Verso Assisi III

Riflessioni - VII

(dal Vescovo Sorrentino)

vedi anche:
I (Card. Bertone) II (Card. Tauran) - III (Card. Levada) - IV (Card.  Koch) -
V (Card. Turkson) - VI (Card. Ravasi)

altri articoli su Assisi III


Continuiamo a leggere gli articoli apparsi su L’Osservatore Romano a proposito del prossimo incontro di Assisi del 27 ottobre 2011, promosso dal Santo Padre Benedetto XVI.
A quelli del Cardinale Bertone, del 3 luglio, del Cardinale Tauran del 5 luglio, del Cardinale Levada del 6 luglio, del Cardinale Koch del 7 luglio, del Cardinale Turkson dell’8 luglio, del Cardinale Ravasi del 9 luglio, è seguito, il 10 luglio, l’intervento di Mons. Domenico Sorrentino, Vescovo di Assisi - Nocera Umbra - Gualdo Tadino: Per ben comprendere lo spirito di Assisi. Origine e storia di una espressione.

A dire il vero, potevamo evitare di riferirci a questa apologia dello “Spirito di Assisi” composta da Mons. Sorrentino, ma avremmo mancato di completezza.

Vediamo allora cosa ha scritto:
«…i rappresentanti delle varie confessioni cristiane e delle più antiche religioni mondiali, su invito del beato Giovanni Paolo II, [nel 1986] convennero nella città serafica per la Giornata mondiale di preghiera per la pace. Fu l'«icona di Assisi». Quell'icona, con il suo tratto di novità e suggestione, è irripetibile. Ma il messaggio che ne scaturì, è perenne. Fu in questo senso che Giovanni Paolo II coniò la locuzione di “spirito di Assisi”».

Dice bene Monsignor Vescovo, non si trattò di un evento eccezionale, bello o brutto che fosse, quanto piuttosto di un modo di pensare, di un modo d’essere, di un modo nuovo di essere cattolici. Un modo nuovo di essere cattolici secondo la concezione personale di Giovanni Paolo II, che, dice Monsignor Vescovo, egli ebbe modo di esprimere il 22 dicembre 1986: « il beato mostrava l'evento assisano come una “illustrazione visibile, una lezione dei fatti, una catechesi a tutti intelligibile”, di quanto il concilio Vaticano II aveva insegnato, presentando la Chiesa come “segno e strumento dell'unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano” (Lumen gentium, 1) e in particolare dell'insegnamento conciliare in tema di ecumenismo e di rapporto tra il cristianesimo e le religioni. Precisava che ad Assisi tutto era stato pensato “senza nessuna ombra di confusione e sincretismo”. Sottolineava, come fatto specifico, il valore della preghiera per la pace».

Verissimo… senza il Vaticano II nessun papa si sarebbe mai sognato di convocare a solenne concione i rappresentanti di tutti gli eretici e delle pseudo-religioni di tutto il mondo. Solo a Giovanni Paolo II, che aveva partecipato attivamente al Concilio, poteva venire in mente una cosa del genere. Soprattutto ove si pensi che aleggiava pesante sulla Chiesa quel famoso “spirito del Concilio” che non ha smesso di muoversi come il noto “fumo di Satana” di Paolo VI.

Ma cos’è, secondo Monsignor Vescovo, questo “spirito”?
Uno «spirito di preghiera e di aspirazione verso la pace», qualcosa che zampilla da una sorgente come «una forza spirituale dirompente», la risposta ai bisogni di questo mondo, come diceva Giovanni Paolo II: «Questo mondo ha bisogno che gli uomini e le donne sensibili ai valori religiosi aiutino gli altri a ritrovare il gusto e la volontà di camminare insieme. Questo è lo “spirito di Assisi”».
Un moto dell’animo generato da quel famoso 1986, che, diceva Giovanni PaoloII è stato: «l'inizio di un nuovo modo di incontrarsi tra credenti di diverse religioni: non nella vicendevole contrapposizione e meno ancora nel mutuo disprezzo, ma nella ricerca di un costruttivo dialogo in cui, senza indulgere al relativismo né al sincretismo, ciascuno si apra agli altri con stima, essendo tutti consapevoli che Dio è la fonte della pace».

Ora, che Dio sia l’unica fonte della pace e soprattutto di quella pace che è tanto vera per quanto proviene da Lui, di quella pace che non è la pace come la dà il mondo, di quella pace che solo Gesù Cristo, l’Unigenito Figlio di Dio, ha dato e ha lasciato ai suoi discepoli ancora su questa terra (cfr. Gv. 14, 27),… è cosa pacifica… ma che questa pace sia la stessa di quella che possono invocare i “credenti di diverse religioni” è cosa semplicemente fantasiosa, tranne che non si voglia affermare che anche le “differenti religioni” servano lo stesso Dio, così che non ci sarebbe differenza fra la vera religione cattolica e le false religioni di ogni tipo e genere e specie.

Una mentalità sincretistica può ritenere che questo sia possibile, ma un seguace di Gesù può solo sorridere tristemente di fronte alla stoltezza di ammettere la minima possibilità che si possa anche solo pensare una cosa siffatta, e si sentirebbe subito in dovere di segnarsi e di pregare la Santa Vergine perché interceda presso il suo Divino Figlio affinché abbia pietà di chi formulasse una tale ipotesi.

Il Vescovo di Assisi, poi, non poteva esimersi dal richiamare il valore simbolico della scelta della città di San Francesco, perché : «la luce del Poverello su quell'iniziativa era una garanzia di autenticità cristiana, giacché la sua vita e il suo messaggio poggiano così visibilmente sulla scelta di Cristo, da respingere a priori qualunque tentazione di indifferentismo religioso, che nulla avrebbe a che vedere con l'autentico dialogo interreligioso».

È curioso questo richiamo di Monsignor Vescovo, perché è come un contrappeso rispetto alle migliaia di richiami sulla valenza eminentemente “pacifistica” del Santo, fatta propria perfino dagli atei che organizzano ad Assisi le marce per la pace di ogni specie e di ogni colore, proprio sulla scorta della deformazione dell’attitudine del Santo orchestrata da tanti cattolici adulti a partire dal Vaticano II e amplificata e ribadita da tutti i mezzi di comunicazione “cattolici”.
Ben venga, quindi, questo richiamo di Monsignor Vescovo, a chiarire che San Francesco sulla base della “sua scelta di Cristo” non avrebbe fatto altro che predicare agli infedeli, di tutte le “diverse religioni”, che: «In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati» (At. 4, 12); invitandoli alla conversione con le parole dell’Apostolo. «Abbiate anche voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù» che Dio ha esaltato «e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome; perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre». (Fil. 2, 5 e 9-11).

È questo che avrebbe fatto il Poverello di Assisi e avrebbe respinto ogni tentativo di dialogo, di discussione, di possibile confusione, che potesse minimamente mettere in problematica quella Verità che egli portava impressa nelle sue stesse carni… lottando con fortezza per l’incremento della fede in Cristo, per la pace in Cristo della Chiesa e dei fedeli, per la sempre maggiore diffusione della Santa Chiesa Cattolica Apostolica Romana… usque ad sanguinis effusionem!

Giovanni Servodio





ottobre 2011

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