presentarci la progressiva degenerazione della musica, accentuatasi nel corso degli ultimi secoli e raggiungente un primo culmine ai giorni nostri.

Proprio ultimamente ci è capitato di ascoltare una plastica presentazione di questo processo, in occasione dell’incredibile esibizione della sedicente “suor” Cristina. Uno dei personaggi che l’hanno sostenuta e “lanciata” ha pensato bene di affermare, accanto alla “suora” sorridente e compiaciuta, che la musica “moderna” è la cosa più importante del vivere civile: più della politica e della religione.
Ed è proprio così, come descrive l’amico Pranzetti: la musica moderna, ormai connotata dalle sue disarmonie luciferine sopravanza anche la religione, almeno nei limiti concessi da Dio e secondo la disponibilità degli attuali uomini di Chiesa, introducendo così l’avvento del mondo capovolto che prelude al trionfo illusorio dell’Anticristo.

Nota dell'Autore

La natura del sito www.unavox.it  è esclusivamente  apologetica nel senso della Santa Tradizione e, pertanto, gli interventi che vi sono pubblicati afferiscono a tematiche d’ordine teologico/etico/liturgico connesse alla vita e alla storia della Chiesa cattolica. Con ciò, è ragionevole che l’intera produzione vi eserciti l’indagine, l’analisi e l’esegesi di marca ortodossa, niente escludendo laddove si ravvisino la necessità e il dovere d’intervento con lo scopo di correggere o confutare le derive che, specialmente dal Concilio Vaticano II ad oggi, caratterizzano la cosiddetta “nuova teologìa” con conseguenti aberrazioni della dogmatica, della pastorale, della liturgìa e dell’etica sacramentale. Gli autori che vi scrivono, sono attenti tanto al passato quanto all’attualità sicché è frequente leggere di eventi o di questioni antiche così come di fatti quotidiani.

Da una generica e rapida catalogazione degli argomenti, si osserva come il sito accolga  interventi di vario contenuto ed oggetto in cui l’autore espone il proprio pensiero in ordine a tematiche sia strettamente teologiche o filosofiche e sia a tematiche afferenti al territorio dell’arte pittorica, della letteratura, dell’architettura, del comportamento sociale con riflessi e legami alla categoria trascendente della Tradizione e della spiritualità.
   
Pertanto, acclarata la possibilità di perlustrare il  territorio estetico con elaborati in cui si evidenzino connessione e interdipendenza con l’aspetto apologetico, abbiamo creduto utile, giovevole ed opportuno, esporre, previa valutazione della Direzione, un nostro lavoro che si impernia sul tema  “Gnosi e musica nel ‘900”, argomento di fattispecie non particolarmente trattato.
  
E’ un breve saggio, richiestoci nell’aprile del 2011 da Mons. Ennio Innocenti, e inserito nel IV volume della sua monumentale opera “La Gnosi Spuria – Ed. Sacra Fraternitas Aurigarum in Urbe, Roma 2001” col titolo poco sopra riportato e che volentieri mettiamo a disposizione dei lettori di questo sito. 
In esso saggio, tralasciati gli antecedenti della classicità e quelli dei secoli contigui al ‘900, abbiamo tracciato la fisionomia della moderna Gnosi, così come ci è parsa essere incistata, per sostanza e forma, a  talune opere musicali delle quali diamo brevi cenni, curando soprattutto di evidenziare la cifra esoterica che le connota, con una breve rappresentazione, posta in conclusione, della moderna massificata musica di consumo ove maggiormente si evidenzia il rovinoso e corrosivo messaggio della Gnosi, e riportando il giudizio  di un noto ed autorevole esponente gesuita, padre Antonio Spadaro, attuale Direttore di “Civiltà Cattolica” che, in pratica, ha spalancato le porte del tempio di Cristo alle correnti mefitiche e ai miasmi della musica satanista rockettara.
L’idea della musica (?) come possibile luogo di incontro con Dio è stata ben espressa da Giovanni Paolo II al Congresso Eucaristico di Bologna del 1977 dove, oltre a citare le parole di < blowin’ in the wind > si incontrò con l’autore Bob Dylan e con Adriano Celentano. Ma papa Wojtyla ha incontrato anche Bob Geldof [la cui figlia Paula, tossicodipendente, nell’aprile 2014 si è suicidata con massiccia dose] e Quincy Jones. E hanno suonato alla sua presenza, in Vaticano, tanti altri artisti (!) come Lou Reed, i Nomadi, Claudio Baglioni e tanti altri” (I Gesuiti benedicono il rock: <La musica di Springsteen & Co parla all’anima> - Orazio la Rocca in: La Repubblica, 22 febbraio 2007). 

