S. Ecc. Mons. Bernard Tissier de Mallerais
della Fraternità Sacerdotale San Pio X


LA FEDE IN PERICOLO PER LA RAGIONE

ERMENEUTICA DI BENEDETTO XVI

CAPITOLO 4 - UN'ESEGESI ESISTENZIALISTA DEL VANGELO


Questo studio è stato pubblicato sul n° 69 (estate 2009) della rivista Le Sel de la Terre - Intelligence de la foi -  Rivista trimestrale di dottrina tomista a servizio della Tradizione
La rivista, curata da Padri Domenicani collegati alla Fraternità Sacerdotale San Pio X, è una pubblicazione cattolica di scienze religiose e di cultura cristiana, posta  sotto il patronato di San Tommaso d’Aquino, in forza della sicurezza della dottrina e della chiarezza d’espressione del “Dottore Angelico”. Essa si colloca nel quadro della battaglia per la Tradizione iniziata da
Mons. Marcel Lefebvre e si presenta in maniera tale da potersi rivolgere ad ogni cattolico che voglia approfondire la propria fede.


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La traduzione e l'impaginazione sono nostre
Lo studio in formato pdf

«discese agli inferi»
«risuscitò da morte»
«è salito al cielo»
La realtà dei fatti evangelici posta tra parentesi
L’esegesi esistenzialista, arte divinatoria
Un’ermeneutica storicistica

Nominato, nell’estate del 1966, professore di teologia dogmatica presso l’illustre facoltà di teologia cattolica dell’Università di Tubinga, Joseph Ratzinger si trova a doversi confrontare con l’introduzione dell’esistenzialismo di Heidegger nella teologia, attuata dal protestane Rudolph Bultmann. Nei suoi corsi invernali 1966-1967, egli dice: «avevo cercato di reagire alla riduzione esistenzialistica» della dottrina su Dio e su Cristo (105). Il mio lettore giudicherà se questa battaglia fu vittoriosa; il suo contenuto figura nell’opera apparsa nel 1968 col titolo Einführung in das Christentum (Foi chrétienne hier et aujourd’hui) [Introduzione al cristianesimo] (106). In essa l’autore commenta, tra l’altro, tre articoli del Simbolo degli Apostoli, di cui due sono dei fatti narrati nel Vangelo.

«discese agli inferi»

«Forse nessun articolo di fede suona così lontano ed ostico alla nostra coscienza odierna» (107) .
- Ma no! Non eliminiamo questo articolo: «in quanto incarna… l’esperienza del nostro secolo», quella della derelizione [tema di Heidegger], la derelizione per l’assenza di Dio (precisa Ratzinger), di cui Gesù fece l’esperienza sulla croce: «Mio Dio, perché mi hai abbandonato?» (Mt 27, 46) (108).
- Quest’articolo di fede esprime: «che Cristo ha varcato la soglia della nostra ultima solitudine, calandosi con la sua passione in questo abisso del nostro estremo abbandono». Il limbo dei santi del vecchio Testamento visitato da Gesù (limbo qui passato sotto silenzio) indica il «Là dove nessuna voce è più in grado di raggiungerci, egli è tuttora presente. Con ciò però l’inferno è vinto per sempre, o – per essere più esatti – la morte, che prima era davvero l’‘inferno’, ora non lo è più. […] in quanto vi inabita l’amore (109)».
(su)

«risuscitò da morte»

- L’uomo è necessariamente votato alla morte (p. 214) [p. 246] (è uno dei temi di Heidegger). Può Cristo fare eccezione?
- Infatti, questo articolo corrisponde al desiderio dell’amore, «che esige infinità» (p. 214) [p. 246]; poiché «l’amore è più forte della morte» (Ct 8, 6). Ora, l’uomo potrà sopravvivere «soltanto continuando ad esistere in un altro» (p. 214) [p. 246], in questo Altro «che ‘è’» (p. 215) [p. 247], il «Dio dei viventi […]; in Lui io posso continuare a vivere […] in maniera ancor più realisticamente identica a me stesso di quanto non mi riesca di vivere tentando di starmene aggrappato a me stesso» (p. 215) [p. 247]. (Si noti il platonismo: io sarei più reale in Dio che in me stesso).
- Dunque, presentandosi realmente «dal di fuori» ai discepoli [benissimo], Gesù aveva «saputo mostrarsi potente al punto […] da manifestare […] come in lui la potenza dell’amore si fosse palesata più forte della potenza della morte» (p. 220) [p. 253].
Conclusione che se ne deve trarre logicamente: la rianimazione del corpo di Cristo al mattino della Pasqua non è necessaria; basta «la sopravvivenza» di Cristo per la forza del suo amore; e questa sopravvivenza è garante della nostra per l’amore…
- Il che non mi rassicura affatto sulla realtà della mia futura resurrezione.
(su)

