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Nessun accordo canonico prima di un accordo dottrinale di Padre Jean di
Morgon, OFMCap
26 settembre 2013 Pubblicato sul sito francese La doctrine de Vérité Il documento in formato pdf Impaginazione e neretti sono nostri Se Mons. Freppel affermava con
ragione che l’abbandono dei principii conduce ineluttabilmente alle
catastrofi, il cardinale Pie ci lascia ancora sperare, affermando che
un piccolo numero di resistenti basta per salvare la loro
integrità, e mantenere così la possibilità di un
ristabilimento dell’ordine.
Ora, dopo il mese di luglio 2012, il Capitolo dei Superiori della FSSPX sembra aver ripudiato un principio che era stato mantenuto fino ad allora, e cioè che non è possibile considerare un accordo pratico col Vaticano, prima che sia risolta la questione dottrinale. Mons. de Galarreta ha voglia a spiegarci, il successivo 13 ottobre [vedi conferenza], che “ciò che è stato fatto equivale all’aver preso tutta la questione dottrinale e liturgica per farne una condizione pratica”, l’ordine non è più rispettato e non si può non tornare all’avvertimento di San Pio X: «Se la regola sembra un
ostacolo all’azione, non si dica che il dissimulare e il transigere
facilitino il successo: a quel punto si dimenticano le regole certe, si
oscurano i principii, col pretesto di un bene che è solo
apparente. Che resterà di questa costruzione senza fondamenta,
eretta sulla sabbia?»
Lo scopo del nostro studio è dunque quello di dimostrare, basandoci sulla Rivelazione, sulla Tradizione e sulle dichiarazioni concordanti dei quattro vescovi consacrati da Mons. Lefebvre e di lui stesso, che il suddetto principio è assolutamente cattolico e non può subire né abbandono, né eccezione, essendo voluto da Dio stesso e non forgiato da qualche pensatore tradizionalista allergico ad ogni ricongiungimento con Roma. I – La Rivelazione Nell’Antico come nel Nuovo Testamento, è volontà molto ferma ed esplicita di Dio che gli uomini che Egli si degna di gratificare con la sua pura e vera dottrina, evitino assolutamente di associarsi con coloro che ne professano un’altra diversa, a rischio di prevaricare. È la prima raccomandazione che Egli tiene a fare a Mosè, quando conclude con lui l’Alleanza: «Guardati bene dal far
alleanza con gli abitanti del paese nel quale stai per entrare,
perché ciò non diventi una trappola in mezzo a te. Anzi
distruggerete i loro altari, spezzerete le loro stele e taglierete i
loro pali sacri.» (Es.
34, 12-13).
A sua volta, Nostro Signore metterà spesso in guardia i suoi discepoli contro il lievito della dottrina dei Farisei e dei Sadducei (Mt. 16, 6; Mc. 8, 15), contro i falsi profeti rivestiti di pelli di pecore (Mt. 7, 15) che indurranno molte persone in errore (Mt. 24, 11) e perfino gli eletti se possibile (Mt. 24, 24). Gli Apostoli saranno così colpiti da questi avvertimenti del divino Maestro, che li trasmetteranno con vigore ai loro discepoli: «Mi raccomando poi,
fratelli, di ben guardarvi da coloro che provocano divisioni e ostacoli
contro la dottrina che avete appreso: tenetevi lontani da loro.
Costoro, infatti, non servono Cristo nostro Signore» (Rm. 16, 17-18).
«L’abbiamo già
detto e ora lo ripeto: se qualcuno vi predica un vangelo diverso da
quello che avete ricevuto, sia anàtema!» (Galati, 1, 9).
«Se qualcuno viene a voi
e non porta questo insegnamento, non ricevetelo in casa e non
salutatelo; poiché chi lo saluta partecipa alle sue opere
perverse.» (II Gv.
1, 10-11).
Si potrebbero aggiungere ancora altri passi della Scrittura, ma questi bastano ampiamente, essendo stati pronunciati dallo Spirito Santo, per convincerci che il dovere di evitare i fautori di eresie è di diritto divino. II – La Tradizione I primi Padri della Chiesa non potevano dimenticare questi anatemi dottrinali e non fecero altro che ripetere in tutti i modi l’esortazione di San Paolo: «Fuggi l’eretico!»
(Tito, 3, 10).
«Fuggite gli eretici, essi sono dei successori del diavolo che è riuscito a sedurre la prima donna» (Sant’Ignazio di Antiochia). «Fuggi ogni eretico!» (Sant’Ireneo). «Fuggire i veleni degli eretici!» (Sant’Antonio del deserto). «Non sedere con gli eretici!» (Sant’Efrem). E San Vincenzo di Lerino ci tiene a precisare: «L’Apostolo comanda
questa intransigenza a tutte le generazioni: bisogna sempre
anatemizzare coloro che hanno una dottrina contraria a quella ricevuta».
È per questo che, nel XIX secolo, Dom Guéranger scriverà a Mons. d’Artros: «Uno dei mezzi per
conservare la fede, uno dei primi segni dell’unità, è il
fuggire gli eretici».
Infatti, questo «primo segno dell’unità» riguarda
evidentemente l’unità nella fede, la prima nota caratteristica
della Chiesa cattolica, che non può avere che «un solo Signore e una
sola fede» (Ef.
4, 5). Questa stessa Chiesa che avverte solennemente così i
futuri suddiaconi:«Rimanete fermi nella
vera fede cattolica poiché, secondo l’Apostolo, tutto quello che
non viene dalla fede è peccato (Rm. 14, 23), scisma, estraneo
all’unità della Chiesa».
