IL MOTU PROPRIO
“ SUMMORUM PONTIFICUM CURA”
compie un anno
L'applicazione
Il numero
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L'articolo
“L'applicazione” in formato pdf
Presentazione
Le premesse
Una curiosa lettura del Breve
esame critico
1988-2008 - un anniversario nell'annivesario
Il testo del Motu Proprio: considerazioni
e commenti
Ci fu abrogazione ?
La lettera di accompagnamento: considerazioni
e commenti
Le reazioni
Le obiezioni
L'applicazione
Le prospettive
Ultima ora
Appendice - Canon Missae
Appendice - Ritus romanus e Ritus modernus
Luoghi e orari della S. Messa
Istruzioni per l'uso
Consideriamo adesso in che modo è
stato applicato il Motu Proprio Summorum Pontificum cura.
Per prima cosa corre l’obbligo di annotare una curiosità:
risibile per certi aspetti, ma illuminante circa il clima con cui è
stato accolto il disposto del Papa.
Il Motu Proprio è stato pubblicato il 7 luglio
del 2007 ed è entrato in vigore il 14 settembre dello stesso anno:
data significativa tra l’altro, perché quel giorno ricorre la Festa
della Esaltazione della Croce. È inevitabile sottolineare
che si tratta di un richiamo alla differenza che esiste tra la Messa conciliare,
incentrata sulla Parola, come abbiamo segnalato in queste pagine, e la
S. Messa tradizionale, incentrata sulla Croce salvifica di Nostro Signore
Gesù Cristo.
Orbene… subito alcuni preti e vescovi hanno avuto l’indecenza
di rispondere ai propri fedeli che chiedevano l’applicazione del disposto
del Papa, che la data del 14 settembre non era vincolante, perché
si doveva aspettare che il motu Proprio fosse pubblicato sugli Acta
Apostolicae Sedis: fino ad allora il documento doveva considerarsi
come inesistente.
Anche un bambino capisce che questa sparata pseudo-canonica
nascondeva molto malamente il retro pensiero di costoro, che hanno sperato
fino all’ultimo che la stesura definitiva del documento contenesse tutte
le varianti equivoche atte a vanificare in parte quanto disposto nella
stesura originaria.
Come meravigliarsi di tanta furberia e malafede,
quando è da 40 anni, dal Vaticano II, che i documenti della Chiesa
si esprimono secondo il famoso: qui lo dico e qui lo nego?
A costoro è andata male, poiché la stesura
definitiva, come abbiamo visto, si differenzia dall’originaria solo per
qualche piccolo particolare di poco conto.
Ma la furberia e la malafede rimangono, e dobbiamo
aspettarci che si accentuerà la pratica conciliare affermatasi in
questi 40 anni: fare finta che il documento del Papa non conti granché…
tanto in diocesi chi comanda sono io!
Detto uno dei mali, incominciamo a parlare di un po’ di
bene.
Prima ancora che il Motu Proprio entrasse in vigore vi
sono stati dei parroci che hanno incominciato a celebrare col Messale tradizionale.
Alcuni addirittura, interpretando giustamente il testo in maniera la più
aderente possibile, com’è logico per le cose di Chiesa, hanno ritenuto
di poter liberamente usare il Messale tradizionale, mai abrogato dalla
Chiesa, come gli veniva dal diritto e dall’uso.
Apriti cielo!… tutta la diocesi è andata in
fibrillazione! A Roma, la Commissione Ecclesia Dei è rimasta sconcertata:
… caspita!… non avevamo previsto questa possibilità!… è stato
risposto.
Indignazione e sorpresa: due delle più ricorrenti
risposte in ordine all’applicazione del Motu Proprio, entrambe derivate
dal punto fermo posto dal documento: il Messale tradizionale non è
stato mai abrogato!
In teoria, ogni sacerdote cattolico di rito latino poteva
immediatamente usare il Messale tradizionale, sia pure in quanto “forma
straordinaria”, senza bisogno di alcun permesso, né della Sede Apostolica,
né del suo Ordinario. Ma, come tutti sappiamo, una cosa è
la teoria, altra cosa è la pratica: di fatto questo è stato
impossibile, nonostante i sacerdoti che intendevano farlo fossero pochi.