E non si pensi che questo sia un caso isolato di mellifluo modernismo perché già il cardinale G. F. Ravasi, allora Vescovo e già presidente del “Pontificium Consilium de Cultura”, in un’intervista (Il Giornale 26 maggio  2010) affermava la “presenza dell’Assoluto divino anche nell’arte dissacrante” in accordo con la Costituzione Conciliare “Lumen gentium 8,2”.

Ci proponiamo, a tal proposito ed impegni permettendo, di svolgere una ricognizione sulla moderna e cosiddetta “musica sacra” affinché si possa conoscere come e in qual misura la Chiesa – o certi uomini di Chiesa – abbiamo inquinato il santo deposito del gregoriano, e della grande tradizione polifonica cattolica, con l’introduzione di canti e cori di osceno, pagano e mondano contenuto e di sciocca  forma musicale.
 
Ma torniamo al nostro saggio, con un’avvertenza: in taluni, ma pochi, passi del saggio non si è potuto prescindere da un linguaggio tecnico e specifico che, tuttavia, abbiam cercato di rendere flessibile adattandolo a una maggiore cerchia di lettori che non fossero musicisti. Il lettore troverà un paio di riferimenti attuali in discordanza con la cronologia del saggio stesso; l’abbiamo inseriti  per maggiormente lumeggiare taluni argomenti. Ciò detto, per dovere e per informazione, e grati alla Direzione per averci concesso la pubblicazione di un tema non frequente sullo scenario dell’apologetica cattolica, passiamo all’esposizione.

Maggio 2014

GNOSI E MUSICA NEL ‘900
Saggio breve sulla cultura esoterica musicale
del XX secolo


Parte II



Magie del Monte Calvo

Diamo, ora, un breve ma argomentato catalogo di alcune composizioni in cui si ravvisano i segni e i segnali di una cultura di tipo occultistico e sapienziale  la cui specifica interiorità attiene ad una visione delle cose in cui si esercita il dominio di una vasta corrente gnostica di antica ascendenza. Vedremo, infatti, nella parte spettante alla musica “di consumo” come la tecnologìa abbia messo a disposizione di questa espressione “artistica” un complesso e formidabile armamentario il cui uso è, in definitiva – e lo dicemmo poc’anzi – decisamente suicidario, dissolutorio e straniante, Sono simboli e, naturalmente, tematiche che, spostato l’asse prospettico della “Bellezza divina”, confluiscono nell’esaltazione dell’uomo visto e riconosciuto come realtà cosmica, parcella di una Totalità indistinta, “mensura rerum” secondo Protagora, la planimetria del quale si fonda sulla libertà assoluta a prescindere, con rotta e discesa verso il regno del sotterraneo e del demonico.
Sono segni e simboli riferenti ed allusivi a una spettralità ctonia che, a dispetto di processi matematici o geometrici di distillato razionalismo, rappresentano tuttavia l’essenza del messaggio. In questa musica è presente, anche nella causale che ne dànno gli autori nei titoli stessi o nelle didascalie, quella tensione – come Piero Vassallo scrive – che “immancabilmente si sviluppa secondo lo schema della contrapposizione degli errori estremi: vitalismo e thanatofilìa, euforìa e deprimente culto delle origini” (Ritratto di una cultura di morte . . . op. cit. pag. 13 ).
   
