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S. Ecc. Mons. Bernard Tissier de Mallerais della Fraternità Sacerdotale San Pio X LA FEDE IN PERICOLO PER LA RAGIONE ERMENEUTICA DI BENEDETTO XVI CAPITOLO 7 - IL PERSONALIMO POLITICO E SOCIALE
Indice
Prefazione Introduzione Cap. 1 - Ermeneutica della continuità Cap. 2 - Itinerario filosofico di Joseph Ratzinger Cap. 3 - Itinerario teologico di Joseph Ratzinger Cap. 4 - Un’esegesi esistenzialista del Vangelo Cap. 5 - Ermeneutica dei tre grandi dogmi cristiani Cap. 6 - Personalismo ed ecclesiologia Cap. 7 - Il personalismo politico e sociale Cap. 8 - Cristo Re rivisto dal personalismo Cap. 9 - La fede personalista di Benedetto XVI Cap. 10 - Un supermodernismo scettico Epilogo: Ermeneutica dei fini ultimi Postfazione: Cristianesimo e Lumi Ringraziamenti Capitolo 7 Il personalismo politico e sociale Personalismo e società politica Secondo la teoria che considera la persona come un tessuto di relazioni, come è relazione la stessa società, tale persona sarebbe fine a se stessa nella società, sarebbe il fine della società; il bene della persona-comunione si identificherebbe col bene della città politica. Secondo la filosofia di Aristotele e di San Tommaso, invece, il bene della persona non costituisce il bene comune della città: questo bene comune è un bene sopraggiunto che deve far raggiungere alla persona una perfezione sopraggiunta. A questo bene comune la persona deve ordinarsi come al suo fine temporale, come la potenza è ordinata all’atto. Questa concezione classica permette di giustificare il fatto che la persona deve talvolta sacrificare i suoi beni – e perfino la vita – al bene comune della città. In breve, la persona trova la sua perfezione temporale ordinandosi al fine della comunità politica. La concezione personalista priva la società politica di una finalità propria che trascende il bene dei suoi membri, che sono le persone. Tutto il magistero postconciliare, o ciò che lo sostituisce, farà del bene comune l’insieme dei diritti della persona, dei diritti di cui « il canone è ancora in via di formazione, visto che ci sono anche diritti dell’uomo contrastanti », confessa Joseph Ratzinger (175). Il filosofo tomista, poi personalista, Jacques Maritain (1882-1973) è venuto in soccorso di questa teoria distinguendo due cose nell’uomo. Da una parte vi sarebbe l’individuo, ordinato alla comunità politica come al suo fine, come la parte lo è per il tutto. Dall’altra parte vi è la persona che trascende la città e che non è una mera parte di questo tutto. In realtà, questa distinzione è speciosa: essa è vera solo nell’ordine soprannaturale, in cui la persona è sopraelevata dalla grazia santificante al di sopra della natura; ma è falsa nell’ordine naturale, in cui la persona non è che l’individuo di natura razionale, facente parte di un tutto di nature razionali e per conseguenza ordinato a questo tutto come la parte al suo tutto. Questo, in definitiva, è molto semplice: si tratta semplicemente di applicare il principio della totalità: la parte per il tutto. Certamente questo principio va articolato, per il fatto che la città non è un tutto sostanziale, ma un tutto d’ordine tra delle sostanze, ma questa articolazione non sopprime la necessaria e naturale ordinazione, nell’ordine temporale, della persona alla città come al suo fine. Ne consegue dunque che la definizione della persona come tessuto di relazioni, scartando la definizione di Boezio, conduce alla negazione della causa finale della società politica. Nella politica conciliare si ritrova la stessa lacuna della causa finale che si riscontra, nell’etica individuale, in Kant e in tutta la filosofia dei Lumi. (su)
Il personalismo applicato al matrimonio e alla castità Un’ultima applicazione del personalismo verrà realizzata dal Concilio nei confronti del matrimonio e della castità Consideriamo prima la sessualità e la virtù della castità. Il nuovo «catechismo della Chiesa cattolica» patrocinato dal cardinale Ratzinger, fa della castità «la positiva integrazione della sessualità nella persona» e cioè «nella relazione da persona a persona, nel dono reciproco, totale e illimitato nel tempo, dell’uomo e della donna (176)», senza riferimento al fine proprio e primario della sessualità, che è la procreazione, né al peccato e alla concupiscenza. La sparizione del fine comporta l’ignoranza della natura delle cose. Così viene passata sotto silenzio la natura del desiderio carnale (appetitus venereus), di cui San Tommaso dice: « la brama del piacere, e specialmente dei piaceri del tatto, ordinati alla conservazione, è per noi connaturale. Ecco perché questa concupiscenza aumenta enormemente, se venga nutrita mediante il consenso […] E quindi (…) più di ogni altra ha bisogno di essere castigata (177)» (castigatus, da castus, da cui il termine castità). La tendenza ad astrarre dalla causa finale e dalla natura delle cose è la costante del personalismo e delle filosofie derivate da Kant. L’itinerario intellettuale di Joseph Ratzinger è segnato da questo agnosticismo. La verità, invece, eccola: Dio, autore e redentore dell’umana natura è il legislatore della società coniugale. È lui che ha voluto il matrimonio fecondo, per la propagazione del genere umano: «crescete e moltiplicatevi», comandò alla prima coppia umana (Gen 1, 28). La morale del matrimonio è dominata da questo fine: la procreazione. Il Codice di Diritto Canonico tradizionale stabilisce che «il fine primario del matrimonio è la procreazione e l’educazione dei figli» e che «il fine secondario è il mutuo aiuto e il rimedio alla concupiscenza» (Can 1013). La contraccezione e la sterilizzazione sono immorali perché distolgono l’atto coniugale dal suo fine, al pari della continenza periodica senza gravi motivi, che distoglie dal suo fine lo stato coniugale. Ora, il personalismo corrompe questi principi oggettivi col soggettivismo. [Secondo il Concilio, la
procreazione o il rifiuto di procreare] va determinato secondo criteri
oggettivi [molto bene], che hanno il loro fondamento nella
dignità stessa della persona umana e dei suoi atti, criteri che
rispettano, in un contesto di vero amore, il significato totale della
mutua donazione e della procreazione umana; cosa che risulterà
impossibile se non viene coltivata con sincero animo la virtù
della castità coniugale (178)
.
