IL  MOTU PROPRIO
SUMMORUM PONTIFICUM CURA
compie un anno

Ultima ora


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Presentazione
Le premesse
Una curiosa lettura del Breve esame critico
1988-2008 - un anniversario nell'annivesario
Il testo del Motu Proprio: considerazioni e commenti
Ci fu abrogazione ?
La lettera di accompagnamento: considerazioni e commenti
Le reazioni
Le obiezioni
L'applicazione
Le prospettive
Ultima ora
Appendice - Canon Missae
Appendice - Ritus romanus e Ritus modernus
Luoghi e orari della S. Messa
Istruzioni per l'uso


La nota che segue l'abbiamo aggiunta all'ultima ora, appunto, 
costretti dalla particolarità della notizia. 
Lasciamo ai lettori la valutazione e il giudizio.

DOMANDA: Che cosa dice a coloro che in Francia temono che il Motu proprio “Summorum pontificum” segni un ritorno indietro rispetto alle grandi intuizioni del Concilio Vaticano II? In che modo può rassicurarli?

BENEDETTO XVI: È una paura infondata perché questo Motu Proprio è semplicemente un atto di tolleranza, ai fini pastorali, per persone che sono state formate in quella liturgia, la amano, la conoscono, e vogliono vivere con quella liturgia. È un gruppo ridotto poiché presuppone una formazione in latino, una formazione in una cultura certa. Ma per queste persone avere l’amore e la tolleranza di permettere di vivere con questa liturgia, sembra un’esigenza normale della fede e della pastorale di un vescovo della nostra Chiesa. Non c’è alcuna opposizione tra la liturgia rinnovata del Concilio Vaticano II e questa liturgia.
Ogni giorno i padri conciliari hanno celebrato la messa secondo l’antico rito e, al contempo, hanno concepito uno sviluppo naturale per la liturgia in tutto questo secolo, poiché la liturgia è una realtà viva che si sviluppa e conserva nel suo sviluppo, nella sua identità. Ci sono dunque sicuramente accenti diversi, ma comunque un’identità fondamentale che esclude una contraddizione, un’opposizione tra la liturgia rinnovata e la liturgia precedente. Credo in ogni caso che vi sia una possibilità di arricchimento da ambedue le parti. Da un lato gli amici dell’antica liturgia possono e devono conoscere i nuovi santi, le nuove prefazioni della liturgia, ecc.... dall’altra, la liturgia nuova sottolinea maggiormente la partecipazione comune ma sempre... non è semplicemente un’assemblea di una certa comunità, ma sempre un atto della Chiesa universale, in comunione con tutti i credenti di tutti i tempi, e un atto di adorazione. In tal senso mi sembra che vi sia un mutuo arricchimento, ed è chiaro che la liturgia rinnovata è la liturgia ordinaria del nostro tempo.

Il 12 settembre il Santo Padre si è recato in visita pastorale in Francia, dove ha anche fatto tappa a Lourdes, nel 150esimo anniversario dell’apparizione della Santa Vergine come Immacolata Concezione.
Come d’uso, nell’aereo che lo portava a Parigi, il Santo Padre ha avuto un incontro con i giornalisti al seguito e ha risposto ad alcune loro domande.

Abbiamo riportato la domanda relativa al Motu Proprio e la risposta data dal Papa.
La domanda era quasi d’obbligo, visto che l’episcopato francese è uno dei più riottosi rispetto alla questione tradizionale. Quella che ci è sembrata non di prammatica è stata la risposta del Papa, che ci ha particolarmente colpito e fatto riflettere.
C’è da dire, subito, che la questione del Motu Proprio è davvero spinosa per la Chiesa di oggi e il Papa non poteva impedirsi di usare il tatto e la diplomazia che tale spinosità esige. Ma, oltre i modi espressivi e l’attenzione per la scelta delle parole adatte, ogni dichiarazione ha un suo contenuto essenziale e, al tempo stesso, un suo impatto nella sensibilità dei fedeli che la leggono. Essa va quindi considerata sia in sé stessa sia in relazione alla comune comprensione dei fedeli, poiché è impensabile che una pubblica dichiarazione del Papa, per essere capita con esattezza, debba essere accompagnata da una vasta esegesi canonica, dottrinale e pastorale.
In questo caso la dichiarazione è succinta ed esaustiva e va letta così com’è.