Si diceva come il ‘900 non esponga, replicandoli pari pari, schemi e scenarii precedenti ma li sviluppi e li dipani tenendo conto di un sistema didattico assai indicativo: la diffusione di particolari e periodici “états d’esprit” – correnti e stati d’animo culturali - che sottintendono avvertenza  e conoscenza delle coordinate storico/sociali per cui se, nell’800, la massonerìa e il materialismo operarono in modo massiccio e plateale nella politica, nella finanza, nella diplomazia e nell’informazione, con la consapevolezza di dominare una società non sufficiente dèsta, alfabetizzata ed autonoma, ora, nel nuovo secolo, cambiata la fisionomia delle nazioni, impostosi il ruolo consapevole delle masse in contemporanea con la prima guerra mondiale ed affermatosi, almeno in termini di leggi, il diritto all’istruzione, è consigliabile muoversi in maniera cauta, per non provocare controriforme o scontri e per non allarmare i ceti meno disposti al peso di monopolii, facendo passare ogni disegno come operazione di civiltà.

Ed ecco, allora, sfumare i toni lasciando che gli echi di vecchie o poco recenti rappresentazioni depositino, come “residui paretiani”, cangiandosi in forme nuove, come, ad esempio le numerose iniziative filantropiche, le Fondazioni, le ONG, le ONLUS di stampo onusiano che attirano l’attenzione sull’immediato e sul localizzato terreno operativo – libertà, diritto, solidarietà, pacifismo, beneficienza – permettendo, così, agli occulti programmatori di lavorare al progetto di un Nuovo Ordine Mondiale, senza rumore e senza intoppi, ma addirittura col consenso dei popoli destinati alla sottomissione.  In breve: la scenografìa della “Notte sul Monte Calvo” (1860-1871) di Modest Musorgskij 1839-1881) conclude, nell’arte musicale, la descrizione teatrale e diretta del folclore e della cultura rurale, quella che si era intrisa di satanismo e di stregoneria, del sabba e del volo notturno. Ora, la nuova strategìa culturale, affinati gli strumenti e distillati i testi, si presenta con volto e modalità sofisticati e complessi e di non facile lettura, apparentemente innocui ed educativi. 
Il ‘900 compie un passo ancor più lungo inoltrandosi nelle regioni dell’estetica sottile col proporre composizioni i cui autori non disdegnano, come dicemmo, titoli e didascalie intellettualistiche. E’ l’evangelico lupo che si traveste da pastore.
   
Verrà alla ribalta la vecchia, ma rinnovata  visionarietà pitagorica, ad esempio, che sarà utilizzata, però, in escursioni per regioni tenebrose, e soprattutto la Gnosi, con i suoi errori estremi e contrapposti. Gli ultimi lapilli della “Belle époque” flagrano e si spengono con il “Ballo Excelsior”, opera di Luigi Manzotti (1835-1905) coreografo e mimo, con le musiche di Romualdo Marenco (1841-1907), con cui si celebrano i fausti traguardi, recenti e futuri, della scienza e della universale fratellanza. Tràttasi di una colossale scenografìa, in 6 parti, 12 scene e 508 esecutori, che ebbe alla Scala di Milano (11/1/1881) un successo clamoroso resistendo, fino al 1914, alla concorrenza dei più raffinati “Balletti russi” di Diaghilev. Un inno al progresso e alla società dei “Congressi scientifici” di cui gran mallevadore era, tra gli altri, G. Garibaldi gran ierofante del culto Memphis-Misraim e G. Mazzini, autore, tra l’altro, di una “Filosofìa della musica” a cifra massonica.