«è salito al cielo»

- «Il discorso che ci parla dell’ascensione al cielo, unitamente a quello vertente sulla discesa agli inferi, riporta dinnanzi agli occhi della nostra generazione, disincantata criticamente dal Bultmann, l’espressione di quella triplice stratificazione del mondo che noi chiamiamo mitica, e consideriamo ormai come definitivamente superata. Il mondo è, tanto ‘sopra’ quanto ‘sotto’, sempre e dappertutto soltanto mondo» (p. 221) [p. 254].
La terra è rotonda, non vi è né alto né basso.
- «È senz’altro certo che tale concezione [superata] ha offerto il materiale ideologico per formularli (tali asserti di fede); ma è anche altrettanto certo che non ha costituito il fattore sostanziale e decisivo» (p. 221) [p. 254].
La realtà è che vi sono «due poli».
- Dunque, conclude logicamente il lettore, l’ascensione di Cristo non si colloca nelle dimensioni del cosmo, ma nelle dimensioni dell’esistenza umana. Come la discesa agli inferi rappresenta l’immersione «nella zona dell’irraggiungibile solitudine e dell’amore rifiutato» (p. 222) [p. 255], così «L’ascensione di Cristo al cielo ci rimanda [sic] invece all’altro capo dell’esistenza umana […] la possibilità di accostamento a tutti gli altri uomini utilizzando il contatto con l’amore divino, sicché l’umanità è messa in grado di trovare quasi il suo luogo geometrico in centro alla vita stessa di Dio» (p. 222) [p. 255].
(su)

La realtà dei fatti evangelici posta tra parentesi

La realtà fisica dei misteri non è né descritta né commentata, non è né affermata né negata – salvo quella dell’ascensione che sembra proprio negata -, molto semplicemente essa non interessa, è messa tra parentesi, come farebbe Husserl, perché non si tratta del «vissuto». «Per la coscienza, diceva il fenomenologo di Friburgo, il dato è essenzialmente la stessa cosa sia che l’oggetto rappresentato esista, sia che venga immaginato, sia possa essere perfino assurdo (110)». In questa ottica, poco importa la realtà storica del Vangelo, l’importante è che i simboli scritturali di discesa, resurrezione e ascensione, e i dogmi che loro corrispondono, possano esprimere l’esperienza interiore dell’uomo del XX o del XXI secolo. Joseph Ratzinger dà semplicemente a questa esperienza una sostanza cristiana attinta in qualche modo dal Vangelo: la derelizione della Croce. Così cristianizzata, la rilettura esistenzialista del dogma si trova confermata: la verità dei fatti della Scrittura, la verità del dogma, sta nella potenza evocatrice dei problemi esistenziali dell’epoca presente. È questo il movimento d’introversione del dogma effettuato dal modernismo «nuovo stile».
(su)

