Né scismatici né scomunicati

parte terza


Articolo della Fraternità San Pio X







Ottobre 1962 - Processione d'ingresso dei Padri conciliari nella Basilica di San Pietro
per il concilio Vaticano II




La scelta del «sensus fidei»

Nell’apparente conflitto tra «obbedienza» e verità, i cattolici meglio informati hanno scelto la verità, certi, per il loro sensus fidei, che solo la verità assicura l’unione col Capo invisibile della Chiesa: che è Cristo.

Etichettati per questo come «tradizionalisti» e ritenuti incapaci di distinguere fra Tradizione divina e tradizioni umane; tra ciò che, nella tradizione della Chiesa, è soggetto a cambiamento e ciò che è irreformabile; tra evoluzione omogenea ed evoluzione eterogenea del dogma; tacciati come disobbedienti e oggi, inoltre, come scomunicati e scismatici, essi sentono che questo non corrisponde ad alcuna realtà.

Essi sono coscienti di non essere scismatici, cioè tra coloro «volentes per se Ecclesiam constituire singularem» (1): essi infatti non hanno alcun desiderio di costituire una Chiesa per loro stessi; al contrario, essi resistono all’attuale orientamento ecclesiale solo per rimanere nell’unica Chiesa di Cristo.

Nessuno di essi «si rifiuta di agire come parte di un tutto», né vuole «pensare, pregare, comportarsi, vivere insomma, non nella Chiesa e secondo la Chiesa, ma come un essere autonomo che fissa da sé la legge del suo pensiero, della sua preghiera, della sua azione» (2).

Al contrario, è proprio, giustamente, per non cessare di pensare, di pregare, di agire «nella Chiesa e secondo la Chiesa» che essi resistono al nuovo movimento ecclesiale, nella misura in cui questo tenta di allontanarli, nella dottrina o nella pratica, dalla Fede conservata e trasmessa dalla Chiesa.

Inoltre, essi non si rifiutano di subesse capiti, di essere sottomessi al Capo della Chiesa, cosa che sarebbe un altro modo di essere scismatici (3); al contrario, è per rimanere sottomessi al Capo invisibile della Chiesa che essi resistono all’attuale orientamento (poco importa se permesso, favorito o voluto dal Papa), desiderando, senza sgomento e nonostante le ripetute disillusioni, che l’unione con l’attuale gerarchia e soprattutto col Vicario di Cristo si ristabilisca al più presto, senza per questo doversi piegare a compromessi neanche su un solo punto della dottrina.


Un equivoco

In realtà, l’apparente conflitto tra «obbedienza» e verità si basa su un equivoco: che sta nell’identificare falsamente l’obbedienza dovuta alla gerarchia con l’adesione a degli orientamenti imposti dai membri della gerarchia in opposizione col precedente Magistero della Chiesa.
Prendiamo l’esempio del liberalismo e dell’ecumenismo che ispirano il nuovo cammino della Chiesa e che suscitano la più viva resistenza dei «tradizionalisti».

Il liberalismo, che «difende la libertà civile di tutti culti, la quale in sé non è contraria ai fini della società, ma è conforme alla ragione a allo spirito evangelico» è stato condannato a più riprese dalla Chiesa attraverso il Magistero di una lunga serie di Pontefici, specialmente da Gregorio XVI, Pio IX, Leone XIII, ecc. (4).

Il Padre Garrigou-Lagrange nel suo libro De Revelatione, aggiunge: «Questo, i Sommi Pontefici l’hanno sempre insegnato, per esempio Bonifacio VIII nella Bolla Unam Sanctam, Dz. 469; Martino V nella condanna degli errori di Jan Huss e di Wicleff, Dz. 640-82, ed anche Leone X nella condanna ex cathedra degli errori di Martin Luther…».

Ancora nel 1967, il Padre Matteo da Casola annoverava tra gli «schismatici», che negano l’autorità del Pontefice Romano in qualche maniera particolare, i «cattolici liberali» e «quelli che ammettono il sistema politico-religioso di puro liberalismo, che insegna l’assoluta e piena indipendenza dello Stato rispetto alla Chiesa» (5).
Ne consegue che la Dichiarazione sulla libertà religiosa (Dignitatis Humanae), che si vuole imporre ad ogni costo ai cattolici, è stata redatta da «scismatici».

Noi non entriamo nel dibattito: qui ci basta rilevare che un rapido colpo d’occhio sui documenti pontifici degli ultimi 150 anni permette a chiunque di convincersi che il nuovo orientamento ecclesiale è opera di un vecchio movimento che da lungo tempo e ostinatamente si è ribellato al Magistero (6).