A prima vista, questo testo bolla il soggettivismo e si appella all’oggettività. In realtà è il contrario. La «dignità della persona» non consiste nell’intellettualità della natura umana, capace di commisurare i suoi atti alla ragione del bene? O è l’individualità della persona (che ha in comune con le bestie) che fonderebbe la sua autonomia morale (E. Kant, Marc Sangnier e il Sillon (179)? Oppure la relazione intersoggettiva del dialogo «Io-Tu» (Martin Buber) o la relazione interpersonale amorosa che è «lo slancio disinteressato verso una persona come tale» (Max Scheler)? Secondo questa filosofia dei valori, l’amore «possiede in se stesso la sua propria finalità (180)». L’ordine oggettivo degli esseri e dei fini, secondo l’espressione di San Pio X, non è tenuto in conto. Se la natura – dice Pio XII
- avesse mirato esclusivamente, o almeno in primo luogo, ad un
reciproco dono e possesso dei coniugi nella gioia e nel diletto, e se
avesse disposto quell'atto soltanto per rendere felice nel più
alto grado possibile la loro esperienza personale, e non per stimolarli
al servizio della vita, allora il Creatore avrebbe adottato un altro
disegno nella formazione e costituzione dell'atto naturale. Ora invece
questo è insomma tutto subordinato e ordinato a quell'unica
grande legge della « generatio et educatio prolis », vale a
dire al compimento del fine primario del matrimonio come origine e
sorgente della vita (181).
Ora, rinnegando Pio XII e l’ordine naturale, il nuovo Codice di Diritto Canonico colloca «il bene degli sposi» prima de «la procreazione e l’educazione dei figli» (Can 1055). Questa inversione dei fini del matrimonio è la porta aperta all’unione libera e ai pacs, alla contraccezione e all’aborto. Imbevuto di un soggiacente personalismo razionale, il professor René Frydman considera l’embrione umano «come un essere in divenire che acquisisce uno statuto di persona quando rientra in un progetto di coppia (182)». Se dunque la madre non sente la relazione col figlio che porta in grembo, questi non è una persona e può essere eliminato. Joseph Ratzinger, sicuramente senza alcun intento abortista (ma il principio è posto), non ha insegnato che «L’elemento assolutamente unico, privo di relazioni e refrattario a qualsiasi rapporto, non potrebbe mai essere una persona»? (vedi sopra). La pretesa civiltà dell’amore è una civiltà della morte. Una volta rigettato il Cristo Re, legislatore della natura, la cristianità corre verso l’estinzione fisica. Ecco l’ultimo sbocco del personalismo. (su)
NOTE
175 - J. RATZINGER, «Conferenza a Subiaco», 1 aprile 2005, DC fuori serie, anno 2005, p. 121 [contenuta in JOSEPH RATZINGER, L'Europa di Benedetto nella crisi delle culture, ed. Cantagalli, Siena, 2005]. 176 - Catechismo della Chiesa cattolica, Libreria Editrice Vaticana, 1992, n° 2337. 177 - SAN TOMMASO, II-II, q. 151, a. 2, ad 2. 178 - Gaudium et spes, n° 51, 3; GIOVANNI PAOLO II, Familiaris consortio, n° 32. 179 - Vedi: SAN PIO X, lettera Notre charge apostolique, n° 25. 180 - Padre MARIE-DOMINIQUE PHILIPPE, Au coeur de l’amour, Jubilé, 1998, p. 115. 181 - PIO XII, Allocution aux sages-femmes, 29 ottobre 1951, UTZ-GRONER-SAVIGNAT, n° 1160. EPS-Mariage, n° 646 [Discorso alle partecipanti al Congresso dell’Unione cattolica italiana ostetriche, 29 ottobre 1951]. 182 - R. FRYDMAN, Dieu, la médicine et l’embryon, ed. Odile Jacob, 2003. (su)
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