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DOSSIER SAN PIETRO
Nostro aggiornamento e commento del luglio 2000
Gli sviluppi della vicenda della Fraternità Sacerdotale San Pietro
Nei giorni scorsi (4-14 luglio) si è svolto il Capitolo Generale
della Fraternità San Pietro, che avrebbe dovuto dirimere, tra l’altro,
la questione sorta all’interno della stessa Fraternità circa la
posizione di un gruppo di preti che auspicano una maggiore apertura nei
confronti del Novus Ordo e, quindi, di tutto quanto è sopraggiunto
nella Chiesa col post-concilio.
Nell’aprile di quest’anno, è stato nominato Presidente della Pontificia Commissione “Ecclesia Dei” il Card. Dario Castrillon Hoyos, in sostituzione del Card. Angelo Felici. Questa nuova nomina, che aveva fatto sperare in una composizione dignitosa della detta questione (vedi intervista del Card. Castrillon del 10 giugno scorso), ha prodotto invece un aggravamento della stessa. Il 29 giugno scorso il Card. Castrillon ha inviato una lettera alla
Fraternità (lettera che riportiamo a parte),
con la quale ha inteso definire d’autorità la questione: destituendo
il Superiore Generale Padre Bisig, nominando un nuovo Superiore, Padre
Arnaud Devillers, ordinando la sostituzione dei Rettori e dei professori
dei due seminari della Fraternità, imponendo la libertà di
celebrazione del Novus Ordo e la concelebrazione con i Vescovi locali e
rimproverando alla Fraternità una tenuta estremista, rigorista e
ribellista.
Fino ad ora non sappiamo nei particolari che cosa abbia deciso il Capitolo Generale, pubblichiamo però il comunicato stampa dalla Fraternità stessa (del 15 luglio scorso), diramato soprattutto per comunicare le dovute precisazioni ai fedeli, rimasti scossi e parecchio indignati dalla lettera del Card. Castrillon. Lasciamo agli amici il giudizio sugli ultimi sviluppi della questione e sul contenuto della lettera del Card. Castrillon. Da parte nostra ci limitiamo, per ora, ad alcune considerazioni che ci sembrano inevitabili. 1° - Nella lettera il Card. Castrillon giustifica la sua decisione col pericolo che la conferma da parte del Capitolo Generale del Padre Bisig avrebbe condotto a piú gravi divisioni nella Fraternità: come dire che la Fraternità non conosce sé stessa, non ha coscienza delle proprie ragioni d’essere e se ce l’ha deve abbandonarla. Ogni commento è superfluo. 2° - Il Card. fa notare che i seminari della Fraternità sono
continuamente sotto l’occhio vigile e critico di molti all’interno della
Chiesa: quindi devono “essere esemplari sotto ogni riguardo”. Ne consegue
che il Card. è convinto che l’esemplarità della Fraternità
non consiste nella fedeltà sostanziale e formale alla tradizione
della Chiesa (fedeltà che è alla base della nascita della
Fraternità), bensí nella compiacenza di tutti coloro che
da tale fedeltà si sono voluti allontanare.
3° - Il ricorso del Card. al rispetto della norma giuridica non
risolve affatto il problema che era sorto. La celebrazione o meno secondo
il Novus Ordo non è una questione formale, ma una questione teologica.
Pur volendo ammettere che non sia facile affrontare tale questione, soprattutto
avendo di fronte la possibile spaccatura della Fraternità, è
indubbio che la soluzione proposta d’autorità intende disconoscere
i veri termini di essa.
4° - Pur ammettendo che il Card., necessariamente, si sia rivolto
ai preti della Fraternità, non è possibile che egli non abbia
avuto in vista anche i fedeli tradizionalisti. Per essi il Card. dichiara
la sua disponibilità a difenderli, dopo aver espresso un mese fa
(si veda l’intervista rilasciata il 10 giugno al periodico austriaco Magazine
Profil) degli elogi nei loro confronti. Che accade dunque? Sembra chiaro,
dall’insieme della lettera, che la Gerarchia consideri i fedeli tradizionalisti
come dei legittimi sostenitori di una causa partigiana, una causa del tutto
soggettiva e relativa, i cui fondamenti starebbero nella diversa sensibilità
personale di questi fedeli, piuttosto che nei problemi sollevati dal Concilio
e dal postconcilio. Nella Chiesa di oggi, dice il Card., c’è
posto anche per i tradizionalisti, cioè per coloro che hanno delle
riserve sulla liturgia e sulla pastorale postconciliare, a condizione però
che questi accettino con ubbidienza ed umiltà la liturgia e la pastorale
postconciliare. Ci sembra proprio che qualcosa non vada per il verso
giusto: non tanto per la irriducibilità dei fedeli tradizionalisti,
quanto per l’evidente contraddizione che implica una tale pretesa.
5° - Quando il Card. parla di “estremismo”, di “rigorismo” e di “ribellismo”, sembra voler ammettere che in seno alla Chiesa la posizione piú giusta sia quella del “lassismo”, o quantomeno del “buonismo”. Non sarebbe ortodosso, oggi, essere cattolici con rigore, ricercare la sequela Christi in maniera estrema e ribellarsi ad ogni compromesso che metta in problematica la Fede. Oggi è giusto che i cattolici siano quanto piú accomodanti possibile, e in seno alla Chiesa tutti avrebbero pari dignità: coloro che se ne infischiano degli insegnamenti della religione e ricercano il connubio col mondo antireligioso, e coloro che cercano di seguire tali insegnamenti e tentano di sganciarsi dall’abbraccio mortale del mondo. Ora, anche a voler ammettere che in seno alla Chiesa possa sussistere una cosí strana paritaria convivenza, ci sembra piú che ovvio che essa debba basarsi sul riconoscimento delle diversità, le quali non sono di tipo tecnico-giuridico, non sono diversità formali o sentimentali, ma attengono ad un modo diverso di pregare e di rendere culto a Dio, nonché ad un modo diverso di porsi nei confronti del mondo. Nessun “estremismo” o “rigorismo” telogico e liturgico, quindi, piuttosto un bisogno irrefrenabile di mantenere integra la fede e il culto: cosa che per un seguace di Cristo dovrebbe essere piú che scontata. 6° - Il Card. cerca di spiegare che l’attaccamento ad “un rito”
non dev’essere confuso con la celebrazione dei Misteri di Dio. La celebrazione
sarebbe sempre la medesima, il rito invece è una forma che si usa
per la celebrazione, quindi possono esserci piú riti del tutto legittimi:
il rito tradizionale, per esempio, o il rito riformato da Paolo VI. Ogni
attaccamento eccessivo ad uno di essi (in questo caso, però, al
solo rito tradizionale) sarebbe appunto un eccesso ingiustificato.
Per concludere non possiamo non guardare con rispetto e con speranza al comunicato del Capitolo Generale della Fraternità, diramato (il 15 luglio scorso) soprattutto per rassicurare i fedeli tradizionalisti, i quali, ancora dopo tanti anni, vengono offesi dalle prevaricazioni della Gerarchia, vengono esclusi di fatto dalla comunità ecclesiale e vengono trattati come degli eretici: nonostante trent’anni di sacrifici e di paziente sopportazione. Inter Multiplices Una Vox
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