L’esegesi esistenzialista, arte divinatoria

Si tratta di un libero movimento di creazione vitale del nuovo senso della Scrittura. L’esegesi diviene un’arte divinatoria che indovina ciò che Dio non ha mai inteso dire: negato il significato storico, o divenuto oggetto di ostracismo, il senso individuato poggia su niente. Ora, ogni senso secondo della scrittura, spiega San Tommaso, «è fondato sul senso primo e lo presuppone (111)». Così, per riprendere il Vangelo commentato da Joseph Ratzinger, l’evasione dell’uomo dalla zona di derelizione e il suo collocarsi nel luogo geometrico della presenza di Dio, per essere uno dei significati della Scrittura, presuppone come suo fondamento l’ascensione fisica di Gesù - «fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo (112)». Ne consegue che la negazione o il passare sotto silenzio il senso letterale costituisce la rovina di tutta l’esegesi.
Fu l’errore di Origene: convinto che il senso morale o spirituale della Scrittura fosse il principale, dimenticò di spiegare il senso letterale e si perse in una interpretazione allegorica arbitraria (113). San Gerolamo si levò con forza contro questa deviazione e supplicò un suo corrispondente: «Allontánati dall’eresia di Origene!(114) ». E il cardinale Billot, che cita questo testo, dimostra come Alfred Loisy, commentando San Giovanni, pretenda che la moltiplicazione dei pani sia solo un simbolo dell’Eucarestia, mentre il fatto storico sarebbe solo una finzione (115) . Joseph Ratzinger, e la cosa è evidente da quanto abbiamo letto di lui, incorre nei difetti di Origene, in una «eresia» secondo San Gerolamo, e rischia di cadere nell’eresia caratteristica di Loisy.
Di rimando, l’esegesi può diventare un puro atto di destrutturalizzazione: nel mistero che ci interessa, l’ascensione non è più che un’allegoria poetica puramente verbale; sotto l’apparenza dei fatti e dei gesti di Cristo, essa esprime direttamente il fatto morale del ritorno dell’anima a Dio.
L’esegesi diventa soprattutto un atto di libera creazione secondo la via dell’immanenza denunciata da San Pio X: la «trasfigurazione», da parte dello scrittore sacro, dei suoi sentimenti religiosi in fatti favolosi, e di rimando la demitologizzazione esegetica dei fatti evangelici (116).
(su)

Un’ermeneutica storicista

Ma l’ermeneutica diventa soprattutto, grazie alla storia, un’ermeneutica storicista.
…ogni parola umana di un certo peso – dice il Pontefice esegeta – reca in sé una rilevanza superiore alla immediata consapevolezza che può averne avuto l’autore al momento. Questo intrinseco valore aggiunto della parola, che trascende il momento storico, vale ancora di più per le parole che sono maturate nel processo della storia della fede (117).

È possibile? Gli alti principi di saggezza di San Paolo erano a lui noti in tutta la loro elevazione e anche in tutta la loro potenza (in potentia) d’applicazione. Essi non avevano bisogno di «maturare», ma semplicemente di essere predicati e meditati, per essere applicati alle diverse circostanze che l’Apostolo non aveva in vista (in actu).
«Lì l’autore - prosegue l’esegeta - non parla semplicemente da sé e per sé», ma parla “in potenza”, «Parla a partire da una storia comune che lo sostiene e nella quale sono già silenziosamente presenti le possibilità del suo futuro, del suo ulteriore cammino. Il processo delle letture progredienti e degli sviluppi delle parole non sarebbe possibile, se nelle parole stesse non fossero già presenti tali aperture intrinseche (118)».

Se si trattasse di un progresso in distinzione e precisazione, come ammette San Vincenzo di Lerino, questo sarebbe giusto. Ma l’espressione «delle letture progredienti e degli sviluppi delle parole» è rivelatrice: per Joseph Ratzinger si tratta di un progresso effettuato tramite il giuoco delle reazioni vitali dei credenti delle epoche successive, secondo il principio idealista e storicista. È sempre il sogno della Tradizione vivente evolutiva, contraria all’immutabilità essenziale della Tradizione.
Pio XII, nella sua enciclica Humani generis del 12 agosto 1950, aveva condannato la penetrazione nel dogma dell’«evoluzionistico» e delle filosofie dell’esistenzialismo e dello storicismo. C’è da ritenere che, trascorsi 17 anni e sopraggiunto il Vaticano II che ha sorvolato su tutto questo, Joseph Ratzinger non si sentisse più minimamente vincolato da questo nuovo Sillabo che, tra le altre cose, affermava:

Le false affermazioni di siffatto evoluzionismo, per cui viene ripudiato quanto vi è di assoluto, fermo ed immutabile, hanno preparato la strada alle aberrazioni di una nuova filosofia che, facendo concorrenza all'idealismo, all'immanentismo e al pragmatismo, ha preso il nome di “esistenzialismo” perché, ripudiate le essenze immutabili delle cose, si preoccupa solo della "esistenza" dei singoli individui. Si aggiunge a ciò un falso “storicismo” che si attiene solo agli eventi della vita umana e rovina le fondamenta di qualsiasi verità e legge assoluta sia nel campo della filosofia, sia in quello dei dogmi cristiani (119).

