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S. Ecc. Mons. Bernard Tissier de Mallerais della Fraternità Sacerdotale San Pio X LA FEDE IN PERICOLO PER LA RAGIONE ERMENEUTICA DI BENEDETTO XVI CAPITOLO 8 - CRISTO RE RIVISTO DAL PERSONALISMO
Indice
Prefazione Introduzione Cap. 1 - Ermeneutica della continuità Cap. 2 - Itinerario filosofico di Joseph Ratzinger Cap. 3 - Itinerario teologico di Joseph Ratzinger Cap. 4 - Un’esegesi esistenzialista del Vangelo Cap. 5 - Ermeneutica dei tre grandi dogmi cristiani Cap. 6 - Personalismo ed ecclesiologia Cap. 7 - Il personalismo politico e sociale Cap. 8 - Cristo Re rivisto dal personalismo Cap. 9 - La fede personalista di Benedetto XVI Cap. 10 - Un supermodernismo scettico Epilogo: Ermeneutica dei fini ultimi Postfazione: Cristianesimo e Lumi Ringraziamenti Capitolo 8 Cristo Re rivisto dal personalismo Implicazioni
politiche del fine ultimo dell'uomo
La libertà religiosa purificata con l’aiuto di Emmanuel Mounier La civiltà laica vitalmente cristiana di Jacques Maritain Confutazioni sofistiche Implicazioni politiche del fine ultimo dell'uomo Ora, tutte le cose umane, spirituali e temporali, sono ordinate ad un solo ed unico fine ultimo: la beatitudine eterna, chiamata anche, a causa del peccato, salvezza eterna. E Cristo si è precisamente incarnato ed ha sofferto la sua passione per condurre gli uomini a questo fine ultimo. Deriva dall’unicità di questo fine ultimo che la società civile, o città, è voluta da Dio, non solo per assicurare agli uomini «una vita buona secondo la virtù» (Aristotele), ma «perché, con questa vita virtuosa, essi pervengano al godimento di Dio (183)». Ne consegue che il bene comune temporale, fine proprio dello Stato, dev’essere ordinato al fine ultimo dell’uomo: la beatitudine eterna. Questa ordinazione è solo indiretta perché i mezzi temporali non sono proporzionati all’ottenimento di un effetto soprannaturale. Da questa ordinazione deriva il dovere dello Stato «di procurare [nell’ordine temporale] la vita buona della moltitudine secondo quanto necessario per farle conseguire la beatitudine celeste; cioè deve prescrivere ciò che porta ad essa e, nella misura del possibile, interdire ciò che vi si oppone (184)». In questo consiste la funzione ministeriale dello Stato verso la Chiesa, poiché la beatitudine celeste, o salvezza delle anime, è il fine proprio della Chiesa. Anche se l’applicazione di questi principi dipende dalle condizioni storiche delle società, sia unanimemente cristiane, sia religiosamente plurali, sia laicizzate, sia non cristiane, i principi rimangono. In particolare, esse sono il fondamento di due sentenze di Pio IX. La prima, nella sua enciclica Quanta cura, attribuisce allo Stato ben costituito il compito di reprimere «i violatori della religione cattolica (185)». La seconda, nel Syllabus, non riconosce agli immigrati nei paesi cristiani il diritto di esercitare liberamente il loro culto dissidente (DS 2978). Queste sentenze presuppongono uno stato di cristianità, esse sono condizionate dall’esistenza di questo stato, ma i principi che le fondano sono intemporali e permangono. Cosa farà il Vaticano II? – Anche Cristo Re dovrà essere purificato in una visione storicista e personalista. Non più dall’esistenzialismo, questa volta dal personalismo francese, con Emmanuel Mounier (1905-1950) e Jacques Maritain (1882-1973), entrambi cattolici. (su)
La libertà religiosa purificata con l’aiuto di Emmanuel Mounier Una prima revisione, postulata dal progresso filosofico, riguarda la persona umana; una seconda, postulata dal senso della storia, riguarda lo Stato, nei rapporti che la persona e lo Stato hanno con la religione. Consideriamo prima la persona. - Tesi. Félicité de
Lamennais (1782-1864) fu condannato nel 1832 con l’enciclica Mirari vos di Gregorio XVI, per
aver sostenuto che bisognava riconoscere a ciascuno la libertà
di coscienza e di opinione, per il bene della religione, e che
bisognava separare la Chiesa dallo Stato (DZ 1613-1615) [DS 2730-2731,
manca qui la parte relativa alla separazione tra Chiesa e Stato]. In
questa libertà di coscienza era inclusa la libertà di
culto di chiunque.
