S. Ecc. Mons. Bernard Tissier de Mallerais
della Fraternità Sacerdotale San Pio X


LA FEDE IN PERICOLO PER LA RAGIONE

ERMENEUTICA DI BENEDETTO XVI

CAPITOLO 10 - UN SUPERMODERNISMO SCETTICO


Questo studio è stato pubblicato sul n° 69 (estate 2009) della rivista Le Sel de la Terre - Intelligence de la foi -  Rivista trimestrale di dottrina tomista a servizio della Tradizione
La rivista, curata da Padri Domenicani collegati alla Fraternità Sacerdotale San Pio X, è una pubblicazione cattolica di scienze religiose e di cultura cristiana, posta  sotto il patronato di San Tommaso d’Aquino, in forza della sicurezza della dottrina e della chiarezza d’espressione del “Dottore Angelico”. Essa si colloca nel quadro della battaglia per la Tradizione iniziata da
Mons. Marcel Lefebvre e si presenta in maniera tale da potersi rivolgere ad ogni cattolico che voglia approfondire la propria fede.


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Capitolo 10
Un supermodernismo scettico

Per concludere, dirò che noi abbiamo a che fare con un modernismo rinnovato, perfezionato. I modernisti consideravano i dogmi come dei prodotti dell’esperienza religiosa e come dei puri simboli atti a rinnovare continuamente questa esperienza. Un secolo dopo, non si afferma più la provenienza immanente di tutti i misteri divini; li si mette semplicemente tra parentesi, per cercarvi solo un significato vitale esistenzialista o personalista.
Non si negano i dogmi, né le decisioni del magistero di prima, ma li si rivisita per averne una «comprensione cosciente» che sarebbe mancata ai papi e ai dottori di prima, una comprensione (Verstehen) purificatrice del preteso passato circostanziale e assimilatrice del circostanziale presente. Non si diviene apertamente atei o eretici, no; semplicemente, grazie allo strumento della filosofia moderna, si ripensa la Trinità reale, si disincarna l’incarnazione reale, si sublima la redenzione reale, si relativizza il Cristo Re reale; non si finisce così col rimpiazzare il Dio reale?

Un anti-programma inaugurale

Emmanuel Kant, imbevuto del suo agnosticismo, nel 1793 scrisse un libro intitolato La religione nei limiti della semplice ragione, nel quale considerava già i dogmi come dei puri simboli di idee morali.
Cent’anni dopo, al seguito dei protestanti liberali Friedrich Schleiermacher (1768-1834) e Adolf Harnack (1851-1930), fu un prete cattolico, subito scomunicato, Alfred Loisy (1857-1940) ha sostenere le stesse teorie, e venne denunciato da San Pio X nel 1907, nella Pascendi.
E cent’anni dopo la Pascendi, nel 2007, sono dei teologi cattolici, di cui uno è divenuto papa, che, imbevuti della filosfia di Kant e di quella del XIX e XX secolo, di Hegel, Dilthey, Husserl, Heidegger, Scheler, Jasper, Buber, Marcel, Mounier e Maritain, hanno avuto l’ambizione di purificare, correggere, arricchire la dottrina della fede, e di generare il suo progresso con la rilettura filosofica attualizzata.
Nel Medioevo, San Tommaso d’Aquino aveva felicemente risolto ciò che allora sembrava un’antinomia: effettuare la sintesi fra la fede cristiana e la filosofia di Aristotele. Nel XX secolo, sembrava che toccasse al concilio Vaticano II e ai suoi teologi fare la sintesi fra la fede e la nuova filosofia. Siamo oggi più felici con la filosofia dell’«Io» (o dell’«Io-Tu») di quanto lo fossimo un tempo con la filosofia dell’essere? La filosofia dell’auto-coerenza o quella dell’intersoggettività sarebbero più feconde di quella dell’ordine degli esseri e dei fini?
Questi teologi, o piuttosto questi filosofi, hanno effettuato in parte questo processo di sintesi al Concilio, e siccome questo non è stato un successo – lo confessano – vogliono perseguirne l’applicazione senza pentimento. Benedetto XVI ne ha riproposto la teoria e ne ha di nuovo proclamato il programma nel suo discorso del 22 dicembre 2005.
Ora, se è vero, come ha scritto Joseph Ratzinger nei suoi Principes de la théologie, che il Vaticano II, con la Gaudium et spes, ha enunciato una «sorta di contro-Sillabo» nella misura in cui questo testo conciliare «rappresenta un tentativo di riconciliazione ufficiale della Chiesa col mondo come era diventato a partire del 1789 (204)», allora è anche vero che il discorso del 22 dicembre 2005, che presenta la teoria della riconciliazione e della mutua fecondazione della fede rivelata e della ragione agnostica, è l’anti-programma della quasi enciclica inaugurale di Benedetto XVI.
Così facendo, gli avvocati di un tale anti-programma disincarnano, decrucifiggono e detronizzano Gesù Cristo con una verve maggiore di Kant e di Loisy. Ma la loro fede soggettiva è «alle prese con i flutti del dubbio» di cui parla Joseph Ratzinger nel suo libro Foi chrétienne (205).
(su)