In tal modo, venivano condannate, non solo la Tradizione vivente evolutiva, ma anche la rilettura esistenzialista del dogma e lo stesso metodo del revisionismo storicista della dottrina della fede. Tutto il futuro Joseph Ratzinger era analizzato e condannato in anticipo.
Si comprende come le audacie esegetiche del professor Joseph Ratzinger, perfino prima del suo Foi chrétienne hier et aujourd’hui [Introduzione al cristianesimo] (1968), abbiano potuto colpire molto presto i teologi romani, se si tiene conto di quanto affermato dal cardinale Cottier. Questi confida al suo biografo, con l’aggiunta di un breve commento, le recenti dichiarazioni di un testimone che non nomina, ma che non ha inventato il fatto:

Mi sono state riferite recentemente le parole di un eminente professore di Roma che aveva redatto certi testi preparatorii [del Concilio] e che poi aveva detto ai suoi allievi, parlando di Ratzinger: «questo giovane teologo farà molto male alla Chiesa!» - Meraviglioso, no? (120)

Meraviglioso o tragico? Il giovane teologo di un tempo ha fatto atto di pentimento?
(su)

NOTE

105  - J. RATZINGER, Ma Vie, souvenirs, 1927-1977, cap. 11, p. 121 [La mia vita. Autobiografia, Edizioni San Paolo, 1997, ristampa 2005, p. 104].
106  - J. RATZINGER, Foi chrétienne hier et aujourd’hui (riedizione senza cambiamenti della prima edizione del 1969). [Introduzione al Cristianesimo, 1969, Queriniana, Brescia, nuova ed. 2000].
107  - J. RATZINGER, Foi chrétienne hier et aujourd’hui, p. 207. [Introduzione al Cristianesimo, 1969, Queriniana, Brescia, nuova ed. 2000, p. 238].
108  - J. RATZINGER, Foi chrétienne hier et aujourd’hui, p. 207. [Introduzione al Cristianesimo, 1969, Queriniana, Brescia, nuova ed. 2000, p. 239].
109  - J. RATZINGER, Foi chrétienne hier et aujourd’hui, p. 213. [Introduzione al Cristianesimo, 1969, Queriniana, Brescia, nuova ed. 2000, p. 245].
110  - Quinta ricerca logica, in HUSSERL, Recherches logiques, II, 2° parte, Paris, PUF, 1961 [Ricerche logiche].
111  - SAN TOMMASO, I, q. 1, a 10.
112  - Videntibus illis, elevatus est, et nubes suscepit eum ab oculis eorum (Atti 1, 9)
113  - Vedi: TIXERONT, Précis de patrologie, Paris, Victor Lecoffre, 1918, pp. 120-121.
114  - SAN GEROLAMO, Lettera “Contra Joannem Hierosolymitanum”.
115  - LOUIS BILLOT, De Ecclesia, t. II, Roma, Università Gregoriana, 1929, p. 96.
116  - Vedi: Pascendi, n° 9, Dz 2076 [DS 3479-3480]
117  - BENEDETTO XVI, Jésus de Nazareth, Paris, Flammarion, 2007, avant-propos, p. 15. [Gesù di Nazareth, Rizzoli, Milano, 2007, Premessa, p. 16].
118  - BENEDETTO XVI, Jésus de Nazareth, Paris, Flammarion, 2007, avant-propos, p. 15. [Gesù di Nazareth, Rizzoli, Milano, 2007, Premessa, p. 16].
119  - PIO XI, Humani generis, 12 agosto 1950, Dz 2306, DS 3878.
120  - PATRICE FAVRE, Georges Cottier, itinéraire d’un croyant, Tour, CLD, 2007, p. 73. [Georges Cottier. Itinerario di un credente, Cantagalli, Siena, 2009].


febbraio 2011

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