Le ninfe dei boschi
   
I nuovi avvenimenti politici e i ribollimenti nazionalistici, prodromi alla prima guerra mondiale, saranno lì a dare il fine corsa all’ottimismo positivista. Vagava, ancora, piuttosto peregrina, una romanticheria che si annodava alle antiche saghe nordiche popolate di elfi e di coboldi, con intrecci di vicende amorose, di lugubri sospiri e di morte. E’ il mondo delle “larve notturne” che lo spiritismo di fine ‘800 aveva tentato di svelare e di dominare nelle sedute medianiche attorno al tavolo e con la catena delle mani (come fanno, oggi, i  movimenti più  o meno carismatici (?) durante  la  Messa  alla recita del Pater noster).
Giacomo Puccini (1858 – 1924), maestro massone, si avventurò su questo sentiero e scrisse la sua prima opera lirica: Le Villi (1884), rappresentata, nello stesso anno, al Teatro Dal Verme di Milano. Musica in due atti, su libretto di Ferdinando Fontana, rappresenta la cultura nordeuropea, quella che si arredava di spiritelli e di folletti, ed anche di simil Arpìe – le Villi, appunto. Esse sono gli spettri di fanciulle morte per amore che si muovono in uno scenario di tenebra, di foreste bandite ed interdette – la Foresta Nera, per l’occasione – e celebrano la vendetta dell’amore attraverso la morte e nella morte dei colpevoli.
Nella fattispecie, l’epilogo dell’opera si compie mediante un effetto di scontato copione  ma assai efficace per l’immaginario collettivo: al cadere moribondo di Roberto, colui che aveva disdetto e troncato la promessa d’amore per Anna, risuona di lontano un “Osanna!”, analogo luogo goethiano quando, alla morte di Margherita, si aprono i cieli ad accogliere l’anima redenta. Quest’opera salda la parabola pucciniana che, partita con un’opera brumosa e spettrale, termina con un messaggio massonico più distillato, con Turandot, testo del massone Giuseppe Adami, la cui vicenda  si svolge nel lontano oriente, depositario dei misteri. Un Grande Oriente, perciò…
   
Questa tematica, o meglio, questo filone di sapore gotico/nero non si è esaurito, anzi, oggigiorno è stato ripreso e dilatato grazie alle moderne possibilità tecnologiche della diffusione mediatica tal che, ad esempio, le saghe di maghi e maghetti inondano ed invadono, col sostegno di musiche elettroniche particolarmente espressive, schermi televisivi, librerie, sale cinematografiche e coscienze in quantità immensurata, alle quali saghe vanno anche gli apprezzamenti, servili e idioti, di circoli e ordini religiosi cattolici i quali riescono ad intravedere, in tale velenosa paccottiglia gnostica, le tracce dell’Assoluto e i valori della cristiana pedagogìa.



Harry Potter camp


Riferiamo, ad esempio, quell’“Harry Potter Summer Camp” che la Casa salesiana di Muzzano, nel biellese, organizzò nel 2009, o quell’altra indegna impresa messa su, a Verona, dai Frati minori di San Bonaventura che, nel 1983, ospitarono nei loro sacri spazii conventuali il 1° Convegno Nazionale “Arena Magica” organizzato dall’U. A. O. I. (Unione Astrologica Occultista Italiana) e, da ultimo, lo sdoganamento della musica satanista per eccellenza, il rock duro, acido e metallaro, da parte della rivista “Civiltà Cattolica” dei Gesuiti in cui il già menzionato padre Antonio Spadaro apre la Chiesa ai varii Dylan, Springsteen, Geldof, Reed, Waits. Ma non ci si sorprenda, perché il noto reverendo è di quelli che – per diretta confessione – predilige autori come Pirandello, Ungaretti, Leopardi, Kafka, E. L. Masters, Kerouac, il fior fiore della letteratura gnostica. Avrà mai sentito parlare, il colto e schicchettone salottiero padre Spadaro, di tal Dante Alighieri o di tal Alessandro Manzoni? (Orazio La Rocca – I gesuiti benedicono il rock: la musica di Springsteen  & Co parla all’anima,  op. cit.).



L'apprendista stregone
   
Chiude l’800 un’opera notissima, apparentemente comica: “L’apprendista stregone” (1897) di Paul  Dukas (1865-1935), opera, sì scherzosa, ma di forte e plastico messaggio che risente dell’atmosfera di fine secolo – lo spiritismo – con cui l’autore, pur celiando sulle goffe manovre del neofita/stregone, incapace di domare quelle forze oscure che aveva liberato, dispiega un disegno in cui si afferma la presenza incombente ed egemone  del male. E’ una parafrasi della gnosi di Simon Mago e di Mefistofele, nei tratti ingenua ma fascinosamente oscura. La musica segue ed illustra le fasi dell’operazione magica e l’ascoltatore si trova immerso in un’atmosfera di paranormale stato uscendone come turbato se non esaltato e, perciò, pronto ad avvitarsi e ad innervarsi alla nuova fede.
Dovremmo parlare anche del massone Arrigo Boito (1842-1918) e del suo Mefistofele, di cui è sufficiente, però, saperne la discendenza da quel Faust di Goethe per poterne, quindi, comprendere la cifra luciferina, scapigliata.
   