La libertà dei culti, dirà il Vaticano II,
è uno dei «valori più stimati» dai nostri
contemporanei, valori che, «in quanto procedono dall’ingegno
umano che all’uomo è stato dato da Dio, sono in sé
ottimi, ma per effetto della corruzione del cuore umano non raramente
vengono distorti dall’ordine richiesto, per cui hanno bisogno di essere
purificati»; «il Concilio si propone di ricondurli alla
loro divina sorgente» (Gaudium
et spes, n° 11, § 2).- Antitesi. A Lemennais è mancato lo strumento necessario per introdurre la libertà dei culti «entro il cristianesimo (186)». Gregorio XVI, attribuendo a questa libertà una «origine putrida di indifferentismo», non ha saputo vedere l’origine cristiana di tale libertà. Questo strumento, capace di purificare la libertà religiosa da ogni traccia di indifferentismo, venne procurato da Emmanuel Mounier (1905-1950): la dignità della persona umana. - Sintesi. Il risultato di questa correzione è la libertà religiosa proclamata dal Vaticano II (Dichiarazione Dignitatis humanae, n° 2). La persona che, in materia religiosa, «agisce secondo la coscienza del suo dovere» o che, nell’esercizio del suo culto religioso, è ritenuto essere alla ricerca della verità – anche se questa di fatto non lo è – è degna di rispetto e quindi ha diritto alla libertà d’esercizio del suo culto. Questa sintesi è il prodotto di un doppio processo: purificazione delle passate condanne, quelle di Gregorio XVI e di Pio IX, e assimilazione della tesi filosofica attuale, quella del personalismo degli anni ’50. Questo doppio processo di purificazione-assimilazione è lo stesso metodo dell’ermeneutica, da Dilthey a Gadamer. È quindi evidente che al criterio oggettivo della verità di Cristo, il Concilio ha sostituito il criterio soggettivo della «verità dell’uomo». È Giovanni Paolo II che precisa questo criterio nella Veritatis splendor, n° 40. Egli fa riferimento alla Gaudium et spes, n° 41, che parla di «verità profonda dell’uomo» (§ 1) e dice che «Questo Vangelo […] onora come sacra la dignità della coscienza e la sua libera decisione» (§ 2). Alla fine, le sabbie mobili della coscienza continuano ad essere il fondamento. (su)
La civiltà laica vitalmente cristiana di Jacques Maritain Se consideriamo adesso lo Stato, nei suoi rapporti con la religione, vediamo che si applica lo stesso processo, grazie all’idea dei «luoghi storici» del filosofo Jacques Maritain (1882-1973), apostolo di una «nuova cristianità» che sarebbe l’«analogo» moderno della cristianità medievale. - La cristianità
medievale era caratterizzata da un massimo di costrizione al servizio
di un ordine sociale teocratico, con una applicazione univoca dei
principi a spese della persona, una applicazione che è durata
quindici secoli, da Costantino a Robespierre.
- A questo ideale storico superato oggi deve succedere una «nuova cristianità», che sarà analogicamente una cristianità che terrà conto delle circostanze nuove. Questa cristianità sarà caratterizzata dal massimo di libertà al servizio della persona e della sua «libertà di esultanza». È questo il solo «ideale storico concreto» della nostra epoca moderna (188). – L’affinità di pensiero con Drey e Dilthey è lampante. – Si suppone inoltre che, al pari del filosofo, lo Stato sia divenuto agnostico: non costituisce un’istanza capace di riconoscere la divinità di Gesù Cristo (189). - Ne consegue che il regno sociale di Cristo non può, non deve più essere ciò che è stato. Oggi esso dev’essere «una società laica di ispirazione cristiana» (Maritain). Una laicità aperta, cioè positiva, animata spiritualmente dai «valori etici delle religioni» (Vaticano II, Dignitatis humanae, n° 4; Benedetto XVI, 22 dicembre 2005). In un mondo religiosamente al plurale, la dignità della persona appariva già a Mounier «la sola base adatta a un’ampia riunione delle buone volontà (190)». (su)
Confutazioni sofistiche Adottando questo personalismo politico, la Chiesa conciliare adotta l’ideologia massonica e rinuncia a predicare Cristo, Re delle nazioni. L’uomo prende il posto di Dio. Ma vale la pena di esaminare l’argomentazione di Benedetto XVI. Benedetto XVI ritiene che la
separazione fra la Chiesa e lo Stato corrisponda all’aver
«ripreso nuovamente il patrimonio più profondo della
Chiesa» (discorso del 22 dicembre 2005).