E tuttavia, non possiamo nascondere che per certi
aspetti l’applicazione del Motu Proprio è stato un successo. Un
successo da valutare alla luce di quanto abbiamo detto in queste pagine,
soprattutto in relazione ai vescovi.
Ci guardiamo bene dal parlare di eroismo, ma è
indubbio che i pochi che sono stati costretti a sfidare i loro vescovi
hanno dimostrato che farlo è possibile, ed è possibile, non
solo perché si tratta di un documento normativo della Santa Chiesa,
ma anche perché l’adesione alla liturgia tradizionale da parte dei
fedeli, soprattutto giovani, è di gran lunga superiore a tutte le
aspettative della Gerarchia, che non ha mai inteso prestare attenzione
a quello che noi fedeli tradizionali ripetiamo da anni: l’istanza tradizionale
è sentita dai giovani più che dagli anziani.
E la pubblicazione del Motu Proprio ha fatto esplodere
questo dato: inaspettatamente, per certuni, sono stati i giovani fedeli
e i sacerdoti giovani che hanno ritenuto di doversi servire dell’insperata
opportunità offerta da Benedetto XVI.
Si tratta di un dato che noi già conoscevamo,
ma che adesso si rivela in tutta la sua potenzialità: Il Signore
vede e provvede. Spetta a noi tutti fare ciò che è possibile
perché questa potenzialità si traduca in atto.
Nel contempo, dobbiamo tenere presente che diversi
sacerdoti stanno vivendo una terribile esperienza ecclesiale, simile a
quella vissuta 35-40 anni fa dai loro confratelli più anziani: combattuti,
dileggiati, emarginati, puniti, solo perché convinti che la celebrazione
della S. Messa tradizionale è un bene per la Chiesa, un sollievo
per il loro spirito, un’illuminazione per la loro vocazione, una grazia
per i fedeli.
Di questo a Roma erano ben coscienti fin da prima della
pubblicazione del Motu Proprio, eppure, ad un anno di distanza dalla sua
entrata in vigore, ancora aspettiamo i documenti applicativi e gli interventi
correttivi.
Questi sacerdoti sono rimasti soli!
È questa l’occasione per ricordare a tutti i fedeli
tradizionali che l’unico sostegno di questi sacerdoti siamo noi, tutti
noi, la nostra fede, la nostra perseveranza, il nostro conforto, il nostro
aiuto… anche economico.
Non si commetta l’errore che si commise 35-40 anni
fa, quando tanti valenti sacerdoti vennero abbandonati per l’eccessiva
riverenza nei confronti dei vescovi che non meritavano e non meritano tanto
zelo. Quando, invece di far corpo unico con questi sacerdoti, perfino
intere associazioni di “duri e puri” si trastullarono con i gratuiti e
comodi esercizi para-canonici e para-liturgici, in grado di produrre ogni
possibile scusa atta a coprire la loro pavidità . Oggi non si
aggiunga l’errore di limitarsi ad agitare entusiasmi e auto compiacimenti,
appagamenti locali e personali, chiudendo gli occhi su tutti quegli aspetti
che a lungo andare, non solo danneggeranno quei sacerdoti e confonderanno
tanti fedeli, ma vanificheranno le stesse potenzialità del Motu
Proprio, arrecando male alla Santa Messa e alla Santa Chiesa.
Non si tratta di fare la rivoluzione, questa è
la specialità dei modernisti, ma neanche di accontentarsi delle
briciole che cadono dal piatto di tanti presuli indaffarati a ridurre il
Cattolicesimo ai minimi termini.
Meglio a digiuno che intossicati dagli avanzi di costoro.
La situazione attuale possiamo sintetizzarla con qualche
numero, tenuto conto che i dati che seguono non possono considerarsi esaustivi.
Facendo il confronto tra le celebrazioni attuali e
quelle esistenti prima del 14 settembre 2007, in Italia, oggi si contano
18 SS. Messe più importanti, rispetto alle 7 precedenti, con un
incremento di 11. Le SS. Messe festive sono 34, rispetto alle 11 precedenti,
con un incremento di 23. In tutto si celebrano 90 SS. Messe, rispetto alle
28 precedenti, con un incremento di 62.