Intanto la storia della matematica aveva ripreso, con cura e larghezza di indagini e di studii, il recupero della geometria greca, ripescando il “canone della bellezza” e, cioè, la “funzione phi o sezione aurea” già trattata da Fra’ Luca Pacioli (1445-1517) nel suo “De divina proportione”,  la cui definizione, data da Euclide nel II libro prop. 11 e nel VI libro prop. 30 dei suoi Elementi, è la seguente: “una retta secata in ragione estrema e media”. Pare che il simbolo phi sia  stato adoperato, per la prima volta, dal matematico Martin Ohm, fratello del più noto Georg Simon Ohm studioso di magnetismo. Ne scaturì una vera collettiva passione per questo teorema geometrico che fu assunto quale parametro di bellezza e di perfezione alle opere architettoniche: il Partenone di Fidia (ma con scarsa attendibilità); al mondo vegetale: le spirali cuspidiformi del cavolfiore e le foglie dell’edera; al mondo animale: il nautilus; alla stessa geometria: il pentagono; al corpo umano la cui “armonìa anatomica” sarebbe data dalla proporzione intercorrente tra l’altezza totale e i segmenti testa/ombelico e ombelico/piedi tal che, posta  l’altezza intera, a  piedi/ombelico e ombelico/testa, e data la proporzione aurea h : a = a : b, quanto più collimano i prodotti  h.b  e  a.a  tanto più si illumina di perfezione il corpo umano.
Sir James Jeans (1877-1946) affermava entusiasta, riecheggiando Platone, che Dio è matematico ma più entusiasta fu  Leopold Kronecker (1823 – 1891) il quale asseriva che Dio ha creato solo i numeri interi, il resto lo ha fatto l’uomo. La musica, perciò, arte per eccellenza fondata su rapporti numerici, non poteva non essere coinvolta nel gioco di questa sezione aurea (che, nel seguito del saggio, indicheremo con s. a.).

Moltissimi furono gli autori che composero brani, fogli d’album o intere sinfonìe, sviluppando i moduli della s. a. negli intervalli armonici o nella distribuzione delle battute affidandosi, in questo, alla così detta “Serie di Fibonacci”, elaborata da Leonardo Pisano (1180 – 1250 c.a.) detto Fibonacci, cioè, figlio di “Bonaccio”. Costui aveva, nel suo “Liber abaci”, dato visibilità a una serie numerica curiosa dove ogni numero è la somma dei due precedenti, come nel seguente esempio: 1 – 2 – 3 – 5 – 8 – 13 – 21… Ma la caratteristica di questa serie sta nel fatto che, posti in rapporto euclideo un numero e i suoi due successivi, come nel caso 3 – 5 – 8, secondo lo schema 3 : 5 = 5 : 8, i prodotti  3 x 8  = 24  e  5 x 5 = 25 dànno grandezze,  vicine all’uguaglianza. La curiosità di questo aspetto sta nel fatto che ogni progressivo rapporto dà come risultato due prodotti che sono diseguali sempre per una unità. La serie di Fibonacci, perciò, non consegue la perfezione dichiarata  dei prodotti perché sempre differenziati da un’unità, fino  all’infinito e cioè, mai identici. Segno che la Bellezza e la Perfezione divina è fuori portata dei calcoli umani ma solo presente quale modella a cui riferirsi. “Estote ergo vos perfecti, sicut et Pater vester caelestis  perfectus est” (Mt. 5, 48) – Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste.
Per chi volesse approfondire l’argomento, che l’esiguità delle carte ordite alla presente ricognizione non permette di dilatare, indichiamo il voluminoso e fosforescente trattato “Gödel, Escher, Bach” (Douglas R. Hofstadter,  ed. Adelphi, Milano 2010), con ampio riferimento alle pagg. 147  e segg. e pag. 268.
  