– Risposta: il patrimonio più profondo della Chiesa è la sottomissione dello Stato a Cristo Re. «La Chiesa antica, […] mentre pregava per gli imperatori, ha invece rifiutato di adorarli, e con ciò ha respinto chiaramente la religione di Stato» (Ibid.) – Risposta: essa ha rigettato la falsa religione di Stato! «I martiri della Chiesa primitiva sono morti per la loro fede in quel Dio che si era rivelato in Gesù Cristo, e proprio così sono morti anche per la libertà di coscienza e per la libertà di professione della propria fede» (Ibid.) – Risposta: essi sono morti per la libertà della vera fede e contro la libertà di coscienza! Il patrimonio autentico della Chiesa non è «la libertà», ma la verità di Gesù Cristo e della Chiesa. Bisogna «considerare la libertà di religione […] come una conseguenza intrinseca della verità che non può essere imposta dall'esterno, ma deve essere fatta propria dall’uomo solo mediante il processo del convincimento» (Ibid.) – Risposta: Certo, la fede non può essere imposta ad una persona che abbia raggiunto l’età della ragione (poiché il battesimo dei bambini è un costume legittimo e lodevole), tuttavia, esiste una costrizione buona, quella che protegge la fede cattolica dal contagio dell’errore e che preserva l’unità della città cristiana nella comunione pacifica in questa fede, comunione che è la fonte della vera pace temporale (191). «Stato moderno, che
concedeva spazio a cittadini di varie religioni ed ideologie,
comportandosi verso queste religioni in modo imparziale e assumendo
semplicemente la responsabilità per una convivenza ordinata e
tollerante tra i cittadini e per la loro libertà di esercitare
la propria religione» (Ibid.).
Questo tipo di Stato moderno, proposto dalla «rivoluzione
americana» e ispirato dai Lumi,
si fonderebbe sulla separazione dei due poteri, spirituale (della
Chiesa) e temporale (dello Stato), sulla base delle parole di Cristo:
«Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio
quello che è di Dio» (Mt
22, 21).
– Risposta: non bisogna però dimenticare ciò che Cesare deve a Dio! La distinzione tra i due poteri non implica logicamente la loro separazione, bensì la loro subordinazione: ciò che Cesare deve a Cristo, e non ad Allah o a Budda. Se no, dalla distinzione dell’anima dal corpo si potrebbe parimenti dedurre la loro separazione, e sarebbe la morte. Che si debba avere una implicazione legale della verità di Cristo e della sua Chiesa, è l’insegnamento costante dei papi, come per esempio di Leone XIII, nella sua enciclica Immortali Dei del 1 novembre 1885: Santo deve dunque essere il
nome di Dio per i Principi, i quali tra i loro più sacri doveri
devono porre quello di favorire la religione, difenderla con la loro
benevolenza, proteggerla con l’autorità e il consenso delle
leggi, né adottare qualsiasi decisione o norma che sia contraria
alla sua integrità (192).
Leone XIII precisa anche che per religione si intende «la vera religione». Infine espone la dottrina della tolleranza: le false religioni sono un male che all’occorrenza si può tollerare «per qualche grave ragione o di bene da ottenere o di male da evitare (193)», accordando un diritto civile al loro culto, ma senza mai riconoscere loro un diritto naturale (194); poiché questo significherebbe rinnegare la divinità di Nostro Signore Gesù Cristo. Il diritto conciliare della persona alla libertà religiosa è dunque una mancanza di fede. Sostenendo questo diritto, Benedetto XVI manca di fede. (su)
NOTE 183 - SAN TOMMASO, De Regno, I. 1, cap. 14. 184 - SAN TOMMASO, De Regno, I. 1, cap. 15. 185 - Dz 1689. Questo passo è stato soppresso nelle successive edizioni del Denzinger [DS]. [Il testo completo dell’enciclica è reperibile sul sito della Santa Sede]. 186 - Vedi: YVES CONGAR, Vraie et fausse Réforme dans l’Église, Paris, Cerf, 1950, p. 344. [Vera e falsa riforma nella Chiesa, Jaca Book, 1995] 187 - J. RATZINGER, «Pourquoi la foi est en crise», entretien avec Vittorio Messori, Jesus, novembre 1984 [Rapporto sulla fede, Edizioni Paoline,1985]. 188 - Vedi: J. MARITAIN, Humanisme intégral, Paris, Aubier, 1936, pp. 134-135 [Umanesimo integrale, Borla, 2002]. 189 - Si veda: la relazione al Concilio di Mons. Emil De Smedt, in data 28 maggio 1965; e l’incontro tra il cardinale Ratzinger e Mons. Marcel Lefebvre in data 14 luglio 1987 (in Mons. BERNARD TISSIER DE MALLERAIS, Marcel Lefebvre, Étampes, Clovis, 2002, p. 576) [Mons. Marcel Lefebvre, una vita, Chieti, Tabula fati, 2005, p. 619]. 190 - Vedi: F.-J. THONNARD, Précis d’histoire de la philosophie, Desclée, 1966, n° 657, p. 1091. 191 - Si veda: lo schema del cardinale Ottaviani al concilio Vaticano II sulle relazioni fra la Chiesa e lo Stato (analizzato in Le Sel de la terre, n° 39, inverno 2001-2002, p. 74 e ss., in particolare p. 93). 192 - EPS-PIN, n° 131-132 [Il testo dell’enciclica è reperibile sul sito della Santa Sede]. 193 - EPS-PIN, n° 154; Dz 1873 [DS 3176]. 194 - LEONE XIII, enciclica Libertas, 20 giugno 1888, Dz 1932 [DS 3252]. (su)
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