Verso Assisi III

Riflessioni - IV

(dal Cardinale Koch)

vedi anche:
I (Card. Bertone) II (Card. Tauran) - III (Card. Levada) - V (Card.  Turkson) -
VI (Card. Ravasi) - VII (Mons. Sorrentino)

altri articoli su Assisi III


Continuiamo a leggere gli articoli apparsi su L’Osservatore Romano a proposito del prossimo incontro di Assisi del 27 ottobre 2011, promosso dal Santo Padre Benedetto XVI.
A quelli del Cardinale Bertone, del 3 luglio, del Cardinale Tauran del 5 luglio, del Cardinale Levada del 6 luglio, è seguito,  il 7 luglio, l’intervento del Cardinale Kurt Koch, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani: Ad Assisi un pellegrinaggio della verità e della pace.

Qui troviamo la spiegazione di un altro aspetto di questo prossimo incontro di Assisi: sarà un “pellegrinaggio della verità”.
E subito vengono in mente i tanti pellegrinaggi che ancora oggi si compiono ai Santuari Mariani, dove i fedeli si raccolgono per recitare e cantare le glorie di Dio e i meriti soprannaturali della Santa Vergine Maria.
Questi i pellegrinaggi della verità… e quello di Assisi?
Chi è bravo risponda!

Intanto leggiamo quello che scrive il Cardinale:
«Questa nuova situazione interreligiosa [in particolare la presenza dell’Islam in Europa] ha fatto sì che la religione, spesso considerata dall’opinione pubblica come un fattore irrilevante o addirittura fastidioso, da relegare ai margini della vita sociale, sia tornata a essere un tema all’ordine del giorno nel dibattito pubblico. Tale sviluppo va letto come un fatto incoraggiante, poiché una società che si chiude al divino è una società incapace di condurre un dialogo interreligioso».

Una scoperta folgorante, secondo la quale quando in Europa c’era solo il cristianesimo, la religione veniva considerata “come un fattore irrilevante o addirittura fastidioso, da relegare ai margini della vita sociale”, da quando invece c’è anche l’Islam, ecco che la religione è “tornata a essere un tema all’ordine del giorno nel dibattito pubblico”.
Potenza della religione? Pare di no, poiché da sola, la religione cristiana non importava a nessuno.
Potenza dell’Islam, allora!
Ma forse non è questo che intendeva dire il Cardinale, solo che l’ha detto, forse senza accorgersene.
Quindi oggi va meglio di ieri, poiché in Europa vi è un rigoglio religioso alimentato dalla multi- religiosità dei suoi attuali abitanti. “Un fatto incoraggiante”, dice il Cardinale.

Ed è a questo fatto incoraggiante che occorre ricollegare l’incontro di Assisi del prossimo 27 ottobre. Poiché, dice il Cardinale: «Tutti i partecipanti sono invitati a un impegno personale nel dichiarare pubblicamente e nell’adoperarsi affinché la fede e la religione non s’imparentino in nessun modo con l’ostilità e la violenza, ma si accordino con la pace e la riconciliazione».
Visione, questa, che il Cardinale Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, dice essere «connaturale all’ecumenismo cristiano», poiché quest’ultimo «si pone al servizio della pace tra i fedeli cristiani e tra le comunità cristiane sul cammino della purificazione della memoria, del superamento delle cause delle molteplici divisioni tra i cristiani, del risanamento delle vecchie ostilità e del mutuo riconoscimento come fratelli e sorelle in Cristo, al fine di ricomporre la nostra unità in Cristo».

Ovviamente, l’incontro di Assisi, pur essendo “connaturale all’ecumenismo cristiano”, non può avere il suo stesso scopo specifico, dice il Cardinale, ma in qualche modo avrà lo stesso spirito, perché persegue «il rispetto, la promozione della comprensione reciproca e la collaborazione solidale nella costruzione di un mondo pacifico e giusto».
Cosa che sorprende, però, perché non si comprende il nesso o la cannaturalità tra l’idea dell’unità in Cristo e la “costruzione di un mondo pacifico e giusto”, tranne che non si voglia pensare, come sarebbe logico e giusto, che un mondo pacifico e giusto non può aversi senza che tutti abbiano come guida soprannaturale e naturale il Figlio di Dio, Nostro Signore Gesù Cristo.
Ma ad Assisi, non di questo si tratterà, bensì di tutt’altro.

«Ecco allora risplendere il vero motivo per cui il Papa ha scelto il riferimento al pellegrinaggio per l’incontro di Assisi, definendone il tema: Pellegrini della verità, pellegrini della pace. La pace è possibile soltanto là dove gli uomini, come autentici ricercatori di Dio, si mettono in cammino verso la verità».
Si tratterà, dice il Cardinale, di mettersi tutti insieme, cattolici e non cattolici, cristiani e non cristiani, credenti e miscredenti (oggi chiamati “non credenti”, secondo quanto impone il “politicamente corretto”)… tutti insieme “pellegrini” in cerca di Dio, “in cammino verso la verità”.