Questi, di cui parliamo, sono gli anni in cui la dodecafonia si impone con un dominio che si estenderà fino ai conservatorii musicali sotto l’influsso dei “Corsi estivi” di Darmstadt 1946, e con un nuovo simbolismo grafico che includerà anche la s. a. Diversamente dal matematicismo bachiano, che operava nel rispetto della gerarchìa classica dell’armonìa, asservito all’ispirazione e all’idealità religiosa per la quale ogni composizione era finalizzata Ad Majorem Dei Gloriam (AMDG), l’estetica dodecafonica, ché non solo di tecnica si trattò ma di altro modo di sentire sovrapposto all’estro, travolse e dissolse quella luminosità ordinata che sostanziava la s. a. facendone lo strumento di un’oscurità espressiva e labirintica col risultato che il bello, così sacrificato alla ripartizione numerica delle sole battute, divenne corruzione con esiti inquinati.
Era ciò che San Gregorio Magno aveva dichiarato quando, nel suo “Moralia in Job” aveva scritto: “Corruptio optimi pessima” -  La corruzione del migliore è la peggiore. Si osservino, allora, i due esempii dei grafici qui in appresso riportati. In essi, con un poco di attenzione, si potrà notare come la cura principale del compositore stia tutta nella ripartizione geometrica e matematica, relegando l’aspetto melodico in ruolo subalterno, sicché quanto di creativo, di estroso e di musicale ci possa essere in tali lavori è tutto da dimostrare:




Il repertorio del ‘900, indagato più sistematicamente in questa direzione, è quello di Bela Bartok in cui, secondo le osservazioni di E. Lendvai, i fattori temporali sono strettamente correlati a quelli armonici secondo il comune criterio della s. a. L’indagine sulla s. a. costituisce una branca fortemente sperimentale dell’analisi, nella maggior parte dei casi posta quasi esclusivamente in relazione alla sfera formale della musica, come ad esempio, segmenti di diversa estensione tra i quali ricorrano le medesime proporzioni.
Tuttavia, al di là degli aspetti numerologici e formali – di cui sèntesi ancora l’influsso di Papus [La scienza dei numeri – Ed. Athanor, Roma 1984 – n. d. a.] l’interesse precipuo per la s. a. risiede nella sua capacità di generare segmenti diseguali e di presentarsi come principio regolativo dell’asimmetria. In tal senso gli studii sulla s. a. possono portare ad ipotizzare come operanti nella percezione musicale, a fianco o in luogo di modelli ispirati a criterii di simmetria, anche strutture basate su un principio di diseguaglianza e di corrispondenza, governate e rese, per così dire, accettabili, da un modello tendente alla proporzione aurea. Una forzatura, insomma. Gli analisti della s. a. sembrano essere concordi su un certo grado di tolleranza circa l’esattezza delle strutture numeriche rilevabili nella musica, il che sposta il significato di tali strutture dal terreno astruso dell’assiomatica numerica, cioè della teoria, a quello concreto delle funzioni antropologiche fondamentali. In altre parole: il modello della s. a. sembra tanto più verosimile quanto più una struttura asimmetrica sia il requisito di un’operazione mnemonica che calcoli lo scorrimento del tempo musicale in termini proporzionali. E per quanto la percezione intuitiva di schemi proporzionali resti un problema aperto, un problema psicologico, esso ammette, comunque, anche l’ipotesi della loro possibile formulazione inconscia da parte di un compositore: un’ipotesi, questa, che porta ad estendere il problema al di là del caso di riferimenti espliciti alla s. a. come si riscontra in varie composizioni contemporanee, da Krenek a Xenakis e a Stockhausen” (La Musica – Universale Garzanti/Il Giornale op. cit. vol. II, pag. 817/818).

Siffatta struttura, di tipo, ripetiamo intellettualistica, obbliga l’ascoltatore a portar seco lo spartito su cui seguire le successioni della proporzione così come la pletora dei motivi conduttori parimenti obbliga il melomane wagneriano o ad impararli a memoria o a consultarne la partitura, con quale esito di attenzione, di comprensione e godimento lo lasciamo immaginare.  La guida tematica del  solo “Anello del Nibelungo” – Sigfrido - curata ed approntata da Guglielmo Bassi (G. Ricordi – s.d.  ca. 1905) ne cataloga ben 88!



