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Le premesse

1988-2008: un anniversario nell'anniversario



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Presentazione
Le premesse
Una curiosa lettura del Breve esame critico
1988-2008 - un anniversario nell'annivesario
Il testo del Motu Proprio: considerazioni e commenti
Ci fu abrogazione ?
La lettera di accompagnamento: considerazioni e commenti
Le reazioni
Le obiezioni
L'applicazione
Le prospettive
Ultima ora
Appendice - Canon Missae
Appendice - Ritus romanus e Ritus modernus
Luoghi e orari della S. Messa
Istruzioni per l'uso



Mentre ricordiamo il primo anniversario dell’entrata in vigore del Motu Proprio Summorum Pontificum cura, non possiamo fare a meno di ricordare che in questo 2008 ricorre anche il ventesimo anniversario di un altro Motu Proprio: Ecclesia Dei adflicta, che ebbe una certa attinenza con quello attuale. Lo abbiamo citato qua e là in queste pagine, ma ci sembra opportuno soffermarci brevemente sul significato particolare che esso ha in relazione ai rapporti di causa-effetto tra quella che è stata chiamata la “battaglia per la Tradizione” e la decisione di Benedetto XVI.

Questa “battaglia per la Tradizione” iniziò fin da prima del 1970 e curiosamente, mentre si caratterizzò per essere centrata sul rifiuto della nuova Messa più protestante che cattolica imposta da Paolo VI, si diffuse e si affermò per la difesa di tutta la Tradizione cattolica, in più parti abbandonata o alterata in seguito al Concilio Vaticano II. Le stesse organizzazioni di laici sorte qua e là in nome della “salvaguardia della liturgia tradizionale”, col passare degli anni finirono con l’assumere la funzione di “salvaguardia della tradizione latino-gregoriana”, come fu il caso della nostra. Cosa inevitabile, d’altronde, poiché la difesa della liturgia ha il suo fondamento nella Tradizione stessa e l’abbandono della liturgia tradizionale fu ed è l’aspetto più tangibile della volontà di allontanarsi più o meno pesantemente dalla Tradizione della Chiesa cattolica.

In questo quadro si collocò quell’evento importante che si svolse nel 1998, a Roma, organizzato dalla Fraternità San Pietro e dalla Federazione Internazionale Una Voce [si vedano gli articoli pubblicati da noi in quella occasione: Il resoconto - Gli interventi - La cronaca - Considerazioni a margine] e che vide la partecipazione di più di 2000 fedeli laici e quasi 500 tra religiosi, prelati, preti e seminaristi, provenienti da tutto il mondo. Si intendeva semplicemente ricordare il decennale del Motu Proprio Ecclesia Dei adflicta, del 2 luglio 1988, ma, di fatto e in maniera per certi versi inattesa, l’evento si rivelò come la prova della aumentata vitalità dell’àmbito tradizionale in seno alla Chiesa. 
Diciamo in maniera inattesa perché in pratica lo svolgimento del decennale, più che un elogio, fu una palese smentita del Motu Proprio stesso. Nato per assorbire il fenomeno dell’opposizione alle innovazioni conciliari e post-conciliari, il Motu Proprio fu una sorta di grimaldello: in dieci anni l’opposizione si rafforzò e addirittura si estese, così da permettere l’arrivo a Roma di fedeli provenienti numerosi dai cinque continenti. Intere famiglie di giovani con i loro bambini testimoniarono che il cosiddetto “mondo della Tradizione”, non solo era vivo e vegeto e non era stato affatto assorbito nell’amalgama della Chiesa conciliare, ma esprimeva la continua persistenza di una “visione del mondo” incompatibile con il nuovo corso pastorale, liturgico e dottrinale che si era voluto imporre col Concilio e col post-concilio.

In quella occasione spiccò la presenza di un illustre prelato, il card. Joseph Ratzinger, che tenne l’intervento più importante e più atteso. Dopo aver parlato delle differenze tra il Vetus Ordo e il Novus Ordo, quest’ultimo realizzato contro il disposto dello stesso Concilio, egli espresse il convincimento che “i contrasti che abbiamo menzionato sono così grandi perché le due forme di celebrazione vengono a giustapporsi a due atteggiamenti spirituali, vale a dire a due modi diversi di concepire la Chiesa e l’essere cristiani”. 
Il Cardinale evidenziava  allora ciò che il mondo tradizionale lamentava già da quasi trent’anni: l’esistenza di due diverse concezioni della Chiesa in contrasto e spesso in grave conflitto tra loro; e sosteneva che per risolvere la problematica non bastavano dei provvedimenti giuridici, come il Motu Proprio Ecclesia Dei Adflicta, ma era necessario giungere ad un cambiamento di mentalità, soprattutto da parte dei vescovi. Era necessaria una nuova generazione di prelati.
Era la prima clamorosa conferma del fallimento del Motu Proprio Ecclesia Dei adflicta e della giustezza delle posizioni dei fedeli tradizionali. 

Quel 1988 che avrebbe dovuto sancire l’inizio della fine della “battaglia per la Tradizione”, gettò i presupposti per una riflessione più attenta che portava a concludere per l’ineluttabilità del ritorno alla Tradizione e per la provvidenzialità dell’esistenza dei gruppi tradizionali, sia di laici sia di chierici, con particolare riferimento alla Fraternità San Pio X e all’opera di Mons. Lefebvre.