Purtroppo continuano ad essere scoperte le regioni del
Sud Italia, dove però oggi vi sono 3 nuove celebrazioni festive
che prima non c’erano.
Nel centro-nord, invece, si assiste all’incredibile contraddizione
che più grandi sono le città, più mancano le SS. Messe.
Clamoroso il caso di Milano, dove da anni si celebra una S. Messa in una
piccola chiesa del tutto insufficiente e quindi “indecorosa”.
Ma, dobbiamo riconoscere che Milano non appartiene alla
Chiesa Cattolica, perché, come sostiene un tal Tettamanzi, di professione
cardinale-arcivescovo: con Milano il Motu Proprio non c’entra niente,
… qui siamo ambrosiani! Il Motu proprio infatti, parla di Messale Romano
e, come tutti sanno, a Milano si usa di tutto tranne che i Messali della
Chiesa Cattolica Romana. D’altronde, povero Tettamanzi, in fondo è
lui che comanda a Milano, mica quel vescovo teutonico di Ratzinger che,
con piglio autoritario, lo mise da parte nel corso dei funerali di Don
Giussani!
Suvvia! Diamo a Cesare…
Nelle altre città la situazione è immutata,
tranne in qualcuna, come Bologna, dove finalmente si è scoperto
che il Card. Biffi e i suoi cattivi consiglieri di Curia avevano torto
marcio quando sostenevano che a Bologna non v’erano fedeli tradizionali,
nonostante le reiterate tangibili richieste di costoro. Evidentemente il
Motu Proprio ha compiuto il miracolo di suscitare dal nulla centinaia di
Bolognesi talmente nostalgicamente incalliti, che oggi vi sono ben tre
chiese dove si celebra. Segno che forse, grazie a Dio, la Chiesa di Bologna
è riuscita a disintossicarsi dal veleno catto-comunista iniettatole
per anni dal trapassato Giacomo Lercaro, noto anche come cardinale.
Mala
sorte quella di Bologna la Dotta, divenuta incubatrice di professorini
devianti che ancora oggi continuano a sputare il veleno di matrice dossettiana
su tutto ciò che di sacro vi è nella Chiesa Cattolica.
A Roma e a Firenze il numero delle celebrazioni è
aumentato. Per di più, a Roma e a Venezia, sono sorte realtà
più articolate: con la nascita della parrocchia personale nella
prima e della cappellania nella seconda, che fanno sperare in un possibile
sviluppo di una compiuta vita ecclesiale per i fedeli tradizionali del
posto.
Beati loro!
Nelle altre città la celebrazione della S. Messa
non è accompagnata dalla corrispondente vita ecclesiale dei fedeli,
tolta qualche situazione locale legata a qualche piccolo centro e qualche
situazione particolare come a Verona e a Poggibonsi (SI). In quest’ultima
cittadina, però, la particolarità è dovuta alla lodevole
presenza del gruppo della Militia Templi che, per ovvie ragioni,
è una realtà a sé stante, seppure è nota, fin
dal lontano 1979, la disponibilità e l’accoglienza dei Cavalieri
nei confronti dei fedeli tradizionali di tutta la Toscana e oltre. Come
dire: nonostante le insofferenze di certi ambienti cattolici un po’ confusi,
i Poveri Militi di Cristo continuano a portare acqua al mulino della santa
causa cattolica.
Al momento in cui scriviamo, nonostante i sacerdoti desiderosi
di celebrare la liturgia tradizionale siano oggetto di ostilità
da parte dei loro vescovi, possiamo considerare che dall’elenco ufficiale,
qui allegato, mancano circa 20 celebrazioni, che si svolgono in maniera
molto riservata. Di esse non può essere data comunicazione per non
esporre pubblicamente i celebranti. Lo stesso dicasi per altri 100 sacerdoti
circa che celebrano la S. Messa tradizionale in maniera quasi catacombale.
È questo uno degli elementi di quella potenzialità di cui
abbiamo parlato e che, con l’aiuto di Dio, speriamo che si traduca in attualità.