Uno scetticismo rassegnato e demoralizzante

Questa fede crede di incontrare Dio invece di credere semplicemente in Lui. Questa fede crede di entrare in interazione con Dio invece di aderire semplicemente al suo mistero. Questa fede si consegna alla sua esperienza su Dio invece di affidarsi all’autorità di Dio che rivela. Questa fede è resa fragile dalle sue ragioni umane.
Essa è alle prese con il dubbio, poiché Joseph Ratzinger dice che il credente, come il miscredente, è sempre minacciato dal dubbio sulla sua posizione: ««allo stesso modo in cui il credente [è] continuamente minacciato dall’incredulità […] così la fede resta per l’incredulo una continua minaccia (206)».
Ad un mondo senza Dio, in pericolo di perdersi, può un tale credente proporre ancora la salvezza eterna e, come fonte di tale salvezza, il «Dio di Nostro Signore Gesù Cristo»? Ebbene, no! Egli può solo proporgli un garante dei valori e delle norme sorte dai Lumi – che sono i Diritti dell’uomo – un Dio nominalmente considerato come la Ragione creatrice dell’universo e convenzionalmente chiamato il dispensatore dei Diritti dell’uomo.
Questo Dio ipotetico è diverso dal Dio ideale postulato, secondo Emmanuel Kant, dall’etica? Un Dio, come confessa lo stesso Kant, «di cui non si potrebbe affermare che esiste al di fuori del pensiero razionale dell’uomo (207)».
È questo Dio provvisorio dei Diritti dell’uomo che la Chiesa dovrebbe predicare ai musulmani, secondo l’auspicio espresso da Benedetto XVI di ritorno dalla Turchia, per permettere loro di operare l’aggiornamento dell’Islam per mezzo dei Lumi, invece di convertirli alla «vera luce che illumina ogni uomo» (Su questo auspicio, rinvio il mio lettore alla mia postfazione). In fondo, è la religione dei Lumi che si confarebbe meglio a questa umanità di oggi.
Al tempo dei Lumi, si è cercato di stabilire delle leggi universali valide come se Dio non esistesse; oggi, consiglia Joseph Ratzinger, bisognerebbe invertire questa parola d’ordine e dire:

Anche chi non riesce a trovare la via dell’accettazione di Dio dovrebbe comunque cercare di vivere e indirizzare la sua vita veluti si Deus daretur, come se Dio ci fosse (208).