Questo movimento, dopo che durante il Concilio l’opposizione fu ridotta al silenzio con mezzi più o meno onesti, nel dopo Concilio si è installato ai posti di comando ed oggi esige obbedienza ai suoi orientamenti personali, contro il precedente Magistero dell’intera Chiesa.

Parimenti, l’ecumenismo irenico (7), di origine protestante, che ha ispirato tutti i testi equivoci o inaccettabili del Concilio anteriori allo sconvolgimento liturgico di Paolo VI, questo ecumenismo che ha imposto e impone ai cattolici le determinazioni più numerose e più gravi, è stato a più riprese condannato dalla Chiesa, specialmente attraverso il Magistero di Leone XIII (Testem benevolentiæ, Satis cognitum), di San Pio X (Singulari quadam), di Pio XI (Mortalium animos), di Pio XII (Humani Generis).

Noi non ci dilungheremo: lo abbiamo costantemente denunciato ed illustrato in questo periodico.

Pio XI, nella Mortalium animos, scriveva che la carità «non può andare a scapito della fede» e che quindi «la Sede Apostolica non può partecipare, in alcuna maniera, ai loro congressi (degli ecumenisti) e in nessuna maniera i cattolici possono dare il loro benestare a tali iniziative, o collaborarvi; se lo facessero, essi accorderebbero autorità ad una falsa religione cristiana, del tutto estranea all’unica Chiesa di Cristo.

«Possiamo tollerare – continua il Papa – che venga accomodata la verità, e la verità divinamente rivelata? Sarebbe il colmo dell’iniquità. Poiché date le circostanze si tratta di rispettare la verità rivelata».
Siamo di fronte alla dimostrazione del conflitto fra la verità ed una pretesa «obbedienza», conflitto che oggi vivono tanti cattolici.

Quanto al «dialogo» che bisognerebbe intrattenere con tutti gli erranti e tutti gli errori, si tratta di una invenzione personale di Paolo VI, assolutamente senza precedenti nei duemila anni di storia della Chiesa (8).

Tuttavia, il cattolico ha il dovere di essere in comunione con il Successore di Pietro, nella misura in cui questi conserva, trasmette ed interpreta fedelmente il deposito della Fede; ma non ha alcun dovere di essere in comunione con le «adinventiones», le invenzioni – opinioni, vedute, orientamenti personali – del Successore di Pietro.

Inoltre, se questi orientamenti sono in conflitto con la purezza e l’integrità della Fede, la fedeltà a Cristo richiede di resistere a chiunque vorrebbe in qualsiasi maniera imporli, e questo con la netta distinzione da stabilire tra l’obbedienza dovuta all’autorità e l’adesione a vedute, opinioni, orientamenti personali dei detentori dell’autorità.

E poiché non è raro che si approfitti dell’equivoco prima descritto per tentare di colpevolizzare i «tradizionalisti», oggi è più che mai necessario avere le idee chiare sul Papato e sulla sua funzione nella Chiesa.


NOTE

1 – San Tommaso, in IV Sent., dist. XIII, q. II, a 1, ad 2.
2 - Gaetano, In IIa-IIae, q. 39, a. 1, n°2.
3 - San Tommaso, IIa-IIae, q. 39, a. 1.
4 – Gregorio XVI, Enciclica Mirari vos, Denzinger (Dz.) 1613-6; Pio IX, Enciclica Quanta cura, Dz. 1689 et ss. e Syllabus, Dz. 1724-1755, 1777-1780; Leone XIII, Encicliche Immortale Dei, Dz. 1867 e Libertas, Dz. 1932.
5 - Compendio di Diritto Canonico, ed. Marietti, Torino, p. 1320.
6 – Cfr. E.E.Y. Haies, La Chiesa cattolica nel mondo contemporaneo, ed. Paoline, 1961.
7 - Pio XII, Istruzioni sul movimento ecumenico del 20.12.1949: «Si deve evitare che, in uno spirito che oggi si chiama irenico, la dottrina cattolica, che si tratti di dogma o di verità connesse, attraverso uno studio comparato e un vano desiderio di assimilazione progressiva delle diverse professioni di fede, venga assimilata o adattata in qualche modo alle dottrine dei dissidenti, al punto che la purezza della dottrina cattolica abbia a soffrirne o che il suo vero e certo significato sia oscurato»
8 - Si veda Romano Amerio, op. cit., cap. XVI: Il dialogo.










 
febbraio 2025
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