Nell’insieme, su 218 diocesi, in Italia le SS. Messe
tradizionali si celebrano in 56 diocesi. Prima erano solo 26, si è
avuto quindi un incremento di 30 diocesi. Ma va notato che siamo ben
lontani dalla possibilità di avere “almeno” una celebrazione per
ogni diocesi.
Questo dato, molto generico, va valutato tenendo presenti
due elementi: il fatto che in Italia vi sono delle diocesi territorialmente
insignificanti e il fatto che su 25000 parrocchie le SS. Messe tradizionali
si celebrano solo in circa 100 tra chiese e cappelle. Siamo a 1/250esimo.
Praticamente una goccia nel mare.
Tuttavia, se cambiamo l’angolo di visuale e consideriamo
che il Signore ha mandato i suoi come lievito nel mondo, possiamo sperare
che, con l’aiuto di Dio e il sostegno della Santa Vergine, la pasta possa
crescere, anche perché, fino ad oggi, quello tradizionale è
stato il lievito che ha permesso di dare un po’ di consistenza e di sapore
all’amalgana paludoso della Chiesa conciliare. Certo non è di
questo che parlava Benedetto XVI nel suo discorso alla Curia Romana nel
dicembre del 2005, quando ricordava che l’ermeneutica della continuità
ha dato grandi frutti, ma è sicuramente per questo lievito che il
Santo Padre ha potuto dire ciò che ha detto.
Per ultimo dobbiamo segnalare l’esistenza in Italia di
due realtà affacciatesi alla ribalta dopo l’entrata in vigore del
Motu Proprio. Entrambe di carattere religioso.
La prima, molto articolata, è quella dei Francescani
e delle Francescane dell’Immacolata, nati in Italia nel 1970, che vivono
la regola di San Francesco d’Assisi, bollata da Onorio III (1223), alla
luce dell’Immacolata, secondo lo spirito di San Massimiliano Maria Kolbe.
Hanno sede a Frigento (AV) e a Rocca di Papa (Roma).
I Francescani e le Francescane dell’Immacolata hanno
fatto e continuano a fare un grande lavoro di promozione della liturgia
tradizionale, sulla scia del Santo Poverello d’Assisi che contribuì
enormemente a diffondere ovunque il Messale della Curia Romana, che poi
divenne il Messale detto di San Pio V o Messale tradizionale; quello stesso
che i Padri Francescani dell’Immacolata hanno deciso di usare per celebrare
la S. Messa. I Francescani e le Francescane dell’Immacolata sono
presenti nel Sud, nel Centro e nel Nord Italia.
La seconda è la neonata comunità tradizionale
dei Benedettini dell’Immacolata,
con sede in Liguria, a Villatalla (IM), nella diocesi di Albenga-Imperia.
Iniziata da un monaco benedettino che aiutò il compianto Dom Gerard
Calvet a fondare l’abbazia di Le Barroux, in Francia, nel 1970, anch’essa
a carattere tradizionale. L’iniziatore, Padre Jehan, insieme a due suoi
confratelli, ha voluto dar vita in Italia a questo primo nucleo di un auspicato
futuro monastero benedettino fedele al carisma originario del Santo di
Norcia, votato alla devozione della Vergine Immacolata, e praticante la
liturgia tradizionale.
Notevole il fatto che questo nascente monastero annoveri
già, da poco, la prima vocazione italiana.
Sarebbe una grande consolazione per tutti e una grande
ulteriore benedizione per la Santa Chiesa se, con l’aiuto di Dio, potessimo
presto annoverare una nuova iniziativa italiana, magari intrapresa da alcuni
Padri Domenicani, che potrebbero richiamarsi alla originaria regola di
San Domenico e potrebbero riprendere la lodevole missione di “cani fiammeggianti
del Signore” (Domini-Canes): predicatores instancabili , secondo la
funzione assegnata loro nel 1216 da Onorio III, quando, per la prima volta
nella Chiesa, dei religiosi furono chiamati ad assolvere un compito fino
ad allora esclusivo dei vescovi.
Un’opera di correzione di cui oggi si sente un impellente
bisogno.
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(Ottobre 2008)
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