La cattedrale inghiottita
   
Uno dei primi ad adottare questo rapporto, dandogli canonicità e disciplina estetica, fu Claude Débussy (1862-1918) nella composizione “La Cathédral engloutie” (1910). E’ una creazione di tipo colto, appunto, ove l’autore fa uso  della serie, soprattutto per il numero delle battute e relativamente al rapporto fra i tempi delle sezioni che costituiscono la composizione. E ciò è finalizzato all’ottenimento di un certo particolare effetto, e la struttura “ad arco” è continuamente utilizzata tra i piani pseudotonali di base.

Aleksandr N. Skriabin (1872-1915), nei “Five preludes” op. 74 per pf. (1910), utilizza la serie 1 -3- 4 -7, quindi con 1 e con 3 quale incipit numerico, e non con 1 e 2, come di regola, per informare gruppi di battute e relativi tempi, partendo da un presupposto forse misticheggiante ed esoterico. Sappiamo, infatti, che Skriabin fu attratto dall’esoterismo e dal mito prometeico del fuoco per il quale, addirittura, creò un’apposita scala. Ma vi appare un sostrato di satanismo che sarà evidente nella “Messa Nera” (1915) ove adotterà stilemi e cadenze lizstiane. Stiamo alle soglie della follìa.

Schönberg, nel suo “Pierrot lunaire” (1915) usa la proporzione aurea soprattutto nella cosiddetta “macrostruttura” dell’opera, misurando tempi e toni secondo quantità tra loro in rapporto medio ed estremo.

Nel 1917, I. Stravinskij compone “Suite per piccola orchestra n. 2” ove la s. a. è utilizzata per gestire celle motivo/tematiche sia da un punto di vista ritmico che melodico. Nello schema, riportato poco sopra, è stato descritto il disegno logico/matematico del “Concerto per archi, percussioni e celesta” di B. Bartok (1936). In questa composizione, la serie di Fibonacci viene utilizzata per strutturare la tavolozza musicale – scale ed agglomerati accordali – mentre la s. a. è alla base della costruzione della macrostruttura di cui sono in relazioni le durate delle sezioni e dei movimenti. Una costruzione del tutto razionale ove, naturalmente, la creatività e l’ispirazione sono secondarie: conta l’effetto e lo “stupor”. 

Nello stesso anno, Webern (1883-1945) con “Variazioni per pianoforte op. 27” (1937), poneva in proporzione i momenti “climatici”, cioè espansivi e la stessa s. a. in una macrostruttura.

Nel 1954/56, Karlheinz Stockhausen (1928-2007) con “Klavierstück  IX  per pianoforte” usa, per le varie sezioni della composizione, metri che si riferiscono a numeri appartenenti alla serie, in modo esplicito. E in tale sperimentalismo già appare, nell’autore, un cambio di direzione verso forme espressive di connotazione orientaleggiante che, poi, in modo esplosivo, saranno costitutive della sua ultima opera: “Licht”.
   
La dodecafonia si è, quindi, impadronita anche della s. a. in modo totale e invasivo e i compositori non sfuggono all’esercizio cerebrale ed intellettualistico pur consapevoli che la costruzione matematica, che di per sé dovrebbe essere armonica e gerarchica, si dissolve e svanisce tuttavia nell’anamorfosi. Nel 1953 Iannis  Xenakis (1922-2001) scrive “Metastasis”. Partendo dal “modulor” – figura umana proporzionata e sezionata a strati attraverso l’utilizzo della serie di Fibonacci – creato dall’architetto  massone esoterista Le Corbusier (Ch. Ed. Jeanneret-  1887-1965), viene costruita la macrostruttura della composizione e vengono fissate le durate e le loro relazioni. Ed in corrispondenza delle misure, equivalenti ai numeri della serie, cambia il trattamento generale dell’orchestra con l’introdurre  strumenti per il conseguimento di varietà timbriche, di effetti e di colori.



Le Corbusier - Modulor


(continua)

                                                          
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maggio 2014

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