Ecco la soluzione sociale per riportare l’ordine nel mondo: «L’uomo dovrebbe cercare di vivere e di organizzare la sua vita come se Dio ci fosse», non perché Dio esiste e perché Gesù Cristo è Dio, no. Si tratta dell’esito ultimo del modernismo. Il modernismo condotto allo scetticismo, cioè a dei cristiani che non sono più sicuri di ciò che credono; e ai quali ci si accontenta di consigliare: agite come se credeste!
Mi sembra che questo scetticismo non sia estraneo al pessimismo che nasconde una confidenza fatta da Joseph Ratzinger a Peter Seewald nel 1996 e che si ispira all’idealismo conciliare della Chiesa concepita come «popolo messianico» […] apparendo talora come un piccolo gregge» (Lumen Gentium, 9 b), una Chiesa «germe più forte di unità» che dovrebbe essere «in qualche modo il sacramento, […] dell’unità di tutto il genere umano» (Lumen gentium, 1 e 9 c).

Forse dobbiamo abbandonare le idee di chiesa nazionale o di massa. È probabile che davanti a noi ci sia un’epoca diversa della storia della Chiesa, un’epoca nuova in cui il cristianesimo verrà a trovarsi nella situazione del seme di senape, in gruppi di piccole dimensioni, apparentemente ininfluenti, che tuttavia vivono intensamente contro il male e portano al mondo il bene, che lasciano spazio a Dio (209).

Al Concilio, a proposito dello schema sulle missioni, presentato nell’ottobre 1965, il Padre Maurice Quéguiner, Superiore Generale della Società delle Missioni di Parigi, aveva reagito ad una tale opinione: «È necessario, diceva, respingere in maniera esplicita l’opinione di coloro che condannano la Chiesa ad essere solo una entità infinitesimale nel mondo» (146a congregazione generale). Egli era un uomo di fede, un missionario.
(su)

Di fronte allo scetticismo, il rimedio sta in San Tommaso d’Aquino

La mancanza di fede di cui soffre al contrario Benedetto XVI, si spiega con la sua ermeneutica. La sua mutua lettura della fede con la ragione idealista e della ragione con una fede modernista è di fatto una complicità.
La sua filosofia non è più lo strumento della fede in cerca d’intelligenza, ma la sodale della fede, per imporle le sue fisime emozionali. Col suo agnosticismo, che ignora la natura e le sue finalità, essa rimpiazza la natura con la persona e sopprime le cause finale ed efficiente, ritornando in piena barbarie.
Quanto alla sua fede, essa non è che una rilettura simbolica dei dogmi secondo i postulati della sensibilità moderna. Così, Cristo è più un uomo sublime che Dio incarnato. Il peccato non offende Dio e il peccatore non ha da riscattarsi. La redenzione, senza fine né efficienza definite, non opera più la giustizia nei confronti di Dio. Non essendo più Dio il fine ultimo della città, Cristo Re è un errore storico a cui rimediare con la democrazia e la laicità. Questo è il risultato dell’ermeneutica di Benedetto XVI.
Un secolo prima, nella sua enciclica inaugurale E supremi apostolatus, il suo predecessore San Pio X descriveva «l’attuale, deplorevole condizione del genere umano»: che è, diceva «l’abbandono e il rifiuto di Dio».
Ma, «l’ermeneutica del Concilio e di Benedetto XVI», come la chiamo per comodità, conduce a qualcosa di ben più grave della semplice perdita della fede, essa conduce alla fondazione di un’altra religione, fatta da una fede vacillante in Dio e da una fede rassicurante nell’uomo e nella sua inammissibile e inviolabile dignità. L’uomo prende il posto di Dio (2 Ts 3, 3-17) nel santuario e fuori dal santuario. Il mistero di iniquità si sviluppa alla luce del sole.
Dio vuole che ci opponiamo a questo disorientamento diabolico. Armiamoci. Contro le revisioni dell’ermeneutica e i dubbi dell’agnosticismo, muniamoci di un grande rimedio preventivo.
Per conservare la fede stabile e soprannaturale, «assentimento fermo dell’intelligenza alla verità divina ricevuta da fuori, per la stessa autorità di questa divina verità», il gran rimedio protettore è San Tommaso d’Aquino, da cui viene questa bella definizione della fede.
Infatti, proprio perché questa fede cattolica oggettiva concorda perfettamente con la filosofia dell’essere messa a punto da San Tommaso d’Aquino, il Papa San Pio X ha prescritto ai futuri sacerdoti «lo studio della filosofia che ci ha lasciato il Dottore Angelico» (San Pio X, Motu Proprio Doctoris angelici, 29 giugno 1914).
Di fronte all’empietà di coloro che pretendono, con l’ermeneutica, di «liberare dalle stratificazioni sclerotizzate del passato il patrimonio più profonda della Chiesa», riprendiamo a nostro vantaggio la parola d’ordine del venerabile Claude François Poullart des Places, di cui siamo eredi per il tramite del venerabile Padre Henri Le Floch e di Mons. Marcel Lefebvre:

