I novissimi:

l’anima umana e l’aldilà


parte undecima

Il Purgatorio



di Don Curzio Nitoglia





Psiche: personificazione dell'anima


Capitolo Terzo

La pena del danno

La mancanza della visione beatifica è la pena principale del Purgatorio, essa è chiamata dai teologi “pena del danno temporanea” per distinguerla da quella dell’Inferno che è perpetua.

Inoltre, i dannati dell’Inferno non hanno più nessuna speranza di vedere Dio faccia a faccia e lo odiano, bestemmiandolo incessantemente. Invece, le anime sante del Purgatorio hanno la certezza d’entrare in Paradiso. Per giunta, quest’ultime hanno la carità che non può essere più persa con il peccato mortale, essendo esse confermate nella grazia santificante. Tuttavia, oltre la pena del senso, di cui abbiamo parlato nella scorsa puntata, esse soffrono enormemente la dilazione della visione beatifica (pena del danno).

La Tradizione patristica e poi anche scolastica ritiene che la più piccola pena del Purgatorio sorpassi la più grande pena che si possa soffrire su questa terra.

Sant’Agostino (ROUET DE JOURNEL, Enchiridion Patristicum, 1467) e sant’Isidoro da Siviglia (De ordine creaturarum, cap. XIV, n. 12) insegnano che la sofferenza delle anime purganti sarà “più penosa di ciò che l’uomo possa soffrire nella vita presente”.

Sulla scia dei Padri, l’Angelico sostiene che “la minima pena del Purgatorio sorpassa la più grande pena che si possa soffrire su questa terra” (IV Sent., d. XXI, q. I, a. 3). S. Bonaventura (IV Sent., d. XXI, q. IV) segue il Dottore Angelico con qualche lieve differenza.

S. Roberto Bellarmino (De Purgatorio, q. XIV, p. 121) insegna che certamente, la privazione di Dio (o pena temporanea del danno) in Purgatorio è molto grande ma è addolcita dalla speranza certa di andare un giorno in Paradiso; da questa speranza ferma e assicurata nasce una gioia grandissima, che cresce mano a mano che ci si avvicina alla fine del Purgatorio.

L’Angelico ci porge la ragione teologica del suo insegnamento. Infatti, si soffre tanto maggiormente della privazione di un bene, quanto più ardentemente lo si desidera. Ora, l’anima santa del Purgatorio, è separata dal suo corpo perciò, ha un desiderio intensissimo di possedere il Bene Sommo, poiché non è più distratta dal peso del corpo e dalle occupazioni della vita terrestre.

Per di più l’anima separata, che è simile a un angelo, tende a Dio con un desiderio vivissimo ma nello stesso tempo non può raggiungerlo a causa delle sue colpe che deve ancora espiare nel Purgatorio. Perciò, soffre anche dolorosissimamente perché vede chiaramente che avrebbe già dovuto possedere Dio, ma ne è impedita per sua colpa, avendo posto un ostacolo alla visione beatifica con i peccati che ha commesso su questa terra (S. TOMMASO D’AQUINO, Summa contra Gentes, Lib. IV, cap. 91, n. 2). In breve, sarebbe giunta l’ora di vedere Dio ma, Egli nega di farsi vedere a causa delle colpe che l’anima purgante deve ancora espiare.

L’Aquinate spiega che come la più grande gioia segue l’atto della visione di Dio, così l’assenza di questa visione beatifica, quando sarebbe ora di riceverla, causa il più grande dolore.

Insomma, nel Purgatorio si soffre come un flusso e riflusso, simile all’andar avanti e indietro delle onde del mare sulla battigia. Infatti, da una parte l’anima separata è fortemente attratta da Dio, mentre, dall’altra parte è trattenuta dalle reliquie del peccato che deve ancora scontare; in questo senso l’amore di Dio non diminuisce la loro pena, ma l’aumenta.  

La lontananza da Dio è, dunque, il maggior tormento delle anime sante del Purgatorio. Infatti, esse sono oramai separate dal loro corpo e, perciò, sono simili agli angeli; quindi, vivono una vita spirituale più intensa, perché sono libere dal peso del corpo, che aggrava lo spirito. Inoltre, conoscono la preziosità della visione beatifica di Dio, in un modo immensamente maggiore a quello delle anime più sante di questa terra; così esse esercitano tutta la loro concentrazione - non interrotta da distrazioni e occupazioni materiali - su Dio e concepiscono un desiderio fortissimo di vederne l’essenza.

Insomma, esse provano uno slancio impetuoso verso Dio, ma esso è contrastato dalla pena che devono ancora scontare in Purgatorio. Dunque, sentono il vuoto della loro esistenza per l’assenza di Colui, che solo può colmarlo. Esse invocano, piene d’amore, il loro Diletto ma, Egli non risponde a esse. A causa di tale profonda tristezza e per lo slancio che hanno verso il cielo, nell’intimo di queste anime sante del Purgatorio, si forma un circolo misterioso di amore e di dolore. Tuttavia, l’amore intensissimo di vedere Dio genera la sofferenza, poiché ne sono ancora impedite; questa a sua volta feconda l’amore; così, l’anima espia e si perfeziona sempre di più e “di salir al Cielo diventa degna” (DANTE, Purgatorio, I, 6).

Occorre anche specificare che le anime sante del Purgatorio, pur non imponendosi volontariamente (soddisfazione) le sofferenze del Purgatorio, le accettano (satispassione) da Dio; perciò, non si può dire che quest’accettazione passiva e ricevuta da Dio sia totalmente involontaria; infatti, esse sono avvolte da un purissimo ardore di penitenza (S. TOMMASO,  S. Th., Suppl., q. 70, a. 4).

Siamo finalmente usciti dal Purgatorio e la prossima puntata entreremo in Paradiso …







 
novembre 2023
AL SOMMARIO ARTICOLI DIVERSI