Quello che il Papa dice al giornalista richiama ciò che l’anno scorso ha scritto ai vescovi nella lettera di accompagnamento al Motu Proprio. Non v’è opposizione tra i due Messali e, anzi, essi possono arricchirsi vicendevolmente.  Lo stesso dicasi per il richiamo all’esiguo numero dei fedeli legati alla liturgia tradizionale: oggi, come ieri, individuati come specialisti in latino e in storia della liturgia antica.
Ebbene, tutto questo può benissimo rientrare nella diplomazia e nello stato di necessità, e ne abbiamo già parlato ampiamente in queste pagine. Ciò che è nuovo rispetto a quanto detto fin qui dal Papa sul Motu Proprio è il senso contenuto nella prima parte della risposta.

È una paura infondata perché questo Motu proprio è semplicemente un atto di tolleranza, ai fini pastorali, per persone che sono state formate in quella liturgia, la amano, la conoscono, e vogliono vivere con quella liturgia.
Non v’è dubbio che qui il Papa esprime un concetto che, pur legittimo in sé stesso, sconfessa pesantemente i presupposti del Motu Proprio, da lui ripresi nella Lettera di accompagnamento.
Innanzi tutto occorre notare che parlare di “atto di tolleranza” equivale a tornare a 10, 20, 30 anni fa. Si tollera il male o il fastidio, e compiere un atto di tolleranza nei confronti dei fedeli tradizionali significa affermare che essi sono il male: esattamente ciò che vescovi e papi hanno ripetuto per quarant’anni. 
Se qualcuno ha pensato che col Motu Proprio le cose fossero cambiate abbiamo ragione di ritenere che sarà costretto a ricredersi. Il male tollerato va trattato in maniera tale che quanto prima si esaurisca.
La frase è lunga e articolata, non lascia quindi adito a dubbi. Il Papa dice che le persone che amano, conoscono e vivono la liturgia tradizionale, nella Chiesa di oggi sono “semplicemente” tollerati.

Siamo offesi? Neanche per idea! Ce l’aspettavamo. 
In questi 40 anni, a partire dal Concilio Vaticano II, ci siamo assuefatti a dichiarazioni perfino contraddittorie.
Non v’è dubbio infatti che questa tolleranza dell’ultima ora, non solo sconfessa il Motu Proprio, ma è in contrasto perfino con la già ultradiplomatica Lettera di accompagnamento.
In essa il Papa afferma:
Sono giunto, così, a quella ragione positiva che mi ha motivato ad aggiornare mediante questo Motu Proprio quello del 1988. Si tratta di giungere ad una riconciliazione interna nel seno della Chiesa.
Parlare di riconciliazione significa presupporre l’esistenza di una contesa, di una lotta, tutte cose che abbisognano di due contendenti: in questo caso si tratterebbe dei fedeli tradizionali, chierici e laici, da un lato, e i fedeli modernisti, chierici e laici, dall’altro. Diversamente non si potrebbe neanche parlare di riconciliazione. Giuste o sbagliate che siano le argomentazioni delle due parti, sempre di due parti si tratta. Adesso invece il Papa precisa che vi è solo una parte, quella che è in errore e che la gerarchia tollererebbe “ai fini pastorali”. Ogni riconoscimento positivo, seppure indiretto, presente nel Motu Proprio e nella Lettera, viene qui contraddetto. I fedeli tradizionali sarebbero quelli nati e cresciuti, e “formati” in quella liturgia: quel piccolo nucleo di fedeli che vogliono vivere per conto loro e che per questo la Gerarchia tollera. Bontà sua!

Queste parole del Papa vanificano, quasi distruggono, l’affermazione basilare su cui si fonda il Motu Proprio e che il Papa ha ribadito con più forza nella Lettera di accompagnamento:  “ Quanto all’uso del Messale del 1962, come forma extraordinaria della Liturgia della Messa, vorrei attirare l’attenzione sul fatto che questo Messale non fu mai giuridicamente abrogato e, di conseguenza, in linea di principio, restò sempre permesso”.
Delle due l’una: o il Motu Proprio è un semplice atto di tolleranza nei confronti degli irriducibili fedeli tradizionali o è un riconoscimento della non abrogabilità e quindi della mai avvenuta abrogazione del Messale tradizionale, con tutto quello che ne consegue, Motu Proprio compreso.

