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Né scismatici né scomunicati parte tredicesima Articolo della Fraternità San Pio X Parte prima
Parte seconda Parte terza Parte quarta Parte quinta Parte sesta Parte settima Parte ottava Parte nona Parte decima Parte undicesima Parte dodicesima Parte tredicesima Parte quattordicesima Pubblicato sul sito informazioni della Fraternità San Pio X ![]() La Cattedra di San Pietro nella Basilica omonima a Roma Nelle due parti precedenti, la decima e la dodicesima, abbiamo parlato dello stato e del diritto di necessità, che comporta cinque condizioni: 1) che esista veramente uno stato di necessità. 2) che si sia cercato di porvi rimedio ricorrendo ai mezzi ordinari. 3) che l’atto straordinario compiuto non sia intrinsecamente cattivo e non ne derivi un danno per il prossimo. In questa parte tratteremo la quarta: 4) Nei limiti delle effettive esigenze Nella violazione materiale della norma disciplinare, Mons. Lefebvre si è mantenuto entro i limiti posti dalle effettive esigenze imposte dallo stato di necessità, e dunque ha agito nel quadro del diritto di necessità. Già il 27 aprile del 1987, il Fondatore di Ecône scriveva ai suoi sacerdoti: «I fedeli ancora cattolici si trovano in molti luoghi in una situazione spirituale disperata. E’ questo appello che sente la Chiesa ed è per queste situazioni che essa attribuisce la giurisdizione (legge di supplenza). (…) «Per questo, noi dobbiamo andare là dove siamo chiamati e non dare l’impressione che abbiamo una giurisdizione universale né una giurisdizione su una nazione o su una regione. Questo dignificherebbe fondare il nostro apostolato su una base falsa e illusoria». E aggiungeva: «Se un giorno fosse necessario consacrare dei vescovi, questi avrebbero la sola funzione episcopale di esercitare il loro potere di Ordine e non avrebbero alcun potere di giurisdizione, non avendo missione canonica». E ai consacrati, egli ribadì: «Lo scopo principale di questa trasmissione è di conferire la grazia dell’Ordine sacerdotale per la continuazione del vero Sacrificio della Messa e per conferire la grazia del sacramento della Cresima ai ragazzi e ai fedeli che ve lo chiedono». Quindi, Mons. Lefebvre non si arrogò il diritto di conferire ai nuovi vescovi un potere di giurisdizione che dipende dal Papa; egli non organizzò né intese organizzare una gerarchia parallela (in particolare, i vescovi da lui consacrati rimangono soggetti al Superiore Generale della Fraternità), e ancor meno una Chiesa parallela. Egli si limitò a trasmettere il potere di Ordine che i vescovi ricevono direttamente da Dio al momento della consacrazione, affinché i nuovi vescovi potessero provvedere allo stato di necessità delle anime e dei candidati al sacerdozio. E poiché, in una situazione normale, il potere di Ordine si esercita anche in conformità con le norme fissate, Mons. Lefebvre aggiunse: «Io vi conferirò questa grazia (dell’episcopato cattolico) confidando che senza tardare la Sede di Pietro sarà occupata da un successore di Pietro perfettamente cattolico, nelle cui mani voi potrete depositare la grazia del vostro episcopato perché egli la confermi». 5) L’autorità del Papa non è messa in discussione Alla luce di quanto precede, dovrebbe essere chiaro anche che Mons. Lefebvre non mise né intese mettere in questione l’autorità del Papa, né globalmente né per alcune delle sue prerogative. Egli distinse, come è lecito fare, tra la funzione del Papa e la persona del Papa, quest’ultima può in tutto o in parte « renuere subesse officio Papæ » (Gaetano), «rifiutarsi di compiere i doveri del suo ufficio», volendo, favorendo o permettendo un orientamento rovinoso della Chiesa (per cattiva volontà o per negligenza, per cecità o per sbaglio personale più o meno colpevole, poco importa, sarà Dio a giudicare). Fu per questo che Mons. Lefebvre, nel momento stesso in cui si apprestava a procedere alle consacrazioni episcopali in assenza di regolare mandato pontificio, scrisse ai futuri vescovi: «Io vi scongiuro di rimanere legati alla Sede di Pietro, alla Chiesa romana, Madre e Maestra di tutte le Chiese, nella fede cattolica integrale espressa nei Simboli della Fede, nel Catechismo del Concilio di Trento, conformemente con quanto vi è stato insegnato nel vostro Seminario». La consacrazione episcopale senza regolare mandato pontificio non implica la negazione del Primato, come è stato detto con incredibile leggerezza; e questo non solo perché questa consacrazione è motivata ed effettivamente giustificata da un reale stato di necessità, ma anche perché si può e si deve ragionevolmente presumere, a favore di un atto ragionevole compiuto per il bene delle anime e reso necessario dalla situazione, che il Papa l’avrebbe approvato in circostanze normali, cioè fuori dal corso straordinario delle cose in cui si trova oggi oggettivamente la Chiesa. Non è pensabile che il Vicario di Cristo possa volere o voglia la condanna a morte dei soli seminari cattolici in cui fioriscono le vocazioni che non trovano alcun altro contesto in cui ricevere una corretta formazione sacerdotale. Non è pensabile che si possa volere o si voglia la condanna a morte della sola opera cattolica che soccorre tante anime immerse in un’angoscia e in una penuria spirituali estreme. Come disse ancora Mons. Lefebvre in quella occasione: «Il Papa (nella sua funzione di Papa) può solo desiderare la continuazione del sacerdozio cattolico», cioè della Chiesa cattolica la cui edificazione è precisamente tutta la ragione del suo essere Papa. |