Questa concezione, tanto più ribadita per quanto più è malcompresa, nasconde un convincimento inconfessabile, molto complesso, a dire il vero, e interamente partorito col travaglio doloroso del Vaticano II.
Noi cattolici siamo in cammino verso la verità, siamo in cerca di Dio. I Protestanti sono in cammino verso la verità, sono in cerca di Dio. Gli Ebrei, i Musulmani e tutti gli altri che non credono nel Vero Dio Uno e Trino, sono in cammino verso la verità, sono in cerca di Dio. Insomma, in questo mondo senza Dio, siamo tutti in cerca di Dio.
Ma allora, com’è che duemila anni fa il Figlio di Dio s’è fatto uomo?
Com’è che da duemila anni vive e predica la Santa Chiesa di Dio?
Perché delle due l’una: o è così, che anche i cristiani non conoscono né Dio, né la verità, o i soli cercatori di Dio e della verità sono gli altri, tale che dovremmo invitarli a farsi tutti cristiani, così che vengano a conoscenza di Dio e della verità.

Ma no… dice il Cardinale… quello di Assisi è un incontro di pellegrini cercatori, non è mica una convocazione per la conversione al Vero Dio e alla Verità!
Siamo mica nel Medio Evo!
Perché, per chi non l’avesse ancora capito, i cercatori sono tutti rivolti a Dio, sia che guardino al Vero Dio, sia che guardino ai falsi dei.

Che la cosa sia sbalorditiva per noi cattolici, appare pacifico, ma è talmente abnorme che ha perfino indispettito i nostri “fratelli maggiori”, non nel senso che sono più vecchi, ma nel senso che i papi del Concilio e del post-Concilio hanno dato a questa espressione: ha indispettito gli Ebrei.

Ad un certo punto, dopo aver precisato che «ogni religione è invitata a rivolgere a Dio quella preghiera che corrisponde alla sua credenza specifica» (come faccia uno che non conosce Dio a fare seriamente una cosa del genere è davvero un mistero!), il Cardinale afferma: «Poiché la croce di Gesù cancella ogni desiderio di vendetta e chiama tutti alla riconciliazione, essa si erge sopra di noi come il permanente e universale Yom Kippur».

Davvero un incredibile esercizio di equilibrismo: tutto in Cristo… ognuno col suo dio… la pace di Cristo… la pace del mondo… la riconciliazione in Cristo… la riconciliazione nella diversità…
Un pasticcio. Aggravato dal fatto che il Cardinale non ha resistito alla moda e ha provato a fare una sviolinata agli Ebrei.

Ma al rabbino capo di Roma, il dott. Riccardo Di Segni, non è piaciuta la citazione dello Yom Kippur e, chiesta ospitalità a L’Osservatore Romano (29.7.2011 - La lingua del dialogo dev’essere comune), ha ricordato al Cardinale che non si possono nominare le feste ebraiche invano, perché «Il credente cristiano può certamente pensare che la Croce rimpiazzi in modo permanente e universale il giorno del Kippur, ma se desidera dialogare sinceramente e rispettosamente con l'ebreo, per il quale il Kippur rimane parimenti nella sua valenza permanente e universale, non deve proporre all'ebreo le sue credenze e interpretazioni cristiane come indici del "cammino decisivo". Perché allora veramente si rischia di rientrare nella teologia della sostituzione e la Croce diventa ostacolo».

Ed ha ragione, il povero rabbino, perché, come abbiamo detto prima, o siamo tutti alla pari, tutti nel giusto, seguaci di Cristo e avversari di Cristo, e allora facciamo il pellegrinaggio ad Assisi, o se qualcuno crede che Cristo è l’unica via di salvezza, si tolga pure dalla testa l’ecumenismo, perché l’ecumenismo è una cosa seria solo se tutti rimangono quelli che sono: i seguaci di Cristo: seguaci della via, della verità e della vita; gli avversari di Cristo: seguaci dell’errore e della menzogna.

Ed anche il Cardinale lo riconosce, tanto che si è affrettato a chiedere scusa al rabbino, e sullo stesso numero de L’Osservatore Romano del 29 luglio (Sicuramente la Croce non è un ostacolo) ha precisato: «Per i cristiani la croce non può essere “un ostacolo al dialogo interreligioso”. Se i rappresentanti di altre religioni e soprattutto gli ebrei, la vedono in tal modo, non sta a me giudicare; ciò si iscrive piuttosto nella libertà della convinzione religiosa di ognuno. Non ritengo assolutamente che gli ebrei debbano vedere la croce come noi cristiani per poter intraprendere insieme il cammino verso Assisi».

Confermando così che a questo prossimo incontro di Assisi ci saranno tutti, per essere confermati nella loro “convinzione religiosa” dal capo della Chiesa cattolica, successore di Pietro e Vicario di Cristo in terra, il quale, ecumenicamente, confermerà agli Ebrei che si trovano nel giusto continuando a mantenere la convinzione religiosa che Gesù di Nazareth fosse un bestemmiatore passibile della pena di morte.

(segue)
Giovanni Servodio





ottobre 2011

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