Quel 1998, infatti, era il decimo anniversario del Motu Proprio Ecclesia Dei adflicta, ma era soprattutto il decimo anniversario della consacrazione dei quattro vescovi della Fraternità, attuata da Mons. Lefebvre e da Mons. De Castro Mayer senza il consenso del Papa. Consacrazione che aveva causato sia il Motu Proprio, sia la nascita di quella stessa Fraternità San Pietro, organizzatrice del convegno.
Comunque si voglia leggere l’azione tampone del Motu Proprio di Giovanni Paolo II, non si può trascurare di considerare la  valenza essenzialmente punitiva del Motu Proprio stesso, che con l’allora inusitato strumento della scomunica mirava a mettere fuori giuoco la Fraternità San Pio X, considerata, e a ragione, il centro di resistenza contro la rivoluzione conciliare. Se dal Motu Proprio Ecclesia Dei adflicta derivò il consolidamento di quello che abbiamo chiamato “il mondo della Tradizione”, questo fu dovuto proprio all’esistenza e all’attività di quella stessa Fraternità San Pio X che il Motu Proprio intendeva far sparire. 

La controprova la si ebbe appena due anni dopo, nel 2000, in occasione del Giubileo, [si veda la nostra nota di allora] quando giunsero a Roma più di seimila fedeli da ogni angolo della terra accompagnati dai vescovi, dai sacerdoti, dai religiosi e dalle religiose della Fraternità, che si recarono a pregare, anche per il Papa, nelle Basiliche Patriarcali. In quella occasione esplose una realtà che invano si era cercato di dissimulare:  la Fraternità, non solo non poteva considerarsi un fenomeno trascurabile, ma, a 12 anni dalle consacrazioni episcopali volute da Mons. Lefebvre, mostrava quanto fosse stata importante quella decisione  sia per la Fraternità, sia e soprattutto per le Chiesa stessa. A partire da quella occasione si manifestò un sempre più ampio interesse per la questione tradizionale soprattutto in vista della necessità di avviare a soluzione quella grave crisi della Chiesa che ormai più nessuno riusciva a dissimulare. 

Già l’anno successivo la Santa Sede sollecitava la Fraternità a ricomporre lo strappo del 1988 argomentando, tra l’altro, che la sua regolarizzazione canonica avrebbe contribuito decisamente ad aggiustare la rotta.
Fu in seguito a quel pellegrinaggio della Fraternità che si posero le basi dello stesso Motu Proprio Summorum Pontificum cura. Fu l’allora Superiore Generale della Fraternità San Pio X, Mons. Bernard Fellay, uno dei quattro vescovi ordinati nel 1988 da Mons. Lefebvre, a chiedere al Papa, nel 2001, di liberalizzare l’uso del Messale tradizionale. Richiesta che allora apparve abnorme, e sollevò perfino indignazione: certuni parlarono di provocazione. Il Card. Joseph Ratzinger dichiarò che in tal modo, di fronte alla generosa disponibilità dimostrata dal Papa, la Fraternità si irrigidiva troppo e ostacolava la possibilità di riconciliazione. 
Oggi è dimostrato che, ancora una volta, l’azione della Fraternità non era scomposta, né inopportuna, semmai, come nel 1988, era addirittura profetica.

Chi è vicino alle cose del Vaticano sa che fu sempre in vista del coinvolgimento della Fraternità nella soluzione della crisi della Chiesa che fu possibile attuare la prima azione pubblica della Santa Sede a favore dell’uso della liturgia tradizionale: la famosa S. Messa nella Basilica Patriarcale di Santa Maria Maggiore, sollecita e organizzata dalla nostra Associazione e celebrata il 24 maggio del 2003 dall’allora Prefetto della Congregazione per il Clero, il Card. Darìo Castrillòn Hoyos [si veda il nostro ampio resoconto]. In quella occasione il Cardinale, di fronte alle durissime resistenze per la messa in pratica della richiesta di Mons. Fellay di rendere possibile ad ogni celebrante cattolico l’uso del Messale tradizionale, affermò nell’omelia che la S. Messa tradizionale aveva nella Chiesa pieno “diritto” di cittadinanza. Certo, era solo un piccolo timido passo, l’unico che il Cardinale potesse fare allora, ma esso contribuì decisamente a porre le basi per la pubblicazione, quattro anni dopo, dell’attuale Motu Proprio di Benedetto XVI.

Gli anniversari sono sempre l’occasione per fare dei bilanci e quell’anniversario, il decimo, e più ancora l’attuale anniversario, il ventesimo della consacrazione dei quattro nuovi vescovi  della Fraternità San Pio X, permettono di considerare con pacatezza e dovizia di dati di fatto che senza la sofferta opposizione dei fedeli tradizionali, i loro sacrifici e la decisione illuminata di Mons. Lefebvre non saremmo qui a parlare né del Motu Proprio Summorum Pontificum cura, né della necessità del ritorno alla liturgia e alla dottrina tradizionali per il bene della Chiesa, né tampoco della necessità della revisione critica di tutto il post-concilio e dei presupposti che lo hanno permesso.
Mons. Lefebvre nel 1988 agì in stato di necessità, pagando un prezzo spropositato e ingiusto, oggi si può onestamente affermare che la sua fu opera provvidenziale e profetica.

Prima ci si pone sulla difficile via del recupero della integralità della Tradizione Cattolica, prima si  potrà iniziare a percorrere la strada tutta in salita della soluzione della crisi che da troppi anni attanaglia la vita della Chiesa.
 


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(Ottobre 2008)


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