Un clero pio, senza scienza, ha uno zelo cieco; un clero sapiente, senza pietà, è esposto a diventare eretico e ribelle alla Chiesa.

Uniamo in noi la pietà (il rispetto della Tradizione della Chiesa) alla scienza (la teologia tomista), al fine di non essere né ciechi né ribelli. Che ci aiuti la Vergine Maria, Immacolata nella sua fede:

Lei è lo scudo della fede, il pilastro dell’ordine soprannaturale. Lei non è né liberale, né modernista, né ecumenica. Lei è allergica a tutti gli errori e a maggior ragione alle eresie e all’apostasia (210).

È anche una questione di gusti: al furore scettico, noi preferiamo il fervore tomista.
(su)
NOTE

204  - J. RATZINGER, Les principes de la théologie catholique, Téqui, 1982, p. 426.
205  - J. RATZINGER, Foi chrétienne hier et aujourd’hui, Cerf, 2005, pp. 11-12. [Introduzione al Cristianesimo, 1969, Queriniana, Brescia, nuova ed. 2000, p. 16].
206  - J. RATZINGER, Foi chrétienne hier et aujourd’hui, Cerf, 2005, pp. 11. [Introduzione al Cristianesimo, 1969, Queriniana, Brescia, nuova ed. 2000, p. 16].
207  - EMMANUEL KANT, Opus postumum, Convolutm, VII. [Opus postumum, La Terza, Bari]
208  - J. RATZINGER, «Conferenza a Subiaco», 1 aprile 2005 (appena prima di essere eletto papa), contenuta in JOSEPH RATZINGER, L'Europa di Benedetto nella crisi delle culture, ed. Cantagalli, Siena, 2005.
209  - J. RATZINGER, Le sel de la terre, 2° ed., Flammarion-Cerf, 1997, p. 16. [Il sale della terra, Edizioni San Paolo, 2005, pp. 17-18].
210  - MONS. MARCEL LEFEBVRE, Conferenza a Mortain, 1947; Itinéraire spirituel, Écône, 1990 [MONS. MARCEL LEFEBVRE, Itinerario spirituale, Ichthys, Albano Laziale, 2000, p. 88].

(su)

Indice

Prefazione 
Introduzione


Cap. 1 -    Ermeneutica della continuità
Cap. 2 -    Itinerario filosofico di Joseph Ratzinger
Cap. 3 -    Itinerario teologico di Joseph Ratzinger
Cap. 4 -    Un’esegesi esistenzialista del Vangelo
Cap. 5 -    Ermeneutica dei tre grandi dogmi cristiani
Cap. 6 -    Personalismo ed ecclesiologia
Cap. 7 -    Il personalismo politico e sociale
Cap. 8 -    Cristo Re rivisto dal personalismo
Cap. 9 -    La fede personalista di Benedetto XVI
Cap. 10 -  Un supermodernismo scettico

Epilogo: Ermeneutica dei fini ultimi

Postfazione: Cristianesimo e Lumi

Ringraziamenti


febbraio 2011

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