Ciò che ci colpisce e ci fa riflettere è la conseguenza di tutto questo. 
Non tanto per il dispiacere che potremmo provare come fedeli delusi e maltrattati, di questo non ci preoccupiamo: da anni ci siamo spontaneamente forniti di numerosi robusti anticorpi. 
Quanto per il destino che continua a pesare sulla vita della Chiesa e sulla tenuta della Fede dei cattolici. 
Di questo passo la crisi della Chiesa non si avvia verso una soluzione, ma verso un aggravamento.

Detto questo, ci corre l’obbligo di segnalare che, rivolgendosi ai vescovi di Francia, Domenica 14 settembre, il Papa si è espresso in questi termini:

Nel “Motu proprio” Summorum Pontificum sono stato portato a precisare le condizioni di esercizio di tale compito, in ciò che concerne la possibilità di usare tanto il Messale del Beato Giovanni XXIII (1962) quanto quello del Papa Paolo VI (1970). Alcuni frutti di queste nuove disposizioni si sono già manifestati, e io spero che l’indispensabile pacificazione degli spiriti sia, per grazia di Dio, in via di realizzarsi. Misuro le difficoltà che voi incontrate, ma non dubito che potrete giungere, in tempi ragionevoli, a soluzioni soddisfacenti per tutti, così che la tunica senza cuciture del Cristo non si strappi ulteriormente. Nessuno è di troppo nella Chiesa. Ciascuno, senza eccezioni, in essa deve potersi sentire “a casa sua”, e mai rifiutato. Dio, che ama tutti gli uomini e non vuole che alcuno perisca, ci affida questa missione facendo di noi i Pastori delle sue pecore. Non possiamo che rendergli grazie per l’onore e la fiducia che Egli ci riserva. Sforziamoci pertanto di essere sempre servitori dell’unità!


Come si può vedere, in questa occasione, certo ben più importante e vincolante di un semplice incontro con i giornalisti, il Papa non sfiora neanche la questione della tolleranza. Qui, il Santo Padre esorta i vescovi di Francia a fare in modo che “i frutti di queste nuove disposizioni” si amplino e si consolidino, e non può essere un caso che parli proprio di “disposizioni”. 
Questo è infatti il Motu Proprio: una disposizione della Chiesa, a cui i vescovi sono tenuti ad attenersi strettamente innanzi tutto in forza del proprio stato.
Questo concetto viene ulteriormente ribadito dal richiamo che, nella Chiesa “ Ciascuno, senza eccezioni, … deve potersi sentire ‘a casa sua’, e mai rifiutato”. 
Ed è compito dei vescovi far sì che questo avvenga, in forza della missione loro affidata da Dio. Così che il Papa può concludere con una esortazione che può essere anche intesa come un forte richiamo: Sforziamoci pertanto di essere sempre servitori dell’unità!
Come dire: se non lavorate in questo senso, lavorerete per la divisione della Chiesa, per procurare ancor più strappi ne “ la tunica senza cuciture del Cristo”. 

È facile comprendere come il Papa, rivolgendosi proprio a quei vescovi, non potesse approfondire la questione come dovuto, e questo lo si evince anche dalla brevità del richiamo al Motu Proprio, ma si deve notare che proprio in questa occasione non v’è traccia di “tolleranza”… anzi!
Come l’abbiano capito i vescovi di Francia lo verificheremo con i fatti, come l’abbiamo inteso i vescovi italiani, lo vedremo più appresso, via via che aumenteranno le richieste di celebrazioni col Messale tradizionale. Per intanto possiamo dire, con una battuta, che il “dialogo continua” … speriamo bene!

Vi è una cosa curiosa in questo episodio: quella famosa Domenica era il 14 settembre, anniversario dell’entrata in vigore del Motu Proprio, una data che molti sacerdoti hanno ricordato con SS. Messe solenni in Rito tradizionale. 
Quanto ci sarebbe piaciuto, e quanto bene sarebbe stato per la Santa Chiesa se anche il Santo Padre ne avesse celebrata una!

Questa questione del Motu Proprio è davvero sempre più spinosa, e occorre ogni attenzione per valutare gli elementi che via via sopraggiungono. 
Attenzione, però, non significa eccesso di circospezione. 
Proprio per questa elementare ragione vanno esaminati tutti gli aspetti, come abbiamo fatto in questa occasione, poiché sia le seconde, sia le prime che abbiamo riportate, sono tutte parole del Santo Padre.
 


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(Ottobre 2008)


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