Verso Assisi III

Riflessioni - V

(dal Cardinale Turkson)

vedi anche:
I (Card. Bertone) II (Card. Tauran) - III (Card. Levada) - IV (Card.  Koch) -
VI (Card. Ravasi) - VII (Mons. Sorrentino)

altri articoli su Assisi III


Continuiamo a leggere gli articoli apparsi su L’Osservatore Romano a proposito del prossimo incontro di Assisi del 27 ottobre 2011, promosso dal Santo Padre Benedetto XVI.
A quelli del Cardinale Bertone, del 3 luglio, del Cardinale Touran del 5 luglio, del Cardinale Levada del 6 luglio, del Cardinale Koch del 7 luglio, è seguito, l’8 luglio, l’intervento del Cardinale Peter Turkson, Presidente del Pontificio Consiglio della Gustizia e della Pace: È in gioco il futuro dell’umanità.

Qui troviamo la spiegazione di un altro aspetto di questo prossimo incontro di Assisi: “il futuro dell’umanità”.
Per inquadrare correttamente questa preoccupazione, sembra opportuno innanzi tutto richiamare qualcosa di quanto insegnato da Nostro Signore Gesù Cristo.
«Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la sua anima?» (Mc. 8, 36 – Mt. 16, 26 – Lc. 9, 25). «Chi ama la sua vita, la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna» (Gv. 12, 25).
È sulla base di questi insegnamenti che occorre leggere quanto scritto dal Cardinale.

Il Cardinale inizia con una citazione di Paolo VI: «Mentre si poneva la domanda «con chi dialogare?», Paolo VI rispondeva: «Nessuno è estraneo al suo cuore (della Chiesa).  Nessuno è indifferente per il suo ministero. Nessuno le è nemico, che non voglia egli stesso esserlo. Non invano si dice cattolica; non invano è incaricata di promuovere nel mondo l’unità, l’amore, la pace» (Ecclesiam Suam, 98).

In questa sua prima Enciclica, Paolo VI diceva diverse altre cose circa la Chiesa e il mondo, non tutte condivisibili in verità, ma fu lui stesso a scrivere a proposito: «Non vuole questa Nostra Enciclica rivestire carattere solenne e propriamente dottrinale, né proporre insegnamenti determinati, morali o sociali, ma semplicemente vuol essere un messaggio fraterno e familiare».
Quindi è seguendo la sua stessa impostazione che diciamo, fraternamente e familiarmente, che la Chiesa non è incaricata di promuovere nel mondo l’unità, l’amore, la pace, essa è stata voluta dal Salvatore per condurre al Padre ciò che era ed è sparso: per promuovere l’unità nell’unico Vero Dio per mezzo del Suo Unigenito Gesù Cristo. La Chiesa è stata voluta dal Salvatore per ricordare agli uomini l’amore di Dio per le creature e ricondurli all’amore per il Padre celeste per mezzo del Suo Unigenito Gesù Cristo. La Chiesa è stata voluta dal Salvatore perché conducesse tutti gli uomini non alla pace che dà il mondo, ma alla vera pace: la pace di Cristo. Solo seguendo questa via è possibile che gli uomini conoscano la pace in terra, perché sta scritto: “Pace in terra agli uomini di buona volontà”, cioè agli uomini che hanno una volontà retta, correttamente orientata verso l’Unico Vero Dio, Padre di Nostro Signore Gesù Cristo.

Così che quando il Cardinale afferma che «Già al livello dell’umanità — primo cerchio — Paolo VI augurava che il dialogo si svolgesse al servizio della pace e si estendesse «dalle relazioni al vertice delle nazioni a quelle del corpo delle nazioni stesse e alle basi sia sociali, che familiari e individuali, per diffondere in ogni istituzione e in ogni spirito il senso, il gusto, il dovere della pace » (ibidem, 110). La stessa volontà di dialogo veniva affermata dal Pontefice a livello interreligioso, con i credenti in Dio — secondo cerchio (cfr. ibidem, 111-112) e, a livello ecumenico, con i fratelli cristiani separati — terzo cerchio (cfr. ibidem, 113-115). Paolo VI invitava inoltre a mettere in rilievo ciò che unisce i cristiani piuttosto che ciò che li divide.», non dice cose umanamente improprie, ma dice cose che mettono in primo piano la preoccupazione umana e mondana e relegano ad un piano subalterno gli insegnamenti divini e i bisogni soprannaturali dell’uomo.
Una sorta di capovolgimento che da 50 anni continua a prodursi nel mondo cattolico, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.

È a causa di questo capovolgimento che non ci si accorge di affermare cose contraddittorie. Perché è contraddittorio professarsi fedele di Cristo e insieme sostenere che: «Le culture e le religioni del mondo hanno tutte un patrimonio di valori e ricchezze spirituali da condividere le une con le altre» che permetterebbero «un dialogo sincero, nel pieno rispetto delle differenze e delle diversità delle tradizioni». Perché «Ogni comunità religiosa è chiamata a coltivare il dialogo con le altre religioni, ad aprirsi all’ascolto, per poter camminare insieme nella pace e offrire ciò che ciascuna possiede di meglio per costruire un mondo più giusto e più solidale».