Così, per meglio comprendere, non solo l’antichità, ma soprattutto il carattere assoluto del nostro principio, bisogna scolpire bene nell’animo che per più di mille anni di scisma dei Bizantini da Roma, non si è mai concluso, senza alcuna eccezione, un solo accordo canonico con gli Uniati se non prima questi avessero pienamente riconosciuto la dottrina cattolica sui dogmi controversi (Filioque, Primato del Papa, ecc.). III - Le dichiarazioni dei nostri vescovi Mons. Lefebvre: «…supponendo che da qui a qualche tempo Roma
ci rivolga un appello, che voglia rivederci, riprendere a parlare, in
quel momento sarò io a porre le condizioni. Io non
accetterò più di trovarmi nella situazione in cui ci
siamo trovati al momento dei colloqui. Basta. Io porrò la
questione sul piano dottrinale: “Siete d’accordo con le grandi
encicliche di tutti i Papi che vi hanno preceduti? […] Se voi non accettate la dottrina dei
vostri predecessori, è inutile parlare. Fino a quando non
accetterete di riformare il Concilio in base alla dottrina di questi
Papi che vi hanno preceduti, non è possibile alcun dialogo.»
(Fidelier, n° 66,
nov.-dic. 1988, pp. 12-13).
Mons. Williamson: «Nei prossimi anni, la più grande
sfida per la Fraternità, sarà acquisire il primato della
dottrina e cogliere la misura di tutte le cose, e pregare di
conseguenza. Nel nostro mondo sentimentale, la tentazione costante
è seguire i sentimenti. Non seguire i sentimenti è
ciò che ha caratterizzato Mons. Lefebvre, e se noi non lo
imitiamo, la Fraternità seguirà la via della carne,
cioè cadrà nelle braccia dei distruttori (oggettivi)
della Chiesa (…) dottrina,
dottrina, dottrina!» (Angelus Press, 21 giugno 2008).
Mons. Fellay: «…la percezione della complessiva posta in
giuoco che abbiamo descritta ci impedisce di mettere sullo stesso piano
le due questioni.
È così chiaro per noi che la
questione della fede e dello spirito di fede viene prima di tutto, che
non potremmo prendere in considerazione una soluzione pratica senza che
prima venga risolta tale questione. (…)
«Per noi, ogni giorno apporta delle prove
supplementari della necessità di chiarire al meglio le questioni
sottese prima di poterci spingere più lontano verso una
situazione canonica, che d'altronde non ci dispiace.
Ma si
tratta dell'ordine naturale delle cose, e capovolgerlo ci porrebbe
immancabilmente in una situazione invivibile: ne abbiamo la prova tutti
i giorni.
Ne va né più né meno della nostra
esistenza futura.» (LAB, n° 73, 23 ottobre 2008).
Mons. de Galarreta: «Vi è evidentemente una
volontà di sospingerci, di intimorirci un po’. Di farci un po’
di pressione. Di pressarci, in direzione di un accordo puramente
pratico, che è stata sempre l’intenzione di Sua Eminenza [il
cardinale Hoyos]. E allora, evidentemente voi conoscete già il
nostro pensiero. Questa strada è una strada morta. E
perché per noi si tratta della via della morte. Quindi non
è il caso di seguirla. Non possiamo impegnarci a tradire la
confessione pubblica della Fede. Non se ne parla. È impossibile.»
(Sermone
del 27 giugno 2008 a Ecône).
«Di conseguenza, non è il momento di
cambiare la decisione del Capitolo del 2006 (nessun accordo
pratico senza la soluzione della questione dottrinale)» (Riunione
ad Albano del 7 ottobre 2011).
Mons. Tissier de Mallerais: «Noi rifiutiamo un accordo puramente
pratico perché la questione dottrinale è primaria. La
fede viene prima della legalità. Noi non possiamo accettare una
legalizzazione senza che sia risolto il problema della fede. (…)
«Si tratta di una nuova religione che non
è la religione cattolica. Con questa religione noi non vogliamo
alcun compromesso, alcun rischio di corruzione, perfino alcuna
apparenza di conciliazione, ed è questa apparenza che fornirebbe
la nostra cosiddetta “regolarizzazione”». (Intervista
a Rivarol, 1 giugno 2012).
Conclusione “Nessun accordo canonico prima di un accordo dottrinale”, è un principio: - fondato sulla
parola di Dio, che ci vieta formalmente di associarci a coloro che
professano una dottrina diversa da quella che ci è stata
trasmessa dalla Chiesa, «colonna e base della
verità» (I Tim.
3, 15), in particolare per più di mille anni e nelle discussioni
con gli scismatici orientali.
- assoluto e non passibile di alcun aggiramento, di riduzione e di eccezione, perché derivante dall’«ordine naturale delle cose», come giustamente ha scritto Mons. Fellay, e non derivante da un processo convenzionale. Di conseguenza: se è vero che non ci si rialza dall’abbandono dei principii, soprattutto dei più gravosi perché attengono alla fede, noi oggi più che mai dobbiamo, non solo mantenere questo principio, ma vegliare perché non venga dimenticato, alterato o aggirato, e proclamarlo al di là di ogni evenienza a tutte le anime di buona volontà. Che i Santissimi Cuori di Gesù e Maria ci vengano in aiuto nella vera battaglia per la fede, e noi manteniamoci sempre nel loro amore! (torna
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