Né scismatici né scomunicati

parte nona


Articolo della Fraternità San Pio X






Statua di San Pietro in Vaticano


Potere e dovere del Papato

La missione e i poteri episcopali, in quanto ordinati all’edificazione dell’unica Chiesa di Cristo, nel loro esercizio sono indubbiamente sottomessi al Successore di Pietro, in virtù del Primato.

Tuttavia, il Papa ha ricevuto l’autorità di diritto divino, per disciplinare missione e poteri (episcopali), al solo scopo di assicurare alla Chiesa l’unità di governo nel perseguimento del suo specifico fine, che è la salvezza eterna delle anime (1).

Egli non l’ha ricevuta per orientare l’episcopato secondo le sue «personali» vedute, e ancor meno per fargli assumere un orientamento contrario a quello che Cristo stesso ha dato e continua a dare, se non incontra resistenza, ai membri della gerarchia secondo la Sua promessa formale «Ecco, io sarò con voi fino alla fine del mondo» (2).

Così, istituendo il Primato, Nostro Signore Gesù Cristo non intese affatto abbandonare la Sua Chiesa all’arbitrio di Pietro e dei suoi successori. La Chiesa non è policefala come vorrebbero i fautori del «collegialismo» episcopale; essa non è neanche bicefala, come abbiamo già ricordato.

Se è vero che l’episcopato è limitato dal Primato, quest’ultimo è a sua volta «limitato dal diritto divino», il quale «esige che il potere ecclesiastico, in conformità con la sua finalità, venga utilizzato per l’edificazione e non per la distruzione del Corpo Mistico di Cristo» (3).

Ne deriva che, quando esso delimita il potere di giurisdizione dei vescovi, e quando regolamenta l’esercizio del loro potere di Ordine, il Papa è tenuto ad agire in conformità con le esigenze della gloria di Dio, del bene della Chiesa e della salvezza eterna delle anime.

Queste sono nozioni più che elementari; e tuttavia oggi esse sono oscurate più che mai nella mente dei membri della gerarchia.


L’elezione dei vescovi

E’ un fatto che «nei primi tempi della Chiesa e all’inizio del Medio Evo, la scelta dei vescovi fatta dal clero e dal popolo o la nomina fatta dai príncipi non era sempre e dovunque oggetto dell’approvazione del Papa.

«Che in questi casi ci sia stata una conferma o una ratifica tacita del potere episcopale da parte del Papa del potere episcopale… sembra tanto indimostrabile quanto improbabile» (4). Da qui, la distinzione che fanno i teologi tra l’autorità del Papa quanto alla materia e quanto all’esercizio della detta autorità (5).

Di fatto, l’esercizio dell’autorità papale sul potere di Ordine dei vescovi è cambiata nel corso dei secoli, in funzione dei bisogni della Chiesa e delle esigenze della salvezza delle anime. Questo intervento era inesistente nei primi secoli, quando le necessità del Vangelo esigevano che i poteri episcopali fossero esercitati senza limitazioni.

E’ così che vediamo gli Apostoli, e i loro immediati discepoli, eleggere, ordinare e stabilire altri vescovi sulle sedi episcopali (6). Poi a poco a poco e sempre di più fino al XIV secolo, i Papi, per evitare indebite ingerenze del potere civile, cominciarono a riservarsi l’elezione dei vescovi come «causa maggiore», cioè di particolare importanza per la Chiesa (7).

L’attuale disciplina, che prevede la scomunica del vescovo che abbia effettuato la consacrazione senza mandato pontificio, fu instaurata dal Pio XII, quando dovette affrontare la minaccia di una Chiesa scismatica in Cina.

Nella storia della Chiesa abbondano i casi di vescovi che, in situazioni straordinarie ove erano soddisfatte in parte le esigenze dei primi secoli e dove di conseguenza si rilevava la necessità di usare il potere episcopale in tutta la sua pienezza, consacrarono dei vescovi senza attenersi alle norme disciplinari dell’epoca.

Essi lo facevano in virtù della «legge di supplenza» che esiste nella Chiesa, come in ogni organismo, allorché il funzionamento di organi necessari o indispensabili viene a trovarsi compromesso. E’ così che nel IV secolo, Sant’Eusebio di Samosata percorse le chiese orientali devastate dall’arianesimo e, senza possedere alcuna speciale giurisdizione, vi consacrò e vi insediò dei vescovi cattolici (8).

In tali situazioni, si potrebbe ragionevolmente presumere il consenso dell’Autorità Superiore che può volere solo il bene della Chiesa e la salvezza delle anime. E la violazione materiale della norma disciplinare allora in vigore era giustificata dallo «stato di necessità» che fonda il corrispondente «diritto di necessità».




NOTE

1 – Dz. 1821.
2 - Matteo, 28, 20.
3 - 2 Cor. 10, 8 ; cfr. Ludwig Ott, Grundriss der Dogmatik, ed Herder, Friburgo, Germania.
4Ludwig Ott, op. cit.
5 – Cardinale Journet, op. cit., t. 1, p. 528, n. 1.
6 - Tito 1, 5 ; 1 Tim.; Atti 14, 22.
7 - Raoul Naz e autori diversi, Traité de droit canonique, ed. Letouzey et Ané, Paris; Dictionnaire de Théologie catholique, voce Election des Evêques, t. VIII, col. 2256 et ss.
8 - Teodoredo si Cirro, Hist. eccl., [Storia ecclesiastica] 1, IV, c. 12 ; Dom A. Gréa : L’Eglise et sa divine constitution, [La Chiesa e la sua divina costituzione]1, II, cap. XI, Action du collège épiscopal. [Azione del collegio episcopale]













 
febbraio 2025
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