Non che queste istanze sarebbero da rigettare a priori, ma certo non si può essere convinti che “il nostro aiuto è nel nome del Signore” e poi auspicare con convincimento la condivisione delle “ricchezze spirituali” supposte in possesso di chiunque per il gusto di piacere a chiunque.
Non che l’istanza di “un mondo più giusto e più solidale” sia da rigettare a priori, ma certo non si può far finta di non sapere, non solo che un tale mondo immaginario è in contraddizione con la sua stessa natura di ambito dominato dal “Principe di questo mondo”, ma che esso non si potrà comunque neanche immaginare se si prescinde dall’aiuto di Cristo e dall’assistenza di Maria, fattori presenti solo in seno all’unica vera religione e non certo nelle “culture e le religioni del mondo”.

Questo confondere il piano della disquisizione meramente umana col piano della riflessione e della pratica cattolica, è ciò che continua a produrre disorientamento tra i fedeli e concezioni che stravolgono l’insegnamento cattolico.
Per esempio, non si può affermare  che «L’origine e l’obiettivo della lotta per un ordine giusto e solidale ai vari livelli della società è sempre la persona umana. Come la Chiesa insegna, la persona è titolare di diritti inalienabili in virtù della sua creazione a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Genesi, 1, 26-27). Ciò è a fondamento della sua dignità trascendente e intangibile, sacra. Difendere questa dignità quando viene conculcata significa difendere l’uomo e, nello stesso tempo, onorare Dio, di cui è immagine», senza incorrere nell’errore di fermarsi alla Genesi e saltare a pie’ pari il peccato originale, la cacciata dal Paradiso, le punizioni contro le infedeltà del popolo eletto e finalmente l’Incarnazione, la Crocifissione, la Redenzione e la Chiesa.
Non si può affermare alla leggera che la dignità della persona è “trascendente, intangibile e sacra” senza annullare di un sol colpo la stessa ragion d’essere della Chiesa. Perché delle due l’una: o l’uomo è peccatore e quindi indegno e quindi bisognoso della Grazia di Dio che gli permetta di riappropriarsi della sua originaria ma perduta dignità propria dei figli di Dio (cfr. Gv. 1, 1-18), o l’uomo ha una dignità trascendente, intangibile e sacra e quindi la Chiesa non serve a niente!

Ma tutte queste cose il Cardinale le conosce meglio di noi, sa bene che “senza di Lui non possiamo fare nulla” e, giustamente cita il Salmo 127: Nisi Dominus aedificaverit domum, in vanum laborant, qui aedificant eam — «Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori».

Citazione quanto mai appropriata, che fa onore al Cardinale, ma che egli stesso vanifica quando dimostra di voler arruolare i Salmi e lo stesso Signore Gesù tra i promotori della pace nel mondo: «Poiché è Lui che, da qualsiasi popolo, può suscitare operatori di pace e di giustizia che abbiano il coraggio di compiere gesti per fare progredire la causa della giustizia e della pace nel mondo di oggi».
È questo un esempio di come si possa citare la Sacra Scrittura ad uso e consumo delle intenzioni meramente umane, dimostrando, non tanto della cattiva volontà, sicuramente assente nella gran parte degli uomini di Chiesa, quando la confusione che alberga nelle menti e nei cuori di tanti cattolici cresciuti all’ombra del Vaticano II… già perché la frase che abbiamo appena riportata è tratta dalla famosa Gaudium et Spes (n° 19), dove è noto che abbondano le considerazioni non del tutto ortodosse.
Ed è da premesse come queste che Giovanni Paolo II ha potuto affermare, come ricorda il Cardinale, che: «Pregare per la pace significa pregare per la giustizia, per un adeguato ordinamento all’interno delle Nazioni e nelle relazioni fra di loro. Vuol dire anche pregare per la libertà, specialmente per la libertà religiosa, che è un diritto fondamentale umano e civile di ogni individuo» (Messaggio per la Giornata mondiale della pace 2002, 14).

E siccome una volta intrapresa alla leggera una certa strada non si sa dove si possa andare a parare, ecco che Giovanni Paolo II conferma nella infedeltà i cattolici dubbiosi assicurando loro che la libertà religiosa: « è talmente inviolabile da esigere che alla persona sia riconosciuta la libertà persino di cambiare religione, se la sua coscienza lo domanda. Ciascuno, infatti, è tenuto a seguire la propria coscienza in ogni circostanza e non può essere costretto ad agire in contrasto con essa» (Messaggio per la Giornata mondiale della pace 1999, 5).

Da cui è possibile dedurre che se nel prossimo incontro di Assisi si produrranno dei “cambiamenti di religione”… dall’ebraismo al cristianesimo, per esempio, o dal cattolicesimo all’islam… tali cambiamenti, comandati dalla coscienza, saranno tutti benedetti idealmente dal defunto Papa.

(segue)
Giovanni Servodio





ottobre 2011

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